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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 6

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 1 Oct. 2022
     
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    PURGATORIO CANTO 6 - ANTIPURGATORIO, MORTI PER FORZA: SORDELLO.

    INVETTIVA DI DANTE CONTRO L'ITALIA.

    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Il mantovano Virgilio incontra il mantovano Sordello: incontro tra compatrioti.


    Siamo sempre nell'Antipurgatorio: Dante, per spiegare la sua situazione in mezzo alle anime che, affollate accanto a lui, gli chiedevano preghiere per accelerare il loro passaggio al Purgatorio, usa la similitudine del vincitore del gioco della "zara" (i dadi, in pratica). Infatti, se il perdente resta solo e ripensa alla sua sconfitta, tutti gli altri invece si affollano attorno al vincitore, attirando la sua attenzione. E il vincitore non ferma il suo cammino, ma si difende dalla calca dando retta a tutti e porgendo qualche moneta all'uno o all'altro. Lo stesso fa il poeta, attorniato dalle anime dei morti per forza, rivolgendosi ora a questo ora a quello, e si allontana promettendo preghiere e intercessioni.

    GHINO DI TACCO E L'ARETINO

    Tra le anime c'è quella dell'Aretino, (da non confondere con lo scrittore Pietro Aretino, che visse dopo Dante) un giudice che fu ucciso dal criminale Ghino di Tacco. L'Aretino era un giudice senese (il suo vero nome era Benincasa da Laterina) e aveva condannato a morte la banda di briganti di Ghino di Tacco, composta da lui, suo fratello, suo zio e il padre (famiglia di criminali, quindi). Ma Ghino di Tacco e il fratello furono risparmiati per la loro giovane età. Tuttavia, qualche anno dopo, Ghino di Tacco, che aveva ripreso le sue attività criminali, si recò a Roma alla ricerca del giudice per vendicarsi. L'Aretino era diventato un importante giudice della corte dello Stato Pontificio: ma Ghino di Tacco, al comando di quattrocento uomini e armato di una picca, entrò nel tribunale papale nel Campidoglio e decapitò il giudice, infilandone poi la testa sulla picca che portò nel suo rifugio segreto, la rocca di Radicofani, dove a lungo ne espose lo scalpo appeso al torrione.

    Ghino-di-Tacco
    Statua di Ghino di Tacco a Radicofani, in Toscana. Anche se oggi è esaltato come "ladro gentiluomo", fu in realtà uno spietato bandito.


    ALTRI MORTI PER FORZA A CAUSA DELLE FAIDE ITALIANE

    Altre anime si rivolgono a Dante, tra queste:
    - Guccio de' Tarlati signore di Pietramala, che morì annegato nella battaglia di Campaldino tra Guelfi e Ghibellini;
    - Federico Novello, della nobile famiglia dei Guidi, ucciso dai Guelfi;
    - Gano degli Scornigiani (il nome non è pronunciato nel poema): nobile italiano, fu fatto uccidere dal Conte Ugolino, lo stesso citato all'Inferno, durante la lotta per il predominio di Pisa. Dante non fa il nome di Gano, però lo definisce come "quel da Pisa / che fé parer lo buon Marzucco forte", cioè: "il pisano che fece sembrare forte il padre Marzucco". Infatti, il padre di Gano, che si chiamava Marzucco, al funerale del figlio non versò lacrime e, senza ira, esortò i parenti a non vendicarne l'uccisione.
    - Conte Orso degli Alberti, ucciso dal cugino Alberto. E' da notare che il padre di Orso, Napoleone, e il padre di Aberto, Alessandro, sono stati messi da Dante nell'Inferno dei traditori (canto XXXII).
    - Pierre de la Brosse, medico personale del re francese Filippo III; accusò Maria di Brabante, seconda moglie del re, di aver avvelenato il figliastro. Ma Maria riuscì a screditare Pierre e a farlo impiccare. Per questo Pierre nel poema avvisa che Maria rischia di finire tra i dannati.

