Il blog di Joe7


Replying to FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 104

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  1. Posted 12/7/2016, 13:49
    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 104
    ASSALTO A BEDLAM: IL SACRIFICIO DI REX

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui. Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui. Inoltre, c'è il riassunto a fumetti delle puntate dalla prima alla 79 qui.

    Blood


    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Rex, il loro figlio appena nato, è stato rapito dall’Oscuro, che lo sacrificherà a Darkhold, il suo pianeta-castello, quando sette stelle saranno allineate, ottenendo così il potere assoluto. Dopo diverse peripezie, gli amici di Goldrake si sono riuniti a Darkhold, proteggendo i sei cristalli disposti sulle torri. Manca il settimo cristallo, da mettere sulla settima torre: Goldrake sta combattendo contro l’Oscuro in persona per prendergli il settimo cristallo. Una volta collocato sulla settima torre, si otterrà la vittoria finale. Intanto, lo scontro si fa più difficile del previsto: tra i tanti, è caduto anche Daitarn 3. Venusia, alla fine, dopo una lunga avventura, è arrivata all’altare del sacrificio per salvare Rex, ma, suggestionata da Sukeli, lo Stregone Nero, sta per sacrificare lei stessa suo figlio…

    --------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    La spada Brisingamen scende implacabile: le sette stelle ora sono allineate e Venusia sta per uccidere suo figlio sull’altare della Teocalli. Rex dorme, incurante di quello che gli sta accadendo, mentre nell’animo di Venusia c’è un tumulto spaventoso. Cerca di resistere a quello che sta facendo, ma non è più padrona del suo corpo: non riesce a comandare le sue azioni. E’ come una marionetta nelle mani di Sukeli, lo Stregone Nero, che sta contemplando la scena soddisfatto.
    Rex…Rex…figlio mio! Devo fermarmi! Devo fermarmi!
    Ma le braccia che reggono la spada non sono più sue. Le mani che tengono la spada non sono più sue. Ormai è Sukeli che comanda in lei. Ma la mente di Venusia, in parte, combatte ancora. Venusia capisce ora l’errore che ha fatto. Aveva attaccato Sukeli piena di furia, una cosa che Shigure le aveva proibito.
    Non attaccare mai con rabbia, le aveva detto la maestra di spada. La via della spada è a doppio taglio: o la domini o ne sei dominata. A te la scelta. Se però sarà la spada a dominarti, avrai imboccato la strada della tua distruzione.
    Possibile che sia troppo tardi? si chiede Venusia, piena di disperazione. Ma si ricorda di un’altra cosa che Shigure le aveva detto: Fidati di Brisingamen: la tua spada non ti tradirà.
    Questa frase è come un lampo per Venusia: si accorge, infatti, che c’è qualcosa su cui Sukeli non ha preso il dominio: Brisingamen, la sua spada. Ora sa cosa fare. Si concentra non più sul suo corpo, ma sulla sua arma.
    Bola, il gobbo, è perplesso.
    “Mi sembra troppo lenta, mio signore…” sussurra.
    “Silenzio!” esclama Sukeli con voce dura. Fissando Venusia, riflette: La donna sta combattendo più del previsto. Ma non può scappare. Si esce da quello stato solo quando si è versato del sangue…e quel sangue dovrai versarlo, Venusia! Volente o nolente!
    In qualche modo, Venusia avverte i pensieri di Sukeli. Non comprende come, ma li sente. Capisce anche che sono veri: solo col sangue del sacrificio riuscirà a spezzare l’incantesimo.
    Se Sukeli vuole il sangue, l’avrà.
    La spada scende in modo più deciso, e di conseguenza il sangue spruzza in alto.

    Sulla Teocalli, non è solo Sukeli ad essere sorpreso: anche Zinn, la sua gigantesca guardia del corpo, e Bola, il gobbo, osservano a bocca aperta. Venusia ha colpito con la sua spada, ed è uscito il sangue: ma non quello di suo figlio. La lama è entrata nella gamba sinistra della donna, obbedendo al comando mentale di Venusia. Era riuscita a concentrarsi su Brisingamen, comprendendo che poteva comandarla, cosa che non poteva più fare col suo corpo. Il dolore è terribile, e Venusia grida, cercando di non svenire per il male, estraendo la spada dalla ferita. Per fortuna, non ha colpito punti circolatori importanti, se no sarebbe morta dissanguata. Piangendo per il dolore, cade in ginocchio, cercando di tamponare la ferita con qualche straccio preso dalla bisaccia: ora che il sangue è stato versato, riesce di nuovo a comandare al suo corpo. Ma il dolore è tale che non riesce a muoversi. Mentre ansima, cercando di riprendere fiato e reagire, non si accorge che Zinn è già dietro di lei.
    “Uccidi quella stupida” esclama Sukeli “mi ha deluso. Faremo a meno di lei. Le sette stelle resteranno allineate per dieci minuti: un tempo più che sufficiente per il sacrificio”
    “Sì, mio signore”. La gigantesca doppia ascia si alza sopra Venusia, che non si accorge nemmeno del pericolo: Cerca di tamponarsi la ferita della gamba, in ginocchio davanti all’altare, e il dolore le impedisce di accorgersi di lui. Mentre l’ascia scende su di lei, viene bloccata subito da un paio di spade incrociate. Il rumore dell’impatto scuote Venusia, che si volta, osservando sorpresa Isparana che ha fermato il gigante. Da dove è spuntata fuori?

