LA DIVINA COMMEDIA, CONFRONTO FRA ORIENTE E OCCIDENTE: DANTE ALIGHIERI E GO NAGAIGo Nagai, autore di famosi manga e anime come
Mazinga, Goldrake e Devilman, affascinato dalla cultura occidentale e dall’opera
“Divina Commedia” di Dante, nel 1993 realizzò la trasposizione del famoso testo in un manga. Essendo orientale di origine, di cultura e di religione, Go Nagai non potè fare a meno di interpretare Dante secondo il suo background culturale e religioso, senza quindi considerare la religione cristiana cattolica, che è invece un presupposto essenziale per capire l’opera. In questo modo, si ha un Dante panteistico e orientaleggiante che non ha nulla a che vedere col Dante reale. Però questo permette di mettere a confronto la religione cristiana con quella orientale, sottolineandone le differenze. E’ molto utile per capirle entrambe.
INFERNO ABOVE ALLAd un primo sguardo, si può notare che l'Inferno occupa quasi tutto il manga: circa i due terzi dell'opera sono incentrati sulle bolge infernali. Il breve Purgatorio è impostato in un modo abbastanza simile all'Inferno e il Paradiso è presentato sbrigativamente. Infatti, è una costante il fatto che, dei tre volumi della Divina Commedia, nel mondo dei fumetti l'Inferno sia sempre la parte più trattata. Forse perchè è la più facile da capire e da trattare. Gli esempi sono molti: basti pensare all'
Inferno di Topolino di Martina e Bioletto (1949), replicato poi con l'
Inferno di Paperino di Giulio Chierchini e Massimo Marconi (1987).
O del
Dante di Marcello Toninelli, che è più famoso per le sue strisce sull'Inferno che sulle successive sul Purgatorio e Paradiso, richiesti nientemeno che dal direttore del giornale cattolico
Il Giornalino, don Tommaso Mastrandrea: infatti, complessivamente, con le sue battute, questa è un'opera che si avvicina molto alla blasfemia.
Ma si potrebbe continuare. Per esempio, la discesa nell'aldilà dei
Cavalieri dello Zodiaco nell'ultima parte del manga di Kurumada: una saga ambientata in sostanza solo nell'Inferno dantesco. Insomma, spesso sono le parti dell'Inferno di Dante quelle più ricordate, invece delle altre.
L'IMPOSSIBILITA' DI DESCRIVERE CERTI TEMIMa bisogna tenere presente il fatto che Dante all'Aldilà - Inferno, Purgatorio, Paradiso - ci credeva davvero, come pure credevano e credono ancora i cristiani di oggi, compreso il sottoscritto. Nagai e, probabilmente, anche gli altri autori citati non credono a queste realtà, quindi partono da un presupposto sbagliato, considerando la Divina Commedia solo come un insieme di fantasie di un autore di talento, che vuole sbizzarrirsi a mettere le persone che trova antipatiche all'Inferno e quelle che trova simpatiche in Paradiso. Ma una storia con una impostazione simile può farla chiunque. Prima di presentare la Divina Commedia secondo Nagai, è necessario capire almeno il senso della Divina Commedia, quella vera.
Parliamoci chiaro: non è che l'Aldilà - pur con la reale esistenza dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso - sia esattamente come descritto da Dante. Infatti è umanamente
impossibile descrivere ciò che non è di questo mondo, perchè noi siamo di questo mondo e possiamo solo descrivere le nostre realtà umane. Quindi Dante ha usato una raffigurazione e dei simbolismi per farcelo comprendere come meglio si poteva fare. E' quasi la stessa cosa per San Giovanni, autore dell'
Apocalisse, che cercava di descrivere l'indescrivibile nelle visioni che contemplava: ne consiglio la lettura, per capire quello che voglio dire. Noterete la difficoltà di San Giovanni nel descrivere quello che vede. Ma descrivere l'indescrivibile è una contraddizione in termini: è semplicemente impossibile. Quindi, l'autore dell'Apocalisse ha cercato di spiegare come meglio poteva quello che vedeva con termini umani, ben sapendo che non sarebbe mai riuscito a spiegare veramente quello che vedeva. Non so se Dante abbia avuto delle visioni come l'autore dell'Apocalisse (personalmente, credo che qualcosa del genere sia successo, ma è solo una mia opinione), ma ha comunque cercato anche lui di descrivere delle realtà che vanno oltre l'umano.
