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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 28

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 1 April 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 28 - EDEN: L'INCONTRO CON MATELDA
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    Dante incontra Matelda. Notate che Nagai le ha messo sulla fronte una fascia con un triangolo in mezzo: si tratta dell'hitaitakushi, una fascia che viene messa sulla fronte dei morti, in modo che non tornino dall'aldilà a tormentare i vivi. Quindi Nagai presenta Matelda come un "fantasma giapponese buono".


    Dante è impaziente di esplorare la foresta dell'Eden, la cui vegetazione è tanto fitta da non far filtrare i raggi del sole appena sorto. Così vi si addentra e inizia a passeggiare lentamente, contemplando tutto. Il suolo manda dolci profumi da ogni parte. Un lieve venticello ("aura dolce"), sempre uguale e regolare, stormisce fra le piante, colpendo come una brezza la fronte di Dante. A causa del vento, le piante si piegano verso occidente, ma in modo tale da non disturbare gli uccellini sui rami, che cantano melodiosamente, accompagnati dal rumore prodotto dalle foglie, come accade nella pineta di Chiassi1 quando Eolo vi soffia il vento di scirocco (un vento caldo del sud).

    IL LETE E MATELDA

    Dante, pian piano, si è ormai inoltrato nella selva ("selva antica": evidente il contrasto con la "selva oscura" dell'inizio della Divina Commedia). Anzi, adesso non può più nemmeno sapere il punto da cui era venuto. Alla fine si trova davanti a un piccolo fiume, un corso d'acqua, detto "rio" da Dante (si tratta del Lete, ma Dante non lo conosce ancora). Le acque del Lete formano delle leggere onde che scorrono verso sinistra, facendo piegare in quel senso l'erba vicina. Tutte acque più pure dei fiumi terrestri sembrano sozze e fangose, in confronto al Lete, trasparentissimo, per quanto esso scorra sotto una fitta vegetazione che fa da schermo al sole.

    Dante si ferma davanti al Lete e osserva al di là del fiume, notando una gran varietà di rami fioriti. All'improvviso, sempre dall'altra sponda del fiume, compare una scena che, destando meraviglia, distoglie da ogni altro pensiero: Dante infatti vede una donna, giovane e bella (si tratta di Matelda) che cammina solitaria cantando, mentre coglie vari fiori ("scegliendo fior da fiore") dal prato che percorre, che di fiori è pieno. Dante si rivolge a lei, chiamandola "bella donna" e affermando che sembra ardere d'amore. Dante continua dicendo che, "se voglio credere all'aspetto che di solito è specchio fedele dei sentimenti" ("s’i’ vo’ credere a’ sembianti che soglion esser testimon del core"): afferma quindi che non sempre l'apparenza inganna. Poi la invita ad avvicinarsi a lui, sull'altra riva del fiume, in modo che Dante possa comprendere cosa sta cantando. La donna, aggiunge Dante, gli ricorda Proserpina2 quando fu rapita da Plutone, evento in seguito al quale il mondo perse l'eterna primavera.

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    Il famoso Ratto di Proserpina del Bernini.


    DANTE E MATELDA

    Matelda si volge a Dante, con movimenti talmente armoniosi che sembra una donna che danzi: muove i passi lentamente, uno dopo l'altro, procedendo tra i fiori rossi e gialli del prato e abbassando gli occhi onesti, come una vergine. Si avvicina tanto quanto serve a Dante per comprendere il suo canto e, non appena è giunta sulla sponda del Lete, alza i suoi occhi guardando il poeta ("di levar li occhi suoi mi fece dono"). Dante è talmente colpito dal suo sguardo, pieno di amore, che pensa che nemmeno Venere, trafitta da Cupido, avesse uno sguardo simile3. Matelda ride felice sull'altra riva, mentre con le mani intreccia i fiori che ha raccolto. Il Lete li separa di una distanza di solo tre passi: ma questo basta a Dante perchè provi odio verso il fiume che li separa: lo confronta con l'Ellesponto, attraverso cui passò Serse (che Dante chiama ammonimento per ogni orgoglio umano), e che separava Leandro dall'amata Ero: per questo l'Ellesponto, a causa delle sue mareggiate tra le città di Sesto e Abido, era odiato da Leandro, come Dante ha odiato il Lete che lo separava da Matelda (anzi, il poeta prova odio per il fiume ancora più di Leandro). Per spiegare questi riferimenti, interrompo un attimo il racconto.

