Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 5

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    Divina Commedia
    Salmi
    By joe 7 il 24 Sep. 2022
     
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    PURGATORIO CANTO 5 - ANTIPURGATORIO, MORTI PER FORZA (CIOE' UCCISI): JACOPO DEL CASSERO, BONCONTE DA MONTEFELTRO, PIA DE' TOLOMEI
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Dante incontra Bonconte da Montefeltro, sul cui corpo morto il diavolo scatenò inutilmente la sua ira.



    Dante e Virgilio hanno appena lasciato le anime dei pigri nel primo balzo dell'Antipurgatorio, quando arriva un'altra schiera di anime (probabilmente anche loro appartenenti ai pigri), che si accorgono del fatto che Dante è vivo, perchè proietta un'ombra: Dante nota le anime che continuano a indicarlo, ascoltando il loro chiacchiericcio. Virgilio allora gli chiede perché si attarda nell'ascesa, badando alle chiacchiere di quelle anime. Lo esorta a seguirlo senza ascoltare nessuno, come una torre che resta salda nonostante i venti: perché l'uomo che si perde in troppi pensieri non raggiunge l'obiettivo che si è proposto. Dante si vergogna del rimprovero (il suo volto si arrossisce) e segue Virgilio. Intanto, lungo un ripiano roccioso trasversale alla montagna, compaiono un gruppo di anime di persone morte di morte violenta e che si sono pentite prima di morire. Camminando e cantando il Miserere1, vengono incontro ai due poeti. Anche loro si stupiscono del fatto che Dante sia vivo e Virgilio spiega alle anime che si sono avvicinate lo stato di Dante: queste corrono su per il balzo rapidissime, come stelle cadenti nel cielo notturno o lampi al calar del sole, raggiungendo i due poeti, e chiedendo loro la loro intercessione (cioè delle preghiere) per raggiungere presto la salvezza. Virgilio raccomanda a Dante di essere breve, dato il gran numero di anime, e di limitarsi ad ascoltare le loro preghiere, senza però fermarsi. I penitenti seguono Dante e lo esortano a rallentare un poco, invitandolo a guardarli e dire se in vita ha mai visto qualcuno di loro. Essi, spiegano, furono tutti morti "per forza", cioè di morte violenta, e furono peccatori fino all'ultima ora: però si pentirono delle loro colpe e morirono in grazia di Dio. Il problema è che vissero male: quindi, spesso nessuno sulla Terra prega per loro, perchè li credono all'inferno (le preghiere per le anime dannate sono inutili). Dante li osserva a uno a uno, ma non ne riconosce nessuno. Tuttavia, li invita a parlare e, se potrà fare qualcosa per loro, sarà ben lieto di esaudire ogni loro richiesta, in nome di quella pace di cui egli stesso è in cerca.

    JACOPO DEL CASSERO

    Uno degli spiriti, Jacopo del Cassero, chiede a Dante preghiere per lui. Fu membro di una nobile famiglia di Fano (città delle Marche, in riva al mare) e fu un valente uomo d'armi. Ghibellino, combatté contro i Guelfi tra Firenze e Arezzo e fu podestà a Bologna. Si oppose alle mire di Azzo VIII d'Este, signore di Ferrara, che gli giurò vendetta. Fu chiamato come podestà a Milano: temendo un agguato da parte dei sicari di Azzo, andò per mare a Venezia e di lì attraversò il padovano. Ma proprio laggiù (ad Oriago, sul fiume Brenta, che allora era una zona paludosa), fu ucciso dai sicari di Azzo. E' da notare che Jacopo non dice il suo nome a Dante nel poema, perchè la sua storia allora era nota a tutti. Inoltre, Azzo d'Este era già conosciuto allora come una pezza, degno figlio di tanto padre: infatti Dante mise suo padre, il crudele Obizzo d'Este, tra i Violenti contro il prossimo, o Tiranni, immersi nel Flegetonte dal sangue bollente nel Canto XII dell'Inferno. Inoltre, Dante, sempre nel Canto XII dell'Inferno, fa capire che era stato lo stesso Azzo ad ammazzare il padre Obizzo. Insomma, tutti santarellini da quelle parti. Jacopo del Cassero chiede al poeta, se mai capiterà a Fano, di sollecitare presso i suoi parenti preghiere in suo favore.

    BONCONTE DA MONTEFELTRO

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    Il diavolo sfoga vanamente la sua furia sul corpo di Bonconte da Montefeltro.


