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    PARADISO CANTO 20 - SESTO CIELO DI GIOVE: SPIRITI GIUSTI - GUGLIELMO, RIFEO: LA SALVEZZA DEI PAGANI (seconda parte)
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    GLI SPIRITI GIUSTI: RE GUGLIELMO IL BUONO

    Guglielmo-il-buono
    Re Guglielmo Il Buono dedica il Duomo di Monreale a Maria.


    Dante continua ad osservare i beati nell'occhio dell'aquila: dopo Davide, Traiano, Ezechia e Costantino, il beato nella "parte discendente dell'arco" (cioè l'orbita dell'occhio dell'aquila) è Guglielmo il Buono o Guglielmo II di Sicilia (1153-1189), figlio di re Guglielmo I il Malo (depravato e simpatizzante degli arabi). Guglielmo il Buono fu rimpianto da Napoli e dalla Sicilia, attualmente malgovernate. Guglielmo ora comprende quanto sia apprezzato da Dio un buon sovrano.

    E quel che vedi ne l’arco declivo, (E colui che vedi nell'arco discendente)
    Guiglielmo fu, cui quella terra plora (fu re Guglielmo il Buono, che è rimpianto da quelle terre (Napoli e la Sicilia)
    che piagne Carlo e Federigo vivo: (che ora sono governate dai vivi (e ingiusti) Carlo II d'Angiò e Federico II d'Aragona:)

    ora conosce come s’innamora (ora (Guglielmo) sa che il Cielo apprezza)
    lo ciel del giusto rege, e al sembiante (un re giusto, e lo dimostra)
    del suo fulgore il fa vedere ancora. (tuttora con lo splendore del suo aspetto.)

    Infatti, Guglielmo, nel secolo 1100, comandava non solo la Sicilia, ma anche tutta l'Italia Meridionale, Napoli compresa, e il suo regno era chiamato "Regno di Sicilia", perchè aveva come capitale Palermo. Guglielmo faceva parte della casata normanna degli Altavilla. Il suo governo fu giusto e la Sicilia conobbe un periodo di pace e sviluppo. Guglielmo sposò l'inglese Giovanna Plantageneto, sorella di re Riccardo Cuor di Leone: ma non ebbero figli. Per questo, si concluse la dinastia degli Altavilla. Ci fu solo la zia di Guglielmo, Costanza d'Altavilla, citata da Dante nel Primo Cielo della Luna, che diede alla luce un figlio, ma appartenente alla casata degli Svevi, visto che lei sposò Enrico VI di Svevia: Federico II di Svevia (mandato da Dante all'Inferno tra gli eretici insieme a Farinata Degli Uberti).

    Guglielmo fece costruire il Duomo di Monreale, dedicato alla Vergine Maria: secondo la leggenda, Guglielmo si addormentò sotto un carrubo, colto da stanchezza, mentre era a caccia nei boschi di Monreale. In sogno gli apparve la Madonna, a cui lui era molto devoto, che gli disse: “Nel luogo dove stai dormendo, è nascosto il più grande tesoro del mondo: dissotterralo e costruisci un tempio in mio onore”. Dette queste parole, la Vergine scomparve e Guglielmo, fiducioso della rivelazione in sogno, ordinò che si sradicasse il carrubo e gli si scavasse intorno. Con grande stupore, fu scoperto un tesoro in monete d'oro, che furono subito destinate alla costruzione del Duomo di Monreale, che poi divenne cattedrale.

    Laggiù, nel 1270, dopo l'ottava crociata, fu sepolto san Luigi IX, re di Francia. Il figlio Filippo III fece trasferire i resti del padre nella basilica di Saint-Denis: nel Duomo di Monreale rimane un reliquiario che contiene il cuore e le viscere di San Luigi IX. Inoltre, per sdebitare il favore ricevuto, re Filippo III donò alla cattedrale un reliquiario contenente la Sacra Spina, appartenente alla Corona di Spine di Gesù. L'intera Corona di Spine è custodita a Parigi, a Notre-Dame, e fu portata lì dallo stesso Luigi IX. La reliquia è rimasta integra anche dopo l'impressionante incendio avvenuto il 15 aprile 2019, che rovinò gravemente la cattedrale.

    Corona-di-spine
    La Corona di Spine a Notre-Dame (protetta da una teca circolare fatta costruire apposta) e l'albero del giuggiolo della spina di Cristo, comune in Israele, da dove fu fatta la corona di spine.


    GLI ALTAVILLA: LA BREVE DINASTIA NORMANNA

    I Normanni erano gli Uomini del Nord, che si possono identificare coi vichinghi: erano soprattutto scandinavi e scesero in Europa. Il fondatore della famiglia normanna degli Altavilla fu Tancredi (980-1041), che ebbe come figli Roberto il Guiscardo (citato da Dante nel Cielo di Marte), Ruggero I e Guglielmo braccio di ferro: furono soprattutto questi tre figli (Tancredi ne ebbe degli altri) che, insieme ai loro eserciti normanni, combatterono contro i musulmani e gli ortodossi bizantini che comandavano il sud Italia, fondando così il Regno di Sicilia e scacciando via sia i musulmani che gli ortodossi, impressionati dalla loro grande forza e valore. Infatti i Normanni erano talmente combattivi e feroci che il Guiscardo fu chiamato "terrore del mondo".

    Regno-di-Sicilia
    Il Regno di Sicilia, dopo il dominio arabo. All'inizio governarono i normanni Altavilla, poi i tedeschi Svevi, poi i francesi Angioini, poi gli spagnoli Aragonesi. Successivamente, passò agli spagnoli e italiani Borbone di Napoli, e per un certo tempo fu chiamato Regno delle due Sicilie. Fu poi annesso all'Italia nel 1861 dopo la Spedizione dei Mille di Garibaldi.


    La casata degli Altavilla comunque si estinse presto, con la morte della regina di Sicilia Costanza d'Altavilla nel 1198 (ripeto, incontrata da Dante nel Cielo della Luna degli Spiriti che mancarono ai voti). Infatti, lei sposò un re della casata degli Svevi, un ramo tedesco, e il figlio, Federico II di Svevia (che Dante mise all'Inferno tra gli Eretici, scusate la ripetizione), diede inizio alla dinastia degli Svevi. Quindi la casata degli Altavilla durò circa due secoli.

    GLI SPIRITI GIUSTI: RIFEO

    Rifeo
    Rifeo, il compagno di Enea.


    L'aquila conclude la presentazione dei beati nel suo occhio con un gran colpo di scena: fa vedere l'ultimo beato, che non è stato cristiano, ma pagano: Rifeo, il troiano, che ora sa molto più di quello che gli uomini sanno della grazia divina.

    Rifeo è un personaggio minore dell'Eneide: era uno dei compagni di Enea, che era stato con lui la notte della caduta di Troia e morì eroicamente nella difesa della città (quindi non seguì Enea nel suo viaggio). Enea, nel suo racconto alla regina Didone, fa l'unico cenno a Rifeo presente in tutta l'Eneide: "cadde anche Rifeo, che fu tra i Troiani il più giusto e il più osservante del diritto: ma gli dei pensarono diversamente."

    Dante afferma che Rifeo credette nel Cristo venturo, grazie alla sua giustizia e quindi ottenne la salvezza. È probabile che Dante fosse colpito dall'appellativo "il più giusto" ("iustissimus unus") e "osservante del diritto" ("servantissimus aequi") con cui è designato da Virgilio, mentre l'espressione "gli dei pensarono diversamente" ("dis aliter visum") poteva indurre il poeta a credere che il Dio cristiano serbasse per lui un destino ultraterreno in contrasto con la sua precedente vita pagana.

    Chi crederebbe giù nel mondo errante, (Chi, nel mondo errante, potrebbe credere)
    che Rifeo Troiano in questo tondo (che il troiano Rifeo in questo cerchio)
    fosse la quinta de le luci sante? (fosse la quinta delle luci sante?)

    Ora conosce assai di quel che ‘l mondo (Ora sa molto più di quello che gli uomini)
    veder non può de la divina grazia, (conoscono della grazia divina,)
    ben che sua vista non discerna il fondo». (anche se il suo sguardo non può arrivarvi in profondità».)

    Eneide
    Giulio Brogi (Enea) con Olga Karlatos (Didone) dall'Eneide televisiva di Franco Rossi, trasmessa in sette puntate dalla RAI a partire dal 19 dicembre 1971.



