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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 3

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 3 June 2023
     
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    PARADISO CANTO 3 - PRIMO CIELO DELLA LUNA - SPIRITI DIFETTIVI: PICCARDA DONATI E L'IMPERATRICE COSTANZA D'ALTAVILLA
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    D1
    Dante incontra Piccarda Donati e l'Imperatrice Costanza. Nagai, da Dorè.


    GLI SPIRITI DIFETTIVI

    Dante chiama Beatrice "sole" che, se un tempo gli aveva scaldato di amore il petto, ora gli ha anche mostrato la verità (circa l'origine delle macchie lunari) con gran chiarezza: il poeta quindi leva il capo, per farle capire di aver ben compreso la sua spiegazione. Però, prima di parlarle, si trova davanti una visione, così evanescente ma presente, come il proprio riflesso su acque limpide o su vetri trasparenti. Si tratta di persone, ne riconosce la figura umana: sono anime beate, pronte a parlargli. Ma sono talmente trasparenti da sembrargli il riflesso di un'immagine vera: quindi il poeta, pensando che siano dei riflessi, volta lo sguardo all'indietro, per vedere i presunti proprietari di queste immagini. Ma non vede nulla. Quindi non si trattava di riflessi, ma di vere e proprie persone, seppur in spirito, e trasparenti. Qui Dante dice di aver commesso l'errore opposto di Narciso1, che si era specchiato alla fonte, riconoscendosi, mentre lui invece non aveva riconosciuto gli spiriti davanti a sé. Poi guarda Beatrice, che sorride del suo errore (in Paradiso, come si vedrà, si sorride e si ride spesso). La donna lo invita a non stupirsi del fatto che lei rida del suo ingenuo pensiero, dovuto al fatto che il suo intelletto è ancora insicuro davanti alla verità, ma lo fa girare a vuoto. Poi spiega a Dante che le figure che vede sono creature reali, presenti in questo Cielo per non aver rispettato il voto, anche se non per causa loro. Beatrice, inoltre, lo invita a parlare loro liberamente: immersi nella luce di Dio e nella sua felicità, non possono - nè vogliono - allontanarsi dalla verità.

    PICCARDA DONATI

    Dante si rivolge all'anima che gli sembra più desiderosa di parlare ("O spirito ben nato, che ai raggi della vita eterna senti una dolcezza incomprensibile se non è provata") e le chiede di rivelargli il suo nome e la condizione degli altri beati. L'anima risponde con occhi gioiosi ("ridenti") e dichiara che la carità che li accende, come a quella di Dio che vuole simile a sè tutto il Paradiso, fa sì che rispondano volentieri alle giuste preghiere di Dante. Rivela dunque di essere stata in vita una suora, e, se Dante la guarderà meglio, il fatto di essere diventata più bella di come era sulla Terra non gli impedirà di riconoscerla come Piccarda Donati. Rivela di essere posta lì con gli altri spiriti difettivi nel Cielo più lento (il Cielo della Luna è il più vicino alla Terra e quello che ha minor raggio, quindi ruota più lento). Piccarda e gli altri godono di essere lì e di partecipare all'ordine voluto da Dio:

    Li nostri affetti, che solo infiammati (I nostri sentimenti, che sono infiammati)
    son nel piacer de lo Spirito Santo, (solo dal piacere dello Spirito Santo,)
    letizian del suo ordine formati. (gioiscono nell'adeguarsi al suo ordine.)

    Inoltre, Piccarda spiega che lei e le altre anime sono al grado più basso di beatitudine (o meglio "par giù cotanto" cioè appare la più bassa: appunto, "appare" come spiegherà meglio Piccarda più avanti), perché i loro voti non furono adempiuti o furono in parte trascurati.

    SPIEGAZIONE DEI VARI GRADI DI BEATITUDINE

    Nel rispondere a Piccarda, Dante, per prima cosa, le fa notare che nel loro aspetto risplende qualcosa di divino che li rende diversi da come erano in vita, e che questo gli aveva impedito di riconoscerla subito. Dopo, le fa la domanda che forse vi siete fatta anche voi: chiede infatti a Piccarda se lei - e gli altri beati con lei - non hanno mai desiderato acquisire un grado più elevato di beatitudine, per contemplare meglio Dio:

    Ma dimmi: voi che siete qui felici, (Ma dimmi: voi che siete qui felici,)
    disiderate voi più alto loco (desiderate essere in un luogo più alto)
    per più vedere e per più farvi amici? (per vedere Dio più da vicino ed essere in maggior comunione con Lui?)

