Il blog di Joe7


Replying to FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 111

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  1. Posted 20/7/2016, 17:02
    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 111
    IL GRANDE MAZINGA, JUN E TETSUYA: L'ULTIMA BATTAGLIA!

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui. Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui. Inoltre, c'è il riassunto a fumetti delle puntate dalla prima alla 79 qui.

    versione_definitiva_gambe_nude


    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Rex, il loro figlio appena nato, è stato rapito dall’Oscuro, che lo sacrificherà a Darkhold, il suo pianeta-castello, quando sette stelle saranno allineate, ottenendo così il potere assoluto. Lo scontro contro le armate dell’Oscuro è terribile: diversi compagni di Goldrake hanno perso la vita, e ora rimangono solo il Grande Mazinga con Venus Alfa, insieme a Boss Robot e all’armata di Maltholm, che cercano di respingere l’orda dei Distruttori, i robot dell’Elite dell’Oscuro. Infatti, il Grande Mazinga e gli altri devono proteggere sei cristalli, collocati su sei torri: questi cristalli sono capaci di sconfiggere l’Oscuro, a patto che si aggiunga ad essi il settimo cristallo sulla settima torre. Il possessore del settimo cristallo è l’Oscuro stesso: Goldrake ora sta combattendo contro di lui, ma è in difficoltà. Nel frattempo, Venusia ha sconfitto Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro…

    -------------------------------------------------------------------------------------------

    Lisa Vold, la ragazza lupo, aggrappata alle zampe della gigantesca aquila Ayala, vola veloce come il vento: il grande animale, nonostante la sua mole, evita senza difficoltà i raggi dei Distruttori, che non riescono a colpirla, nonostante i loro sforzi. Ayala non è un’aquila normale: è il totem, l’aiuto speciale dato a Lisa dalla sua gente, gli uomini-lupo del pianeta Creed. Per Ayala, che conosce ogni soffio di vento prima ancora che inizi, e che vede con occhi che vanno al di là della vista, è assai facile evitare gli attacchi dei numerosi nemici. E’ stata evocata poco fa dal pendaglio luminoso che Lisa porta sempre con sé al collo, mentre era in piedi, sopra la testa del Borot. Le è dispiaciuto dover abbandonare così in fretta il suo amico Boss, senza salutarlo, ma sentiva che il suo Tetsuya era in pericolo: Lisa nel suo cuore aveva giurato eterna fedeltà e protezione a lui. Non le era venuto in mente nemmeno un attimo che in questa immensa guerra di giganteschi esseri meccanici, una ragazza lupo era quanto di più estraneo potesse esserci: lei segue solo il suo istinto, che le dice che la persona che ama è in pericolo. Davanti a questo, tutto il resto non conta.

    Nello stesso tempo, Tetsuya e Jun stanno affrontando da soli l’orda: le astronavi alleate del capitano Maltholm, che era al servizio della regina delle nevi Shizuri, vengono aggredite e distrutte una dopo l’altra. Nella sala di controllo dell’Astronave Ammiraglia Quaiza, il capitano osserva cupo in piedi, a braccia incrociate, la scena sullo schermo. La barriera di ghiaccio ormai è andata e tutti i Distruttori stanno lanciando l’ultimo assalto. La morte è vicina.
    “Capitano Maltholm! Hanno completamente spazzato via l’area est della nostra flotta!” dice un controllore, agitato.
    “Laggiù ci sono i due ultimi robot, Mazinga e Venus, quindi possiamo ancora farcela. Continuate a resistere ancora! Cannoni alfa e beta, alla massima potenza: non risparmiate il fuoco!”
    Mentre gli operatori obbediscono freneticamente agli ordini di Maltholm, il capitano si rivolge a Gari, l’addetto delle comunicazioni:
    “E’ il momento di usare l’arma definitiva. Gari!”
    “Sissignore!”
    “Contattami Boss Borot!”
    “Eh?”

