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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: INFERNO, CANTO 5 (lussuriosi)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 17 July 2021
     
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    INFERNO, CANTO 5 - IL SECONDO CERCHIO: I LUSSURIOSI
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Superato Minosse, Dante e Virgilio sono nel Secondo Cerchio, quello dei lussuriosi, che Dante definisce come "coloro che la ragione sottomettono al talento". Significa che queste anime seguirono prima il "talento", cioè il loro sentimento e attrazione per l’altro, poi - non sempre - la ragione. I sentimenti, infatti, sono importanti, ma non possono sopraffare la ragione, qui intesa come "apertura alla realtà". Voler bene all’altro significa volere il bene dell’altro: cioè la sua realizzazione, il suo compimento, il suo destino. Come può essere considerato "amore" un rapporto che non guarda al destino dell'altro? Non c'è nulla di più falso nel dire "basta che ci sia l'amore", se non si cerca il bene dell'altro.

    I lussuriosi vengono trascinati da una bufera che non ha sosta, che simbolizza il vento delle loro passioni che non seppero controllare in vita. Sono più volte paragonati ad uccelli che volano in un’aria cupa e di colore «perso» (cioè scuro). Dapprima, l’intero gruppo di anime è paragonato agli stornelli (uccelli) che sono trascinati "a schiera larga e piena […] di qua, di là, di giù, di sù". Poi, in mezzo a loro, Dante vede i lussuriosi di morte violenta. Tra questi vi sono:

    - Semiramide (regina babilonese che ebbe rapporti incestuosi col figlio. Per far sì che il suo comportamento risultasse "normale" agli occhi della popolazione, promosse una legge, attraverso la quale tutti i sudditi dovevano essere altrettanto lussuriosi come lei. Da qui il famoso verso di Dante: "libito fé licito in sua legge": cioè rese la libidine, e ogni male, cosa lecita e giusta per legge)
    - Elena (provocò la guerra di Troia con l'amore adulterino che aveva con Paride, anche lui tra i lussuriosi; fu impiccata dalla regina di Rodi, Polisso, che voleva vendicare suo marito ucciso a Troia)
    - Didone (regina di Cartagine, che si suicidò per amore di Enea)
    - Cleopatra (regina d'Egitto e amante di Cesare e Marco Antonio; usò la lussuria come mezzo per comandare. Si suicidò con un aspide)
    - Achille (che volle Polissena, la figlia di Priamo, di cui aveva appena ucciso il fratello Ettore; fu ucciso da Paride)
    - Tristano e Isotta (amanti adulteri, muoiono entrambi di dolore l'uno per la perdita dell'altro)

    Tristano-e-Isotta
    Tristano e Isotta


    La prima cosa che si nota è che i personaggi presentati sono stati immortalati dalla grande letteratura, qui accusata, perchè spesso non ha creduto nell’amore vero, che dura nel tempo, considerandolo noioso da raccontare: ha piuttosto presentato il fascino dell’"amore impossibile" o della "storia breve e tragica". Questa letteratura ha fin troppo inciso sulla mentalità comune, con la sua teorizzazione dell’amore impossibile, finendo spesso per complottare contro l’istituto familiare, in cui il rapporto amoroso che porta alla prole, vissuto nella quotidianità, nel dolore e nella gioia, nella sofferenza e nelle soddisfazioni, sembra stancare per la sua (apparente) monotonia e ripetitività.

    Due persone non si amano, se soddisfano solo un reciproco, narcisistico compiacimento sensuale. E' importante imparare a guardare la compagna/il compagno, la fidanzata/il fidanzato, la moglie/il marito col distacco che permette di vedere l’altro per quello che è, diverso da noi, diverso dalle nostre pretese e soprattutto con una sua strada, un suo destino da realizzare.

    La cultura di oggi presenta la sessualità come uno dei piaceri da soddisfare, uguale agli altri. Questa considerazione materialista fa vedere l'uomo alla stregua di un animale. Tutta la cultura di oggi, positivista, scientista, darwiniana, da un secolo e mezzo dice e fa credere che tra noi e le scimmie non esiste in realtà alcuna differenza, se non per il fatto che noi siamo semplicemente più avanti nella linea evolutiva.

    Per addentrarci veramente nel sentimento che unisce un uomo e una donna, bisogna capire il mistero dell’uomo, che non può essere ridotto alla sola materia. Nella tradizione cristiana, l’uomo è anima e corpo: componenti non separate, ma unite in una reciproca relazione. Nell’ambito dell’affettività, come del resto in tutte le sfere dell’umana natura, non può emergere solo la componente dell’istintività e dell’impulso.