    Un altro spirito prende la parola, augurando a Dante di raggiungere la sommità del monte e pregandolo di aiutarlo. Si presenta come Bonconte da Montefeltro, un uomo che Dante conosceva bene: capo dei Ghibellini di Arezzo (quindi suo nemico), li guidò alla Battaglia di Campaldino (un pianoro della Toscana) contro i Guelfi di Firenze, tra i quali c'era anche Dante, che combatté a cavallo insieme agli altri: oltre ad essere un poeta, Dante menava anche! La vittoria stavolta fu dalla parte dei Guelfi di Dante: ma il corpo di Bonconte non fu mai trovato, quindi lo si ritenne morto e disperso. Inoltre, siccome era famoso per le sue malvagità, si pensò che la sua anima fosse finita all'Inferno. Invece, Dante incontra il suo vecchio nemico nell'Antipurgatorio. E' da notare, inoltre, che Bonconte era anche figlio di Guido da Montefeltro, che Dante aveva incontrato all'Inferno tra i Consiglieri Fraudolenti, nelle Malebolge (canto XXVII). Dante, quindi, chiede a Bonconte come mai il suo corpo non fu mai ritrovato. L'altro gli risponde che, durante la battaglia, era rimasto mortalmente ferito alla gola e aveva raggiunto a stento un fiume che scorreva lì vicino, l'Archiano, alla cui riva cadde moribondo. Ma, prima di morire, si pentì nominando il nome di Maria. Una volta morto, la sua anima fu presa da un angelo, mentre un diavolo protestava perché, a causa del suo tardivo pentimento, non poteva portarlo all' Inferno. Ma non c'era nulla da fare per lui: per quell'attimo di contrizione, l'anima di Bonconte era salva, e l'angelo la portò via. Il demone, furioso, infierì sul corpo di Bonconte, provocando una terribile tempesta che riempì le acque dell'Archiano, che trascinarono via il corpo di Bonconte fino all'Arno, finendo nel fondale del fiume.

    PIA DE' TOLOMEI

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    Dante e Virgilio incontrano Pia dè Tolomei: Nagai ha preso l'immagine da una famosa litografia di Gustave Dorè.


    Appena Bonconte ha terminato di parlare, prende la parola l'anima di un'altra penitente, che morì di morte violenta: si tratta di Pia dè Tolomei. Anche lei raccomanda preghiere a Dante e le racconta la sua vita in breve: era nata a Siena e morì violentemente in Maremma, come ben sa l'uomo che l'aveva chiesta in sposa e le aveva dato l'anello nuziale. Non è chiaro come sia morta, nè che peccati avesse fatto prima di morire. Si pensa che suo marito (Nello di Inghiramo dei Pannocchieschi, signore di Castel di Pietra e podestà di Volterra e Lucca) la fece scaraventare giù dal balcone del suo castello della Pietra in Maremma (oggi in rovina), da quello che ancora oggi è chiamato «Salto della contessa». Forse lo fece per sposare un'altra donna, o perchè lei lo tradiva. La scena di Pia che incontra Dante è delicatissima: lei prende la parola dopo la grandiosa descrizione di Bonconte sulle potenze infernali: con pochi versi di straordinaria dolcezza, descrive la sua storia, concludendo questo canto:

    "Deh, quando tu sarai tornato al mondo, ("Orsù, quando sarai tornato sulla Terra)
    e riposato de la lunga via", (e ti sarai riposato per il lungo cammino")
    seguitò ‘l terzo spirito al secondo, (proseguì un terzo spirito - cioè la Pia - dopo il secondo - cioè Bonconte da Montefeltro)

    "ricorditi di me, che son la Pia: ("ricordati di me, che sono Pia (de' Tolomei)
    Siena mi fé, disfecemi Maremma: (nacqui a Siena e fui uccisa in Maremma)
    salsi colui che ‘nnanellata pria (lo sa bene colui che, dopo aver ricevuto l'anello nuziale (inanellata, quindi già sposata)

    disposando m’avea con la sua gemma" (mi aveva chiesta in sposa (in seconde nozze) col suo anello nuziale")

    La penitente è meno insistente degli altri: gli ultimi tre versi del Canto sono come un'epigrafe funeraria, con l'indicazione del luogo di nascita e di morte della fanciulla e l'accusa, molto velata e in tono col personaggio, rivolta al marito di averla uccisa, senza alcuna parvenza di rancore o di biasimo. Non conosciamo la causa esatta di questo omicidio, che forse non era nota neppure a Dante, quindi è impossibile dire se Pia con le sue parole volesse protestare la sua innocenza, o scusare il marito per averla assassinata, o ancora esprimere il perdurare del suo amore per lui, nonostante quel che ha fatto. Dante vuole lasciare la cosa nell'indeterminatezza, chiudendo il Canto con questa figura fragile e delicata, che costituisce quasi una pausa al tono concitato dell'intero episodio.