    Il Grande Mazinga afferra la sua piastra rossa sul petto, a forma di V, e la scaglia facendola roteare attorno a se stessa ad una velocità allucinante, diventando un’enorme lama rotante.
    “Grande Boomerang!”
    L’aria viene tagliata con un rombo, e l’arma si abbatte contro i Distruttori, che accusano l’impatto, venendo respinti, ma non hanno nessuna ferita sul corpo e continuano ad avanzare. Il Grande Boomerang torna in mano a Mazinga, mentre Tetsuya stringe i denti dalla rabbia.
    Sono cento volte che colpisco questi bastardi e non ottengo nulla! Ma se pensate di battere il Grande Mazinga, vi sbagliate di grosso, mostri fotocopia!
    Dalle grate della bocca del robot esce un uragano di vento che fa scagliare da tutte le parti i Distruttori come foglie.
    “Grande Tifone!”
    Individuando uno dei nemici che è stato danneggiato dagli attacchi precedenti, Tetsuya agisce subito: dagli avambracci del Grande Mazinga spuntano delle lame che iniziano a ruotare vorticosamente, provocando scintille: è la forma più potente del pugno atomico del Grande Mazinga.
    “Doppio pugno rotante di fuoco!”
    I due pugni vengono scagliati come proiettili brucianti, uno davanti all’altro, colpendo e perforando due volte il mostro, che esplode: le fiamme dell’esplosione coinvolgono anche gli altri Distruttori.
    “Raggio gamma!”

    Jun Honoo osserva per un momento Tetsuya: poi deve distogliere lo sguardo. Ora, a bordo di Venus Alfa, deve fare del suo meglio per respingere l’orda dei Distruttori: e, anche se il suo robot-femmina è stato potenziato, riesce a respingerli a fatica. Ormai i mostri sono innumerevoli, e loro due sono gli unici rimasti. Ma, stranamente, non è questo che preoccupa Jun.
    Avrei voluto avere il tempo di scusarmi con Tetsuya, prima di partire. Non dovevo credere alle sciocchezze di Lisa…ma non ero riuscita a comportarmi diversamente. Lei mi aveva detto che aveva dormito con Tetsuya...come ho potuto credere ad una sconosciuta e non a lui?
    Un paio di contraccolpi, che fanno sussultare Venus Alfa, fanno sobbalzare Jun. Non è il tempo di pensare a queste cose: bisogna pensare alla pura, semplice, brutale sopravvivenza. I missili pettorali di Venus Alfa, caricati al massimo livello, si scagliano contro i Distruttori, esplodendo con la forza di bombe atomiche: subito dopo, il robot affila le dita, che diventano come un’unica lama, che si affonda nel petto del robot danneggiato: poi, Jun si ritira, mentre il mostro esplode, coinvolgendo anche gli altri intorno.
    Anche se sono durissimi perché sono composti da questo super Gren, non sono indistruttibili…il problema però è la quantità! Sono troppi! pensa Jun, osservando preoccupata il quadrante dell’energia di Venus Alfa: è quasi vicino al rosso. Brutto affare. Ma quanto tempo ci mette quell’idiota di Actarus a prendere l’ultimo cristallo? Qui stiamo cadendo come mosche! aggiunge, stizzita.

    A Tetsuya tutto questo non importa. Sta usando ora il Grande Mazinga: la sua arma, il suo fratello, il suo amico, il suo alter ego, in perfette condizioni, appena ricostruito dopo la battaglia contro Garuda. I comandi rispondono ottimamente, il gigantesco corpo di metallo è adesso un’estensione del suo corpo. Il nemico è praticamente indistruttibile, ma questo gli fa solo aumentare il piacere quando riesce a farne esplodere qualcuno. Per Tetsuya questa non è un battaglia, per quanto ne avverta il pericolo e l’odore di morte, per quanto abbia lo sguardo duro e la bocca corrucciata, pronta ad esclamare ordini a voce alta. Per lui è una festa: solo adesso si sente vivo. Chissà perché, gli viene in mente ora una scena del passato tra lui e Jun.