    Piccarda, nel sentire la domanda di Dante, sorride un poco insieme con le altre anime, poi risponde tanto lieta da sembrare ardere nell'amore dello Spirito Santo ("ch’arder parea d’amor nel primo foco"): "Fratello, l'amore divino riempie e placa ogni nostro desiderio, tanto da volere solo ciò che abbiamo e null'altro". In sostanza, Piccarda dice che sono talmente pieni dell'amore divino che ne sono colmi, esattamente come lo sono tutte le altre anime in Paradiso. Per capirci, se lei è un ditale e San Francesco è una piscina, sono entrambi pieni allo stesso modo, sia il ditale che la piscina: non ha senso quindi chiedere di essere più pieni. Piccarda continua: "Se desiderassimo essere in un grado superiore di beatitudine, i nostri desideri sarebbero contrari alla volontà di Dio, che ci colloca qui: e in Paradiso, dove regna l'amore, è inevitabile esserne pieni ("essere in carità è qui necesse", cioè necessario, nel senso che è impossibile non amare in Paradiso). Anzi - aggiunge Piccarda - l'essere beati comporta per forza il seguire la volontà divina, tanto che essa diventa la stessa volontà nostra, ed è la stessa volontà di tutti i beati, in una "associazione d'amore" infinita:

    sì che, come noi sem di soglia in soglia (cosicché a tutto il regno (del Paradiso) piace il modo)
    per questo regno, a tutto il regno piace (in cui siamo tutti noi, disposti di Cielo in Cielo,)
    com’a lo re che ‘n suo voler ne ‘nvoglia. (e piace al re (Dio) che ci invoglia a uniformarci alla sua volontà (che è volontà di amore, nella quale quindi tutti trovano la pienezza di amore)

    E nella volontà di Dio, conclude Piccarda, si trova la pace totale: "E ‘n la sua volontade è nostra pace". La volontà dell'amore infinito di Dio è "quel mare verso cui vanno a finire tutti i fiumi, cioè tutte le creature dell'Universo."

    LA STORIA DI PICCARDA; COSTANZA D'ALTAVILLA

    6-Raffaello-Sorbi-Piccarda-Donati-fatta-rapire-dal-convento-di-Santa-Chiara-dal-fratello-Corso-1866
    Piccarda, rapita dal convento per opera del fratello Corso Donati.


    Dante comprende che in ogni punto del Cielo è Paradiso, cioè gioia completa, anche se non tutto nello stesso modo. Tutti i beati, anche se in grado diverso, godono quindi della felicità eterna e completa. La risposta di Piccarda ha sciolto un suo dubbio, però ne ha acceso subito un altro: infatti, Dante vorrebbe sapere quale sia stato il voto che lei non ha potuto portare a compimento. Piccarda spiega che un Cielo più alto ospita santa Chiara d'Assisi, fondatrice nel mondo dell'Ordine delle Clarisse, alla cui regola molte donne si votano e prendono il velo. Piccarda, da giovinetta, indossò quell'abito e pronunciò i voti monastici. Ma degli uomini, avvezzi più al male che al bene, la rapirono dal convento e la obbligarono a una vita diversa (Piccarda qui fa riferimento a quello che le fece il fratello Corso Donati, che ora è all'Inferno per le sue colpe: se ne è parlato nel canto 24 del Purgatorio). La beata conclude il suo racconto senza aggiungere altro e dicendo solo che Dio sa cosa è successo dopo ("Iddio si sa qual poi mia vita fusi.").

    Piccarda indica poi un'anima splendente alla sua destra, che ha vissuto la sua stessa esperienza, poiché fu suora e le fu tolto forzatamente il velo: tuttavia, rimase fedele nel suo cuore alla regola monastica. Si tratta dell'imperatrice Costanza d'Altavilla2, che, dal secondo Imperatore di Svevia ("secondo vento di Soave"), Enrico VI, generò il terzo e ultimo della dinastia degli Svevi ("generò ‘l terzo e l’ultima possanza"): Federico II di Svevia.

    Costanza-d-Altavilla-e-Federico-II
    Costanza d'Altavilla e il figlio Federico II di Svevia.


    Alla fine delle sue parole, Piccarda intona l'Ave Maria e pian piano svanisce, come fa un oggetto che cade nell'acqua profonda. Dante la segue con lo sguardo quanto può, poi torna a osservare Beatrice, che però, col suo splendore, abbaglia la vista del poeta, così che i suoi occhi dapprima non riescono a sopportare tanto fulgore (stanno salendo e il grado di beatitudine di Beatrice diventa ancora più elevato). Questo rende Dante restio a fare delle domande.

