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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: INFERNO, CANTO 10

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 25 Sep. 2021
     
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    INFERNO, CANTO 10 - SESTO CERCHIO: GLI ERESIARCHI (seconda parte)
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    VALLE DI GIOSAFAT; EPICUREI

    Virgilio guida Dante fra le tombe infuocate della città di Dite, riservate agli eretici, costeggiando il lato interno delle mura. Dante è incuriosito e chiede al maestro se sia possibile vedere le anime che giacciono nei sepolcri, dal momento che sono aperti e non ci sono dei demoni a custodirli: infatti, dopo l'arrivo dell'angelo, erano scappati via tutti. Virgilio risponde affermativamente e aggiunge, per spiegare al discepolo, che queste tombe saranno chiuse per l'eternità il giorno del Giudizio Universale, quando le anime risorte per il Giudizio di salvezza o di condanna si saranno riappropriate del proprio corpo nella valle di Giosafat (si tratta della valle che si trova a Gerusalemme, tra il Monte degli Ulivi e la Spianata del Tempio). Virgilio, inoltre, spiega che in quest'area del Cerchio giacciono tutti gli eretici che furono seguaci di Epicuro (filosofo greco che proclamò la mortalità - o l'inesistenza - dell'anima), e promette a Dante che troverà lì Farinata Degli Uberti: una richiesta che lui non ha fatto, ma che Virgilio aveva intuito. Infatti, nel Cerchio dei Golosi, Ciacco aveva detto a Dante che avrebbe trovato lì Farinata. Dante si giustifica dicendo che, se gli tiene celati alcuni desideri, è solo per evitare di parlare a sproposito, cosa che lo stesso Virgilio gli aveva insegnato. Dante è interessato a questo Farinata, perchè a Firenze era stato un personaggio famoso.

    FARINATA DEGLI UBERTI: INIZIO

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    Farinata e Dante (Virgilio è in ombra)


    D'improvviso, una voce proveniente da una delle tombe infuocate chiama Dante, identificandolo come toscano e pregandolo di trattenersi, poiché il suo accento lo indica come originario della sua città. Dante ne ha timore e si stringe a Virgilio, che però lo invita a voltarsi e a guardare Farinata degli Uberti, che è visibile dalla cintola in su, con la fronte alta e il petto gonfio, come se disprezzasse tutto l'Inferno (tanto da aver "l’Inferno a gran dispitto") e lo stesso Giudizio di Dio. Farinata chiama all'inizio Dante in questo modo:

    "O Tosco, che per la città del foco (O toscano, che per questo Cerchio di fuoco)
    vivo ten vai così parlando onesto, (vivo ti incammini parlando la nostra lingua)
    piacciati di fermarti in questo loco. (ti piaccia fermarti qui)
    La tua loquela ti fa manifesto (Le tue parole mostrano che tu sei)
    di quella nobil patria natio, (nativo della nobile città di Firenze)
    a la qual forse fui troppo molesto." (alla quale io forse non feci del bene.)


    Farinata visse un secolo prima di Dante, quindi i due non si incontrarono mai in vita. Fu uno dei capi dei Ghibellini (favorevoli a una Firenze al servizio dell'Impero, avversi al Papa e alla Chiesa) ed eretico. Sconfisse i Guelfi (favorevoli al Papa e alla Chiesa, mantenendo l'indipendenza di Firenze) nella sanguinaria battaglia di Montaperti. Dopo la vittoria, l'Impero avrebbe voluto radere al suolo Firenze, città Guelfa e ribelle: ma Farinata vi si oppose, imponendo tuttavia l'esilio ai Guelfi. Successivamente, i Guelfi ritornarono a Firenze e gli Uberti furono esiliati definitivamente: non tornarono mai più a Firenze.

    Farinata chiede a Dante chi fossero i suoi antenati, e Dante risponde che lui è un Alighieri. Il dannato replica che gli Alighieri erano Guelfi, quindi nemici suoi e degli Uberti: lui cacciò i Guelfi (e gli Alighieri) per ben due volte da Firenze, dice sprezzante a Dante. Ma il poeta ribatte prontamente, dicendo che, se gli Alighieri furono scacciati due volte da Firenze, seppero però ritornare in città entrambe le volte, mentre non si può dire lo stesso degli Uberti, che furono esiliati in modo definitivo. Ma il loro battibecco si interrompe: dalla tomba infuocata di Farinata esce un altro dannato.