    “La morte del dottor Kabuto non ti ha insegnato niente, Tetsuya? Sei rimasto sempre lo stesso!” aveva detto Jun, una volta.
    “Come sarebbe a dire? Non guido più Mazinga, vivo una vita tranquilla…”
    “Tranquilla per modo di dire. Fai gare di moto. In ogni lavoro che fai, entri in competizione. Di amicizie ne fai poche. Sei in conflitto con tutti. Cosa c’è di cambiato, Tetsuya? Tu vivi ancora solo per il combattimento!”
    Tetsuya non aveva ribattuto. Alzandosi dal tavolo, si avvicinò alla finestra dicendo:
    “Jun…io ti voglio bene, e ne voglio anche a Koji, che è come un fratello per me. E voglio bene anche a Shiro, a Boss, a tutti. Ho capito i miei errori, e sto cercando di non ripeterli, anche se non è facile. Proverò ad essere più accomodante, e ti ringrazio per avermelo fatto notare. Ma…”
    “Ma?”
    ’Io sono stato addestrato al combattimento sin da piccolo e a causa di questo sono diventato una macchina da guerra’: ti aspettavi queste parole, giusto? No, la realtà è un’altra. Anche tu, Jun, sei stata addestrata come me…ma non sei diventata una macchina da guerra. Il punto è che a te non piaceva fare certe cose…ma a me sì! Mi piaceva spaccare la faccia a chi faceva il prepotente! Mi piaceva combattere, essere forte, sentirmi forte! E mi piace anche adesso! Anche adesso, dopo tutto quello che è successo! Non sono capace di cambiare, anche se lo voglio! Capisci?”
    “Tetsuya…”
    “Mi dispiace, Jun. Sono un malato cronico di queste cose. Dovresti lasciarmi stare, andare con persone normali, invece di perdere tempo con un suonato come me”
    La ragazza lo abbracciò da dietro, appoggiandogli la testa sulla schiena.
    “Non dire mai più queste cose. Io ti voglio bene così: bene o male, tu sei Tetsuya…e ti amo così!”
    Tetsuya era rimasto di sasso: era la prima volta che Jun gli aveva parlato così esplicitamente. Non sapeva più cosa dire, ma sentiva per la prima volta una piacevole sensazione di calore nel petto: per la prima volta, nel suo intimo, si sentiva meno solo. Era felice, anche se non riusciva ad esprimerlo a parole.

    L’esplosione sconvolge Tetsuya sin nell’intimo: ne ha sentite a milioni nella sua vita, ma questa ha qualcosa di angosciante, di crudele. Venus Alfa si è messa di mezzo perché il Grande Mazinga non fosse colpito alle spalle da un attacco concentrato dei Distruttori: Jun non aveva tempo di fare altro. Venus Alfa sta diventando una palla di fuoco, tanto è enorme l’energia sprigionata dai nemici.
    “JUN!” urla Tetsuya con tutte le sue forze, impallidito dalla paura.
    Nello stesso tempo, una gigantesca figura si interpone tra il Grande Mazinga e il robot di Jun: Tetsuya riconosce sorpreso l’aquila gigante di Lisa, che evita i raggi dei Distruttori come se li vedesse prima che fossero lanciati. La ragazza lupo salta con un balzo dentro l’abitacolo in fiamme di Venus Alfa e strappa senza complimenti le cinghie bloccate, usando la sua forza sovrumana. Poi, afferrando il corpo inerte di Jun, salta via dalla Queen Star in fiamme e si aggrappa con un braccio alla zampa di Ayala, gridando:
    “Vai avanti con quelli, hombre! Alla mujer penso io!”
    L’aquila si allontana veloce, diventando subito un punto davanti agli occhi esterrefatti di Tetsuya.
    Jun…Lisa l’ha salvata!
    I raggi dei Distruttori attaccano il Grande Mazinga, e Tetsuya si scuote, preparandosi a ribattere colpo su colpo, con una furia ancora superiore alla prima.