    367a
    Dante non riesce a reggere lo sguardo su Beatrice, ancora più luminosa di prima.


    COMMENTO

    Il Canto presenta la prima schiera di beati incontrati da Dante nel Primo Cielo della Luna e la protagonista assoluta è Piccarda Donati, che spiega al poeta il motivo per cui lei e le altre anime sono rilegate nel Cielo più basso e qual è la legge che regola i diversi gradi di beatitudine in Paradiso. La collocazione in Cielo di Piccarda era già stata preannunciata dal fratello Forese Donati nel Purgatorio (Canto 24 o XXIV: "La mia sorella, che tra bella e buona / non so qual fosse più, triunfa lieta / ne l'alto Olimpo già di sua corona"), in contrapposizione alla futura dannazione di Corso Donati, su domanda diretta di Dante, che quindi conosceva la giovane. Ciò è confermato in questo episodio, nel quale Dante non riconosce subito Piccarda e se ne scusa, adducendo come causa il diverso aspetto di queste anime rispetto a quello che avevano in vita.

    Gli spiriti difettivi sono gli unici beati a mostrarsi a Dante con un'immagine vagamente umana, talmente evanescente da sembrare dei riflessi nell'acqua. Dante ricorre a una doppia preziosa similitudine per descrivere queste figure diafane: quella di volti riflessi su un vetro o su uno specchio d'acqua tersa, e quella di perle bianche che si distinguono appena sulla bianca fronte di una giovane donna (ciò rientrava nella moda del tempo ed era tipico delle giovani aristocratiche, per cui l'immagine aggiunge raffinatezza alla scena). Il ricorso alla metafora dell'acqua non è naturalmente nuovo, poiché Dante ha già paragonato la descrizione del Paradiso a un viaggio per mare (Canto 2 del Paradiso; e Beatrice aveva parlato di "gran mar de l'essere" nel Primo Canto del Paradiso). Più avanti, la scomparsa di Piccarda e degli altri beati sarà assimilata a quella di un corpo che affonda nell'acqua profonda, così come gli spiriti del Cielo di Mercurio sembreranno dei pesci che si avvicinano al pelo dell'acqua per prendere il cibo.

    Beatrice dichiara che gli spiriti difettivi sono confinati in questo Primo Cielo per mancanza del voto, anche se in realtà lei stessa spiegherà più avanti che tutti i beati risiedono nell'Empireo, il Cielo più alto dove c'è Dio, e semplicemente appaiono a Dante nel Cielo il cui influsso hanno subìto in vita. Piccarda fa notare a Dante che, se i loro desideri fossero discordi da quelli divini, questo sarebbe incompatibile con la loro condizione stessa di beati, proprio perché verrebbe meno l'ardore di carità, che è premessa indispensabile alla beatitudine. Questo non lo si capisce bene al giorno d'oggi: ma, nel Medioevo, la filosofia scolastica definiva la carità, cioè l'amore, come ciò che comporta l'adeguamento alla volontà dell'oggetto amato (a patto che sia una volontà buona, ovvio).

    363a
    Piccarda Donati risponde a Dante.


    Il discorso di Piccarda è conciso e stringente nella sua logica e si avvale di un preciso linguaggio filosofico, che include latinismi puri (infatti dice "necesse" cioè "essere necessario, è necessario", o "beato esse", con "esse" cioè "essere") e tecnicismi (cioè termini rigorosamente precisi nell'ambito trattato, in questo caso la filosofia: per esempio "formale" nel senso di "causa essenziale"). L'idea della gradazione della beatitudine e della divisione dei beati in varie schiere, se da un lato risponde a un criterio analogo rispetto a Inferno e Purgatorio, dall'altro risponde alla trattazione che ne dà san Tommaso e che verrà ripresa nel Canto seguente, specie nel tentativo di correggere l'opinione espressa da Platone nel Timeo3 riguardo alla collocazione delle anime dopo la morte.

