INFERNO, CANTO 27 - OTTAVO CERCHIO O MALEBOLGE
OTTAVA BOLGIA: CONSIGLIERI FRAUDOLENTI - GUIDO DA MONTEFELTRO(primo post: qui; precedente post: qui)
Il diavolo discute con San Francesco e alla fine prende con sè l'anima di Guido da Montefeltro.
Siamo ancora all'
Ottavo Cerchio dell'Inferno, quello dei
Fraudolenti, più precisamente nell'
Ottava Bolgia (o fossa), riservata ai
Consiglieri Fraudolenti: Dante ha appena ascoltato la confessione di
Ulisse. La sua fiamma ora è ormai dritta e quieta, poiché il dannato ha smesso di parlare e si allontana col permesso di Virgilio. Un'altra fiamma, però, viene dietro di essa ed emette un suono confuso, facendo voltare i due poeti. Come il bue di rame, che il tiranno Falaride fece costruire a Perillo, muggì per la prima volta martirizzando il suo costruttore, così da sembrare vivo anziché di rame
1, così la fiamma emette il suono della voce che all'inizio non trova spazio per uscire. Alla fine, la voce esce e la fiamma inizia a guizzare, per cui il dannato si rivolge a Virgilio chiamandolo "colui che ha parlato in italiano" ad Ulisse e lo prega di trattenersi un poco a parlare con lui, che ne ha un forte desiderio: si chiama
Guido da Montefeltro.
GUIDO DA MONTEFELTROSignore di Urbino, Guido Da Montefeltro fu il capo dei Ghibellini di Romagna e di Toscana: strenuo avversario del Papato e del potere temporale della Chiesa, fece delle stragi contro la milizia francese e pontificia nella battaglia di Forlì. Noto col soprannome di "volpe", fu scomunicato due volte e due volte riammesso nella Chiesa. Si convertì, si fece frate e morì ad Assisi. Dante addirittura lo elogiò nel
Convivio. Ma nella
Divina Commedia Dante mostra un risultato contrario: infatti, Guido, dopo la sua conversione, fu convocato da Papa Bonifacio VIII per sapere da lui come espugnare la città di Palestrina, che era la roccaforte dei suoi nemici, i Colonna
2.
Quindi gli chiedeva un consiglio fraudolento, che Guido da Montefeltro eseguì, rassicurato del fatto che il papa lo assolse subito dopo nella Confessione. Ma un utilizzo così ridicolo e blasfemo della Confessione non porta al perdono di Cristo, ma alla Sua condanna, sia verso il confessato che verso il confessore. Le confessioni sacrileghe come questa - vera o falsa che sia stata - sono peccati mortali, che portano all'Inferno sia il confessore che la persona che si confessa. La Confessione è una cosa seria, non una buffonata: se può portarti in Paradiso col perdono, può portarti all'Inferno se fatta male, con cattiva intenzione, come nel caso del Montefeltro e di Papa Bonifacio VIII. Dante ristabilisce la verità mostrandoci la condizione delle anime dopo la morte e sottolineando che nella partita della salvezza non contano gli atti esteriori o la fama, ma solo il reale pentimento nel cuore dell'uomo che solamente Dio può conoscere nella sua verità.
TORNIAMO AL POEMADante, su richiesta del dannato, riassume la situazione politica della Romagna, dominata da una miriade di potentati sempre in lotta tra loro con intrighi e violenze. Guido racconta che, al momento della sua morte, San Francesco era venuto ad accogliere l’anima del suo seguace, ma la dovette contendere col
"nero cherubino", ossia un diavolo, che nella sua condizione precedente era stato appunto un cherubino, gerarchia angelica caratterizzata dalla sapienza in sommo grado. Il diavolo affermò il suo diritto sull’anima di Guido, perché, se è vero che non si può assolvere chi non si pente, è anche vero che non ci si può pentire e nello stesso tempo fare il peccato, come ha fatto il Guido da Montefeltro. Non ha senso, cioè, fare un peccato per poi "lavarsene" con la Confessione: manca il pentimento, e la Confessione non solo non è valida, ma è sacrilega, perchè è stata messa nel conto dell'azione malvagia. La logica del diavolo è inattaccabile e San Francesco lascia a lui l'anima del Montefeltro, che non si era mai pentito di quell'atto.