    Ayala atterra sul pavimento lastricato di mattoni neri, come lo è tutta Darkhold: poi, l’aquila scompare, richiamata all’interno del gioiello che Lisa porta al collo. La ragazza lupo osserva Jun: respira debolmente. La appoggia con cura a terra e la esamina per vedere il suo stato: la sua tuta è strappata in più punti, in certe parti è addirittura bruciata. Le gambe, in particolare, sono quelle colpite di più. Ci sono diverse ferie sul corpo, e Lisa ne identifica una davvero brutta, che fa perdere sangue dal petto in continuazione. Una scheggia o un frammento provocato dall’esplosione di Venus Alfa l’ha colpita in pieno. Lisa impallidisce: una ferita simile è mortale. Alza delicatamente la testa di Jun sussurrando:
    Morosita…mi senti?”
    Dopo un momento angoscioso, Lisa vede con sollievo gli occhi di Jun riaprirsi. Ma sono stanchi.
    “Chi si vede…” dice con difficoltà.
    “Jun...scusami per quello che ti avevo detto. Non è assolutamente vero! Io e quell’hombre, Tetsuya, non abbiamo fatto nulla! Credimi! Mi dispiace moltissimo…lo siento mucho!
    “Lo so…”
    “Lo sapevi?”
    “Tetsuya…non è il tipo. Lo conosco. Ma…mi ero arrabbiata lo stesso…così lui …mi sarebbe venuto incontro…”
    “Ma perché hai fatto così? Non bastava credergli senza fare storie? No comprendo...non capisco…” chiede Lisa, confusa.
    “Noi donne…siamo così, Lisa. Un giorno…lo capirai”
    Jun tossisce: una tosse secca e dura. Lisa è allarmata.
    “Non sforzarti a parlare, muchacha! Calmati, adesso, non muoverti, mentre io…io…”
    Jun alza una mano, toccando quella di Lisa e afferrando qualche dito.
    “Lascia stare. E’..finita, lo sento. Pensa a Tetsuya, Lisa…mi raccomando!”
    “Non dire sciocchezze, Jun! Adesso ti curo, claro! Nel mio pianeta ci sono delle erbe che fanno miracoli…vedrai! Ti riprenderai, tornerai come prima…”
    Ma Jun non risponde.
    “Ehi…dì qualcosa! Jun! Parla! Non mi senti? Jun! Morosita!
    La scuote, ma Jun è inerte come una bambola. Lisa ha capito: non risponderà mai più. La abbraccia piangendo: cosa dirà a Tetsuya?

    Nello stesso tempo, Boss Borot agisce in fretta, seguendo le istruzioni di Maltholm: “Boss, tu sei una specie di catalizzatore. Nella tua battaglia contro Feral, il cristallo ti ha dato una parte della sua forza. Se riesci a collegare tutti e sei i cristalli con una corda fissata con le tue mani, riuscirai a collegare tutta la loro energia: ci aiuterà a sconfiggere definitivamente quei mostri!” gli aveva detto il comandante, e lui aveva accettato entusiasta: finalmente aveva una possibilità di vendicare i suoi amici, Koji e Sayaka! Mentre Nuke e Mucha pedalano come pazzi, permettendo a Boss di volare da un cristallo all’altro, il Borot li lega con una fune fatta alla bell’e meglio: visto che non ne aveva di così lunghe, ci ha attaccato tutto quello che aveva: catene, tubi di gomma, vestiti di ricambio. Agisce freneticamente, e pochi dei Distruttori si accorgono di lui, essendo tutti concentrati sul Grande Mazinga, che è rimasto l’unico ostacolo. Qualcuno di loro scaglia dei raggi contro il Borot e la sua assurda corda, ma stranamente non avviene nulla, come se i cristalli in qualche modo li proteggessero. Boss agisce così velocemente che passa da un cristallo all’altro senza interruzione: il guaio è che non si è accorto che aveva appena legato il sesto cristallo, cioè l’ultimo, e aveva fatto un salto per raggiungere il settimo, che non c’era: Boss si accorge di essere in mezzo al vuoto, mentre Nuke e Mucha interrompono la pedalata, credendo di essere arrivati.
    “RIPRENDETE A PEDALARE, IDIOTIIIII!!!” grida Boss allarmato, ma è troppo tardi: il Borot cade giù a capofitto, raggiungendo il terreno con un impatto decisamente notevole. Boss, Nuke e Mucha si riprendono con mille stelle che gli girano in testa: mentre il Borot si rialza a fatica, Boss guarda in alto, dove sta accadendo il conflitto.
    “Spero che sia utile quello che abbiamo fatto…” sussurra lui, toccandosi con sussiego un bernoccolo.