    DANTE E' STUPITO DELLA PRESENZA DI PAGANI IN PARADISO

    L'aquila, quando ha finito la sua presentazione, sembra simile all'allodola, che prima vola cantando nell'aria, poi tace, compiacendosi del suo canto, nell'eterna gioia di Dio. Dante, però, è assalito da un dubbio: i pagani Traiano e addirittura Rifeo in Paradiso? E non trattiene un'esclamazione di stupore: "Che cose son queste?". Gli spiriti beati manifestano la gioia di poter rispondere a Dante, aumentando il loro splendore. L'occhio dell'aquila sfavilla: per risolvere il dubbio di Dante, l'aquila dice per prima cosa che Dante crede a ciò che ha udito (la salvezza dei pagani) nel Canto 19, ma non la capisce fino in fondo, come chi conosce una cosa solo per il suo nome, ma senza capirne il senso. Quasi come chi ripete a pappagallo, senza rifletterci sopra.

    «Io veggio che tu credi queste cose («Io vedo che tu credi queste cose)
    perch’io le dico, ma non vedi come; (perché te le dico, ma non ne capisci la ragione;)
    sì che, se son credute, sono ascose. (in tal modo, anche se credute, sono oscure.)

    Fai come quei che la cosa per nome (Tu fai come chi comprende la cosa, dal nome che la indica)
    apprende ben, ma la sua quiditate (ma non ne comprende la sostanza)
    veder non può se altri non la prome. (se qualcun altro non gliela spiega.)

    L'aquila inizia la spiegazione dicendo che "il Regno dei Cieli subisce violenza": cioè, la bontà e la speranza - e ovviamente il comportarsi bene, che viene di conseguenza - fanno sempre breccia nell'Amore divino. Certo, è Dio che rende buoni: ma è l'uomo che diventa buono, accettando l'azione di Dio su di lui. La bontà nasce quindi da una "collaborazione" tra Dio e l'uomo. Anche nel caso dei non credenti, questo avviene per vie misteriose che sa solo Dio. Il Regno dei Cieli, quindi, sopporta violenza dall'ardore di carità e dalla speranza, che può vincere la volontà divina: non come un uomo che ne sopraffà un altro (questa è la violenza umana), ma semplicemente perché essa - la volontà divina - vuole esser vinta e, una volta vinta, vince a sua volta con la bontà.

    Regnum celorum vïolenza pate (Il Regno dei Cieli sopporta la violenza)
    da caldo amore e da viva speranza, (che viene da caldo amore di carità e da viva speranza,)
    che vince la divina volontate: (che vince la volontà divina:)

    non a guisa che l’omo a l’om sobranza, (non come un uomo che ne sopraffà un altro,)
    ma vince lei perché vuole esser vinta, (ma la vince perché essa vuol essere vinta,)
    e, vinta, vince con sua beninanza. (e, una volta vinta, vince con la sua bontà.)

    L'aquila continua, dicendo a Dante: "Tu ti meravigli del fatto che la prima e quinta anima del ciglio del mio occhio (Traiano e Rifeo) siano qui in Paradiso: in realtà essi, dopo la morte, non uscirono dai loro corpi come pagani ("gentili"), bensì come Cristiani: Rifeo, che ha creduto nel Cristo venturo, e Traiano, che ha creduto nel Cristo venuto." Nel caso di Traiano, la sua anima fu evocata dal Limbo, anzi, dice Dante, addirittura dall'Inferno, dalle preghiere di San Gregorio Magno:

    Ché l’una de lo ‘nferno, u’ non si riede (Infatti il primo (Traiano), dall'Inferno, da dove non si torna)
    già mai a buon voler, tornò a l’ossa; (mai a una volontà buona, resuscitò)
    e ciò di viva spene fu mercede: (e ciò fu il premio di una viva speranza:)

    di viva spene, che mise la possa (di una viva speranza, che nelle preghiere)
    ne’ prieghi fatti a Dio per suscitarla, (rivolte a Dio mise la forza per farlo resuscitare,)
    sì che potesse sua voglia esser mossa. (così che la volontà di lui fosse convertita a miglior desiderio (quello di credere in Cristo.)

    L’anima gloriosa onde si parla, (L'anima gloriosa di cui parlo,)
    tornata ne la carne, in che fu poco, (tornata nella carne (una volta risorta), in cui rimase poco,)
    credette in lui che potea aiutarla; (credette in Colui (Cristo) che poteva aiutarla; )

    e credendo s’accese in tanto foco (e, credendo, si accese in un tale ardore)
    di vero amor, ch’a la morte seconda (di autentica carità, che dopo esser morto per la seconda volta)
    fu degna di venire a questo gioco. (fu degno di salire a questa beatitudine.)

    Dante dice che all'Inferno "non si riede già mai a buon voler", cioè, laggiù la malvagità è ormai fissa, è impossibile diventare buoni. E nemmeno le preghiere di San Gregorio Magno possono far tornare indietro un'anima dall'Inferno, come sembra far capire invece Dante, che qui segue la leggenda di Gregorio Magno, che, con la sua preghiera, fece risuscitare Traiano dall'Inferno (o dal Limbo), lo battezzò e così, salvo, poté andare in Paradiso.

    A parte la leggenda, Dante qui fa capire quanto sia importante la preghiera per la salvezza degli altri, non solo per la propria, ma anche per quelli che sono sulla Terra e per quelli che sono in Purgatorio. Nell'Inferno, invece, ogni preghiera è inutile: le anime dannate vogliono restare per sempre lì, non sopporterebbero mai di essere vicine a Dio, che ormai odiano. Maledicono il fatto di essere finite lì, ma non vorrebbero mai andare in Paradiso: sono bloccati nella loro malvagità. Quindi, se Traiano fosse finito davvero nell'Inferno ci sarebbe rimasto, non importa quanto San Gregorio Magno avesse pregato per lui. Per riparare alla "licenza poetica" di Dante, i commentatori sostengono che Traiano era finito nel Limbo, una cosa che Dante, però, non dice.

    Passando poi a Rifeo, l'aquila dice che, attraverso il dono della grazia divina, che Rifeo seguì (la grazia divina c'è su tutti, pagani e non: sta poi all'uomo seguirla o meno), lui fu sommamente giusto in vita e ricevette da Dio la conoscenza della futura Redenzione: egli vi credette e da quel giorno rinnegò il paganesimo, venendo battezzato per infusione diretta delle virtù teologali (Fede, Speranza e Carità), mille anni prima che il battesimo fosse istituito.

    Anche questa è un'invenzione letteraria di Dante, che però in questo modo vuole mostrare come Dio, che è Padre di tutti, vuole la salvezza di tutti, attraverso delle vie che sa solo Lui.

    L'aquila conclude parlando del mistero delle predestinazione, che non significa che alcuni sono predestinati al Paradiso e altri all'Inferno: questa è la visione protestante. Per "predestinazione" qui si intende il fatto che ogni uomo è predestinato ad andare in Paradiso: ma questo avviene in un misterioso incontro tra Dio e l'uomo. Dio sa già chi si salva e chi no, ma, nel saperlo, non pregiudica la libertà di nessuno: ciascuno è libero di scegliere se accettare o meno la salvezza che Dio gli offre. E' il mistero della libertà umana e dell'intervento divino: qui nessuno può entrare, perchè è un mistero al di là della nostra comprensione. Ci basti sapere che Dio è un Padre buono che ci vuole tutti salvi. Altro non serve sapere.

    O predestinazion, quanto remota (O predestinazione, quanto è distante)
    è la radice tua da quelli aspetti (la tua origine da quegli sguardi (dei mortali)
    che la prima cagion non veggion tota! (che non possono certo vedere Dio nella sua interezza!)

    E voi, mortali, tenetevi stretti (E voi, uomini, siate prudenti)
    a giudicar; ché noi, che Dio vedemo, (nel giudicare; infatti noi, che vediamo Dio,)
    non conosciamo ancor tutti li eletti; (non conosciamo ancora il numero esatto degli eletti; )

    Infatti, nemmeno chi è in Paradiso può comprendere tutto di Dio. E' un cammino infinito.

    ed ènne dolce così fatto scemo, (e questa nostra mancata conoscenza ("fatto scemo", cioè carente, mancante) è tanto dolce, per noi,)
    perché il ben nostro in questo ben s’affina, (in quanto la nostra gioia si affina in Paradiso sempre di più)
    che quel che vole Iddio, e noi volemo». (e vogliamo solo quanto è voluto da Dio».)