    Pochi minuti prima, sull’alto della torre dove Shigure e Sagara avevano fatto il loro ultimo duello, Isparana era distrutta. Aveva sperato di poter scappare via da tutta questa follia insieme a Sagara, e aveva scoperto l’amara verità: a lui non era importato nulla di lei, anzi l’aveva trasformata in un ostaggio per uccidere Shigure. Ora che è morto, non sapeva più cosa pensare, né cosa fare. Si sentiva vuota.
    “Non è il momento di riposare, Isparana” diceva Shigure, mentre le consegnava due spade.
    “Cosa sono?”
    “Tigre e Zanna di drago: Dharma e Dragonfang, le due spade Owazamono che hanno usato le tue colleghe amazzoni, Valeria e Sonja. Ora che sono morte, tocca a te onorare la loro memoria”
    “Non me ne frega niente della memoria di chiunque!”
    “Allora ti interesserà sapere che, se non fai come ti dico, moriremo tutti, te compresa”
    “Come?”
    “Se Sukeli farà il sacrificio, se Rex morirà, l’universo crollerà. Io non ho più la forza di combattere e non c’è il tempo perché recuperi le forze: Isparana, tu sei l’unica speranza”
    Meccanicamente, l’amazzone afferra le due spade. Essendo ambidestra, riesce ad afferrarle entrambe senza problemi. E’ sorpresa della loro leggerezza, ed avverte anche la loro potenza. Non sono spade comuni.
    “Ora vai dalla Teocalli di Sukeli”
    “Sei pazza? Sarà lontana decine di chilometri da qui!”
    “Non per me” aveva replicato lei, chiudendo gli occhi e raccogliendo le forze. Le sue dita avevano assunto una posizione che indicava il nord e il sud. Tenendo stretta la sua spada davanti a sé, aveva esclamato:
    Zuu Shiin. Obbedisci al mio comando, spirito del vento!”
    All’improvviso, Isparana si sente avvolta da un vento fortissimo che la dà una sensazione di leggerezza e velocità quale mai aveva provato prima. In un batter d’occhio, si era trovata sulla cima della Teocalli, osservando il gigante Zinn che stava per colpire Venusia. Per Isparana, abituata a combattere sin dall’infanzia, il pensiero e l’azione erano un tutt’uno e, in un attimo, aveva bloccato la doppia ascia.

    “Isparana? Cosa fai qui?” chiede Venusia stupita.
    “Ti pare il momento di fare delle chiacchiere? Io penso a lui, tu prendi il bimbo e fila!”
    “Non ve lo lascerò fare!” grida Bola, il gobbo, facendo emanare i mostri alati dal suo bastone. Ma un paio di loro cadono subito, colpiti da due coltelli luminosi. Bola si volta, osservando una donna ansante, come una che ha corso a perdifiato tutti gli scalini della Teocalli, nonostante fosse piena di ferite bendate. Una resistenza sovrumana, tipica dell’ex-capitano delle Amazzoni.
    “Jocasta?” esclama Venusia, ancora più sorpresa.
    “Fatela a pezzi, piccoli miei!” grida Bola, lanciando i suoi mostri contro Jocasta. Ma l’amazzone evita i loro colpi, caricando la sua energia spirituale e formando dei coltelli luminosi che scaglia come frecce nelle creature infernali.
    “Hikari-dan!” grida, mentre i mostri colpiti esplodono urlando. Muovendosi con abilità e rotolando da una parte all’altra, scaglia pugnali ad ogni mossa, senza mancare mai il bersaglio: ormai le bestie alate uccise si accumulano attorno a lei.