    I quadranti dell’incrociatore di Maltholm brillano di decine di luci allineate.
    “Capitano, quel robot ce l’ha fatta! I cristalli sono sincronizzati!”
    “Perfetto!” esclama Maltholm “Passatemi Tsurugi, il pilota del Mazinga, svelti!”

    Il Grande Mazinga combatte con una furia senza freni. Se la sua spada si rompe, ne ficca il moncherino nella testa di uno dei nemici. Se lo assalgono in massa, concentra tutte le sue armi su quello più vicino, provocandone l’esplosione. Se il Brain Condor è circondato dalle fiamme, Tetsuya fa combattere Mazinga ad una velocità superiore, per far spegnere più in fretta i fuochi. Per ogni colpo che riceve, ne restituisce a decine. Anche se le orde dei Distruttori sono senza numero, e il Grande Mazinga è uno solo, nessuno di loro riesce ad andare oltre. L’avversario è tanto forte quanto feroce. Il pilota del Grande Mazinga è indifferente alle ferite che ha sul corpo e sulla fronte: neanche ci pensa. Non solo il pensiero di Jun, ma anche quello dei suoi compagni caduti rende Tetsuya carico di una rabbia distruttiva che fa impallidire persino lo stato di berserk delle Amazzoni.

    “Tetsuya Tsurugi! Ascoltami bene!”
    Il pilota del Grande Mazinga sente all’improvviso una voce nella testa: telepatia? Senza smettere di combattere, esclama:
    “Chiunque tu sia, sparisci! Sono occupato!”
    “Lo so. Usa il fulmine laser, Tetsuya Tsurugi. Potrai distruggerli tutti” dice la voce.
    “Eh? Ma chi sei?”
    “Sono il capitano Maltholm, al servizio della Regina Shizuri. I Distruttori stanno distruggendo la flotta e la mia nave. Non ho tempo di ripetere questo messaggio. Boss Robot ha incanalato l’energia di tutti i sei cristalli, che abbiamo usato per mandare un’onda di gelo sincronizzato, specifico solo per il super gren, il loro metallo. La loro struttura elettrica è stata alterata: il tuo doppio fulmine li disintegrerà. Vendica i tuoi compagni e la mia regina, Tetsuya Tsurugi. Addio!”
    Mentre l’Astronave Ammiraglia Quaiza di Maltholm è l’ultima a diventare una vampa di fuoco, Tetsuya per un momento rimane perplesso. Aveva già usato il doppio fulmine contro Garuda, e l’aveva usato al massimo livello, quello proibito dal Dottor Kabuto: il suo corpo ne aveva risentito. Se dovesse fare adesso anche solo un doppio fulmine normale, sarebbe fatale per lui: per questo non l’aveva ancora usato contro i Distruttori. Dopo un attimo di riflessione, Tetsuya pensa a Jun in pericolo e conclude:
    “E chi se ne frega!”
    Il Grande Mazinga, davanti all’orda dei nemici, si innalza volando verso le nubi ed alza un dito, raccogliendo a sé tutta l’elettricità dell’aria. Il tempo diventa subito carico di nubi gonfie e nere, mentre dei lampi saettano da una parte all’altra del cielo.
    “Doppio fulmine…”
    Tetsuya sente un grande dolore al petto: ma non ha nessuna intenzione di fermarsi.
    “…MISSILE LASER!!”
    I lampi scagliati dal dito del Grande Mazinga sono giganteschi e innumerevoli: simili alle saette divine di Zeus, colpiscono istantaneamente le migliaia di Distruttori, circondati dalle infinite diramazioni della luce bianca, e, per la prima volta da quando sono comparsi, urlano di dolore, emettendo un gigantesco ruggito che lentamente diventa un sibilo lamentoso, diventando tutti quanti della polvere grigia, che viene poi sparpagliata ai quattro venti. Solo il Grande Mazinga rimane in piedi, a mezz’aria, pieno di ferite così profonde da mostrare facilmente tutta la sua struttura interna meccanica. Tetsuya ha vinto, ma non ce la fa più. Con cautela, fa atterrare il Grande Mazinga vicino a Jun e Lisa, poi fa staccare il Brain Condor. Tetsuya sente che il dolore si fa ancora più acuto: ma deve sapere come sta Jun. Il vetro del Brain Condor si alza e Tetsuya riesce ad uscire a fatica dalla navetta, poi arranca verso le due donne. Lisa corre verso di lui, afferrandolo in tempo per impedirgli di cadere a terra.
    Carayo! Tetsy, stai bene?” chiede lei preoccupata.
    “Lascia stare…” risponde lui, pallidissimo “Jun…sta bene?”
    Lisa non sa cosa rispondere.
    “Ecco…credo…credo di sì…ma adesso riposati, hombre, ti prego…non sforzarti…”
    “Bene…conta solo questo…Lisa…”
    “S…sì?”
    “Pensa tu a lei, mi raccomando…”
    “Lascia stare, Tetsuya, non dire queste cose…Tetsuya? Tetsy?”
    Lisa osserva il volto inerte ed inespressivo di Tetsuya Tsurugi e non ci crede.
    “No…non è possibile...Tetsuya…anche tu? Anche tu come lei? No, Tetsuya, non puoi farmi questo! TETSUYAAA!”
    Lisa non avrebbe mai creduto di piangere due volte la morte di qualcuno in così poco tempo. Cadendo in ginocchio, insieme al corpo morto di Tetsuya, lo tiene abbracciato strettamente, lasciando cadere calde lacrime. Ora Lisa si sente davvero sola.

