Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 4

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 10 June 2023
     
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    PARADISO CANTO 4 - PRIMO CIELO DELLA LUNA - I DUBBI DI DANTE
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    beatrice-dante
    Dante e Beatrice salgono sempre più in alto ("excelsior", in latino).


    I DUBBI DI DANTE

    Dante ha due dubbi e non sa quale esprimere per primo, come fa un uomo fra due cibi ugualmente distanti e piacevoli, o come fa un agnello tra due lupi, o come fa un cane da caccia fra due daini (sono tutti esempi che fa Dante).1 Quindi per ora tace, e questo comportamento non è nè da biasimare né da lodare. Il desiderio di Dante traspare comunque dal suo viso, per cui Beatrice capisce subito i pensieri di Dante e si comporta come Daniele, quando indovinò e interpretò il sogno del re Nabucodonosor, placando la sua ira.2 La donna dice di sapere quali sono i due dubbi di Dante, che lo bloccano entrambi. In sintesi, eccoli qua:

    1) Che colpa aveva Piccarda Donati, se era stata costretta ad abbandonare il chiostro? Perchè lei sarebbe indicata come "spirito inadempiente", cioè che non ha rispettato i voti, se è stata costretta a non rispettarli? In sostanza, perchè si parla di "inadempienza del voto", quando essa è causata dalla violenza altrui?

    2) Piccarda Donati si trova nel Cielo della Luna. Allora aveva ragione Platone, quando, nel suo libro "Timeo e Crizia"3, dice che le anime, quando muoiono, diventano delle stelle?

    Beatrice si propone di risolverli entrambi, cominciando però dal secondo, perchè è il più pericoloso sul piano della fede.

    BEATRICE CONTRO PLATONE

    Beatrice2
    Beatrice e Platone


    Per prima cosa, Beatrice spiega che tutti gli angeli e tutti i beati sono nell'Empireo, il cielo più alto, davanti a Dio: così pure Piccarda Donati, e così pure anche il serafino più vicino a Dio, oppure Mosè, o Samuele, o Giovanni Battista o Evangelista, e pure la stessa Vergine Maria. Tutti quanti, insomma, hanno la loro sede nel Cielo più alto: è la loro beatitudine che varia di intensità, proprio come lo sono i bicchieri più piccoli rispetto a quelli più grandi: ma sono ugualmente pieni allo stesso modo, sia i piccoli che i grandi, come ha spiegato bene Piccarda Donati. Lei, e tutti gli altri spiriti difettivi, si sono mostrati a Dante nel Primo Cielo della Luna non perché confinati in esso, ma solo per manifestare il loro "minor grado di felicità", anche se non è una definizione esatta, perchè implicherebbe una mancanza che invece non c'è. Ma bisogna parlare in questo modo all'intelletto umano, che apprende le nozioni attraverso i sensi, se no non si riesce a comprenderli in modo sufficiente. E' per questo che la Sacra Scrittura attribuisce tratti fisici a Dio intendendo altro, e la Chiesa raffigura con aspetto umano, con l'aggiunta di ali, gli arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele (quest'ultimo chiamato da Beatrice "l’altro che Tobia rifece sano", perchè Raffaele, in sembianze umane, nel libro di Tobia, aiutò il padre di Tobia, Tobi, a guarire dalla cecità e a dare a Tobia una moglie per lui).

    Platone afferma nel Timeo e Crizia che le anime, dopo la morte, tornano alla stella dalla quale sono state separate. Beatrice corregge l'osservazione: se è detta in senso letterale, è sbagliata, mentre può avere elementi di verità se è detta in senso metaforico e se allude all'influenza che gli astri esercitano sulle anime in vita (pur senza mai influenzare il loro libero arbitrio, come è già stato affermato diverse volte nella Commedia: come nel Purgatorio, Canto 16). Ma considerare le stelle come delle entità divine da cui spuntano le anime, come fa intendere Platone, è un errore che indusse il mondo pagano a sbagliare, identificando le stelle - o i pianeti - come se fossero degli dei, chiamandole con nomi divini, come Giove, Mercurio, Marte.