    A causa di tutti questi morti dovuti alle faide italiane, in questo canto Dante farà una lunghissima invettiva, la più lunga del Poema, contro l'Italia allo sbando e senza una guida.

    LA PREGHIERA DI INTERCESSIONE

    Non appena Dante riesce a liberarsi dalle anime che lo pressano, si rivolge a Virgilio e gli ricorda come il poeta mantovano, in alcuni suoi versi, avesse negato alla preghiera il potere di piegare un decreto divino. Dante quindi si chiede se le preghiere per i defunti siano davvero efficaci. Ma Virgilio risponde che i suoi versi si riferivano alle divinità pagane, e la speranza delle anime del Purgatorio è ben riposta. Inoltre, esorta Dante ad attendere più profonde spiegazioni da parte di Beatrice, che incontrerà alla fine del Purgatorio e gli illuminerà la sua mente. A questo punto, Dante, rinfrancato, invita il maestro ad affrettare il passo, essendo molto meno stanco di prima e osservando che ora è pomeriggio. Virgilio dice che procederanno sino alla sera; poi indica a Dante un'anima che se ne sta in disparte e guarda verso di loro: potrà indicare loro la via più rapida per salire.

    189a
    Nagai presenta Beatrice, già comparsa prima all'inizio dell'Inferno, perchè è stata citata nella spiegazione di Virgilio. La rappresenta con una corona di alloro e con gli occhi chiusi. Quello che stona è lo spacco davanti del vestito e la spalla sinistra che sembra nuda...


    SORDELLO

    Raggiungono quell'anima che sta con atteggiamento altero: non dice nulla e lascia che i due poeti si avvicinino, guardandoli come un leone in attesa. Virgilio si avvicina a lui e lo prega di indicargli il cammino migliore per salire, ma questi non risponde alla domanda e gli chiede chi siano e da dove vengano. Virgilio non fa in tempo a dire "Mantova..." che subito l'anima va ad abbracciarlo e si presenta come il poeta Sordello1, originario della sua stessa terra. La replica che Virgilio aveva fatto a Sordello iniziando con "Mantova" è un richiamo all'epigrafe sulla lapide di Virgilio, che, secondo la tradizione, lui volle posta sulla sua tomba: "Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope" ovvero: "Mantova mi generò, mi ha strappato alla vita il Salento, ora Napoli conserva il mio corpo". L’affetto che muove Sordello a stringere tra le braccia il conterraneo non è dovuto a un’amicizia personale, ma al dolce suono della sua Terra. Questo legame dovrebbe unire tutti gli abitanti dell’Italia, dice Dante, che invece sono da tempo in perenne lotta tra di loro. Da qui scatta l'ira di Dante contro l'Italia.

    L'INVETTIVA DI DANTE

    Infatti, Dante a questo punto prorompe in una violenta invettiva contro l'Italia, con questi versi famosi:

    Ahi serva Italia, di dolore ostello, (Ahimè, Italia schiava, sede del dolore)
    nave sanza nocchiere in gran tempesta, (nave senza timoniere in una gran tempesta)
    non donna di province, ma bordello! (non più signora delle province, ma bordello!)

    L’Italia non si presenta come una donna raffinata, ma addirittura come luogo di prostituzione, ricettacolo di sofferenza e di dolore. L'anima di Sordello, continua Dante, ha salutato Virgilio solo perché ha saputo che lui è della sua stessa terra; gli italiani invece si fanno guerra tra di loro anche se vivono nello stesso Comune. Non c'è parte dell'Italia che goda la pace. A che è servito che Giustiniano2 ordinasse le sue leggi, se poi non c'è stato nessuno a metterle in pratica? Gli Italiani dovrebbero permettere all'Imperatore di Germania Alberto I d'Asburgo3 di governarli, invece di lasciare che il loro paese vada in rovina, affidato a gente incapace, sempre in lotta tra di loro. Però Dante accusa anche l'Imperatore stesso, dicendogli di aver abbandonato l'Italia, "il giardino dell'Impero", alle sue guerre interne. Infatti, Dante vede l'Imperatore come il successore dell'Impero Romano di Cesare e Augusto. Dante poi si rivolge a Giove, cioè a Cristo, crocifisso in Terra per noi, e gli chiede se rivolge altrove lo sguardo, oppure se prepara per l'Italia un destino migliore di cui non si sa ancora nulla. E conclude accusando la sua città, Firenze, che muta le sue leggi dall'oggi al domani per convenienza.