    COMMENTO

    L'episodio di Bonconte da Montefeltro è decisamente più ampio degli altri due che gli fanno da cornice. Il racconto di Bonconte fa da contrasto con quello, simile, di suo padre Guido, nel Canto XXVII dell'Inferno. Anche lì c'è stato il contrasto tra un angelo e un diavolo, ma il risultato fu drammatico per Guido, al contrario di Bonconte. Infatti, Bonconte si era pentito sinceramente, dunque la sua anima era destinata al Purgatorio; invece, il pentimento di Guido non fu sincero, e per questo finì dannato. La salvezza di Bonconte è l'ennesimo caso del fatto che solo Dio può leggere la bontà del pentimento nel cuore dell'uomo e nessuno, quindi, può sapere con certezza quale sarà il destino ultraterreno di qualcuno.

    Se nel canto V dell’Inferno, nel cerchio dei lussuriosi, Dante ci presenta Francesca, nel canto V del Purgatorio compare un'altra donna, Pia de' Tolomei, che però, a differenza di Francesca, presenta la sua persona con grande sintesi e laconicità. Pia fu uccisa di morte violenta come la sua «sorella maggiore» Francesca, ma, a differenza di questa, non si macchiò di infedeltà coniugale, o, se ciò accadde, si pentì all’ultimo momento. Quest’ultima ipotesi giustificherebbe la sua presenza nell’Antipurgatorio tra coloro che si sono pentiti in fin di vita. Nella donna senese emergono raffinatezza, delicatezza e cultura, come nelle figure di Francesca e Beatrice: tre emblemi di cortesia in tre regni differenti, ad indicare che questa virtù, di per sé, non basta alla salvezza. Anima purgante, Pia dè Tolomei non porta rancore al marito e desidera essere ricordata in Terra perché si preghi per lei. È cosciente che la vita è di un Altro che ce la dona. Per questo, nessuno ce ne può privare, se non esercitando un’inaccettabile violenza: ancor più grave, se commessa dal coniuge, che dovrebbe essere garante di protezione e di difesa. Dopo una cantica, e ancora nel canto V, ritorna centrale, quindi, il tema dell’amore, non più adulterino, però, come nell’episodio di Paolo e Francesca, ma questa volta sponsale. Infatti "sponsale", "sposo", "sposa" sono termini che derivano dal verbo latino "spondeo" che significa "promettere". Il sacramento del matrimonio infatti è una promessa che dura tutta la vita, qualunque cosa accada.

    IL DANTE DI NAGAI

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    Il Virgilio giapponese a volte dice delle vere e proprie assurdità... =_=


    Nel manga, Nagai ha saltato la presentazione di Jacopo del Cassero, mentre ha dato spazio soprattutto alla storia di Bonconte da Montefeltro, e una pagina sola a Pia dè Tolomei. Anche qui ci sono delle aggiunte nagaiane che esprimono il punto di vista giapponese:

    Virgilio: Le anime di coloro che si sono resi conto delle proprie colpe scelgono di loro iniziativa di intraprendere il viaggio alla ricerca della via che conduce ad essere liberi dal peccato. Ma non si tratta di starsene passivamente ad aspettare: per trovare la strada della purificazione, occorre impegnarsi.

    Dante: Bisogna trovare da soli il proprio cammino...

    Gli errori qui sono molti:

    - nessuno sceglie di "sua iniziativa" di intraprendere il "viaggio". La salvezza è dono di Dio, non degli sforzi umani; e viene data a chi è disposto ad accettarla. Qui, invece, c'è il concetto dell'uomo che si salva da solo. Questo non ha nulla a che fare col cristianesimo, in cui l'uomo ha sempre bisogno di un Salvatore. Quindi "bisogna trovare da soli il proprio cammino" è un'idea sbagliata: il cammino lo si trova con Dio, non da soli.

    - Non ha senso un "viaggio alla ricerca della via". La via non è cercata, perchè è evidente: tutti sanno che devono attraversare il Purgatorio, quindi non è che abbiano tante altre vie. Ne hanno una sola.