    BEATRICE E I VOTI NON COMPIUTI: SOLO IN DIO C'E' IL CORAGGIO E LA VOLONTA'

    san-Lorenzo
    San Lorenzo e il supplizio della graticola


    Beatrice si accinge ora a sciogliere il primo dubbio di Dante sul problema dei voti non compiuti, che è meno pericoloso sul piano dottrinale. La giustizia divina, spiega, può sembrare ingiusta agli uomini: ma pensare questo è argomento di fede, non è un'eresia, perchè è un onesto tentativo di capire i misteri di Dio:

    Parere ingiusta la nostra giustizia (Il fatto che la giustizia divina possa sembrare iniqua)
    ne li occhi d’i mortali, è argomento (agli occhi degli uomini, è argomento)
    di fede e non d’eretica nequizia. (di fede e non di eresia.)

    E' da notare che Beatrice parla di "nostra" giustizia, facendo riferimento alla giustizia divina: infatti, ora che Beatrice è in Dio, la giustizia di Beatrice si identifica ora con la Giustizia di Dio, perchè è diventata tutt'uno con essa. A parte questo, Beatrice aggiunge che ciò che dirà potrà essere ben compreso dall'intelletto umano, quindi Dante sarà accontentato nella sua richiesta di una spiegazione.

    Quando la violenza avviene su una persona e questa, che la subisce, non asseconda in nulla colui che la compie, non per questo gli spiriti difettivi sono scusati per non aver compiuto il voto. Infatti, la volontà non viene mai meno, per quanto essa venga forzata, come fa il fuoco, che tende sempre verso l'alto, non importa quanto siano forti i venti contrari.

    ché volontà, se non vuol, non s’ammorza, (infatti la volontà, se non vuole, non viene meno,)
    ma fa come natura face in foco, (ma fa come il fuoco che tende per natura a salire,)
    se mille volte violenza il torza. (anche se mille volte la violenza (del vento) lo spinge in basso.)

    Infatti, continua Beatrice, se la volontà si piega alla violenza che patisce, allora la asseconda, almeno in parte, e questo fecero quelle anime (Piccarda e Costanza d'Altavilla), perché avrebbero potuto tornare al convento da cui erano state rapite alla prima occasione in cui sarebbero state libere. Se la loro volontà fosse stata irriducibile, come quella che tenne San Lorenzo sulla graticola4 o quella che spinse Muzio Scevola a bruciarsi la mano destra5, essa le avrebbe fatte tornare alla strada da cui erano state sottratte. Ma una volontà simile è molto rara (tuttavia, Dio l'avrebbe concessa a chi l'avesse chiesta). Con queste parole, Beatrice ha risolto il dubbio di Dante in proposito, che avrebbe potuto arrecargli ancora danno.

    Muzio-Scevola
    Muzio Scevola si fa bruciare la mano.


    VOLONTA' ASSOLUTA E VOLONTA' RELATIVA

    Ma la spiegazione di Beatrice ha acceso un nuovo dubbio in Dante, tale che non potrebbe risolverlo da solo. Infatti, lei ha detto che le anime beate non possono mentire, perchè sono tutte in Dio. Eppure Piccarda Donati gli aveva appena detto che Costanza d'Altavilla, portata via a forza dal convento come lei, era sempre stata fedele in cuore alla regola monastica. Ma questo non contraddice le parole di Beatrice, che aveva appena detto che non erano state fedeli a detta regola? Vuol dire che Piccarda ha mentito?

    Beatrice spiega allora a Dante la differenza tra la volontà relativa e la volontà assoluta: spesso, infatti, per evitare un pericolo, si fa quello che non si vorrebbe fare. Quello che non si vorrebbe fare è la volontà assoluta; quello che si fa, perchè ci si sente costretti, è la volontà relativa. Per esempio: Alcmeone uccise la madre, seppur controvoglia, su preghiera del padre.6 In questo caso, Alcmeone ha sì obbedito al padre, ma compiendo un atto scellerato (volontà relativa) anche se non era d'accordo nel compiere l'atto (volontà assoluta). Ma in questo caso la violenza, l'atto malvagio, si mescola alla volontà, e resta un'offesa a Dio. Allo stesso modo, la violenza patita da Piccarda o da Costanza si mescola alla loro volontà, e resta un'accettazione di una situazione di offesa a Dio.

    come Almeone, che, di ciò pregato (come Alcmeone, che, su preghiera)
    dal padre suo, la propria madre spense, (del padre, uccise la propria madre,)
    per non perder pietà, si fé spietato. (e mostrandosi devoto diventò spietato.)