    L'ELLESPONTO, SERSE, LEANDRO ED ERO

    L'Ellesponto è il nome antico dello Stretto dei Dardanelli, che collega il Mar Egeo al Mar di Marmara, che a sua volta si collega al Mar Nero. Essendo una zona di confine tra Europa e Asia, separando la Turchia dalla Penisola Greca, è sempre stata una zona di forti conflitti, anche perchè era in una posizione strategica essenziale per le invasioni.

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    L'Ellesponto /stretto dei Dardanelli, e il Leonida del film.


    Durante la Seconda Guerra Persiana, l'orgoglioso re Serse passò l'Ellesponto nel 480 a.C. con un immenso e sconfinato esercito per muovere guerra alla Grecia: fu allora che avvenne lo scontro con gli Spartani di Leonida alle Termopili, raccontato nel film 300 di Zack Snyder. Serse vinse alle Termopili, però a caro prezzo, e fu sconfitto a Salamina: infine, dovette fuggire a Platea. In breve tempo, fu costretto ad attraversare nuovamente l'Ellesponto, tornando indietro, sconfitto ed umiliato nella sua superbia. Per questo, Dante cita Serse come ammonimento ai superbi ("freno a tutti orgogli umani").

    Inoltre, Dante fa riferimento anche al mito del bel giovane Leandro e della sua bellissima ragazza Ero: Leandro viveva ad Abido e Ero a Sesto, che erano due città presenti sulle rive opposte dei Dardanelli, nel punto in cui il braccio di mare è più stretto. Erano innamorati, ma lei, che era una sacerdotessa di Afrodite, non poteva frequentarlo. Inoltre, il mare che li separava, anche se era sul punto più stretto del mare, era sempre attraversato da correnti fortissime e da molte navi. Nonostante questo, Leandro, ogni notte, si tuffava nelle acque inquiete e pericolose per raggiungere di nascosto l'amata. Ero, consapevole dei pericoli che Leandro correva per lei attraversando le terribili acque agitate, l'attendeva alla finestra della sua casa, con una candela accesa in mano, affinché la luce potesse fare da guida all'amato, indicandogli la rotta da seguire. Una notte, però, la fiamma, improvvisamente, si spense e, prima che Ero se ne accorgesse, Leandro, disorientato e stremato, fu sbattuto dai flutti su uno scoglio e morì. Il giorno seguente, Ero scoprì il cadavere dell'amato e, vinta da un'insopportabile morsa di dispiacere e dolore, si tolse la vita gettandosi giù dalla torre.

    ero-e-leandro
    Ero trova morto Leandro.



    LE SPIEGAZIONI DI MATELDA

    Matelda si rivolge a Dante, Virgilio e Stazio, spiegando che loro, che sono nuovi del luogo, forse si meravigliano del suo riso, ma la spiegazione della sua felicità è semplice: lei gioisce della contemplazione dell'opera di Dio, e indica il Salmo Delectasti4 che può illuminare le loro menti al riguardo. Poi invita Dante di rivolgerle liberamente altre domande, poiché lei era venuta lì espressamente per questo scopo. Dante allora le chiede di spiegargli una contraddizione: in precedenza, Stazio gli aveva detto che l'Eden è immune da perturbazioni atmosferiche come il vento. Eppure, la presenza del vento e dell'acqua, che scorre in quel luogo, contrastano con ciò che gli aveva detto il poeta. Matelda dichiara che la sua risposta sarà tale da dissipargli ogni dubbio: Dio all'inizio creò l'uomo buono e disposto al bene, donandogli il giardino dell'Eden, come caparra (anticipazione) dell'eterna beatitudine. L'uomo vi rimase poco a causa del peccato originale:

    Per sua difalta qui dimorò poco; (Per il suo peccato si trattenne qui poco tempo;)
    per sua difalta in pianto e in affanno (per il suo peccato trasformò la sua gioia e felicità)
    cambiò onesto riso e dolce gioco. (in pianto e in affanno)