    Goldrake si prepara ad attaccare definitivamente: ora Duke Fleed sa qual’è il punto debole dell’Oscuro. Attacca con l’alabarda, pronto a colpire di nuovo, mentre il suo avversario, con le due spade di gren rinforzato, è pronto a farlo a pezzi definitivamente. Proprio quando l’impatto è imminente, inaspettatamente il robot-samurai abbandona la sua arma e, con la massima velocità possibile, afferra le mani dell’Oscuro, che tengono le spade, e, facendole muovere velocemente, fa sbattere entrambe le lame l’una contro l’altra.
    Questo infatti era il punto debole dell’Oscuro: usare due spade indistruttibili, anziché una. Infatti, se una spada da sola non si poteva spezzare, due spade dello stesso materiale potevano rompersi a vicenda, essendo fatte della stessa sostanza. Prima ancora che l’Oscuro possa riprendersi dalla sorpresa, Goldrake afferra il petto del nemico, strappando subito l’armatura: grazie al suo cristallo di ricerca, Actarus aveva capito che il cristallo nero era lì. Infatti, Duke Fleed osserva con soddisfazione il cristallo nero che brilla nella mano di Goldrake, seminascosto in mezzo ai frammenti dell’armatura. Ma la gioia è di breve durata: all’improvviso, il cristallo scompare, mentre diversi tentacoli spuntati all’improvviso da terra immobilizzano il robot-samurai.
    “Sei stato davvero in gamba, Duke Fleed. Ma questo non cambia nulla. Ho fatto scacco matto, non ricordi? Avevo previsto che, nel caso che riuscissi a prendermi il cristallo, esso si sarebbe subito teleportato nelle mani di Jezabel. Avevo previsto tutto, Duke Fleed. Prima di ucciderti, lascia che ti dica una cosa. Non odio solo te, ma anche il pianeta di Fleed, che mi ha tradito: invece di me, aveva preferito il mio maledetto fratello Kail come re. Per questo, la mia mano d’ombra era diretta verso quello sporco pianeta. Adesso la mano oscura non esiste più, ma ho mandato la mia flotta personale a fare strage di Fleed. Pensa a questo, mentre muori!”
    Goldrake cerca di divincolarsi, ma i tentacoli sono troppo forti: inoltre, il robot-samurai è gravemente danneggiato per i colpi subiti. Come se non bastasse, questi colpi, che si ripercuotono su Duke Fleed, ormai in simbiosi con Goldrake, hanno debilitato il pilota, che è più morto che vivo. Alzando la testa, Duke non crede ai suoi occhi. Vede, come in un sogno, decine e decine di spade, come quelle che aveva appena spezzato, che ruotano in un circolo spaventoso a mezz’aria, attorno ai due avversari.
    “Non avevo certo solo queste due spade a disposizione, Duke Fleed. Se sentire su di te le lame di due spade è stata dura, cosa dirai ora che ne sentirai a decine sulla tua pelle?”
    Goldrake cerca di liberarsi con la forza della disperazione: ma è troppo tardi. Ad un cenno dell’Oscuro, decine e decine di lame trapassano il robot-samurai, mentre Duke Fleed grida come non ha mai fatto prima. Il dolore è oltre la comprensione. I tentacoli si ritirano, mentre Goldrake cade a terra, in ginocchio, trafitto da decine di lame, come un enorme puntaspilli.
    “Ed ora che è finita, pensiamo a tuo figlio” conclude freddamente l’Oscuro. Mentre si allontana, si ferma subito: si accorge che è successo qualcosa nella sua mente. Un intruso è appena entrato in lui.
    Come è possibile? Chi ha osato?