    A questo punto voglio che tu pense ("A questo proposito voglio che tu pensi": cioè, cerca di capire quello che ti sto dicendo)
    che la forza al voler si mischia, e fanno (che la violenza si mescola alla volontà,)
    sì che scusar non si posson l’offense. ("e questo fa sì che le offese compiute non si possono giustificare.": cioè, il fatto che ti dispiaccia l'atto non significa che sei senza colpa, appunto perchè compi - o ti lasci subire - l'atto)

    La volontà assoluta non acconsente mai al male, ma quella relativa vi acconsente, in quanto ha timore di subire un danno maggiore, se vi si oppone. Dunque, quando Piccarda ha fatto quell'affermazione - che cioè Costanza d'Altavilla rimase sempre fedele alla regola monastica - si riferiva alla volontà assoluta. Beatrice invece parlava della volontà relativa, e tra le due cose non c'è contraddizione. La spiegazione di Beatrice è come un fiume che sgorga dalla fonte di ogni verità (Dio), ed essa placa entrambi i dubbi espressi da Dante.

    ALTRO DUBBIO

    Dante esprime a Beatrice la sua gratitudine per aver risolto le sue incertezze: una gratitudine tale che solo Dio potrà essere capace di ricompensarla al suo posto. Dante inoltre dichiara che l'intelletto umano non si sazia mai, se non è illuminato dalla luce della verità divina: per cui si posa in essa appena l'ha raggiunta, come una fiera nella tana. E questa verità è possibile da raggiungere all'uomo, se no ogni desiderio sarebbe vano ("se non, ciascun disio sarebbe frustra"). Tale desiderio di raggiungere la verità fa nascere sempre nuovi dubbi come dei germogli, per effetto di un impulso naturale, e ciò spinge Dante a manifestare a Beatrice una nuova incertezza che è nata in lui. Il poeta vuole sapere infatti se l'uomo può compensare il voto non compiuto con delle opere buone. Beatrice allora gli rivolge uno sguardo talmente pieno di amore, che la vista di Dante ne è abbagliata ed è costretto ad abbassare gli occhi, smarrito.

    COMMENTO

    Il Canto rappresenta una nuova pausa didascalica, simile a quella del Canto II del Purgatorio (dedicato alle macchie lunari), in cui Beatrice scioglie due dubbi di Dante nati in lui dopo l'incontro con Piccarda Donati, relativi alla sede effettiva dei beati nel Paradiso e al problema dell'inadempienza dei voti quando è causata da violenza. Come già nei Canti I e II, è ancora Beatrice a fornire la necessaria spiegazione a Dante alla luce della teologia, secondo uno schema espositivo che tante volte verrà riproposto: Dante ricopre il ruolo di allievo attento agli insegnamenti della sua guida. Insegnamenti ai quali, spesso, Virgilio lo aveva rinviato nella prima parte del viaggio e che nel Paradiso hanno la funzione di risolvere delicati problemi di natura dottrinale, che Virgilio non poteva risolvere completamente. Alcuni di questi problemi rimandano al cosiddetto "traviamento del poeta" di cui abbiamo già parlato. Del resto, Beatrice aveva spiegato che la dottrina seguita in passato da Dante era pericolosa sul piano della salvezza.