    Infatti hanno totale fiducia in Dio che è Padre, e Giusto, e Buono, anzi l'unico buono ("Solo Dio è buono", dice Gesù), tanto che quanto lui vuole - ed è il Bene - anche loro lo vogliono.

    L'aquila conclude il suo discorso, che è stato per Dante una "soave medicina". La chiama "medicina", infatti, perchè ha curato i dubbi e i pensieri errati di Dante sul giudizio divino. E, come il bravo citarista accompagna il canto col suono delle corde, rendendolo più piacevole, allo stesso modo, mentre l'aquila parlava, Dante ha visto le due luci che corrispondevano alle anime di Rifeo e Traiano lampeggiare all'unisono il proprio splendore, come due occhi che sbattono simultaneamente. E' come se confermassero le parole di salvezza dell'aquila per tutti gli uomini di buona volontà. E non "per tutti gli uomini che Dio ama": ma per tutti gli uomini di buona volontà, cioè quelli che si impegnano seriamente a raggiungere la salvezza e a comportarsi bene. Il Paradiso è dei violenti. Non dei pigri.

    COMMENTO

    Il Canto completa il dittico iniziato col precedente Canto, dedicato al problema della salvezza dei pagani prima e dopo Cristo, attraverso l'esempio di Rifeo (un pagano prima di Cristo) e Traiano (un pagano dopo Cristo). Il giudizio divino è sì giusto, ma imperscrutabile: nessuno può comprenderlo fino in fondo.

    I sei beati che formano l'occhio, essendo quasi tutti re, fanno pensare che i beati del Cielo di Giove, gli Spiriti Giusti, siano soprattutto dei re o principi che hanno ben governato. Ciò si accorda col senso della scritta formata dall'aquila nel Canto 18°, che esortava le persone potenti, che giudicano sulla Terra, ad amare la giustizia. Inoltre, c'è stata anche la rassegna dei principi cristiani corrotti del 19° Canto, di cui i beati del 20° Canto fanno da contraltare. Cinque dei sei beati che l'aquila nomina sono stati buoni sovrani sulla Terra, a cominciare da Davide.

    DIVINA COMMEDIA DI NAGAI

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    Il Cielo di Giove nel manga è mostrato in quattro pagine, due delle quali mostrano il pianeta di Giove con un occhio gigantesco, al posto dell'aquila; inoltre, non c'è la presentazione di Davide e degli altri santi. Non c'è nemmeno il problema della salvezza per i non credenti, un tema troppo ostico da presentare in un manga. Beatrice presenta così il Cielo di Giove a Dante:

    Beatrice: Il sesto cielo è quello di Giove. Qui dimorano gli spiriti che sulla Terra esercitarono la giustizia.

    Dante incrocia le braccia sul petto, chiude gli occhi e piange di commozione, investito dalla luce. E, nel farlo, pensa:

    Dante: Che luce...così numerose sono dunque le anime dei beati? Il cielo sembra ardere, tanto è il calore del loro amore....aah....sento crescere in me una nuova energia...chissà se anch'io prima o poi diventerò una luce splendente come loro!

    La frase e la situazione è stata completamente inventata da Nagai. Inoltre, il pensiero di Dante che "diventerà luce splendente" non considera la resurrezione dei corpi. Nel Paradiso di Nagai, tutti sembrano delle espressioni luminose e non sono considerati come risorti col corpo. Dante, infatti, sente "crescere in sè una nuova energia", quasi come se lui dovesse diventare energia. Il corpo qui è completamente dimenticato. Eppure, nel Cristianesimo la resurrezione dei corpi è fondamentale. Qui abbiamo ancora un Paradiso orientale simile al Nirvana, che non c'entra nulla con quello cristiano.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xx.html

    (Continua)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 4/5/2024, 22:01
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    CITAZIONE (Stella di Latta @ 4/5/2024, 11:27) 
    Ho letto l'articolo di Corvisieri nel link che hai segnalato. Non riesco a capire dove voglia parare. Si chiede quale influenza abbiano questi programmi televisivi, ma non dà una sua risposta. Insomma, mi pare abbia scritto tante parole per dire nulla. Non so che cosa avessero scritto i genitori di Imola, tuttavia credo fossero davvero una minoranza.

    Si trattava di persone che non hanno mai visto veramente Goldrake e hanno agito per partito preso, perchè lo hanno visto secondo la loro ideologia, senza mai capirlo. Questa impostazione ideologica era frequente in molte persone in quegli anni, e c'è ancora adesso. Ma chi guardava Goldrake senza un filtro ideologico, senza alcun preconcetto, lo poteva capire benissimo.
  3. .
    38 - UN BEL VESTITO
    (primo articolo: qui; precedente episodio: qui)

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    RIASSUNTO

    Siamo verso la fine dell'800: dopo la morte del padre in Bosnia, Peline Pandavoine e sua madre decidono di raggiungere il nonno di Peline a Maraucourt, in Francia. Viaggiano in un carro coperto, trainato dall'asino Palikare e con loro c'è il cane Barone. Ma a Parigi la madre di Peline si ammala e muore: prima di morire, dà alla figlia il documento che attesta che lei è la vera nipote di Vulfran Pandavoine, il nonno di Peline. Dopo un lungo viaggio, Peline arriva finalmente a Maraucourt, dove vede per la prima volta il nonno, che è padrone di una fabbrica tessile ed è cieco. Peline si presenta in paese col falso nome di Aurelie, per sicurezza: il nonno, infatti, non aveva mai approvato il matrimonio tra suo figlio e la madre di Peline. Quindi non sa se sarà accettata da lui o meno. Un giorno, Peline fa da intermediaria per alcuni ingegneri inglesi nello stabilimento di Saint-Pepoy su richiesta di Pandavoine, perchè la ragazza è l'unica in quel momento che conosce quella lingua. Pandavoine le fa anche leggere delle lettere in inglese: infatti, sta cercando di trovare il figlio Edmond, il padre di Peline, perchè torni e si occupi della fabbrica: ma lui non sa che suo figlio è morto. A causa dell'assenza del cocchiere, Peline fa da guida alla carrozza di Pandavoine, che però licenzia bruscamente Guillaume, il cocchiere, per la sua trascuratezza. Peline è colpita dall'inflessibilità del nonno e non sa come fare per rivelarsi a lui. Quando il suo lavoro di interprete non serve più, Pandavoine, nonostante il parere contrario dei suoi collaboratori, assume Peline come sua segretaria. (NOTA: i dialoghi sono riassuntivi, non completi)

    STORIA

    A casa di Rosalie, il fratellino Paul gioca con Barone, mentre entra un cliente del ristorante (lo chiamano Pontignac). Ma tutti ascoltano Peline e parlano della novità: è diventata la segretaria di Pandavoine. La nonna di Rosalie è contenta e aggiunge che è un incarico molto importante. Rosalie, rivolta a Peline, le dice:
    "Fai vedere alla nonna il buono del signor Pandavoine!"
    Peline, imbarazzata, tira fuori dalla borsa il buono per poter prendere un nuovo vestito al negozio di Madame Lachaise, che è il più caro ed elegante della città.

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    "Bisognerà anche prendere una stanza in affitto per Aurelie. Papà, potresti consigliarci qualcosa?" chiede Rosalie.
    "Forse la pensione dell'ingegnere? Sono 90 franchi al mese, però odia i cani".
    (NOTA: io credo che l'affitto sia molto meno. Peline ha ora uno stipendio di 90 franchi al mese: se quel prezzo fosse vero, allora lei spenderebbe tutto il suo stipendio per l'affitto!)
    "Una camera sola per lei, non può dare fastidio un cane, basta metterlo fuori. Aurelie, quella pensione è graziosa, poi la gestisce un mio zio, ti farà un trattamento di favore col prezzo, vedrai!" risponde Rosalie.
    "Bè, allora seguirò il vostro consiglio. Però verrò sempre a mangiare da voi" conclude Peline.