    CAVALCANTE DEI CAVALCANTI

    Si tratta di Cavalcante dè Cavalcanti, che si sporge però solo fino al mento, come se fosse inginocchiato. Si guarda intorno con ansia, cercando qualcuno accanto a Dante, che però non trova. Piangendo, chiede a Dante dove sia suo figlio e perché non lo sta accompagnando in questo viaggio: se Dante è lì a causa della sua grande intelligenza, anche suo figlio dovrebbe esserci, intelligente com'è! Cavalcante così si rivolge a Dante:

    "Se per questo cieco (se lungo questo oscuro)
    carcere vai per altezza d’ingegno, (Cerchio tu vai grazie alla tua intelligenza)
    mio figlio ov’è? e perché non è teco?" (allora dov'è mio figlio? Perchè non è con te (intelligente com'è lui, sottinteso)


    Dante capisce che quel dannato è il padre del suo amico poeta Guido dè Cavalcanti. Il padre, anima perduta, è convinto che esistano solo meriti umani: non sospetta che Dante, amico del figlio, possa essere in viaggio nell’aldilà per grazia di Dio (che Dante ha accolto, sia chiaro; poteva rifiutarla), in nome di una missione voluta dal Cielo. Dante così spiega a Cavalcanti; inoltre, precisa che l’amico Guido, figlio di Cavalcanti, non volle intraprendere la strada per raggiungere la verità, sprezzando la tradizione cristiana e la fede (indicando quindi il fatto di essere eretico, forse epicureo, come il padre): ecco le parole del poeta.

    Da me stesso non vegno: (non è per mio merito che percorro questa strada della salvezza)
    colui ch'attende là, (cioè Dio. Anche se può fare riferimento a Beatrice, l'arrivo definitivo è Dio)
    per qui mi mena (per questa strada mi porta)
    forse cui Guido vostro ebbe a disdegno (forse vostro figlio Guido disprezza questa via di salvezza)


    Cavalcante si alza allarmato e chiede a Dante se davvero suo figlio Guido sia morto (Dante infatti dice "ebbe", un verbo al passato). Il poeta è perplesso, visto che, siccome i dannati sanno della situazione della Terra, Cavalcante non dovrebbe fare questa domanda. Questo momento di perplessità farà disperare ancora di più il dannato, che torna di nuovo nella sua tomba per non uscirne più. Cavalcante, a differenza di Farinata, era Guelfo: tuttavia, sia lui che Farinata sono incapaci di comprendere le vere ragioni della loro dannazione. Farinata è tutto preso dagli odi politici, che non hanno più senso nel posto dove lui si trova, mentre Cavalcante parla solo di suo figlio e della sua intelligenza. Essendo entrambi epicurei, hanno una visione solo materiale della vita, che esclude la dimensione trascendentale. Cavalcante non comprende nulla del viaggio allegorico di Dante, essendo ormai totalmente sordo a tutto ciò che riguarda la fede cristiana, la grazia e la salvezza.

    FARINATA: LA CONTINUAZIONE

    jpg


    L'interruzione di Cavalcanti permette di mostrare la caratteristica precipua dei dannati: ovvero la loro totale incapacità di guardare il prossimo, di provare amore, compassione o simpatia per qualcuno. Infatti, Farinata, per nulla scomposto dall'accaduto, prosegue il suo discorso con Dante come se non fosse successo niente. Dice che, se i suoi avi non seppero rientrare in Firenze dopo la cacciata, questo gli provoca ben più dolore delle pene infernali (questa è una smargiassata detta da Farinata per spregio). Tuttavia, continua Farinata, non passeranno più di quattro anni fino al momento in cui anche Dante saprà quanto pesa non poter tornare nella propria città (cioè, gli predice che tra quattro anni lui sarà esiliato da Firenze). Farinata chiede poi per quale motivo il Comune di Firenze è così duro in ogni sua legge contro la sua famiglia degli Uberti: Dante risponde che ciò è per il ricordo della terribile battaglia di Montaperti, che arrossò di sangue il fiume Arbia. Farinata osserva sconsolato che a quella battaglia non partecipò lui solo, mentre fu l'unico a opporsi alla distruzione di Firenze in seguito alla vittoria dei Ghibellini.