    COMMENTO

    Se nel Canto VI dell'Inferno Dante parla di Firenze, in questo VI Canto del Purgatorio parla invece dell'Italia; e più avanti, nel VI Canto del Paradiso, in un crescendo di parallelismo, parlerà dell'Impero. Dante dice in sostanza che la causa principale delle lotte interne in Italia sono dovute all'assenza di un potere centrale, cioè l'Impero: è l'Imperatore che dovrebbe regnare a Roma, Caput Mundi, e assicurare pace e giustizia agli Italiani e al mondo intero. Per Dante, la necessità dell’Impero è giustificata dal fatto che l’unità imperiale permette la pace che è, a sua volta, la condizione indispensabile perché ciascun uomo possa perseguire il fine della vita umana, la felicità. In pratica, l’Impero appare come strumento dell’uomo e della persona, non certo il fine. Cioè, l'Impero è fatto per l'uomo e non l'uomo per l'Impero, come invece sostengono tanti, persino il presidente Kennedy, con la sua assurda frase: "Non chiederti cosa può fare il Paese per te: chiediti piuttosto cosa puoi fare tu per il Paese", presentando così il cittadino come servo del Paese-Impero, mentre invece dovrebbe essere il contrario. Se non si mette l'uomo al centro di un Impero o di un Paese, questo diventa per forza tirannide, perchè al suo centro ci sarà l'Impero o il Paese.

    Dante insiste sul fatto che due sono i fini della vita umana: la felicità su questa terra e la beatitudine nell’altro mondo, ovvero la felicità per sempre. In questo contesto, Dante sottolinea l’importanza della presenza di un’autorità morale e religiosa cui fare riferimento, da lui identificata nel Papato (a patto che si comporti come tale). Quindi, l'unità territoriale in una realtà politica unica e il riferimento morale appaiono come la possibilità di garanzia di una condizione che permetta la crescita dell’uomo. Dante non intende certo proporre una realtà politica su basi teocratiche, ma vuole evidenziare la necessità della divisione tra potere temporale e potere spirituale, il primo gestito dall’autorità imperiale - purché sia giusta - e il secondo affidato alla Chiesa - purché sia giusta.

    ELOGIO DELL'ITALIA E DEGLI ITALIANI

    Italia
    Anche se è strano a dirsi, bisogna essere fieri di essere italiani.