    Venusia cerca di alzarsi e di afferrare Rex, quando all’improvviso sente che qualcosa la immobilizza: è lo sguardo di serpente di Sukeli. Lo Stregone Nero è intervenuto di persona con le sue arti magiche, mentre attorno a lui il combattimento infuria. Ma è indifferente a questo: sa che la cosa fondamentale è fare il sacrificio. Solo questo conta. Venusia cerca di resistere e si muove faticosamente, afferrando la spada Brisingamen e puntandola davanti a sé.
    “F…fermo!” balbetta lei, cercando di restare in piedi. Ma la pressione psichica di Sukeli è terribile: quegli occhi le pesano come uno spaventoso macigno. Venusia chiude gli occhi, serrando le palpebre, cercando di contrattaccare mentalmente: non riesce infatti ad allontanarsi da lì.
    “E’ inutile, Venusia. E’ tutto inutile. E’ già scritto, non capisci? Non puoi fermare il destino” dice una voce fredda e spaventosa dentro l’animo di lei.
    “NO!” grida mentalmente, mentre si accorge che qualcosa sta avvenendo dentro di lei. Avverte la mente di Sukeli, la sua vita, il suo passato. Vacilla: cosa sta succedendo? Poi capisce: è Brisingamen. La spada ha la capacità di aprire le anime l’una all’altra, senza nascondere nulla. Infatti, in questo momento, Venusia e Sukeli si stanno guardando dentro come nessuno ha fatto prima. Brisingamen fa da tramite. Venusia vede il passato e l’animo dello Stregone Nero, che, sorpreso, non riesce a nascondere nulla davanti a lei. Vede un uomo che è assetato dal potere e dalla capacità di usarlo con mezzi arcani: vede i suoi patteggiamenti, i patti infami che ha fatto coi demoni, i suoi innumerevoli tradimenti e meschinità. Gli innumerevoli sacrifici umani. Vede la sua abilità di manipolatore e ingannatore. Vede che non ha mai amato nessuno in vita sua. In lui, Venusia vede il buio.
    Da parte dello Stregone Nero, Sukeli invece vede la vita semplice e serena di Venusia, la sua lucidità, la sua vita nel ranch, i cavalli, Actarus, la battaglia contro Vega, Mizar, le gioie, i sorrisi, la semplicità di cuore, le persone che ama. Procton, il padre Rigel, Maria, Alcor. In lei, Sukeli vede la luce che lui ha sempre rifiutato. Per la prima volta nella sua vita, lo Stregone Nero prova qualcosa di simile alla vergogna. Stavolta, è Sukeli che teme di incrociare lo sguardo di Venusia, ma sente che deve farlo. E lo fa: lo sguardo di lei è pieno di delusione e compassione, uno sguardo triste, di chi ti ha visto fino in fondo. Sukeli dentro di sé trema. E Venusia esclama:
    “Che povera persona sei…”
    “Maledetta! Maledetta! MALEDETTAAA!!!” grida Sukeli, sconvolto, con la bava alla bocca, arretrando spaventato, e mettendo un piede in fallo. Lo Stregone Nero cade sulle scale, rotolando e terminando la caduta alla base della rampa, con lo sguardo vitreo al cielo e la bocca aperta, tenendo le braccia spalancate.
    “Sukeli, mio signore!” grida Zinn, mentre Isparana attacca.
    “Ti preoccupi troppo del tuo capo, idiota. Io sono qui!”
    Zinn para di nuovo l’attacco dell’amazzone, colpendo poi con un terribile fendente dal basso all’alto. Ma Isparana se l’aspettava: quelle spade che Shigure le ha dato sono eccezionali. Le danno una capacità di movimento che neanche si aspettava. Indietreggiando, alza una gamba, assumendo la posizione della gru: è la Danza delle Due Spade, la sua tecnica segreta. Zinn carica, urlando di rabbia, ma Isparana attacca con sicurezza: in poco tempo, l’avversario finisce letteralmente a pezzi.
    Non ho mai fatto questa tecnica in modo così perfetto. Queste spade sono uniche! pensa l’amazzone, osservando i resti del nemico vinto.
    Jocasta ha già trafitto tutti i mostri alati di Bola, ed ora è davanti al gobbo con i suoi due pugnali gemelli, Raishin e Tagari.
    “Arrenditi. E’ finita.”
    In tutta risposta, Bola toglie l’estremità del bastone, mostrando una punta acuminata ed avvelenata. Urlando, corre contro l’amazzone, ma la corsa ha vita breve: i coltelli l’hanno già ucciso prima ancora che cada per terra. Le due armi tornano in mano a Jocasta, che dice:
    “Bene, Venusia, è fatta. Prendi tuo figlio e andiamocene via da qui”
    “Hai ragione” risponde lei, rinfoderando la spada e voltandosi verso Rex. Dorme ancora, tranquillo e beato, come se non fosse successo niente. Venusia ha le lacrime agli occhi. Avvicinandosi, zoppicando per la gamba ferita, allunga le mani per afferrarlo, pensando:
    Rex…caro figlio mio…ora sei al sicuro…ti porterò a casa, adesso…Rex, caro…
    Mentre la mano si allunga verso il bimbo, all’improvviso una morsa le stringe il polso, in modo così duro da farle quasi scricchiolare le ossa. Venusia grida di dolore, mentre cerca di alzare gli occhi. Osserva una donna dai capelli neri e lunghi, rivestita da un’armatura brunita, con un sogghigno che mostra delle zanne da lupo. Il segno sul suo volto le è familiare.
    “Je…Jezabel?” balbetta, stringendo i denti e trattenendo le lacrime per il dolore.
    “Quanto tempo, Venusia. Sono contenta di rivederti!”

    (104 - Continua qui)


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