    Un vero rapporto affettivo, amoroso, può essere vissuto solo se si rispettano tutti gli aspetti dell’uomo, non solo quello fisico e passionale. Questa apertura a tutti i fattori della realtà viene chiamata ragione. La mano che strappa il fiore per possederlo lo costringe al rapido inaridimento; ma colui che fa un passo indietro, può osservare il fiore per intero e rimanere stupito, contemplando la sua bellezza. Chi capirà meglio il fiore: chi l’ha reciso o chi l’ha ammirato? Chi amerà meglio la propria ragazza, chi saprà aspettare e si meraviglierà per un amore che cresce e sa manifestarsi in diverse forme di affettività, o chi pretenderà di possedere l’altro, prima ancora di essersi promesso, di aver fatto sacrifici per l’altro?

    INFERNO, CANTO 5 - IL SECONDO CERCHIO: PAOLO E FRANCESCA

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    In mezzo a queste anime, Dante vorrebbe parlare con

    "due che 'nsieme vanno,
    e paion sì al vento esser leggeri"
    .

    Sono Paolo (Paolo Malatesta di Rimini) e Francesca (Francesca da Polenta di Ravenna), due cognati. Paolo fu mandato come intermediario del matrimonio tra il brutto e zoppo fratello Gianciotto e la bella e affascinante Francesca. Il loro matrimonio avrebbe sancito la definitiva conclusione delle guerre e dei contrasti tra Ravenna e Rimini. Francesca non dimenticò, però, Paolo: i due si amarono, finché non vennero colti di sorpresa da Gianciotto e uccisi da lui. Francesca è la sola che parla e racconta la sua storia a Dante: aggiunge anche che la Caina, la zona del IX Cerchio dove sono puniti i traditori dei parenti, attende Gianciotto, il loro uccisore: quindi anche Gianciotto, il loro assassino, finirà tra i dannati, e non solo loro due. Francesca si mostra come una donna raffinata, bella, affabile, che ha eleganza e toni cortesi, quasi stilnovistici: è solo lei a parlare, mentre l'altro, Paolo, tace e piange. Con la sua eleganza, Francesca somiglia a Beatrice, ma è una Beatrice alla rovescia: se la prima accompagnerà Dante in Paradiso, questa seconda Beatrice ha portato se stessa e l’amato all’Inferno. Sentiamo l’eleganza con cui si presenta a Dante:

    "O animal grazïoso e benigno (o uomo pieno di cortesia e di benevolenza)
    che visitando vai per l'aere perso
    noi che tignemmo il mondo di sanguigno,
    se fosse amico il re de l'universo,
    noi pregheremmo lui de la tua pace,
    poi c'hai pietà del nostro mal perverso."


    Colta e ispirata a toni poetici, Francesca è cosciente che l’amore può risiedere solo in un cuore "gentile", cioè buono ("Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende"), e che all’amore si dovrebbe rispondere con l’amore ("Amor, ch'a nullo amato amar perdona"). Fu la bellezza del corpo ad accendere la fiamma tra di loro. Dante vuole sapere come sia stato possibile che un sentimento così nobile, così alto, così bello come quello amoroso possa essere diventato male, peccato. Qual è stato il punto, il momento in cui i due cognati hanno svelato i loro reciproci sentimenti compiendo il male? Alla domanda di Dante "A che e come concedette amore che voi conosceste i dubbiosi disiri", Francesca ricorda, dapprima, che non c’è dolore più grande che ricordarsi dei tempi felici quando si è infelici. Poi aggiunge:

    "Noi leggiavamo un giorno per diletto
    di Lancialotto come amor lo strinse;
    soli eravamo e sanza alcun sospetto.
    […] ma solo un punto fu quel che ci vinse.
    Quando leggemmo il disiato riso
    esser basciato da cotanto amante,
    questi, che mai da me non fia diviso,
    la bocca mi basciò tutto tremante.
    Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse."


    Nel leggere la storia di Lancillotto e Ginevra, i due amanti adulterini, Paolo e Francesca hanno desiderato, alla fine, in un attimo, di imitarli. In un istante si gioca la libertà della persona. Un istante può valere una vita, la salvezza o la dannazione. È segno di maggiore libertà vivere l’istante per l’istante (cogliere l'attimo, "carpe diem"), cioè scegliere nell’istante in nome del proprio piacere e della propria soddisfazione, oppure decidere tenendo conto della propria strada, del proprio destino, di tutte le componenti e i fattori coinvolti? È più libero un padre di famiglia che si lascia andare all’istinto del momento e tradisce così la moglie (e, quindi, i figli), rompendo così la fedeltà alla consorte e sfasciando magari il nucleo familiare, oppure un padre che, memore dell’amore che prova e della promessa fatta, sceglie per il bene proprio e dei suoi cari? Ovviamente lo stesso discorso vale per le mogli e le madri.