    Lei e Rosalie vanno alla pensione e il gestore mostra loro la stanza: è ampia e spaziosa.
    "E' assolata, tranquilla" commenta lui "per 50 franchi al mese, colazione e pranzo compresi, è un affare."
    "Guarda, zio, che lei farà colazione da noi, puoi abbassare il prezzo" dice Rosalie.
    "In tal caso, si possono fare 20 franchi al mese."
    Peline è un pò incerta.
    "Ma Rosalie, non è un pò troppo lussuoso per me?"
    "Guarda che, se prendi una camera che valga meno, ti farai ridere dietro."
    "Allora va bene. Signore, posso tenere il mio cane?"
    "Oh, ha un cane? Certo, può stare fuori, però. In tal caso, saranno 25 franchi."
    "Ehi, zio, sei avaro!" protesta Rosalie.

    b9


    Successivamente, Rosalie e Peline vanno al negozio di Madame Lachaise.
    "Mi vergogno un pò ad entrare qui vestita in questo modo" dice Peline.
    "Ma dobbiamo farlo. Su, coraggio!" insiste Rosalie.
    Quando entrano, Madame Lachaise va da loro e dice:
    "Ragazze, questa è una boutique, non avrete sbagliato negozio?"
    "Falle vedere il buono" dice Rosalie, e Peline glielo mostra.
    Madame Lachaise allora sorride e dice:
    "Ah, un buono del signor Pandavoine. Va bene, accomodatevi. Volete qualcosa per tutte e due?"
    "Solo per lei" risponde Rosalie "dei vestiti, cappelli, scarpe."
    "Ma certo, venite. Per lei credo vada bene un vestito col bluette, che ne dice?" risponde lei mostrando a Peline una stoffa raffinata. "E' un pò costosa, ma di qualità" aggiunge.
    "Non so, sono incerta" risponde Peline "Preferirei un vestito già pronto per domani."
    "Ma con quel buono potete farvi fare un vestito apposta. Volete sprecarlo per un vestito già confezionato?" risponde seccata Madame Lachaise.
    "Ecco, preferirei così."
    "Va bene: ecco, questi vestiti sono molto carini, coi merletti."
    "Vorrei un vestito un pò più scuro, non così vivace, senza molti merletti" risponde Peline "e con una semplice stoffa, che non costi troppo."
    "Ah ah ah" ridacchia Madame Lachaise "Lei ha gusti molto sobri. Osservi pure quello che abbiamo."

    d3


    Si allontana da loro e dice sottovoce all'inserviente:
    "Occupati tu di loro, non le sopporto, quella è una sempliciotta."
    Rosalie chiede a Peline:
    "Ma perchè vuoi un vestito scuro?"
    "Non so, ma mia madre è morta solo da due mesi e non mi sembra giusto vestirmi in un modo troppo vistoso in questo momento."
    Rosalie si guarda in giro e nota un vestito blu scuro sobrio, ma elegante.
    "Cosa ne dici di questo, Aurelie? E' semplice, ma giovanile. Guarda, ti sta bene."
    "Hmm...sì, questo mi piace."
    "Allora lo prendiamo?"
    "Sì"
    "Prendiamo questo" dice Rosalie, e Madame Lachaise ironizza:
    "Non cercavate un vestito scuro? Siete un pò volubili, vero?"
    "Sì, è un pò troppo semplice, ma a me piace." risponde Peline.
    "Di certo sarà difficile che si sporchi" risponde Madame Lachaise, ridacchiando.
    E Rosalie risponde, offesa:
    "E' da quando siamo venute qui che ci parlate in modo offensivo. Ma lo sapete chi è lei? E' la segretaria privata del signor Pandavoine!"
    "Ma che dite?" risponde lei, incredula.
    Però la donna che fa l'inserviente la chiama e le dice sottovoce:
    "Madame Lachaise, guardi che stamattina mi avevano detto che sarebbe arrivata la segretaria del signor Pandavoine."
    "Ma allora perchè non me l'hai detto?" replica lei, sorpresa.
    "Perchè non pensavo che fosse lei, a giudicare da com'è vestita."
    Madame Lachaise torna da loro, imbarazzata e dice:
    "Mi dispiace, perdonatemi, Non lo direte al signor Pandavoine, vero?"

    e8


    Alla sera, Peline, nella stanza dell'albergo, si prova il vestito e si guarda allo specchio soddisfatta.
    "Sono contenta."
    Però non riesce a dormire: per la prima volta da molto tempo, ha un letto morbido e la prospettiva di un lavoro importante domani. Esce con Barone e ritorna un'ultima volta al padiglione di caccia, dove è stata finora, per salutarlo. Ma quella sera, Madame Lachaise va alla pensione per scusarsi con Peline: così lei e l'albergatore si accorgono che non c'è. Allora pensano che, forse, è andata fuori a divertirsi.

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    La mattina dopo, Peline si sveglia nella capanna: raccoglie tutto e si prepara a partire. Ormai ha capito l'importanza di contare su se stessa.
    "Dobbiamo dire addio a questo posto, Barone. Addio e grazie" e si allontana.
    Alla fabbrica arriva il signor Pandavoine col nuovo conducente: Peline è all'entrata che lo aspetta. Dopo averlo salutato, gli prende la mano ed entrano.
    "Per prima cosa, mi devi leggere il giornale d'oggi, nella sezione tessile."
    "Sì, signor Pandavoine."
    "Inoltre, alle tre del pomeriggio farò un giro nella fabbrica, mi accompagnerai."
    "Va bene."
    "Se avrò bisogno, ti chiamerò. Ah, un'altra cosa. Ho saputo che sei andata ieri dal negozio di Madame Lachaise. Ora hai il vestito nuovo?"
    "Sì, signor Pandavoine."
    "Purtroppo non posso vederlo. Ma entro oggi saprò che vestito hai preso."
    "Sono sicura che le piacerà."
    "Hmm, sembri sicura. Va bene, puoi andare."

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    Peline entra nel suo studio, mentre arriva Toluel per parlare con Pandavoine. Mentre Peline si siede e inizia il lavoro, sente bussare: è l'ingegner Fabry.
    "Scusa, Aurelie, ero venuto a salutarti e a vedere il nuovo vestito. Potresti alzarti? Mi piacerebbe vederlo bene."
    Peline si alza e Fabry la osserva attento.
    "Ti sta molto bene."
    "Ma è venuto qui solo per questa cosa da nulla?" dice lei sorridendo.
    "Non è una cosa da nulla, credimi, Aurelie. Dopo facciamo colazione?"
    "Certo, con Rosalie."
    "Va bene" ed esce.

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    Intanto, Toluel dice a Pandavoine riguardo al fatto che Peline è uscita dalla pensione la sera prima.
    "Non voglio assolutamente parlar male, ma è strano questo fatto che non abbia dormito nella pensione ieri notte, no?"
    Pandavoine è silenzioso. Dopo che Toluel se n'è andato, chiama Peline e le dice:
    "Aurelie, non vorrei aver dato l'incarico di segretaria ad una ragazza frivola. Tu vivi da sola? Credevo che tu vivessi col tuo parente che avevi trovato a Maraucourt."
    "Non ho potuto parlargli...temevo che mi avrebbe accolto freddamente, per via del fatto che aveva litigato coi miei genitori. Volevo aspettare il momento migliore per incontrarlo. Ero arrivata a Maraucourt senza soldi e ho dovuto vivere da sola: ho potuto trovare lavoro presso la vostra fabbrica."
    "Anch'io ho dovuto impegnarmi con mie mie sole forze. Ma tu hai solo 13 anni. Tuttavia, ieri notte tu non hai dormito nella pensione. Come mai?"
    "Ero andata nel padiglione di caccia nel laghetto."
    "Lo conosco, è di mia proprietà. Hai dormito lì?"
    "Sì."
    "E come mai?"
    "Volevo farlo un'ultima volta. Sono stata lì tutto il tempo in cui ho abitato a Maraucourt."
    "Da sola? E non hai avuto paura?"
    "C'era il mio cane con me."
    "Ma quello è un posto umido."
    "Sì, ma mi coprivo. Avevo la mia biancheria, prendevo dei pesci, delle bacche..."
    "Devi raccontarmi tutto in ogni particolare. Dobbiamo andare a fare la visita all'altra fabbrica. Guiderai la carrozza e lì mi racconterai."
    "Va bene."

    m6


    "Ah, un'altra cosa. Il vestito che hai preso ha fatto una buona impressione, ho sentito i commenti."
    "La ringrazio."
    Non ha speso soldi, eppure nessuno la costringeva, pensa Pandavoine.
    Sotto lo sguardo sospettoso di Toluel, che osserva dalla finestra, Peline sale sulla carrozza con Pandavoine e i due partono: durante il viaggio, Peline racconta tutto al nonno sulla sua casetta nel bosco.

    o8



    LA CAMERA DI PELINE

    E' una camera d'albergo ben arredata. Peccato che i giapponesi, abituati al futon, non abbiano l'idea della funzionalità di un letto: dove sarebbe il comodino? E la lampada per leggere qualcosa? Inoltre, i cuscini in fondo al letto sono cuscini da divano, non da letto. I mobili, tra l'altro, sono così vicini al letto che è facile prendere delle pacche ogni volta che scendi da lì. La specchiera non ha neanche una sedia...insomma, la camera così realizzata è bella, ma è poco funzionale.