    L'ultima parte del Canto è dedicata alla storia di Piccarda: la fanciulla conosciuta da Dante a Firenze e costretta dal fratello Corso a sposarsi contro il suo volere, rapita de la dolce chiostra ad opera di Corso medesimo e dei suoi complici, definiti da lei uomini... a mal più ch'a bene usi (con sereno distacco dalle vicende terrene e senza l'ombra di rancore verso l'ingiustizia patita). La conclusione della sua vicenda personale è affidata a un verso lapidario quanto allusivo: Iddio si sa qual poi mia vita fusi, che è stato giustamente accostato ad altre celebri chiuse di personaggi danteschi, da Ulisse (Inferno, Canto 26-XXVI, "infin che 'l mar fu sovra noi richiuso"), al Conte Ugolino (Inferno, Canto 33-XXXIII: "Poscia, più che 'l dolor poté 'l digiuno"), senza contare il manzoniano "La sventurata rispose" relativo alla Monaca di Monza e per il quale il grande romanziere potrebbe essersi ispirato proprio a questo passo.

    Piccarda rievoca la sua vicenda umana per spiegare quale voto non ha portato a termine e per farlo indica a Dante due diverse donne, che costituiscono due diversi esempi di devozione religiosa: la prima è santa Chiara d'Assisi, la fondatrice delle Clarisse, alla cui regola Piccarda si era votata, mentre la seconda è l'imperatrice Costanza d'Altavilla, la madre di Federico II di Svevia, che ha subìto lo stesso destino di Piccarda e ora risplende serena e felice accanto a lei in questo Cielo.

    La spiegazione di Piccarda accenderà due nuovi dubbi in Dante, relativi all'inadempienza del voto e alla collocazione effettiva dei beati in Paradiso, che saranno spiegati da Beatrice nei due Canti successivi.

    Il Paradiso si apre inequivocabilmente nel segno della donna: nel Primo Canto campeggia Beatrice, così come, nel Primo Cielo, la prima anima che Dante incontra è ancora una donna: Piccarda Donati. Anche l’Inferno - quello vero, non il Limbo - si apre con l’affascinante figura femminile di Francesca da Polenta (Inferno, Canto V). Dopo di che, le donne escono di scena per ritornare nel canto Quinto del Purgatorio, con l’immortale personaggio di Pia de Tolomei (Purgatorio, Canto V). Questi non sono elementi secondari: Beatrice sta accompagnando Dante in Paradiso, così come Francesca ha portato Paolo all’Inferno. Ricordiamo, poi, come il Purgatorio si chiuda completamente nel segno femminile, con la ricomparsa della figura di Beatrice e con l’apparizione di Matelda (Purgatorio, Canto XXVIII), che permette la purificazione di Dante con l’immersione prima nel fiume Lete e, poi, nell’Eunoé. Il Paradiso si configura sempre più come la cantica del sorriso e della carità.

    IL DANTE DI NAGAI

    364a
    Piccarda Donati presenta Costanza d'Altavilla (a sinistra) a Dante. Curiosamente, in certi momenti non sembra sorridere: invece nella Commedia è sempre sorridente e lieta.


    Nel manga, Nagai trascrive in modo abbastanza fedele il Canto: ecco qui i dialoghi.

    Beatrice: Ecco il Cielo della Luna. Nel Cielo della Luna, si trovano le anime di coloro che, pur avendo vissuto nell'amore di Dio, non hanno adempiuto ai voti fatti.
    Dante: Sono meravigliose! Sembrano...delle ombre diafane! Spirito beato che dimori nel Cielo della Luna, qual'è il tuo nome?
    Piccarda: Io sono Piccarda Donati. In vita, fui una monaca dell'ordine di Santa Chiara. Ma, nonostante avessi già pronunciato i voti, fui costretta ad infrangerli. Ecco perchè ora mi trovo qui, nel cielo più basso, che ruota più lentamente.
    Dante: Oh! Sei proprio tu, Piccarda Donati! Già in Terra eri famosa per la tua bellezza, ma ora c'è qualcosa di divino che risplende in te!
    Piccarda: Anche se sono venuta meno al mio voto e mi trovo nel Cielo della Luna, vivo comunque nella beatitudine, sotto la guida dello Spirito Santo. Così come l'anima dell'Imperatrice Costanza, che vedi accanto a me. Tutti gli spiriti che si trovano qui vivono nella beatitudine. Anche questa sfera celeste, nonostante si trovi al limite estremo del Paradiso, è colma di felicità e letizia. E questo perchè la nostra volontà è un tutt'uno con quella di Dio!
    Dante: Dunque non desiderate salire in un Cielo più elevato?
    Piccarda: Non si tratta di voler salire o non salire, nè di desiderare un cielo più o meno elevato. Ciò che conta è che siamo in accordo con la volontà divina. E qui è dove risplendiamo!
    Beatrice: Il Cielo successivo, il secondo, è quello di Mercurio.
    Dante: Ahh!
    Beatrice: Dante, che cos'hai?
    Dante: Beatrice, la tua luce sta diventando sempre più intensa. E'...abbagliante!
    Beatrice: Non ho intenzione di accecarti, è l'amore di Dio che scorre in me.
    Dante: Sì.