    Il primo dubbio sciolto da Beatrice è quello più insidioso sul piano teologico, ovvero la sede in cui risiedono i beati nel Terzo Regno, cioè il Paradiso. Dante potrebbe essere indotto a credere che le varie schiere di anime siano confinate nei Cieli dalla cui stella hanno subìto in vita l'influenza, come suggerisce Platone nel Timeo e Crizia, e come fa sembrare l'incontro tra Dante e Piccarda nel Cielo della Luna. Ma, in realtà, tutti i beati hanno sede nell'Empireo ed appaiono a Dante nei vari Cieli per manifestare visivamente i diversi gradi di beatitudine di cui godono. Ciò è dovuto alla necessità di spiegare questi concetti all'intelletto umano con immagini sensibili, come quella del grado di beatitudine e dei Cerchi del Paradiso, perchè la ragione umana apprende le nuove nozioni solo attraverso i sensi. E' lo stesso motivo per cui non tutto ciò che si legge nelle Sacre Scritture va interpretato alla lettera (come invece fanno spesso i Protestanti, per esempio). Esiste sì un senso letterale, ma, talvolta, c'è un sovrasenso allegorico che necessita di un'approfondita esegesi (dal greco "exigigis": "interpretare", "spiegazione". Infatti, l'esegesi è l'interpretazione critica dei testi, finalizzata alla comprensione del loro significato. Lo si fa sia nella Bibbia che nelle altre opere non religiose: per esempio, l'"esegesi manzoniana"). Per questo non è da credere, ad esempio, che Dio e gli angeli abbiano attributi umani: e Dante tiene conto di questo, nella sua rappresentazione del Paradiso.

    La precisazione di Beatrice serve a confutare l'opinione espressa da Platone nel Timeo secondo cui le anime, dopo la morte, tornano alla stella dalla quale si sono separate al momento della venuta al mondo. Questo si rifaceva alla superstizione per cui gli astri venivano identificati con gli dei pagani: tale credenza, aggiunge Beatrice, non è forse da respingere totalmente, se Platone aveva inteso dire che le anime hanno subìto in vita l'influsso della stella, quindi se le sue affermazioni sono da intendere in senso metaforico e non letterale. In questo Dante si rifà alle affermazioni di Alberto Magno7 nel De natura et origine animae, in cui il filosofo medievale accenna specificamente al Timeo e propone questa interpretazione allegorica del filosofo greco (la stessa di Beatrice), per cui Dante ribadisce la possibilità che la dottrina platonica possa essere conciliata alla Scolastica (cioè la filosofia cristiana medievale, chiamata così perchè "scuola" per eccellenza). E questo in maniera non tanto diversa dalla rilettura in chiave cristiana di tanti aspetti del mito pagano, come fa Dante nella Commedia.

    Alberto-Magno
    La cultura impressionante di Sant'Alberto, chiamato per questo, e per la sua santità, "Magno".


    L'altro dubbio di Dante è legato anch'esso al concetto delle influenze celesti subìte dalle anime sulla Terra e riguarda l'apparente ingiustizia compiuta verso gli spiriti difettivi, che non hanno potuto portare a termine i loro voti a causa della violenza altrui. Dante ha già chiarito in modo netto (canto XVI del Purgatorio, con il discorso di Marco Lombardo) che gli influssi astrali possono solo indirizzare gli atti degli uomini, che sono dotati di libero arbitrio e possono dunque scegliere autonomamente tra bene e male. Qui nasce un ulteriore problema dal fatto che anime come Piccarda e Costanza hanno subìto un atto di violenza e ciò sembrerebbe giustificare il non compimento del voto, facendo apparire iniquo il minor grado di beatitudine di cui esse godono.

    La questione è materia di fede ed è affine al problema della mancata salvezza di coloro che non hanno conosciuto il Cristianesimo, che sarà ampiamente affrontata nel Canto XIX: qui Beatrice spiega che quelle anime avrebbero potuto resistere alla violenza patita con un atto supremo della volontà, quindi (nel caso delle due donne citate) rientrare in convento o rifiutarsi di contrarre matrimonio, mentre non l'hanno fatto per umana debolezza e timore di subire più gravi conseguenze. Tale suprema volontà è simile a quella dimostrata da san Lorenzo sulla graticola o da Muzio Scevola nel bruciarsi la mano: ma essa è molto rara e non si può pretendere che tutti ne siano dotati. Però Piccarda e Costanza avrebbero potuto avere questa volontà se l'avessero chiesta al Signore. Questi spiriti non sono esclusi dalla beatitudine, sono pieni della Grazia di Dio, ma non possono godere dello stesso grado di comunione con Dio che avrebbero avuto se avessero resistito. Sono salve, sono pienamente felici, ma le azioni sulla Terra hanno comunque delle conseguenze: non può essere altrimenti. Dante quindi sottolinea qui l'importanza delle nostre scelte.