    FARINATA: LA PREVEGGENZA DEI DANNATI

    Dante chiede a Farinata di risolvergli un dubbio, relativo alla facoltà che gli sembra abbiano i dannati di prevedere il futuro e che ha causato la sua precedente esitazione nel rispondere a Cavalcante. Farinata spiega che i dannati vedono, sì, il futuro, ma in modo imperfetto, riuscendo a scorgere gli eventi solo quando sono molto lontani; quando si avvicinano nel tempo o stanno avvenendo diventano loro invisibili e non sono in grado di saperne nulla, a meno che altri non portino loro delle notizie. Perciò, alla fine dei tempi, dopo il Giudizio Universale, la loro conoscenza del futuro sarà del tutto annullata. Dante comprende l'errore commesso e prega Farinata di informare Cavalcante che suo figlio Guido è in realtà ancora nel mondo dei vivi.

    FARINATA E GLI ALTRI DANNATI

    Virgilio richiama Dante, che perciò si affretta a domandare a Farinata con chi condivida la sua pena nella tomba di fuoco. Questi gli risponde di giacere lì con più di mille anime, tra cui quelle di Federico II di Svevia (imperatore del Sacro Romano Impero, molto apprezzato culturalmente ancor oggi, ma eretico, non credente nell'esistenza dell'anima e cristiano solo in apparenza) e del cardinale Ottaviano degli Ubaldini (cardinale del Mugello, anche lui non credeva nell'esistenza dell'anima), mentre tace degli altri. A quel punto Farinata rientra nel sepolcro e Dante segue Virgilio, ripensando tristemente alla profezia dell'esilio.

    Immagine
    Federico II di Svevia, ritratto da Sergio Toppi


    VIRGILIO CONSOLA DANTE

    Dopo un pò, Virgilio chiede a Dante quale sia la ragione del suo smarrimento e il discepolo gli svela le sue preoccupazioni: Farinata gli ha predetto l'esilio da Firenze. Virgilio gli promette che quando sarà giunto in Paradiso, di fronte a Beatrice, lei gli fornirà ogni spiegazione più chiara relativa alla sua vita futura, ricordando a Dante che la grazia, non la sola conoscenza razionale, è l'obiettivo del viaggio dantesco. Per l'ennesima volta viene ribadito che la sola filosofia razionale è insufficiente a salvarsi. Poi Virgilio si volge a sinistra e lascia le mura per imboccare un sentiero che conduce alla parte esterna del Cerchio, da dove si leva un puzzo estremamente spiacevole: si stanno avvicinando al Settimo Cerchio, quello dei Violenti.

    COMMENTO: IL PERSONAGGIO DI FARINATA

    Farinata ha dedicato tutta la sua esistenza terrena alla passione politica, alla sua fazione, al suo partito. È definito come uno di coloro che "a ben far puoser li ‘ngegni" (cioè molto intelligente e dotato), ma ciò non è sufficiente alla sua salvezza. La fama di essere epicureo, di considerare quindi l’anima mortale, fa sì che Dante lo ponga tra gli eretici. Farinata e Cavalcanti usano una ragione che non è spalancata sul Mistero e riescono a concepire soltanto la propria misura, l’uso di una intelligenza che è ridotta alla sola fiducia nelle proprie forze, nelle proprie convinzioni politiche, presumendo di poter conquistare una salvezza tutta umana. Ma il valore di un uomo non dipende né da come nasce, né dall’altezza del suo ingegno. Dipende dal fatto che accetti che Qualcuno si prenda cura di lui o no, spalancandogli orizzonti razionali molto più ampi di quelli forniti dalle proprie sole vedute. Farinata non capisce la situazione di Firenze, per la stessa ragione per cui il suo compagno di tomba Cavalcanti non riesce a capire come mai suo figlio non è qui. Entrambi, dall’alto della loro presunzione, dimostrano di non capire nulla: non vedono quello che si svolge sotto i loro occhi. Il male, se abbracciato e accolto in noi, ha il potere di distruggere tutto quanto di buono è stato fatto da noi (per esempio, Farinata che salva Firenze dalla distruzione). Ecco perché il Padre Nostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, si conclude con "non ci indurre in tentazione", che significa proprio "fa’ in modo che noi possiamo stare lontani dalla tentazione, o che la vinciamo col tuo aiuto". E questa è la traduzione corretta, mentre è errata quella attuale "non abbandonarci nella tentazione", che presume, quasi come una bestemmia, che Dio possa ABBANDONARE l'uomo nella sua colpa e così possa non aiutarlo a sfuggire all'Inferno e raggiungere il Paradiso. "Non abbandonarci nella tentazione" è una bestemmia nascosta, non una preghiera.