    b7



    L'INTERNO DI MADAME LECHAISE

    Più che una boutique, sembra di entrare in una serra, con tutti quei vetri, piante e fiori. Non si vede manco un vestito (tranne uno a destra). Se poi compare una scala appena entri, questo ti fa pensare di dover salire al primo piano...

    c7



    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK A PELINE STORY

    Edited by joe 7 - 10/5/2024, 19:41
  4. .
    CITAZIONE (Stella di Latta @ 2/5/2024, 16:19) 
    Per me la colonna sonora di Goldrake è tra le migliori in assoluto delle serie animate. Faccio fatica a trovarne una altrettanto memorabile, forse solo quella di Lupin giacca verde... Qui praticamente abbiamo un'orchestra rock sinfonica che suona i motivi! Hanno ingaggiato una quarantina di persone per questo scopo! Questo la dice lunga su come venissero curate queste serie. Un'altra cosa che mi ha sempre colpito: anche da bambino sentivo quanto fosse orecchiabile questa musica, eppure era prodotta in Giappone! Un paese così lontano! E non c'entrava nulla con i suoni orientali canonici, sembrava musica europea... Credo che tra il Giappone moderno e Italia esista un legame artistico del tutto particolare, che fa sì che ci apprezziamo ed influenziamo a vicenda...

    La musica come la conosciamo noi, la musica europea, insomma, è nata in Italia. Nel 1200 Guido d'Arezzo inaugurò il sistema di notazione musicale basato sulle otto note. Nel 1500 in Italia si creò il clavicembalo, antenato del pianoforte, e Andrea Gabrielli codificò la "sonata" e le varie posizioni orchestrali dei vari strumenti e del coro. Nel 1600 Agostino Agazzari scrisse il primo manuale di istruzione musicale e Girolamo Frescobaldi fece la prima composizione per organo. E Claudio Monteverdi col suo Orfeo a Mantova fondò la musica moderna. Tutti i termini musicali usati all'estero sono italiani, anche in Giappone: concerto, sonata, solo, crescendo, pianoforte, eccetera. Nel 1700 compaiono i primi violini moderni, che sono italiani: Stradivari ne fu il re, per non parlare del violinista Niccolò Paganini. E il violino è lo strumento principe dell'orchestra. Sempre nel 1700, Tommaso Traetta usa per la prima volta nelle sue composizioni l'orchestra, il coro e le sequenze di balletto. E Muzio Clementi sviluppò il sistema a pedali del pianoforte, che permise esecuzioni soliste. Non solo: aprì una scuola in Inghilterra, dove alcuni suoi allievi fondarono la Royal Philarmonic Society. Il padre del jazz è il cornettista italoamericano Nicola la Rocca, americanizzato in Nick: fu il primo a usare il termine "jazz", a New Orleans. (dati presi da "L'elogio degli Italiani", Rino Cammilleri).

    Di conseguenza, puoi capire come, appena c'è stata la possibilità di intervenire in campo musicale nelle sigle, in Italia ci si buttarono dentro a pesce! ^_^
  5. .
    30 - UN RAGGIO DI SOLE
    (primo post dell'analisi di Heidi: qui. Precedente post: qui)

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    RIASSUNTO: Siamo a Dorfli, in Svizzera, ai primi dell'Ottocento. Dete porta sua nipote, la bambina Heidi, dal Vecchio dell'Alpe, il nonno della bimba: un uomo burbero e solitario, che vive nella sua baita, lontano dal paese. Dete deve andare a Francoforte per lavoro e il nonno è l'unico che può badare alla bimba. Nei giorni successivi, Heidi si ambienta al mondo della montagna, mentre il nonno si prende cura della bambina e inizia ad affezionarsi a lei. Un giorno, Dete ritorna: dice di aver trovato un posto per Heidi a Francoforte e la porta dalla signorina Rottenmeier, la tutrice di Clara Sesemann, una ragazzina che è rimasta paralizzata alle gambe per una malattia. Heidi si affeziona a Clara, ma sente la nostalgia delle montagne. I suoi tentativi di ritrovare l'ambiente di casa vengono sempre stornati dalla Rottenmeier. Ad un certo punto, arriva il padre di Clara, il signor Sesemann, che prende in simpatia Heidi. Successivamente, arriva la nonna di Clara, e Heidi e Clara sono molto contente di conoscerla. In particolare, la nonna insegna a Heidi a leggere e a fare i conti. Ma si rende conto che la bambina ha bisogno di stare all'aperto, e la porta al parco insieme a Clara. Però Clara, vista la sua fragilità, al ritorno si ammala e il dottore la cura...

    STORIA

    Heidi e la nonna usano i pupazzi davanti al letto di Clara, ancora convalescente, per recitare Cappuccetto Rosso. Vorrebbero fare poi la Bella Addormentata o Biancaneve, e per fare questo Heidi cambia il vestito al lupo. Ma per sbaglio lega il vestito alla tovaglia. Va da Clara col pupazzo del lupo col vestito modificato per interpretare (?) la Bella Addormentata o Biancaneve (perchè Heidi pensa che basti cambiare il vestito e non la faccia). All'improvviso compare la Rottenmeier, che si spaventa a vedere il pupazzo.
    "Mi scusi" dice Heidi "non la volevo spaventare."
    "E' nauseante. Cosa ci fai con quel topo?"
    "E' un lupo. L'ha comperato la nonna."
    "Cosa ci fa qui? Niente animali qui dentro, nemmeno finti! Dammelo!"
    La Rottenmeier strappa il pupazzo dalla mano di Heidi, ma la nonna glielo prende e osserva:
    "E' molto bello. Mostriamolo a Clara" dice a Heidi.
    "Ma lei deve riposare" protesta la Rottenmeier.
    Però vanno lì.
    "Ma non doveva somigliare a Biancaneve?" chiede Clara, guardando il lupo.
    "Ci ho provato" dice Heidi.
    "E' l'ora della medicina" dice la nonna, che prepara un cucchiaio "Forza" aggiunge porgendo il cucchiaio a Clara.
    "Ma l'ho già presa stamattina" protesta lei "Non mi piace, è cattiva!"
    "Su, non fare la sciocca" dice la nonna.
    "Forse il dottore può fare una medicina dolce. Posso andare a chiederglielo?" dice Heidi.
    "Va bene, vai con Giovanni il cocchiere" risponde la nonna, e Heidi parte.
    "Hai visto com'è brava lei? Su falle un favore, prendi la medicina, così guarirai presto" osserva la nonna, e Clara prende la medicina.
    "Non è buono" protesta lei.
    "Ma ti fa bene" conclude la nonna.

    a6


    Intanto, Heidi va dal dottore, in carrozza, col cocchiere. Entra nello studio: vede uno scheletro e si spaventa.
    "Oh, la bambina svizzera" dice il dottore "Sei malata?"
    "Credo quasi di sì, adesso" risponde lei.
    "Oh, ti sei spaventata? Stà tranquilla, è solo uno scheletro finto che mi serve per le cure. Sei qui per Clara, vero? Adesso ti preparo la medicina per lei."
    "Non se ne può fare una più dolce, dottore?"
    "No, dev'essere fatta così. Deve guarire pian piano da sola. Non sono un mago. Ecco, deve prendere solo qualche goccia. Prendere troppe medicine è pericoloso."
    "Va bene, lo dirò a Clara."
    "Lo so. Lei è sempre in casa. Sole e aria buona le farebbero bene."
    "Sì, avrebbe bisogno di sole. Come si fa a prendere un raggio di sole?"
    "Ah, non lo so."

    e5


    Heidi sale sulia carrozza e dice al postiglione:
    "Portiamo a casa il sole."
    "Eh?"
    "Sì, se mi porti nel bosco di ieri, a prendere il sole ci penso io."
    "Ma che stai dicendo?"
    "Si fidi, faremo in fretta!"
    "Boh, andiamo."
    Vanno nel bosco e Heidi raccoglie i fiori.
    "Fai in fretta, se no la Rottenmeier si arrabbia" osserva Giovanni, il postiglione. Arrivano i due ragazzi che Heidi e Clara avevano incontrato prima al bosco.
    "Ehi, c'è la ragazza di prima. Dov'è la tua amica in carrozzella?"
    "Clara è malata, le sto raccogliendo dei fiori" risponde lei.
    "Ce ne sono di più belli, ti portiamo lì: se corriamo facciamo prima."
    Heidi li segue e vede un ruscello con molti fiori, ancora più profumati e colorati. Li raccoglie e incontra delle donne che lavano i panni; inoltre, c'è un cesto abbandonato e mezzo immerso nel fiume, dove si riflettono i raggi del sole.
    "Posso prendere questo cesto?" chiede Heidi.
    "Certo, non è di nessuno" rispondono.
    Heidi lo prende e ci mette dentro i fiori, mentre i ragazzi ci mettono dentro le farfalle. I ragazzi aiutano Heidi a portare il cesto fin sulla carrozza.
    "Salutaci Clara" le dicono.