    Maria Fleed, nella sua forma spirituale, sta cercando di uscire dal buio labirinto della mente dell’Oscuro, dove era finita per sbaglio: doveva raggiungere la mente di Actarus per trovare la parola che avrebbe tolto l’ultimo sigillo. Il problema era che, essendo dello stesso sangue, era facile confondere la mente di Duke con quella dell’Oscuro: inoltre, Maria in queste cose è ancora una principiante. Però i suoi sensi si affinano in continuazione: avverte che l’Oscuro si è accorto di lei. Ma non solo: poco prima, aveva sentito un forte dolore al petto. Era successo qualcosa di terribile a Duke: sente che è ancora vivo, ma appena appena: come una fiammella che sta per spegnersi. Deve fare presto! Ma come uscire? Tutto è muro, chiusura…sopra, sotto, di lato…anche se è immateriale, queste “mura” la bloccano, la soffocano…eppure deve esserci un modo per uscire!
    “Calmati, Maria…sono qui!”
    Ancora quella presenza che lei aveva sentito prima.
    “Chi sei?” chiede ansiosa.
    Davanti a lei compare un’immagine familiare, ed esclama con sorpresa:
    “Alcor? Come hai fatto a venire fin qui?”
    “Mi sono concentrato anch’io, tenendoti per mano, e sono riuscito a raggiungerti. L’abbiamo fatto quando avevamo esaminato Goldrake sulla Cosmo Special, ricordi? Il nostro legame – l’essere marito e moglie – evidentemente permette una comunione superiore a quella che possiamo immaginare”
    “Cosa possiamo fare, adesso? Duke è…”
    “Non pensarlo. Actarus non è facile da uccidere. Concentriamoci insieme su di lui. Coraggio, ce la faremo!”