    Dio, prima della caduta, fece salire il monte del Purgatorio verso il cielo, per porre l'Eden al di sopra di ogni alterazione atmosferica e non arrecare fastidio ai primi progenitori, per cui ogni fenomeno naturale si arresta alla porta del Secondo Regno (il Purgatorio). Il vento dell'Eden, quindi, non è prodotto dagli eventi naturali, ma dal movimento delle Sfere Celesti del Paradiso, che fanno ruotare l'atmosfera rarefatta, provocando lo stormire delle fronde della selva. Inoltre, le piante, mosse dal vento, impregnano l'aria della loro virtù generativa e questa ricade poi sulla Terra, che genera la vegetazione a seconda della sua qualità e del suo clima. Questo spiega perché talvolta sulla Terra crescono delle piante in modo apparentemente spontaneo, con l'aggiunta che nell'Eden ci sono anche delle piante che non esistono nel mondo dell'uomo. L'acqua che scorre nell'Eden, continua Matelda, non sgorga da una vena naturale alimentata dalle piogge, come sulla Terra, ma è prodotta direttamente dalla volontà divina. Nell'Eden ci sono così due fiumi: il Lete, che ha la virtù di cancellare la memoria dei peccati commessi, e l'Eunoè, che invece rafforza il ricordo del bene compiuto. L'acqua del secondo fiume non opera pienamente, se prima non si beve quella del primo. E il sapore dell'Eunoè supera ogni altro sapore.

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    Matelda, al di là del Lete, spiega a Dante riguardo alle cose dell'Eden. Notate le note musicali nei balloon: Nagai vuole far capire che le sue parole sono come un canto.


    L'ETA' DELL'ORO

    Conclusa la sua spiegazione, Matelda fornisce a Dante un'informazione in più, che lei chiama "corollario": dichiara infatti che i poeti classici, che scrissero nei loro versi dell'età dell'oro, forse sognarono in Parnaso (il monte dei poeti) proprio questo luogo felice, ovvero l'Eden. Qui la specie umana fu felice, qui ci fu un'eterna primavera e ogni frutto della natura, qui, in questi fiumi, scorreva il nettare di cui si parlava in quei testi. Dante si volta a osservare Virgilio e Stazio, e nota che entrambi sorridono felici alle parole di Matelda, confermando le sue parole. Poi torna ad osservarla.

    COMMENTO

    La protagonista assoluta del Canto, ovviamente, è Matelda: una figura molto enigmatica del poema. E' stata al centro di un intenso lavoro interpretativo e oggetto delle più varie ipotesi nel tentativo di identificarla:
    - la potente contessa Matilde di Canossa (1046-1115), che difese la Chiesa dalle azioni dell'avido re Enrico V, famoso per il suo "pentimento a Canossa", che poi rinnegò aggredendo il papato e cercando di imporre la sua linea autoritaria alla Chiesa;
    - la monaca benedettina e santa Matilde di Hackeborn, autrice di libri spirituali;
    - Matilde di Magdeburgo, mistica e autrice di opere ascetiche.
    Ma nessuna di queste è pienamente convincente.

    Matelda è strettamente legata all'Eden, che è un vero e proprio posto ameno (locus amoenus), in cui sono evidenti gli echi della poesia classica, nella descrizione dell'età dell'oro, e dello Stilnovo, richiamato proprio dalla figura di Matelda. La donna ricorda la figura di Lia, sognata da Dante nel Canto precedente, e le tante donne cantate dai poeti stilnovisti. La sua descrizione riprende sicuramente quella di Proserpina in Ovidio (Metamorfosi). Inoltre, diverse espressioni rimandano anche a Cavalcanti, specie alla pastorella del suo poema In un boschetto e alla ballata Fresca rosa novella. Questa ripresa di moduli stilnovisti non è casuale, in quanto è conseguente alla riflessione che su questa esperienza poetica Dante ha svolto nei Canti precedenti, attraverso gli incontri con Bonagiunta e Guinizelli, e si configura come utilizzo di quello stile e di quel linguaggio non più al fine di cantare l'amore terreno, bensì quello divino, cui Dante è ormai tutto proiettato, nell'attesa dell'arrivo di Beatrice. Lo Stilnovo non è dunque rinnegato da Dante, ma ripensato alla luce del viaggio di redenzione ed espiazione che, nel suo caso, è anche espiazione letteraria (di quanto di rischioso vi era nella poesia amorosa, ormai cancellato dopo il passaggio nel fuoco purificatore della Settima Cornice).