    f8


    Tornano a casa Sesemann, dove Sebastiano e Tinette aspettano Heidi, mentre la Rottenmeier è arrabbiata. Heidi chiede a Giovanni e Sebastiano di aiutarla a portare su la cesta.
    "Cosa c'è lì?" chiede la Rottenmeier, sospettosa.
    "E' una sorpresa per Clara" dice Heidi.
    "E cosa sarebbe?"
    "E' un segreto" risponde lei.
    "Conosco i tuoi segreti! Gatti e altre cose del genere! Portatelo via!"
    "In questo cesto c'è il sole" insiste Heidi "Il sole farà bene a Clara!"
    "Che stai dicendo?"
    Ma la nonna interviene e dice di portare il cesto nella camera di Clara. Heidi lo apre: tutte le farfalle escono e dentro ci sono un mucchio di fori profumati. Heidi apre la finestra e le farfalle volano via. Tutti applaudono.
    "E' stato bellissimo, non me lo dimenticherò mai" dice Clara sorridendo.
    "Ti ho portato anche i fiori" le fa vedere Heidi "Li ho presi in quel bosco."
    "Mi piacerebbe tornarci" commenta Clara.
    "Prima devi guarire" dice la nonna.

    i1


    Pochi giorni dopo, Heidi porta fuori Clara nel cortile di casa Sesemann. Ormai è guarita.
    "Diventerà sempre più forte" commenta il dottore, osservando la scena dalla finestra.
    "Ora posso tornare a casa" aggiunge la nonna, accanto a lui.
    "E le bambine?"
    "Non ho avuto ancora il coraggio di dirglielo."
    "Clara ha bisogno di lei, perchè non resta qui?" chiede il dottore.
    Ma la nonna non risponde.

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    NOTE

    Il bilancino del dottore. I dettagli sono notevoli: i bilancini di una volta erano fatti proprio così. Notate anche i piccoli pesi misurati a destra.

    e3


    Heidi saluta le farfalle che volano via dalla finestra: bene. Il problema è che lei lo fa coi piedi sulla finestra. Al secondo o terzo piano. Poteva spatafasciarsi sul marciapiede. Ma nè Clara, nè la nonna dicono niente. :huh:

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    Oltre alle farfalle, il cesto conteneva un mucchio di fiori profumati.

    l3



    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SU HEIDI

    Edited by joe 7 - 9/5/2024, 19:34
  6. .
    CITAZIONE (Rubina @ 2/5/2024, 10:32) 
    Da sempre ho amato tutte le sigle della serie, che fossero nostrane, che giapponesi. Sono dei capolavori che non passano di moda e non stancano mai.

    Una sigla è il segno di distinzione della storia, dà l'impostazione e la presentazione dei personaggi e degli avvenimenti. Ha una carica simbolica importantissima, e, come se non bastasse, è ripetuta ad ogni inizio di spettacolo. Rimane impressa e non si dimentica più. E' molto efficace come simbolo, tanto che fa persino un caso a sè. ^_^
  7. .
    CITAZIONE (berlicche677 @ 1/5/2024, 21:06) 

    Ti ringrazio; comunque, ridere sull'opera è una delle cose più facili del mondo. Possono farlo tutti. Lo fanno su Topolino. Lo fanno al Bar Sport. Lo fanno nelle barzellette. Lo fanno dovunque. Non è che mi colpisca molto se lo fanno anche su Youtube.
  8. .
    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 1/5/2024, 18:39) 
    C'é una storia di Don Camillo intitolata "Radames", in cui uno dei parrocchiani del celebre prete deve cantare nell'Aida, ma a causa dell'emozione non riesce ad usare la voce. E Don Camillo risolverà il problema con una pedata nel sedere, sistema già usato in passato per risolvere il problema della sua pecorella. Verdi é comunque citato spesso ne racconti di Guareschi: si vede che lo ammirava molto.

    Guareschi era della Bassa Padana, dalle parti di Parma, dove è nato Giuseppe Verdi. Laggiù tutti sono appassionati di opera, non solo Guareschi. Tanto che un cantante d'opera non potrà mai dire di esserlo davvero fino a che non avrà cantato da quelle parti. Infatti laggiù sono severissimi nel giudicare i lavori teatrali. E le stroncature sono facili.
  9. .
    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 1/5/2024, 18:30) 
    La scena che mi é rimasta più impressa (e che considero l'emblema della serie) é quando, nel sesto episodio, Charlie si trova davanti alla commissione del paradiso per esporre il suo progetto, venendo criticata. Ad un certo punto, lei chiede "Ma cosa bisogna fare per meritare il paradiso?" e nessun membro della commissione sa risponderle. Come dire che gli uomini sono in mano ad entità onnipotenti ma che non sanno quello che fanno.

    Questo è il pensiero pagano, in cui l'uomo è in balia di divinità capricciose. Il "paradiso" di ciui parlano non ha niente a che vedere con quello cristiano.
  10. .
    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 1/5/2024, 18:24) 
    Se ti può consolare, su Animeclick il filmato non é stato accolto bene dai fans.
    Molti si sono lamentati dello stile di disegno, da quel che ho notato.

    Come ho già detto diverse volte, basta un assaggio per capire se quello che vedi è buono. Basta un morso per capire se una mela è buona. Basta uno sguardo per capire che un vestito è sporco. Basta un contatto con le dita per capire se la superficie è liscia, ruvida, appiccicosa. Basta un suono per capire che tipo di musica stai ascoltando.

    E basta un trailer per capire se la storia è bella o è una boiata (bastavano anche i disegni preparatori presentati prima...).

    Nel nostro caso, Goldrake U è una boiata (tutti quei personaggi disegnati in modo anonimo, tutti quei mostri che sembrano dei dipinti astratti viventi), e non c'è bisogno di guardare tutto Goldrake U per capirlo. E questo nonostante ripetano sempre di doverlo "guardare tutto" per giudicare.
  11. .
    AIDA

    L'opera fa parte della tradizione italiana: ogni tanto ne presenterò qualcuna delle più famose. La prima che vene in mente a tutti è l'Aida: questa è la sua storia.

    aida_copertina


    Aida è un'opera in quattro atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Antonio Ghislanzoni, basata su un soggetto originale dell'archeologo francese Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo. Ismail Pascià, il khedivè (vicerè) d'Egitto, commissionò a Verdi un inno o un'opera per celebrare l'apertura del Canale di Suez (1869).

    Verdi, però, declinò la proposta, sostenendo di non essere abituato a scrivere musica d'occasione o di circostanza. Inoltre, non era disposto ad affrontare un lungo viaggio per mare per recarsi in un paese lontano come l'Egitto. Ma il khedivè insistette: mandò l'egittologo Auguste Mariette, il quale a sua volta si rivolse come intermediario a Camille du Locle, direttore dell'Opéra-Comique (si tratta di un genere operistico francese che contiene dialoghi parlati e alternati ad arie od ariette cantate). Lei era anche autrice del libretto di Don Carlos. Mariette (che realizzò i costumi e gli accessori per la prima) descrisse alla du Locle il soggetto e lei, prima di sottoporlo a Verdi, lo ampliò sensibilmente, stendendo di fatto l’intero piano dell’opera.

    Alla fine, Verdi fu convinto: inoltre, non era necessario che lui si dovesse recare di persona in Egitto, potendo realizzare le prove a Parigi o a Milano. A convincerlo definitivamente fu però la lettura dello scenario, che trovò "ben fatto e splendido nella sua messa in scena". Come condizione, impose un completo controllo sulla realizzazione del libretto, sull'allestimento e sulla scelta del cast.

    La prima, concordata per il Gennaio 1871, fu ritardata a causa dell'assedio prussiano a Parigi durante la guerra franco-prussiana, e della conseguente, terribile e sanguinosa Comune di Parigi, che impedì l'accesso ai laboratori dell'Opera dove erano stati realizzati costumi e scenografie.