    Le differenze non sono molte: Dante parla di "ombre diafane", mentre nella Commedia originale scambia le anime per dei riflessi di luce delle anime originali. Inoltre, Piccarda Donati non era nota a Firenze per la sua bellezza, ma per la sua bontà: tanto che la reputarono una santa quando morì. Inoltre, nel discorso di Piccarda Donati a Dante, manca l'importante frase conclusiva, cioè che "nella volontà di Dio si trova la pace": invece qui dice solo di essere in accordo con la volontà divina. Inoltre, non ha molto senso l'amore di Dio che "scorre" in Beatrice: lei ne è semplicemente illuminata, riempita. Ma l'amore di Dio non è una cosa che "scorre" come una specie di "Forza" anonima: è la Presenza di Dio, dell'Amore di Dio, in lei che la illumina tutta. Dio è Persona: non è una "Forza" che "fluisce" o "scorre" come se fosse qualcosa di impersonale.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-iii.html

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    1 Narciso: cacciatore, che, vedendo la propria immagine riflessa nell'acqua, se ne innamorò credendola reale e si gettò nell'acqua, annegando. Dante invece incorre nello sbaglio opposto, poiché crede immagini riflesse quelle reali. La fonte della storia di Narciso è nelle Metamorfosi di Ovidio.

    2 Costanza d'Altavilla: (1154-1198) chiamata anche "l'ultima sovrana normanna", fu figlia di re Ruggiero II il Normanno. Anche se era principessa, non era erede al trono e, secondo voci di palazzo, avrebbe intrapreso in segreto la via monastica. Anzi, secondo fonti dell’epoca non del tutto verificabili, avrebbe vissuto nel convento di Palermo prendendo il velo. Però fu tolta dal convento per farla sposare col re degli Svevi Enrico VI, e, dal loro matrimonio, nacque Federico II di Svevia. Dante però mette Federico II all'Inferno fra gli eretici, nel Canto X. Costanza è citata anche in Purgatorio, nel terzo Canto (Antipurgatorio), quando Manfredi di Svevia si presenta a Dante come nipote di Costanza imperatrice (Manfredi infatti era il figlio illegittimo di Federico II, quindi Costanza era sua nonna).

    3 Timeo: Opera di Platone, è uno dei famosi Dialoghi Platonici (Platone spesso scrisse il suo pensiero attraverso i Dialoghi, che sono la stragrande maggioranza delle sue opere). Un Dialogo è un saggio che esprime i suoi pensieri attraverso i dialoghi di più persone (dal latino dialogus, in greco antico dialogoi: "conversare, discorrere", composto da dià, "attraverso" e logos, "discorso"). Quindi è un confronto verbale che attraversa due o più persone, come strumento per esprimere sentimenti diversi e discutere idee non necessariamente contrapposte. Il Timeo è spesso definito "Timeo e Crizia", che sono i nomi dei due personaggi che dialogano, insieme ad altri. In particolare, Dante fa riferimento al passaggio in cui Platone nel Timeo descrive le sorti dell'anima dell'uomo dopo la morte che, se poco curata, va a reincarnarsi in un corpo di donna (per dire come sia stato considerato lo stato femminile nell'antichità pagana) o di animale, in base alla gravità della sua condizione. In particolare, il "Timeo e Crizia" è famoso oggi soprattutto per aver parlato del continente perduto di Atlantide: per questo è spesso citato nei fumetti di Martin Mystere.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 10/6/2023, 14:25
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    Si vede proprio che nel paradiso c'é un atmosfera esattamente opposta rispetto all'inferno: Dante ha saputo rendere perfettamente la differenza.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 3/6/2023, 17:48) 
    Si vede proprio che nel paradiso c'é un atmosfera esattamente opposta rispetto all'inferno: Dante ha saputo rendere perfettamente la differenza.

    Non poteva essere diversamente: il Paradiso è il luogo delle anime salvate, quindi c'è la gioia; il Purgatorio quello delle anime purganti, dove c'è il dolore, ma con esso la speranza; l'Inferno è il luogo delle anime dannate, dove c'è solo dolore e nessuna speranza. Dante ha mostrato bene queste verità di fede.
     
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