    Dostoevskij, scrittore e filosofo russo, scriveva nel lontano 1877: "L’Italia porta con sé da duemila anni un’idea di grandezza reale, organica: un'idea generale dei popoli del mondo, che fu di Roma e poi dei Papi. Il popolo italiano si sente depositario di un’idea universale e chi non lo sa non lo intuisce. L’arte e la scienza italiana sono piene di quell'idea grande". L'Italia e gli Italiani agiscono - anche senza rendersene conto - per tutto il mondo, non solo per il loro Paese, e sono i soli a farlo. Ne era ben cosciente Solov’ev, filosofo russo, che nel 1895 scriveva: "Fra tutti i popoli europei, il primo che raggiunse un’autocoscienza nazionale fu l’Italia. (ndr: la realtà italiana come Stato, infatti non esisteva ancora all’epoca di Dante: ma l'Italia era già di per sè un popolo, con una sua storia, una sua cultura, una sua tradizione e una sua lingua ufficiale. Cosa che non si può dire delle altre nazioni). I creatori dell’autentica grandezza dell’Italia erano senza dubbio veri patrioti e conferivano un valore altissimo alla propria patria […]. Essi non ritenevano conforme a verità e bellezza affermare se stessi e la propria nazionalità, ma si affermavano direttamente nel vero e nel bello. […] Le opere d’arte italiane glorificavano l’Italia perché sono pregevoli in se stesse, pregevoli per tutti". Cioè erano per tutti: Michelangelo, Raffaello, Leopardi, erano per tutto il mondo, non solo per l'Italia. Erede dello spirito della classicità greco-romana, il popolo italiano divenne sempre più creativo nelle arti, nella letteratura, nelle opere sociali e caritative all’interno di quella grande eredità cristiana a cui si è ispirato durante i secoli. La peculiarità dell’Italia risiede nella sua universalità. A parte gli strali scagliati contro la corruzione e l'inadeguatezza dei potenti, non pochi sono gli entusiasmi che anche Dante mostra nelle sue opere nei confronti della sua terra, "il bel paese dove il sì suona", "il bel giardino d’Europa". L’Italia c’era ancora prima di Dante, quando nel 1224 San Francesco d’Assisi scriveva quel "Cantico delle creature" che avrebbe poi rappresentato l’inizio della letteratura italiana.

    IL DANTE DI NAGAI

    Virgilio incontra Sordello anche nel manga; l'invettiva di Dante contro l'Italia è stata saltata (non è un argomento facile da trattare, in effetti). I dubbi di Dante sulla preghiera di intercessione sono espressi anche nel manga in modo abbastanza fedele, con variazioni di poco conto. Inoltre, Dante si comporta da personaggio dei manga quando si entusiasma appena sente parlare di Beatrice, e fa un certo effetto vedere Dante coi lucciconi agli occhi che sorride e con la tipica bocca triangolare, come i personaggi manga. Qui sembra che a Dante, più che alla salvezza dell'anima, interessi piuttosto vedere la bella (e bona?) Beatrice, travisando tutto il senso del poema.

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    Il Dante assurdo di Nagai.


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    1 Sordello da Goito: fu il più celebre trovatore italiano (un trovatore era un poeta e musicista). Il suo componimento più famoso, fu il Compianto in morte di Ser Blacatz (1236), una satira-invettiva, in cui passa in rassegna i maggiori personaggi politici del tempo, biasimandone la codardia e invitandoli a cibarsi del cuore di Blacatz, per acquistarne la virtù e il coraggio. A Mantova gli è stata dedicata una delle piazze più importanti della città.

    2 Giustiniano: Imperatore Romano d'Oriente vissuto nel VI secolo (quindi dopo la caduta di Roma e delle sue leggi). E' diventato famoso per aver fondato un insieme di leggi che rimasero valide per tutto il Medioevo, chiamato Corpus Iuris Civilis, cioè "L'Insieme dei Diritti Civili".

    3 Alberto I d'Asburgo: Sovrano di Germania, fu ad un passo dall'ottenere l'unificazione dell'Europa Centrale ai tempi di Dante.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-vi.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 8/10/2022, 16:16
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    L'abbraccio fra Virgilio e Sordello é una delle poche scene che ricordo del Purgatorio.
    Anche oggi l'Italia é allo sbando per gli stessi motivi elencati nel poema: le cose non sono cambiate in sette secoli.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 1/10/2022, 15:20) 
    L'abbraccio fra Virgilio e Sordello é una delle poche scene che ricordo del Purgatorio.
    Anche oggi l'Italia é allo sbando per gli stessi motivi elencati nel poema: le cose non sono cambiate in sette secoli.

    Non soltanto l'Italia, secondo me: ma questo sarebbe un discorso troppo lungo. Diciamo che hai ragione: e un pò mi aspettavo che questo pensiero di Dante sull'Italia sarebbe stato commentato...
     
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