    Alla prima del Cairo colpì l'utilizzo, nella Marcia trionfale ("Se quel guerrier io fossi..."), di lunghe trombe, ispirate alle trombe egiziane. Fu un enorme successo: Verdi, però, considerava decisiva la prima italiana (ed europea), tenutasi alla Scala di Milano l'8 febbraio 1872. E anche a Milano Aida fu accolta con grande entusiasmo.

    Famose furono le performance del 1955 di Tullio Serafin con Maria Callas interprete di Aida e Richard Tucker come Radames; e pure quella del 1959, diretta da Herbert von Karajan, con Renata Tebaldi nei panni di Aida e Carlo Bergonzi nel ruolo di Radames.

    AIDA-CALLAS
    Maria Callas interpreta Aida per la prima volta a Torino nel 1948: lo ripeterà 33 volte nella sua carriera, fino al 1953.


    IL FILM

    Nel 1953 fu prodotto Aida, trasposizione cinematografica dell'opera, diretta da Clemente Fracassi, con Sophia Loren nel ruolo di Aida e con la voce di Renata Tebaldi. Qui sotto abbiamo è la riedizione colorata degli anni '80.

    AIDA-SOPHIA



    TRAMA

    INIZIO

    Durante una guerra tra Etiopi ed Egiziani, Aida, la figlia del re degli Etiopi Amonasro, è stata fatta schiava e portata in Egitto, dove però nessuno conosce la sua vera identità. Durante la schiavitù, si innamora del comandante delle truppe egiziane, Radames, che ricambia il suo amore.

    ATTO I

    SCENA I: SALA DEL FARAONE A MENFI

    Radames e il sacerdote Ramfis parlano del prossimo attacco degli Etiopi. Il sacerdote dice che Iside ha scelto il condottiero che guiderà gli Egiziani contro gli Etiopi: poi se ne va. Radames si chiede chi sarà il condottiero: vorrebbe esserlo lui. E canta l'aria più famosa dell'opera: la Marcia Trionfale dell'Aida.

    Radames: Se quel guerrier io fossi!
    Se il mio sogno si avverasse!
    Un esercito di prodi da me guidato!
    E la vittoria... e il plauso di Menfi tutta!
    E a te, mia dolce Aida, tornar di lauri cinto
    Dirti: "Per te ho pugnato e per te ho vinto!"

    Celeste Aida, forma divina
    Mistico serto di luce e fior
    Del mio pensiero tu sei regina
    Tu di mia vita sei lo splendor

    Il tuo bel cielo vorrei ridarti
    Le dolci brezze del patrio suol
    Un regal serto sul crin posarti
    Ergerti un trono vicino al sol

    Oh, celeste Aida, forma divina
    Mistico serto di luce e fior
    Del mio pensiero tu sei regina
    Tu di mia vita sei lo splendor

    Il tuo bel cielo vorrei ridarti
    Le dolci brezze del patrio suol
    Un regal serto sul crin posarti
    Ergerti un trono vicino al sol
    Un trono vicino al sol
    Un trono vicino al sol


    Arriva Amneris, la figlia del Faraone, che ama Radames, e gli chiede come mai è così felice. Lui le risponde che vorrebbe essere il nuovo condottiero, senza svelarle il suo amore per Aida. In quel momento, arriva Aida, l'etiope prigioniera e schiava di Amneris: pure lei ama Radames. La principessa in quel momento sospetta che ci sia qualcosa tra i due: ma entrambi nascondono i loro sentimenti. Amneris pensa riguardo ad Aida:

    Amneris: Trema, rea schiava, trema!

    Arrivano il Faraone, Ramfis e altri che dicono che gli Etiopi, guidati dal loro re Amonasro, hanno attaccato l'Egitto. Aida sussulta: Amonasro, infatti, è suo padre. Il Faraone nomina Radames come condottiero. Deve andare al Tempio di Vulcano per la nomina e ricevere le armi. Tutti cantano:

    Tutti: Guerra e morte, morte allo stranier!

    Aida è disperata e non sa per chi pregare: Radames o suo padre? E Amneris canta a Radames:

    Amneris: Ritorna vincitor!

    Anche Aida è costretta a cantarlo insieme a tutti, e si tormenta per questo:

    Aida: Dal mio labbro uscì l'empia parola.

    SCENA II: INTERNO DEL TEMPIO DI VULCANO A MENFI

    Avvengono le cerimonie solenni e la danza sacra delle sacerdotesse: Radames è nominato comandante in capo.

    ATTO II

    SCENA I: STANZA DI AMNERIS

    Amneris mette alla prova Aida: le fa credere che Radames sia morto e lei si dispera. Amneris ha capito quindi che Aida ama Radames e la minaccia, dicendole che lei è solo una serva, mentre Amneris è di stirpe reale. Aida sta per risponderle fieramente che anche lei è di stirpe reale, essendo figlia di re Amonasro: ma si trattiene. Chiede perdono ad Ameris, ma lei è inesorabile: quando all'improvviso si sentono i suoni della vittoria di Radames sugli Etiopi, Amneris la costringe a seguirla per vedere coi suoi occhi la rovina del suo popolo prigioniero.

    Amneris: Trema, vil schiava! Spezza il tuo core.
    Del tuo destino arbitra son.
    D'odio e vendetta le furie ho in cor. (...)
    Alla pompa che s'appresta,
    Meco, o schiava, assisterai;
    Tu prostrata nella polvere,
    Io sul trono, accanto al Re.

    AIDA-AMNERIS



    SCENA II: UNO DEGLI INGRESSI DELLA CITTA' DI TEBE

    Radames torna vincitore, e il faraone decreta che egli potrà avere tutto quello che desidera. I prigionieri etiopi sono condotti alla presenza del Re; tra loro figura Amonasro, travestito da ufficiale, e Aida accorre subito ad abbracciare il padre. Tutti capiscono che Amonasro è il padre di Aida: ma nessuno sa ancora che lui è il re degli Etiopi. Amonasro dichiara al Faraone che il Re etiope è stato ucciso in battaglia. Animato dal suo amore per Aida, Radames desidera che i prigionieri siano liberati. Il Faraone accetta e anzi lo proclama suo successore al trono, concedendogli la mano della figlia Amneris. Ma Radames, in segreto, non lo desidera:

    Radames: Ah no! d'Egitto il trono
    Non val d'Aida il cor.


    Su consiglio del sacerdote Ramfis, però, fa restare a Tebe Aida e Amonasro come ostaggi, per assicurarsi che gli Etiopi non cerchino di vendicare la loro sconfitta.

    ATTO III

    SCENA I: LE RIVE DEL NILO, VICINO AL TEMPIO DI ISIDE

    Mentre Amneris va a pregare al tempio di Iside, arriva Aida, che ha un appuntamento con Radames di nascosto: attende rimpiangendo la sua patria.

    Aida: Qui Radames verrà!... Che vorrà dirmi?
    Io tremo... Ah! se tu vieni
    A recarmi, o crudel, l'ultimo addio,
    Del Nilo i cupi vortici
    Mi daran tomba... e pace forse, e oblio.

    O patria mia, mai più ti rivedrò!
    O cieli azzurri, o dolci aure native,
    Dove sereno il mio mattin brillò,
    O verdi colli, o profumate rive,
    O patria mia, mai più ti rivedrò!
    O fresche valli, o queto asil beato,
    Che un dì promesso dall'amor mi fu;
    Or che d'amore il sogno è dileguato,
    O patria mia, non ti vedrò mai più!


    All'improvviso, arriva suo padre Amonasro, che ha capito l'amore tra Aida e Radames:

    Amonasro: A te grave cagion
    M'adduce, Aida. Nulla sfugge al mio
    Sguardo. D'amor ti struggi
    Per Radames... ei t'ama... qui lo attendi.
    Dei Faraon la figlia è tua rivale...
    Razza infame, aborrita e a noi fatale!

    Aida: E in suo potere io sto! Io, d'Amonasro
    Figlia!

    Amonasro: In poter di lei! No!... se lo brami
    La possente rival tu vincerai,
    E patria, e trono, e amor, tutto tu avrai.
    Rivedrai le foreste imbalsamate,
    Le fresche valli, i nostri templi d'or.


    Amonasro rivela alla figlia che gli Etiopi sono già armati e pronti per la vendetta; ma bisogna sapere dove gli Egiziani attaccheranno.