    La piccola Jezabel – allora non aveva nemmeno un nome – si guarda intorno, sicura di non essere notata: afferra il cibo, che avevano buttato via nel bidone della spazzatura, e scappa via: ma un cane la segue e la aggredisce, afferrando il prezioso cibo e portandolo via. Jezabel è sconvolta: è da giorni che non mangia. Deve avere quel cibo, o morirà. Afferra in mano qualcosa di tagliente e insegue il cane, riuscendo alla fine a raggiungerlo e colpirlo alla gola più volte con violenza. Il cane cade stramazzato a terra, morto: è il suo primo omicidio. Mangiando il cibo, la bimba capisce che è in quel modo che riesce ad avere quello che vuole. Da allora, gli omicidi, le rapine, si susseguono, fino a quando incontra un gruppo di ladruncoli più in gamba e più forti di lei, che la lasciano mezzo morta in mezzo alla strada. Era in quel momento che era passato lui. Davan Shakari, l’Oscuro: l’unico che abbia mai amato. L’aveva aiutata, protetta, rinforzata…ma mai amata. Un giorno, Jezabel aveva avuto il coraggio di parlargli, di confessargli in qualche modo il suo amore…e la sua risposta fa ancora male.
    “Sei un bene prezioso, Jezabel. Non costringermi ad eliminarti”
    La donna riapre gli occhi, accorgendosi che sono umidi: aveva pianto nel sogno? Se ne sono accorte, le donne accanto a lei? Venusia, Jocasta, Isparana, Shigure…ora ricorda. Era stata colpita in pieno da quella lama. Come fa ad essere ancora viva?
    “Non muoverti” dice Venusia, inginocchiata accanto a lei, col bambino in braccio. “La tua ferita è grave, ma non mortale: la tua armatura ti ha protetta”
    Jezabel è sorpresa: perché questo comportamento? Sta per parlare, quando si accorge che ha qualcosa in mano: qualcosa che gli atri non possono vedere. In quel momento, capisce: ha in mano il cristallo nero. L’Oscuro deve averglielo passato. Evidentemente, Goldrake l’ha messo in difficoltà. Alzando la mano, osserva il cristallo con sguardo triste, mentre le altre non capiscono, osservando solo una mano vuota.
    Ecco cosa sono per lui…un bene prezioso. Una cosa e null’altro, come questo cristallo. Un oggetto e null’altro. Da eliminare quando non serve. Cosa mi è servito lottare fino a morire per lui?
    Jezabel osserva Rex, il bambino che stava per ammazzare. Per la prima volta lo vede con gli occhi aperti: occhi semplici, puliti, pieni di stupore. Lo sguardo dell’innocenza. Jezabel ora capisce cosa fare. Porge la mano aperta a Venusia, che dapprima non comprende, poi comincia a vedere un oggetto nero brillante in mano a Jezabel.
    “Cos’è?” chiede sorpresa.
    “Il cristallo nero. Il settimo cristallo. Se riusciste a metterlo sulla Torre della Solitudine, sarebbe la fine per l’Oscuro”
    “Cosa? E perché ce lo dai?” chiede Jocasta, ancora più sorpresa.
    “Perché è finita. Sono stanca di questa storia. Sono stanca…di tutto” risponde, tossendo: si accorge che ha tossito sangue. Brutto segno.
    Venusia afferra il cristallo, incerta. “Allora…allora…se andiamo fin lì…”
    “Inutile…” sussurra Jezabel, stanca “Tutto inutile. L’Oscuro ha previsto tutto, anche questo. Abbiamo solo cinque minuti, perché funzioni: dopo, le sette stelle non saranno più allineate. La Torre è lontanissima da qui: pieni di ferite come siete, a piedi o sulle diatrymas non fareste in tempo. Senza contare che la strada per arrivarci è un labirinto. E il teletrasporto non funziona per andare lì”
    “Dobbiamo farcela!” esclama Shigure, la maestra di spada: ma fa fatica anche solo a stare in piedi, come le altre.
    “Anche se ce la faceste…” risponde Jezabel “lì ci sono venti, trenta Lupi Neri sulla Torre. Sareste capaci di eliminarli tutti? E la barriera finale, dove può passare solo l’Oscuro? No…è inutile”
    Le altre non sanno cosa rispondere: infatti, è un’impresa impossibile, anche per loro.
    “Andrò io!” dice una voce sicura.
    Tutte si voltano sorprese ed osservano un’elfa bambina dalla pelle scura, a cavallo di una diatryma. Venusia riconosce Kui, la sua diatryma, ma soprattutto riconosce la bambina: la piccola elfa nera sua amica.
    “Ney?” dice incredula.

    (111 - Continua qui)


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