    Matelda, in ogni caso, è probabilmente l'allegoria di quello stato di primitiva felicità e purezza che l'uomo possedeva nell'Eden prima del peccato originale e che viene riconquistato dalle anime salve, dopo il passaggio attraverso le pene del monte: ciò spiega perché Dante arda dal desiderio di passare il Lete per raggiungerla, mentre apprenderemo in seguito che il ruolo di Matelda è quello di immergere le anime salve nelle acque dei due fiumi, sottoponendole all'ultimo rito purificatore, prima dell'ascesa in Paradiso.

    Il sorriso compiaciuto di Virgilio e Stazio alle parole finali di Matelda è la conferma della veridicità di questa lettura in chiave cristiana del mito classico.

    IL DANTE DI NAGAI

    Dante incontra Matelda, che gli spiega solo le proprietà dei fiumi. Non dice che provengono dalla volontà divina, nè dice tutto il resto.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgator...nto-xxviii.html

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    1 Chiassi: è la forma antica di Classe, il porto di Ravenna, che era di origine antica: vicino al porto sorge una famosa pineta, cioè un bosco di pini. Coi suoi 900 ettari è uno dei più grandi polmoni verdi e aree naturalistiche a libero accesso della Riviera Adriatica: è parte integrante del Parco del Delta del Po. Grazie alla comunità monastica dei Camaldolesi (un ordine benedettino), che erano di stanza presso la Basilica di Sant’Apollinare in Classe sin dall'anno Mille, che si occupò di curare e preservare il bosco, si ha oggi la sopravvivenza di quest’antico pineto. Durante il suo esilio a Ravenna, Dante veniva sovente a passeggiare in questi luoghi, in cerca di quiete e ispirazione.

    Pineta-di-Classe
    Un'immagine della pineta di Classe, o Chiassi.



    2 Proserpina: nome romano della dea Persefone. Figlia di Cerere, dea delle messi, fu rapita da Plutone, dio degli Inferi, mentre raccoglieva fiori sulle rive del lago Pergusa. Divenne la sposa di Plutone e regina degli Inferi. Cerere chiese a Giove di far liberare la figlia: Proserpina allora poté ritornare in superficie, ma solo a patto che trascorresse sei mesi all'anno ancora con Plutone. Di conseguenza, Cerere fece calare il freddo ed il gelo durante i mesi in cui la figlia era assente come segno di dolore, per poi far risvegliare la natura per il ritorno di Proserpina sulla terra: così si spiegarono i cambi delle stagioni. Il paragone tra Matelda e Proserpina richiama la caduta dell'uomo: il ratto di Proserpina da parte di Plutone fu interpretato dai cristiani come la perdita dell'"eterna primavera" dell'Eden.

    3 Venere, trafitta per errore dalla freccia del figlio Cupido, o Eros, si innamorò del bellissimo Adone.

    4 Delectasti: Il Salmo citato da Matelda è il 91, oggi indicato col numero 92 (91) per motivi precedentemente spiegati. E' detto così, perchè, ai versetti 5 e 6 dice: "Quia delectasti me, Domine, in factura tua, et in operibus manuum tuarum exultabo. / Quam magnificata sunt opera tua, Domine!" ("Poichè mi rallegri, o Signore, con le tue azioni, esulto per l'opera delle tue mani. Quanto sono grandi le tue opere, o Signore!"). Matelda giustifica il suo riso come gioia alla contemplazione dell'opera di Dio nel giardino dell'Eden.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE



    Edited by joe 7 - 15/4/2023, 17:12
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    Dovremmo fare tutti come Matelda ed ammirare la bellezza del creato, prova tangibile dell'operato divino.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 1/4/2023, 18:16) 
    Dovremmo fare tutti come Matelda ed ammirare la bellezza del creato, prova tangibile dell'operato divino.

    Ammirare il creato come opera di Dio è un buon punto di partenza.
     
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