    L'INDIVIDUALISMO E L'ILLUSIONE DELLA PROPRIA AUTONOMIA SONO GIA' UN ANTICIPO DELL'INFERNO

    Farinata ha speso la vita solo per la sua passione politica, ma vive nella propria solitudine e nell'orgoglio. L'inferno infatti è l'illusione della propria autonomia, presentata come "aspirazione" al giorno d'oggi. L'Inferno è ben rappresentato nella realtà terrena dall'individualismo contemporaneo: scriveva Bernanos nel "Diario di un curato di campagna" che l’Inferno è non amare più, non conservare più la capacità di amare. In altre parole, potremmo anche dire che la condizione infernale è l’esperienza della propria assoluta autonomia, quella totale autonomia che, spesso, nell’epoca contemporanea è presentata come aspirazione cui tendere: cioè la totale assenza di legami, per cui noi viviamo come se gli altri non esistessero, siamo così incapaci di amare e di farci amare.

    L’Inferno in vita si sperimenta quando non si vive con una Presenza di fronte agli occhi, ma nella propria solitudine ci si abbandona alle proprie passioni che diventano l’orizzonte ultimo di riferimento. L’idolo ("immagine, fantasia") creato ben presto rivela la propria inconsistenza; il sogno tanto vagheggiato rapidamente dimostra la sua insufficienza a felicitarci. Già qui in vita possiamo sperimentare, come scrive s. Caterina da Genova, l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Abbiamo, quindi, la prova della condizione delle anime dopo la morte nelle condizioni esistenziali che proviamo qui su questa Terra. Spesso è sufficiente rivolgersi con contrizione e spavento per la nostra umana miseria a Colui che tutto può o alla nostra intercedente presso il Figlio (la Madonna) per fuoriuscire dalla percezione di angoscia infernale e sentire la necessità di un’espiazione e di un’ascesi, che è il significato base della Divina Commedia: la salvezza dell'uomo dalla morte, dalla dannazione e dal non senso.

    LA VERSIONE DI NAGAI SU FARINATA

    Il manga ha delle differenze notevoli, stavolta, rispetto al poema originario. Per prima cosa, non c'è l'interruzione di Cavalcanti e Dante non sta cercando Farinata per parlargli. Inoltre, Farinata non viene rimproverato, anzi, per lui Dante (e Nagai) ha solo parole di ammirazione: "Ma tu sei Farinata, il grande condottiero Ghibellino! Colui che guidò le sue truppe nella battaglia di Montaperti dove noi Guelfi fummo sconfitti!" E poi il Dante di Nagai aggiunge: "Grande Farinata, anche tu infine hai sperimentato quanto sia difficile trovarsi a comandare e quanto sia duro il trapasso! Se anche un simile eroe è nell'Inferno a soffrire, allora..." poi non dice nulla, implicando però che il Giudizio di Dio sia sbagliato. Non si fa nessun cenno all'eresia di Farinata, che è rappresentato anzi come la povera vittima di una "ingiustizia" divina. Anche questa volta Nagai presenta i dannati come degli innocenti, passando sopra a quello che hanno commesso. Farinata è vissuto nell'orgoglio, nell'autosufficienza, nel rifiutarsi di credere nell'aldilà, nell'anima, nel giudizio di Dio, e insegnando agli altri a fare altrettanto col suo esempio, aprendosi così ad ogni malvagità, perchè non ha mai sentito di dover rispondere a Qualcuno. Ma questo Nagai non lo dice: Farinata per lui è un eroe, un condottiero, una vittima.

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    Scusa, Dante nagaiano, ma Farinata NON ERA una brava persona!



    BIBLIOGRAFIA:
    https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-x.html
    Bussola Quotidiana, Giovanni Fighera

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI

    Edited by joe 7 - 27/11/2021, 18:22
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    Quanto ho aspettato questo canto.
    Oggi l'uomo ha abbandonato la visone spirituale della vita ultraterrena, arrivando persino a deridere Coloro che dovrebbe amare.
    Che la condizione di Farinata e degli altri epicurei apra gli occhi alla gente.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 25/9/2021, 15:50) 
    Quanto ho aspettato questo canto.
    Oggi l'uomo ha abbandonato la visone spirituale della vita ultraterrena, arrivando persino a deridere Coloro che dovrebbe amare.
    Che la condizione di Farinata e degli altri epicurei apra gli occhi alla gente.