    - "per trovare la strada della purificazione occorre impegnarsi" dice il Virgilio giapponese di Nagai. Come ho già detto, la strada della purificazione è già presente: è quella del Purgatorio. Quindi, non va cercata e bisogna solo percorrerla: e TUTTI la vogliono percorrere, per quanto dolorosa essa sia. Virgilio dice questo per rimprovero alle anime pigre: ma qui c'è poco da "impegnarsi", visto che, per decreto divino, le anime pigre non possono nemmeno entrare nel Purgatorio, fino a che non saranno passati tutti gli anni che hanno trascorso da vivi. Quindi che razza di "impegno" possono fare? Devono solo aspettare, e già questa è una sofferenza. Il Virgilio nagaiano trasforma tutto nella palestra dei Cavalieri dello Zodiaco: una cosa tutta umana, dove Dio non c'entra nulla e bisogna salvarsi da soli. E allora Dio non serve a niente? E' un modo di pensare che non è cristiano.

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    1 Il Miserere ("Abbi pietà") è il Salmo 50, famoso per essere il salmo di chi si pente davanti a Dio dei suoi peccati. Il testo è questo:

    Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà, cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. Le mie colpe io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di Te, contro Te solo ho peccato, quello che è male ai Tuoi occhi io l'ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nei Tuoi giudizi. Ecco, io sono stato generato nella colpa, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma Tu vuoi la sincerità del cuore, e nel segreto mi fai conoscere la sapienza. Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire letizia e gioia, esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli il Tuo sguardo da ogni mio peccato, cancella tutte le mie colpe. Crea in me un cuore puro, o Dio, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla Tua presenza e non privarmi del Tuo santo Spirito. Rendimi la gioia di essere salvato e uno spirito generoso mi sostenga. Insegnerò le Tue vie agli erranti, i peccatori a Te torneranno. Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza, e la mia lingua esalterà la Tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclamerà la Tua lode; poiché il sacrificio Tu non gradisci e, se offro olocausti, non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi. Nel Tuo amore fai grazia a Sion, le mura rialza di Gerusalemme. I sacrifici prescritti allora gradirai, l'olocausto e l'intera oblazione: allora immoleranno vittime sul Tuo altare.

    Questa è la versione italiana: ma le anime la cantano in latino, che allora era la lingua parlata della Chiesa. Quindi diranno: Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam, ecc. La versione cattolica in latino è chiamata Vulgata, o Volgata (da "divulgato, diffuso": è la Bibbia greca tradotta in latino da San Girolamo); mentre quella in greco (anteriore a quella in latino) è chiamata "dei Settanta" (secondo la tradizione, dai settanta traduttori della Bibbia originale dall'ebraico al greco).

    POSTILLA: IL PROBLEMA DELLA NUMERAZIONE DEI SALMI

    Inoltre, ci può essere una confusione per via del fatto che, oggi, il salmo 50 è chiamato salmo 51 (50). La numerazione giusta è 50, cioè il numero tra parentesi, perchè è la numerazione classica della Chiesa cattolica. Ma, attualmente, si segue la numerazione ebraica. Di conseguenza, la numerazione dei Salmi è così: dal Salmo 1 al Salmo 8, le numerazioni ebraica e cattolica sono uguali; il salmo 9, invece, nella versione ebraica è diviso in due salmi: il 9 e il 10. Quindi il salmo 11 diventa 11 (numerazione ebraica) e (10) cattolica tra parentesi. Da qui si ha: Salmo 12 (11), 13 (12), 14 (13), e così via, fino al salmo 147, in cui la numerazione cattolica unisce i salmi originali ebraici 146 e 147: si ha così il Salmo 147, numero ebraico, detto anche (146-147), numero cattolico. In questo modo, le numerazioni dei salmi ebraici e cattolici tornano a coincidere: 148, 149 e 150, l'ultimo salmo (in tutto i salmi sono 150). E' complicato? Sono d'accordo con voi.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-v.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 23/1/2023, 22:36
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    Come le anime dell'inferno chiedevano a Dante di rinfrescare la loro memoria sulla terra, le anime del purgatorio chiedono preghiere per abbreviare la loro permanenza.
    Come ha fatto Dante a sapere del pentimento tardivo dei penitenti di questo canto?
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 24/9/2022, 17:54) 
    Come le anime dell'inferno chiedevano a Dante di rinfrescare la loro memoria sulla terra, le anime del purgatorio chiedono preghiere per abbreviare la loro permanenza. Come ha fatto Dante a sapere del pentimento tardivo dei penitenti di questo canto?

    Ovviamente, Dante non lo poteva sapere: è una sua ipotesi poetica, per esprimere la possibilità del pentimento tardivo. Cosa che può accadere, ma su cui non bisogna contarci tanto, tipo: "faccio quello che voglio, che tanto poi mi pento". Non funziona così: non può essere una cosa programmata, perchè diventa insincera. Infatti, Dante parla anche del pentimento tardivo di Guido da Montefeltro, che era finito all'Inferno perchè non era stato sincero.
     
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