LO SCOPO DELLA DIVINA COMMEDIAPerchè allora Dante ha scritto la Divina Commedia1 ? Un'opera così incredibilmente complessa, che, se provi ad analizzarla veramente, ti vengono le vertigini? Dante stesso ha scritto una volta che ha composto la Divina Commedia
per la felicità dell'uomo. Cioè: con quest'opera, Dante voleva aiutare noi uomini (sia quelli del suo tempo che noi del dopo 2000) ad allontanarsi dalla tristezza, cioè dalla nostra condizione di miseria, di peccato, per raggiungere la vera gioia, la felicità e la beatitudine: in sostanza, la salvezza eterna, il Paradiso. Dante dice che due sono gli obiettivi dell'uomo: la felicità in questa vita e la beatitudine nell’altra vita (
De monarchia). La Divina Commedia è una via per comprendere il mistero dell'uomo (chi siamo? da dove veniamo? dove andiamo?) e aiutarlo a raggiungere il suo fine, cioè il Paradiso, la Somma Gioia. Dante desidera testimoniare la verità da lui vista e incontrata, quella cristiana. Una verità che coincide con la bellezza e la sua contemplazione. Una verità, quindi, che non è un concetto filosofico da apprendere, ma piuttosto qualcosa di infinitamente bello da contemplare. Un passaggio quindi dall'Inferno (quello vero) al Paradiso (quello vero).
La Divina Commedia parla dell’uomo, della sua vita, e lo fa con la potenza e la capacità di comunicazione del genio proprio di Dante. Parla dell’uomo di ogni tempo: quello di ieri, quello di oggi, quello di domani. L’uomo infatti è sempre lo stesso, con le sue aspirazioni all’infinito e la consapevolezza dei suoi limiti. E Dante sa esprimere queste cose meglio di come possiamo fare noi.
La Divina Commedia è un viaggio che rappresenta il cammino della vita di ogni uomo. Nel Dante che vuole salire da solo il colle luminoso (cioè raggiungere la felicità) all’inizio del poema, ci ritroviamo tutti noi. Dobbiamo capire che da soli non riusciamo a salire, cioè ad essere felici e dobbiamo, come Dante, mendicare, chiedere aiuto e gridare
“Miserere di me”, cioè: "abbi pietà di me". Per grazia incontriamo una compagnia umana che ci salva dalla selva oscura (nel caso di Dante è Virgilio: ma nella nostra vita – e in quella di Dante - è Cristo il nostro Virgilio), con cui poter intraprendere il viaggio di salvezza. Non c’è verso della Commedia in cui non si respiri l’esperienza e la fatica o di uomini che vogliono fare da soli, rifiutando la luce e l’amore di Dio, o che, invece, si lasciano abbracciare dall’amore e dalla grazia di Dio e si lasciano aiutare da Lui.
LA "DIVINA COMMEDIA" VISTA DA NAGAIIn Nagai, invece, manca questa prospettiva. Nella Commedia nagaiana Dio è assente, lontano, addirittura un
nemico: tutti i personaggi dell'Inferno nagaiano sono visti come "povere vittime innocenti tormentate ingiustamente", senza mai badare al male che hanno fatto, alterando così il senso della parola "giustizia divina" facendola apparire erroneamente come "ingiustizia divina". Ne parleremo meglio più avanti.
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1 Dante ha voluto chiamare la sua opera "Commedia", che era un genere letterario caratterizzato dall’inizio difficile e dalla conclusione felice, con una commistione di linguaggi e di toni eterogenei. Boccaccio fu colui che aggiunse l'aggettivo "Divina" alla Commedia", che da allora venne chiamata così.
(Continua qui)QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISIEdited by joe 7 - 20/3/2022, 22:28
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