    Il rifiuto dell'esistenza dell'anima e la visione solo orizzontale della vita porta alla fine alla disperazione, perchè non vede nessuna via di salvezza. Non sai perchè nasci, nè perchè vivi, nè perchè ti ammali e soprattutto nè perchè muori.

    E il rifiuto dell'esistenza della Verità (e quindi di Dio, che è Verità) porta alla fine ad essere schiavi di chi impone la propria verità con la violenza. Rifiutare l'esistenza della Verità alla fine significa solo subire la legge della giungla, la legge del più forte, la legge di chi impone la propria verità perchè è più forte degli altri. Come adesso in Italia e dovunque, con leggi inique e crudeli: la legge del più forte, appunto, e della sua "verità".
     
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    Bella risposta.
    Ultimamente mi sono chiesto "perché é importante avere fede?" e adesso lo so.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 25/9/2021, 16:56) 
    Bella risposta.
    Ultimamente mi sono chiesto "perché é importante avere fede?" e adesso lo so.

    La fede cristiana non serve solo a vivere bene a livello personale, ma anche a livello sociale.

    Lo stesso vale per tutti i campi: faccio qualche esempio. Senza la fede cristiana:

    - la scienza diventa scientismo (la Scienza vista come Divinità);

    - la ragione diventa senza fondamento e senza logica, e viene sostituita dall'emotività;

    - la politica diventa l'arte dell'imposizione violenta della propria ideologia e del proprio profitto sulla pelle degli altri e non più il servizio per il prossimo attraverso una amministrazione corretta della vita quotidiana;

    - la ricchezza diventa il solo valore;

    - l'uomo diventa una nullità da sfruttare e uccidere a piacimento; diventa un animale su cui imporre esperimenti medici (vaccini che non sono vaccini, ma sostanze sconosciute e pericolose) senza il minimo riguardo; non è più figlio di Dio e creatura di valore altissimo da rispettare perchè fatto ad immagine e somiglianza di Dio.

    E così via. Senza la fede cristiana, crolla tutto. Ma tutto sul serio.
     
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    Un mio amico a cui ho fatto leggere l'articolo ha detto "non vedo perché stupirsi se Nagai presenti i dannati come eroi. L'inferno nella cultura giapponese è visto in modo un po' diverso comunque anni luce da quello dantesco. Farinata insegue ideali fino a portarli in battaglia e poi difende la sua città Firenze dalla distruzione: è come un samurai agli occhi di un giapponese".

    Il mio amico ha anche aggiunto non si può prendere punti di vista di autori così culturalmente diversi
    la Divina Commedia è figlia di Dante, nessun altro potrà mai riscriverla tale e quale"".
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 10/1/2022, 22:34) 
    Un mio amico a cui ho fatto leggere l'articolo ha detto "non vedo perché stupirsi se Nagai presenti i dannati come eroi. L'inferno nella cultura giapponese è visto in modo un po' diverso comunque anni luce da quello dantesco. Farinata insegue ideali fino a portarli in battaglia e poi difende la sua città Firenze dalla distruzione: è come un samurai agli occhi di un giapponese".

    Il mio amico ha anche aggiunto non si può prendere punti di vista di autori così culturalmente diversi
    la Divina Commedia è figlia di Dante, nessun altro potrà mai riscriverla tale e quale"".

    Il mio scopo, infatti, oltre ad illustrare la Divina Commedia, è anche quello di confrontarla con la visione giapponese, che Nagai ha presentato nel suo manga, e che, per forza di cose, non è cristiana. E' una cosa che considero sempre, in queste analisi. Quindi non me ne stupisco, constato solo il fatto.

    E' un pò impreciso però parlare di "cultura" giapponese, visto che in questo contesto ultraterreno si tratterebbe di "religione" giapponese. In ogni caso, è sempre la religione che fa la cultura, mai il contrario.

    Nella visione orientale, infatti, l'inferno non è eterno, ma temporaneo, perchè credono nella reincarnazione: quindi per loro non ha senso la famosa frase dantesca "lasciate ogni speranza voi che entrate". Nel cristianesimo, invece, che non crede nella reincarnazione, l'inferno è eterno e la versione quindi è ben più drammatica. Siccome io sono cristiano, ritengo quindi la visione cristiana esatta e quella orientale errata: anche se la rispetto, la capisco e cerco di capirla, ma resta comunque errata.

