Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 3

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 10 Sep. 2022
     
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    PURGATORIO CANTO 3: ANTIPURGATORIO: I CONTUMACI; MANFREDI DI SVEVIA
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Dante si accorge che Virgilio non proietta ombra: è DAVVERO uno spirito. Nel buio dell'Inferno era impossibile accorgersene.



    STORIA

    CONTUMACE: CHE SIGNIFICA?

    Siamo ancora nell'Antipurgatorio, prima dell'entrata al Purgatorio: dopo che Dante e Virgilio hanno incontrato le anime trasportate al Purgatorio dal nocchiero celeste, tra poco incontreranno le anime dei contumaci. Si tratta delle persone che sono morte in stato di scomunica da parte della Chiesa, ma si sono pentite prima di morire. Tuttavia, a causa della scomunica, devono aspettare diverso tempo nell'Antipurgatorio prima di entrare. Il termine "contumaci" viene dal latino "contumax", che significa disobbedente, arrogante, ostinato, renitente a una sentenza. Infatti, nella terminologia giuridica, il processo in contumacia è quello fatto ad una persona non presente nel tribunale. I contumaci, che nella loro vita si sono ribellati all'autorità della Chiesa, nell'Antipurgatorio camminano lentamente, come delle pecore, quindi sottomesse, mansuete, riparando al loro comportamento in vita.

    COSCIENZA E FRETTA

    Dopo i rimproveri di Catone, Virgilio cammina con una certa fretta, sentendo la coscienza che gli rimorde per la mancanza di essere stato lì a sentire l'anima di Casella cantare, invece di continuare il viaggio con Dante. E Dante fa notare che la coscienza, più è pulita, più sente rimorso alla più piccola mancanza. Viceversa, quando è sporca, non sente rimorso o ne sente poco: è uno dei versi più conosciuti della Commedia (questo canto ne è pieno).

    o dignitosa coscienza e netta, (o coscienza dignitosa e pura,)
    come t’è picciol fallo amaro morso! (quale amaro tormento provoca in te il minimo errore!)

    Inoltre, Dante parla della fretta - in questo caso di Virgilio - che rovina ogni atto, perchè è impossibile fare bene le cose se si fanno in fretta, come dice il proverbio: "fretta e bene non stanno insieme": anche questo è stato un verso famoso della Commedia.

    Quando li piedi suoi lasciar la fretta, (Quando i suoi piedi - quelli di Virgilio - lasciarono la fretta - cioè tornò a camminare normalmente)
    che l’onestade ad ogn’atto dismaga, (che sminuisce a ogni atto il decoro)

    LIMITATEZZA DELL'UOMO E GRANDEZZA DI DIO

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    Successivamente, Virgilio riprende a camminare con calma e Dante inizia a guardarsi attorno, osservando in alto la montagna del Purgatorio, illuminata dal sole, e nota che c'è solo la sua ombra, e non quella di Virgilio. Si volta subito, pensando spaventato che Virgilio non ci sia più, mentre invece è ancora lì. Dante capisce che Virgilio è davvero uno spirito e non lascia ombre. Virgilio capisce il comportamento di Dante e lo rimprovera per la mancanza di fiducia. Spiega che il suo corpo mortale riposa a Napoli, e che quello che sta guardando è la sua anima, che non proietta ombre. E qui Virgilio fa il punto della situazione: perchè le anime, se sono immateriali, soffrono nell'Inferno e nel Purgatorio come se avessero un corpo? Il perchè, dice Virgilio, non si spiega: la giustizia divina fa in modo che i corpi inconsistenti delle anime soffrano comunque dei tormenti fisici in un modo che non può essere svelato agli uomini. Perchè non tutto è accessibile alla sola ragione. E da qui il famosissimo verso della Commedia, pronunciato da Virgilio, che spiega la limitatezza della ragione senza la grazia della fede: Dante sintetizza in maniera potente l'aspirazione dell'uomo a conoscere la verità e il Mistero e, nello stesso tempo, l'inadeguatezza dell'uomo nel sapere tutto e la necessità della rivelazione:

    Matto è chi spera che nostra ragione (È folle chi spera che la nostra ragione)
    possa trascorrer la infinita via (possa percorrere la via infinita)
    che tiene una sustanza in tre persone. (che tiene una sola Sostanza in Tre Persone: cioè possa comprendere il dogma della Trinità, Dio Uno e Trino, che è una contraddizione inspiegabile umanamente).