    Inoltre, Beatrice distingue ulteriormente tra volontà assoluta e relativa (o condizionata): la prima può essere contraria al male, ma la seconda può essere influenzata dalle circostanze del momento e, se colui che subisce violenza la asseconda con la volontà relativa, se ne rende in un certo modo complice, non potendo addurre a scusante la prepotenza che gli è stata perpetrata.

    A questo riguardo, Dante si rifà alla dottrina aristotelica dell'Etica Nicomachea8, secondo la quale "la volontà di chi teme conferisce qualche cosa a ciò che si fa per timore": cioè dà un certo assenso, una certa partecipazione, alle azioni fatte per timore. Questa osservazione fu poi ripresa da san Tommaso d'Aquino nella Summa Theologica e dalla Scolastica in genere, che distingueva tra volontà assoluta ("absoluta voluntas") e volontà relativa ("voluntas secundum quid": volontà secondo la quale). Tale spiegazione è posta nei Canti iniziali del Paradiso, in quanto essenziale alla comprensione della struttura del Paradiso e per spiegare responsabilità della debolezza umana di fronte a influenze di vario tipo.

    IL DANTE DI NAGAI

    Questo canto, di taglio teologico e filosofico, è stato saltato da Nagai nel manga perchè conteneva concetti troppo elevati.

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    1 Dante fa riferimento al famoso "asino di Buridano", attribuito all'omonimo filosofo scolastico francese del '300, secondo cui un asino, posto tra due mucchi di fieno ugualmente distanti e appetibili, morirebbe di fame non sapendo quale scegliere.

    2 Il profeta Daniele indovinò e interpretò un sogno del re assiro Nabucodonosor, una cosa che nessuno degli altri indovini di corte erano stati capaci di fare: per questo, il re, infuriato, li voleva giustiziare tutti. La risposta di Daniele placò il re.

    3 Timeo e Crizia: Detto anche "Timeo", è uno dei famosi Dialoghi Platonici: Platone, infatti, spesso scrisse il suo pensiero attraverso i "Dialoghi", che sono la stragrande maggioranza delle sue opere. Un "Dialogo" è un testo filosofico che esprime i suoi pensieri attraverso, appunto, dei dialoghi tra più persone (dal greco dialogoi: "conversare, discorrere", composto da dià, "attraverso" e logos, "discorso"). Timeo e Crizia sono i nomi dei due personaggi principali che dialogano. In particolare, Dante fa riferimento al passaggio in cui Platone descrive le sorti dell'anima dell'uomo dopo la morte, che tornerebbe alla stella dalla quale è stata separata. Tra le altre cose, Platone dice anche nel Timeo che l'anima, se poco curata, va a reincarnarsi per punizione in un corpo di donna (per dire come sia stato considerato lo stato femminile nell'antichità pagana) o di animale, in base alla gravità delle sue azioni (ma Dante non fa riferimento a questo, visto che la reincarnazione è sempre stata rifiutata in blocco dalla cristianità). In particolare, il "Timeo e Crizia" è famoso oggi soprattutto per aver parlato, tra le altre cose, del "continente perduto di Atlantide": per questo è spesso citato nei fumetti di Martin Mystere.

    4 San Lorenzo fu arso vivo su una graticola il 10 Agosto 258 per ordine dell'Imperatore Valeriano: per questo è festeggiato in quel giorno.

    5 Muzio Scevola: aristocratico romano. Per sconfiggere gli Etruschi che assediavano la città, andò nottetempo per uccidere Porsenna, il re degli Etruschi. Ma fallì nell'attentato, uccidendo un'altra persona. Una volta catturato, fu mandato davanti a Porsenna e Muzio Scevola disse al re: "Io volevo uccidere te. Ma la mia mano ha errato e ora la punisco per questo imperdonabile errore!" Mise la mano destra nel braciere accanto e la bruciò davanti al re (da qui il nome "scevola", cioè mancino). Porsenna ne fu talmente impressionato che levò l'assedio.