    Amonasro: Non fia che tardi. In armi ora si desta
    Il popol nostro, tutto è pronto già.
    Vittoria avrem... Solo a saper mi resta.
    Qual sentier il nemico seguirà.


    Amonasro costringe la figlia a farsi dire da Radames dove gli Egiziani attaccheranno: o questo o la fine degli Etiopi. Aida è costretta ad accettare ed esclama:

    Aida: O patria! o patria, quanto mi costi!

    Arriva Radames e Amonasro si nasconde tra le palme. Radames gli dice che ha accettato per finta di fidanzarsi con Amneris: sa che gli Etiopi attaccheranno ancora, ma, quando sarà di nuovo il condottiero, rivelerà al Faraone che lui ama Aida. E visto che ha bisogno di lui, accetterà il fatto. Aida gli propone di fuggire: ma Radames non può abbandonare la sua terra e il suo popolo. Alla fine accetta, e Aida chiede a Radames dove potranno evitare le schiere degli Egiziani, nella loro fuga: e questa è l'informazione che voleva sapere Amonasro. Radames risponde di evitare le gole di Napata, e Amonasro si rivela a Radames dicendo che potrà attaccare a Napata: infatti lui è il re degli Etiopi. Radames allora canta:

    Radames: Io son disonorato!
    Per te tradii la patria!


    Arrivano Amneris e gli altri, che lo accusano di tradimento. Amonasro cerca di uccidere Amneris, ma Radames si mette di mezzo e dice ai due di fuggire. Amneris e Aida fuggono, mentre Radames si consegna al sacerdote Ramfis.

    ATTO IV

    SCENA I: SALA DEL PALAZZO DEL FARAONE. ANDITO A DESTRA CHE CONDUCE ALLA PRIGIONE DI RADAMES.

    L'attacco degli Etiopi guidati da Amonasro è stato respinto ed è successa una strage: gli Egiziani sono i vincitori definitivi. Volendo salvare Radames, Amneris lo supplica di discolparsi, ma egli rifiuta. Infatti crede che Aida, nello scontro finale con gli Etiopi, sia morta: ma Amneris gli rivela che lei è viva, è morto Amonasro invece, con gli altri. Anche se nessuno sa dove sia ora lei. Rinuncia a lei per sempre, dice Amneris, e tu vivrai. Ma Radames rifiuta. Inizia il processo e Ramfis e i sacerdoti chiedono a Radames di discolparsi: ma lui rifiuta di farlo.

    Ramfis: Radames! Radames! Radames! Tu rivelasti
    Della patria i segreti allo stranier!
    Discolpati!


    Sacerdoti: Discolpati!

    Ramfis: Egli tace.

    Ramfis, Sacerdoti: Traditor! Traditor! Traditor!

    Amneris si appella ai sacerdoti affinché gli mostrino pietà. Ma Radames viene condannato a morte per alto tradimento e sarà sepolto vivo: Amneris allora maledice i sacerdoti:

    Amneris: Empia razza! Anatema su voi!
    La vendetta del ciel scenderà!
    Anatema su voi!


    Poi si allontana, mentre Radames viene portato via.

    SCENA II: LA TOMBA DI RADAMES

    I sacerdoti chiudono la tomba di Radames:

    Radames: La fatal pietra sovra me si chiuse...
    Ecco la tomba mia. Del dì la luce
    Più non vedrò... Non revedrò più Aida.


    Radames crede di essere solo, ma pochi attimi dopo si accorge che Aida si era nascosta nella sua cripta prima che arrivassero, per morire con lui.

    AIDA-SEPOLCRO
    Radames e Aida nella tomba.


    I due amanti accettano il loro terribile destino, confermano l'amore l'un per l'altro, dicono addio al mondo e alle sue pene e aspettano l'alba, mentre Amneris piange e prega sopra la loro tomba durante le cerimonie religiose e la danza di gioia delle sacerdotesse.

    Aida e Radames: O terra, addio; addio, valle di pianti...
    Sogno di gaudio che in dolor svanì.
    A noi si schiude il ciel e l'alme erranti
    Volano al raggio dell'interno dì.


    Aida muore tra le braccia di Radames.

    Edited by joe 7 - 1/5/2024, 18:45
  12. .
    CITAZIONE (Stella di Latta @ 30/4/2024, 20:00) 
    Un episodio davvero emozionante. E sulla parte dei dialoghi non posso che essere d'accordo. Oggi sembra che per far ridere, bisogna parlare come un analfabeta. E per commuovere? Parlare come robot serve a qualcosa?

    Oggi il modo di esprimersi dei mass media e dei mezzi di comunicazione sono di una povertà espressiva spaventosa. Va bene che sono fumetti, ma anche nei fumetti ci deve essere la capacità di raccontare in modo più ricco. Martina faceva dire a Paperino: "disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera". Dove trovi oggi delle frasi così, capaci di farti fare delle domande tipo: ma cos'ha detto quello lì? Cosa voleva dire con quelle parole? Aspetta che guardo.

    Oppure, quando nel film "Avengers Endgame", Thanos diceva che lui è "ineluttabile", un mar di gente era andata su internet per capire cosa significasse quel termine, perchè era la prima volta che lo sentivano. Eppure era una parola che io avevo letto mille volte nei fumetti Marvel e ne comprendevo benissimo il significato sin da quando ero piccolo. Tanto per dire quanto è povera la capacità di esprimersi di oggi.

    Bisognerebbe leggere i libri classici, conoscere i diversi modi di esprimersi e di parlare che quei testi fanno vedere. E' un'esperienza che aiuta ad allargare gli orizzonti, troppo angusti nei pochi, ristretti centimetri quadrati di quella specie di rettangolo striminzito che chiamano telefonino, o cellulare, o smartphone, ma che resta comunque uno strumento di enorme impoverimento culturale e di linguaggio. Un linguaggio così limitato non permette nè il pensiero corretto nè la riflessione giusta, condizioni indispensabili per vivere bene.
  13. .
    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 30/4/2024, 18:50) 
    Wow, la parte sul destino della Sfinge mi ha colpito molto. Sono fortunato ad essere cattolico. Purtroppo, per motivi di spazio, presto dovrò smettere con i fumetti Marvel e un po' mi dispiace. Mal che vada, comprerò qualche ristampa delle storie classiche.

    Le storie classiche non deludono mai. ^_^
  14. .
    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 30/4/2024, 18:29) 
    Odio essere latore di brutte notizie, ma: www.youtube.com/watch?v=vU8SiogwaLg

    Bè, pazienza, lo sapevo che era troppo bello per essere vero... =_=
  15. .
    CITAZIONE (Stella di Latta @ 30/4/2024, 16:30) 
    Per me che ho letto pochissimo dei classici Marvel, queste recensioni sono davvero preziose! A fine anni '80 e primi '90 compravo le riviste della Star Comics ( mi sembra): erano poco voluminose e non riguardavano gli anni d'oro suppongo. Però ho memoria di un episodio dei Fantastici Quattro in cui arrivava sulla Terra proprio l'araldo di Galactus, Terrax, disegnato da John Byrne. Sinceramente però non ricordo se c'entrasse con questa storia o fosse un seguito...

    Esatto, si trattava dei Fantastici Quattro della Star Comics, sceneggiati e disegnati da Byrne. Si trattava di storie degli anni '80, che sono state pubblicate dopo questa. Nella storia che tu citi, Terrax va sulla Terra per chiedere aiuto ai Fantastici Quattro per abbattere Galactus, che sta morendo. Terrax viene punito da Galactus, tornando ad essere Tyros; poi Galactus crolla. Reed gli salva la vita e Nova, alias Frankie Raye, una supereroina che si era unita ai Fantastici Quattro, si era offerta a Galactus come nuovo araldo, salvando così la Terra dalla sua distruzione per opera di Galactus. Una storia ben raccontata, con però diverse falle logiche:
    - non ha senso che una persona orgogliosa come Terrax vada a chiedere aiuto proprio ai Fantastici Quattro. Senza contare che, indebolito o no, i Quattro non hanno comunque alcuna possibilità di battere Galactus.
    - Nova diventa il nuovo araldo di Galactus, aiutandolo quindi ad ammazzare altra gente ed altre popolazioni. Non è certo una cosa molto nobile.
    - Va bene salvare la vita a Galactus, ma lasciarlo libero e quindi capace di attaccare altri pianeti non è certo una grande idea. Visto che era impotente, si sarebbe facilmente trovato il modo di imprigionarlo, e, magari, guarirlo dalla sua "fame".
    In ogni caso, è stata una storia memorabile: ma non al livello delle precedenti.
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