    State contenti, umana gente, al quia1; (Accontentatevi, o uomini, di ciò che vi è stato rivelato; )
    ché se potuto aveste veder tutto, (infatti, se aveste potuto capire tutto)
    mestier non era parturir Maria; (non sarebbe stato necessario che Maria partorisse Gesù)

    In pochi versi, Dante celebra la pochezza della ragione umana di fronte al Mistero. È la storia dell'uomo nella sua instancabile ricerca della verità, che non può essere colta appieno senza la Rivelazione. Che cos’è la storia della filosofia, se non la descrizione del tentativo dell’uomo di conoscere la verità e il Mistero? (tra parentesi, la filosofia moderna, che dice che "non c'è una verità" non è vera filosofia). Che cos’è la storia delle religioni, se non lo sforzo dell’uomo di "creare un legame" (che in latino si dice "religare", da qui il termine "religione") con le divinità? Il cristianesimo è, invece, un fatto, un avvenimento, quello dell’iniziativa di Dio che, ad un certo punto della storia, si è fatto conoscere attraverso la rivelazione, che si è compiuta nell’incarnazione. Con la venuta di Cristo, vero uomo e vero Dio, il Mistero si è reso visibile, conoscibile, incontrabile. La ragione umana, da sola, è incapace di comprendere il Mistero della realtà e, come direbbe Leopardi, è incapace di «felicitarci». La scienza, da sola, non dà la felicità. In un'altra opera minore di Dante, "Quaestio de aqua et terra" (Domande sull'acqua e sulla terra), il poeta dice la stessa cosa: "Smettano dunque gli uomini di indagare quelle cose che sono al di sopra di loro, e indaghino solo su quelle che sono alla loro portata". Dante non nega mai la scienza di Galileo, ma dice chiaramente che non può da sola spiegare tutti i misteri. Una scienza, invece, che pretende di farlo, non è più scienza, ma ideologia, scientismo, fanatismo. Non ha più nulla di scientifico: si arriva ai livelli dello "scienziato pazzo" dei fumetti, che è una parodia delle scienza vera. Grandi filosofi, aggiunge Virgilio, come Aristotele e Platone, avevano desiderato vanamente di conoscere questi misteri, ma questi rimasero al di là della loro portata - solo umana, per quanto grande - e furono accessibili solo dopo l'Incarnazione. Anche i talenti più grandi non possono comprendere appieno la maestà di Dio.

    PARETI RIPIDE E LE ANIME DEI CONTUMACI

    I due poeti giungono ai piedi del monte del Purgatorio: la parete è così ripida che è impossibile scalarla, tanto che la roccia più impervia della Liguria, tra Lerici e le Turbie, sarebbe un'agevole scala al confronto. Dante qui fa riferimento alle rupi e alle scogliere tra Lerici e Le Turbie (che oggi è il comune francese La Turbie), che sono a due passi da Ventimiglia, in Liguria, che si trova al confine tra l'Italia e la Francia. Qui sotto, per dare un'idea, c'è il promontorio della Tete de Chien, tra Montecarlo e La Turbie. Come si vede, ci sono degli strapiombi bianchi e altissimi, verticali e dritti appunto come una parete.

    tete-de-chien-vue-de-monaco
    "Tra Lerice e Turbìa la più diserta, / la più rotta ruina è una scala, / verso di quella, agevole e aperta" (La roccia più scoscesa e impervia in Liguria (tra Lerici e La Turbie) al confronto di quella (le pareti del Purgatorio) è una scala di facile accesso)