Il modo di pensare del calcolatore Guido non si smentisce neppure dopo la morte, nella nuova condizione di dannato: infatti dice apertamente a Dante che si ferma a parlare con lui perché pensa che sia un dannato come lui, quindi non potrà riferire della sua dannazione sulla Terra gettando infamia sul suo nome. Invece, il dannato aveva incontrato proprio un viandante che, per un eccezionale destino, tornerà sulla Terra e potrà dire tutto. Al termine del suo racconto, il dannato si allontana, agitando la punta aguzza. Dante e Virgilio passano oltre, percorrendo il ponte fino alla Bolgia successiva, la Nona, dove sono puniti i seminatori di discordie.
VERSIONE DI NAGAINel manga di Nagai non compare Guido da Montefeltro, anche perchè la sua storia, che riguarda una cattiva confessione, non è facilmente comprensibile per un orientale che non conosce la religione cristiana. Lo stesso concetto di "confessione" non è ben compreso in genere in Giappone. Per fare un esempio, nel manga di Rumiko Takahashi
"One Pound Gospel" ("Una libbra di Vangelo"), abbiamo una suora che deve ancora prendere i voti, Suor Angela, che assolve nella confessione un non credente, il pugile Kosaku Hatanaka. Già qui risaltano dei gravi errori che mostrano l'ignoranza dell'autrice, vera o presunta che sia, su questo argomento. Infatti, una suora (che non ha ancora preso i voti, tra l'altro: quindi, una novizia) non può confessare. L'assoluzione la danno solo i sacerdoti. Inoltre, non si può far confessare chi non si è battezzato, come Hatanaka, che quindi non è cristiano. Solo i battezzati possono confessarsi.
BIBLIOGRAFIAhttps://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-xxvii.html---------------------------------------------
1 Falaride, tiranno di Agrigento (circa 500 avanti Cristo), fece costruire all'artigiano
Perillo un bue di rame, dentro il quale venivano posti i condannati a morte: sotto il bue accendevano il fuoco e i disgraziati all'interno urlavano di dolore, arrostiti vivi, producendo una specie di mugolio all'esterno che sembrava appunto il muggito di un bue. Falaride avrebbe sperimentato l'invenzione sullo stesso Perillo (dall'opera
Tristia "Tristezze" del poeta latino Publio Ovidio Nasone). I Romani usarono questo strumento di tortura per uccidere alcuni martiri cristiani, in particolare sant'Eustachio e sant'Antipa, vescovo di Pergamo. Anche di Santa Pelagia di Tarso si narra sia stata fatta seppellire in un toro di Falaride nel 287 dall'imperatore Diocleziano.
2 I
Colonna erano Ghibellini, cioè contrari all'autorità del Papa e favorevoli all'autorità dell'Impero sopra quella papale, quasi come i Protestanti. La città di Palestrina, originariamente papale e concessa per un certo tempo ai Colonna, divenne una roccaforte ghibellina vicina a Roma, sempre pronta a fare un colpo di Stato ed espugnare il trono papale a favore di un Papato sottomesso all'Impero. Lo scontro tra le forze papali e quelle dei Colonna si tramutò in una crisi internazionale, in cui fu coinvolto anche il Re di Francia, Filippo il Bello, favorevole ovviamente ai Ghibellini. La crisi si trasformò in una guerra feroce che comportò la distruzione di Palestrina, poi ricostruita. Ma i Colonna si vendicarono, oltraggiando papa Bonifacio VIII nel celebre Schiaffo di Anagni, che portò alla crisi del Papato e alla sua deportazione forzata ad Avignone, con la lunga cattività avignonese (70 anni), in cui i vari Papi residenti ad Avignone furono in pratica i vassalli dei Re di Francia, vidimando ed approvando ogni loro decisione, compresa quella infamante di Filippo il Bello della soppressione dei Templari e la confisca di tutti i loro beni a favore di Re Filippo.
(Continua qui)QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTEEdited by joe 7 - 30/4/2022, 16:32
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