    Fatto salvo che la responsabilità del peccato è personale, perché ogni uomo è libero di scegliere, ancora una volta, in conclusione del canto V, Dante chiama sul banco degli imputati la letteratura e, quindi, gli scrittori. La storia adulterina di Lancillotto e Ginevra, scritta, tra gli altri, dal grande Chretien de Troyes, e letta da Paolo e Francesca, è di soave delicatezza e dai toni cortesi e galanti. Eppure, Dante riconosce che anche un testo letterario dall'aspetto nobile può avere un peso determinante nelle vicende di chi lo legge. Lo scrittore ha una responsabilità incredibile. Di solito, a scuola e in famiglia si spronano i ragazzi a leggere, a vedere film, a socializzare. Invece, si dovrebbe pensare cosa leggere, cosa vedere, chi frequentare. Lettura, amicizie, film, televisione, internet ci formano e ci educano. Un discernimento è necessario per vivere serenamente.

    Lo stesso si può dire dei manga, che oggi vanno per la maggiore. Anche se riconosco la qualità dei manga e anime, ne riconosco anche i lati negativi. Infatti, tra queste opere ce ne sono di talmente perverse quali non ho mai viste in tutta la mia vita: pedofilia, incesto, confusione sessuale, scene esplicite al massimo, azioni malvagie spacciate per buone, consacrazioni ed esaltazioni al demonio e mille altre cose simili. Bisogna stare sempre attenti a quello che si legge.

    La pietà provata da Dante verso Paolo e Francesca non è dunque una "generica compassione", né una riabilitazione del loro amore clandestino: è piuttosto il turbamento angoscioso di uno scrittore che prende coscienza della pericolosità della letteratura, anche popolare, che insegna modelli sbagliati.

    Il canto V dell’Inferno si conclude con lo svenimento di Dante, escamotage narrativo utilizzato dal poeta nei primi cerchi per evitare di dover descrivere il passaggio da un cerchio all’altro.

    LA VERSIONE DI NAGAI

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    Il Ganciotto di Nagai è particolarmente ripugnante.


    Tutte le dannate lussuriose sono mostrate nude da Nagai, come al solito. Inoltre, Virgilio nel manga dice a Dante che può rivolgersi a Paolo e Francesca "parlando col suo cuore", in pratica con la telepatia. Ma, nel poema, Dante parla direttamente a loro usando la bocca, non c'è nessuna telepatia. Qui Nagai richiama ancora la visione orientale, in cui la carne non è salvata, mentre lo spirito sì, passando attraverso le varie trasmigrazioni o reincarnazioni. Invece, nella visione cristiana anche la carne segue l'anima. Di conseguenza, sia Paolo e Francesca, che Dante parlano tra di loro usando la bocca, un elemento che appartiene al corpo e alla carne, sottolineando il destino della carne e dell'anima insieme.

    Inoltre, nel manga, Paolo si presenta, mentre, invece, nel poema sta zitto e piange per tutto il tempo. Nel racconto di Francesca nel manga, non si fa cenno dei due che leggono la storia di Lancillotto e Ginevra, nè c'è il famoso termine "galeotto fu il libro e chi lo scrisse" curiosamente tagliato da Nagai, che di roba "galeotta" ne ha fatta parecchia. Parla solo dell'amore adulterino tra Paolo e Francesca, cercando implicitamente di giustificarlo. Anzi, Dante, nel manga (non nel poema, ovviamente), durante il suo svenimento, sogna Beatrice nuda (un'ossessione per Nagai), chiedendole perchè Paolo e Francesca avrebbero peccato. Beatrice non risponde: Nagai fa vedere le sue forme in vignette varie, e se ne va senza dire nulla.

    Non si cerca neanche di spiegare perchè hanno fatto quella fine, facendo apparire due adulteri come "due vittime che hanno solo seguito l'amore". Senza mai badare al fatto che Francesca aveva fatto un impegno solenne (che poteva anche non fare) di sposare Gianciotto davanti a Dio, agli uomini e a Gianciotto stesso, e persino davanti a Paolo. Non mantenere l'impegno è segno di leggerezza, doppiezza, disinteresse per il destino dell'altro: infatti, Francesca non cerca di resistere a Paolo, lasciando così che lui faccia quella fine. E lo stesso fa Paolo. E' quell'amore egoista, che non usa la ragione e che non porta alla realizzazione nè di se stessi nè dell'altro. E così, tutti e tre finiscono male: Francesca, Paolo e Gianciotto. E' il risultato di un amore sbagliato, che non vede la realtà, nè ciò che è giusto e ciò che non lo è.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-v.html
    Bussola Quotidiana, Giovanni Fighera

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI

    Edited by joe 7 - 27/11/2021, 18:18
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    Bellissima analisi, per non parlare delle cose giuste che vi sono scritte.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 17/7/2021, 15:53) 
    Bellissima analisi, per non parlare delle cose giuste che vi sono scritte.

    Ti ringrazio. ^_^
     
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