    Virgilio si chiede dove possa esserci un accesso più facile al monte. Bisogna ricordare che Virgilio non è mai stato al Purgatorio, quindi non sa come è strutturato il posto. In passato, per una missione, lui era andato fino in fondo all'Inferno, quindi conosceva i gironi e poi, in un secondo tempo, li aveva presentati a Dante: ma sul Purgatorio non ha mai avuto una conoscenza diretta. Di conseguenza, in questi canti appare un pò smarrito. All'improvviso, da sinistra appare un gruppo di anime, i contumaci, che si muovono lentissime verso di loro. Virgilio chiede loro dove sia l'accesso al monte, dal momento che essi non vogliono perdere tempo. Anche qui abbiamo un famoso detto della Divina Commedia:

    perder tempo a chi più sa più spiace (quanto più uno sa (quello che deve fare) tanto più gli spiace attardarsi)

    Chi sa quello che deve fare, e ne è ben consapevole dell'urgenza e dell'importanza, meno ha voglia di perdere tempo. Questo sia per gli affari umani che per quelli divini, cioè la salvezza dell'anima. Le anime vedono che Dante proietta l'ombra e si arrestano, sorprese: Virgilio le rassicura, dicendo che Dante è effettivamente vivo, ma non è certo contro il volere divino che egli cerca di scalare il monte. I contumaci, allora, fanno cenno a Virgilio, con le mani, di tornare indietro e di procedere nella loro stessa direzione: lì troveranno le scale per salire al Purgatorio.

    MANFREDI DI SVEVIA

    Busto-Manfredi
    Manfredi di Svevia, re di Sicilia nel 1200


    Una delle anime contumaci si rivolge a Dante e lo invita a guardarlo, chiedendogli se lo ha mai visto, quando era sulla Terra. Il poeta lo osserva con attenzione: vede che è un uomo biondo, bello e di nobile aspetto. Inoltre ha un sopracciglio che mostra una ferita da taglio. Però non lo ha mai visto prima. Il contumace gli mostra allora una ferita da taglio che gli attraversa la parte alta del petto, la causa della sua morte, e rivela di essere re Manfredi di Svevia. Vissuto nel 1200, fu re di Sicilia e figlio di re Federico II di Svevia (che Dante ha messo all'Inferno, nelle tombe di fuoco, fra gli eretici, nel canto 10 dell'Inferno, insieme a Farinata degli Uberti). Di stirpe tedesca (faceva parte della famosa famiglia degli Hohenstaufen), Manfredi fu l'ultimo della casata degli Svevi, che si estinse con la sua morte (insieme a Enzo e Corradino di Svevia, che morirono anche loro senza discendenza). Manfredi cadde in battaglia contro l'esercito francese di Carlo D'Angiò, a Benevento, e dalla sua sconfitta la Sicilia passò in mano ai Francesi (che dovettero però fuggire da lì pochi anni dopo, con la rivolta detta "dei Vespri Siciliani"). Manfredi di Svevia si era alleato coi Saraceni, che, oltre ad essere musulmani, aggredivano le coste italiane e i cristiani, e pretendeva dei diritti che non gli competevano riguardo all'elezione dei vescovi e all'autorità della Chiesa, considerando l'autorità dell'Impero, cioè la sua, maggiore di quella papale. Usurpò diversi territori, che erano stati donati alla Chiesa, e commise diversi omicidi politici: fu quindi scomunicato diverse volte dai Papi che si succedettero. Dopo la battaglia di Benevento, in cui cercò di estendere i suoi confini, il suo corpo fu sepolto in terra non consacrata, essendo morto scomunicato.
    Manfredi prega Dante, quando sarà tornato nel mondo, di dire a sua figlia Costanza la verità sul suo stato ultraterreno, spiegando come accadde la sua salvezza: dopo essere stato colpito a morte nella battaglia di Benevento, piangendo si pentì dei suoi peccati e, nonostante le sue colpe fossero gravissime, fu perdonato dalla grazia divina:

    Orribil furon li peccati miei; (I miei peccati furono orrendi)
    ma la bontà infinita ha sì gran braccia, (ma la bontà divina ha delle braccia così ampie)
    che prende ciò che si rivolge a lei. (che accoglie tutti coloro che si rivolgono a lei)

    La scomunica della Chiesa, infatti, non impedisce la salvezza, anche se chi muore scomunicato e viene perdonato da Dio in punto di morte, deve poi attendere nell'Antipurgatorio un tempo superiore trenta volte al periodo trascorso come scomunicato. A meno che qualcuno, con le sue preghiere, non accorci questo periodo. Per questo Manfredi prega dunque Dante di rivelare tutto questo alla figlia Costanza (che diventerà regina di Aragona), perché lei, con le sue preghiere, abbrevi la sua permanenza nell'Antipurgatorio. Tra l'altro, questa è la preghiera per i morti, proibita dai protestanti, perchè non credono all'esistenza del Purgatorio. Fu anche la base della famosa critica allo "scandalo delle indulgenze", che fu in sostanza la scusa per l'esplosione del protestantesimo: una religione cristiana stravolta e modificata. Questo canto si conclude appunto con la richiesta di Manfredi di pregare per lui.