    6 Alcmeone: figlio dell'indovino Anfiarao, uccise la madre Erifile su richiesta del padre, poiché lei aveva rivelato il nascondiglio del padre. Infatti, Anfiarao aveva avuto in dono da Apollo la preveggenza e diventò l'indovino della città di Argo. Grazie alle sue doti, Anfiarao previde il fallimento della spedizione dei Sette contro Tebe e rifiutò di accompagnarli, ma la presenza di Anfiarao era necessaria, poiché serviva una persona fidata che presidiasse la settima porta di Tebe. Allora Anfiarao si nascose in un luogo noto solo a sua moglie Erifile: ma essa si fece corrompere da Polinice, che, in cambio della rivelazione del nascondiglio, le promise la collana dell'eterna giovinezza, appartenuta ad Armonia. Anfiarao fu costretto a partire, ma prima di iniziare il fatale viaggio chiese a suo figlio Alcmeone di vendicare la propria sicura morte (perchè sapeva che sarebbe morto nella spedizione), uccidendo la madre. Anfiarao è uno degli indovini che Dante ha messo nell'Inferno (Ottavo Cerchio - quello dei fraudolenti - e Quarta Bolgia, riservata appunto agli Indovini, Canto XX)

    7 Sant'Alberto Magno: (1205-1280) Detto Dottore Universale, era conosciuto anche come Alberto il Grande o Alberto di Colonia. Fu un vescovo cattolico, scrittore e filosofo tedesco, appartenente all'ordine dei Domenicani. È considerato il più grande filosofo e teologo tedesco del Medioevo, sia per la sua grande erudizione che per il suo impegno nel tenere distinto l'ambito filosofico da quello teologico. Tra le discipline di cui è stato grande studioso ci sono: la logica, la fisica, l'astronomia, la biologia, la mineralogia, la chimica, oltre alle discipline filosofiche, ovviamente. Fece conoscere la filosofia aristotelica all'Occidente. Fu, inoltre, il maestro di San Tommaso d'Aquino, uno dei massimi pensatori dell'umanità. La Chiesa Cattolica lo venera come santo, Dottore della Chiesa e protettore degli scienziati.

    8 Etica Nicomachea: è una raccolta delle lezioni tenute da Aristotele. E' anche il primo trattato sull'etica come argomento filosofico. L'aggettivo "Nicomachea" indica probabilmente una dedica di Aristotele al figlio Nicomaco, ma non è escluso che fosse il nome assegnato dal figlio stesso quando divulgò l'opera postuma.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-iv.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 17/6/2023, 16:28
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    Wow, certo che il canto del Paradiso insegna molte cose.
    Peccato non ne ricordi quasi niente.

    Beatrice da l'impressione di essere una maestra anche migliore di Virgilio.
    Voglio dire che "sento" di più la sua presenza.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 10/6/2023, 20:31) 
    Wow, certo che il canto del Paradiso insegna molte cose. Peccato non ne ricordi quasi niente.

    A scuola e in genere nella cultura di base, il Paradiso è stato il Canto più trascurato della Divina Commedia. Lo ha detto lo stesso Dante, quando l'aveva iniziato dicendo che chi non sa delle cose cristiane è meglio che si fermi qui (e Nagai in effetti praticamente si è fermato qui: i suoi interventi saranno sempre più sporadici). Insomma, per il poeta non era una sorpresa sapere che questo sarebbe stato il canto più saltato di tutti, sia in Oriente che in Occidente.

    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 10/6/2023, 20:31) 
    Beatrice da l'impressione di essere una maestra anche migliore di Virgilio. Voglio dire che "sento" di più la sua presenza.

    Virgilio rappresenta la ragione, Beatrice invece la teologia e la fede, che comprendono la ragione e la superano. Ma non è solo questo: Beatrice, oltre a sapere, ama: lo si vede per come si rivolge a Dante e agli altri. E' amando infatti che si conoscono le cose nel modo migliore possibile. Un uomo sapiente, ma crudele, saprà molto bene su molte cose, ma non le capirà mai veramente. Un uomo - sapiente o meno - che ama, saprà le cose molto meglio di chi non ama. Non è che Virgilio non amasse: ha mostrato molto spesso di voler bene a Dante e di volerlo aiutare. Ma qui parliamo dell'amore divino, che è superiore di molto a quello umano. Anzi, senza Dio, non c'è neanche l'amore umano.
     
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