    Gli stessi concetti di "bene" e di "male" in Giappone sono relativi: quello che conta è lo scopo, la propria realizzazione, l'onore, a prescindere dal bene o dal male, che sono tali solo in rapporto allo scopo che ti sei prefissato. E' per questo che Farinata degli Uberti, invece di essere un peccatore, è visto dai giapponesi come un eroe.

    Per fare un altro esempio che possa spiegare meglio quello che voglio dire: Duke Togo, il famoso killer dei manga, meglio conosciuto come Golgo 13, è uno spietato assassino, ma è visto con ammirazione dai giapponesi perchè fa in modo perfetto e accurato il suo lavoro di killer. I concetti di "bene" e di "male" qui sono sottomessi alla missione di onore di Golgo 13. Nel cristianesimo, invece, solo Dio è buono, solo Dio è Sommo Bene e quindi fare il bene è sempre seguire Dio e i suoi comandamenti. Il Bene è una Persona Divina, ed è quindi oltre i propri personali concetti e scopi. Uno come Golgo 13 andrebbe all'inferno anche se dovesse considerare la sua opera come un capolavoro, perchè con le sue azioni viola il quinto comandamento di non ammazzare (inoltre Golgo 13, pur essendo orientale, sfida questa visione cristiana nel suo stesso nome, che è preso proprio da "Golgota", la collina dove fu crocifisso Gesù Cristo, portando così un nome che ha del blasfemo per un cristiano...ma questo è un altro discorso).

    golgo-13-670x377


    Infine, non capisco perchè non si possa "prendere punti di vista di autori così culturalmente diversi". Perchè, è forse proibito fare dei confronti tra il cristianesimo (Dante) e altre culture e religioni (Nagai)?
     
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    Vengo spesso a leggere quest'articolo, perché tocca un argomento che m'interessa.
    Praticamente l'ateismo é male perché nega l'esistenza di Dio, che é amore, verità, ragione.
    Piccola curiosità: recenti studi avrebbero dimostrato che Farinata non era epicureo, bensì un eretico catarese.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 23/7/2022, 16:30) 
    Vengo spesso a leggere quest'articolo, perché tocca un argomento che m'interessa.
    Praticamente l'ateismo é male perché nega l'esistenza di Dio, che é amore, verità, ragione.
    Piccola curiosità: recenti studi avrebbero dimostrato che Farinata non era epicureo, bensì un eretico catarese.

    Ateismo è vivere senza Dio, e quindi vivere da soli, senza una meta, senza uno scopo, e morire da soli senza un perchè. E' già una situazione infernale di per sè. E' vivere una vita senza senso.

    Farinata era comunque eretico in entrambi i casi, quindi la sostanza non cambia.

    Se era epicureo, non credeva nell'esistenza dell'anima, insegnando agli altri questa menzogna e facendoli vivere senza responsabilità; se era cataro, poteva peccare finchè voleva, tanto poi alla fine c'è un "battesimo cataro" che risolve tutto e si va in Paradiso (e tante altre cose, ma qui andiamo molto in sintesi): e così insegnava agli altri a comportarsi in modo abominevole che tanto Dio perdona tutto con questo superbattesimo. Si tratta di inganni diabolici che fanno sprecare la propria vita usandola male invece di usarla bene. Per questo le eresie sono sempre da condannare.
     
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    L'eresia catara mi ricorda molto il concetto protestante della predestinazione.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 7/8/2022, 11:53) 
    L'eresia catara mi ricorda molto il concetto protestante della predestinazione.

    Non proprio: nella predestinazione protestante sei destinato al Paradiso o all'Inferno, qualunque cosa tu faccia di buono o di cattivo per insindacabile giudizio di Dio. Quindi le buone azioni contano poco. Nel cattolicesimo, invece, è importante comportarsi bene, con l'aiuto di Dio, per arrivare in Paradiso, non c'è predestinazione: si va o in Paradiso o all'Inferno a seconda delle tue libere azioni. Nell'eresia catara, invece, si va in Paradiso sempre e comunque, tanto c'è il Battesimo finale che lava tutto. E sia questa visione che quella protestante sono entrambe errate.
     
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