    COMMENTO

    Questo canto si divide strutturalmente in tre parti:
    - il rimprovero e il discorso di Virgilio a Dante
    - l'incontro con le anime dei contumaci
    - il colloquio con Manfredi
    Il tema principale è il mistero della fede e della giustizia divina, che è giusta, ma non sempre è comprensibile all'uomo, finché è su questa Terra. Col personaggio di Manfredi, Dante vuole affermare che la giustizia divina si muove secondo criteri che non sono sempre evidenti al mondo; e che il destino ultraterreno degli uomini dipende non solo dalle loro azioni terrene (i peccati di Manfredi erano stati, per sua stessa ammissione, orrendi), ma soprattutto dalla sincerità del loro pentimento, che solo Dio può leggere nel profondo del cuore. E' il caso opposto a quello di Guido da Montefeltro, che tutti credevano salvo perché fattosi francescano, ma che invece è dannato perché il suo pentimento non era sincero. Si critica anche la folle pretesa di svelare i misteri della fede e della vita con l'ausilio della sola ragione. È un tema già affrontato nell'episodio di Ulisse, il cui folle volo oltre le colonne d'Ercole simboleggiava il peccato di orgoglio: non riconoscere cioè Dio come Dio e trattarlo come se fosse un oggetto umano da studiare, non come un mistero su cui riflettere, riconoscendone l'immensità infinita. E questa è anche la base, probabilmente, del «traviamento» che ha condotto Dante nella selva oscura. Perchè la ragione può condurci alla felicità terrena e al possesso delle virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza). Ma questo, anche se utile per la salvezza, da solo non assicura la salvezza eterna, per la quale è indispensabile la grazia divina.

    IL DANTE DI NAGAI: CANTO RIFATTO IN TOTO

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    Questo canto è stato praticamente soppresso da Nagai: anche Manfredi non compare. Infatti, i contenuti sono, per dire, "troppo cristiani" per essere metabolizzati da un pubblico orientale buddista/scintoista/animista/immanente ecc. Parlare della Trinità, della preghiera per i defunti, il concetto della contumacia, è troppo difficile per un manga fatto per un pubblico di lettori giapponesi. Le anime che i poeti incontrano, e ai quali chiedono indicazioni, non sono chiamate "contumaci" e sono su un ripiano superiore, mentre nel poema sono sullo stesso ripiano. C'è il cenno di Dante che nota che Virgilio non ha ombra: ma da qui parte un discorso di Virgilio, inventato di sana pianta da Nagai, con una visione non solo orientale, ma anche laica, non religiosa: una cosa assurda in quel contesto. Ecco il dialogo tra Virgilio e Dante nel manga:

    Virgilio: Devi proseguire e limitarti a guardare libero da condizionamenti, osservando tutto ciò che si presenta ai tuoi occhi per quello che è. Dante, so che è faticoso, d'altra parte noi non abbiamo le ali. Perciò non ci resta che salire così, un passo dopo l'altro. Guarda, Dante! Ammira il panorama che si gode su questo erto colle! Abbiamo raggiunto un posto che normalmente sarebbe stato accessibile solo a chi possiede delle ali! E siamo giunti in cima a un luogo dove solo gli uccelli saprebbero arrivare, e tutto questo lo dobbiamo unicamente ai nostri sforzi! Tutto è possibile a chi ha volontà e capacità!

    Dante: Dunque...il monte del Purgatorio può essere affrontato solo da chi possiede una simile forza di volontà? Ciò vuol dire che lungo la strada che dobbiamo affrontare per poter salire incontreremo cime altrettanto impervie?

    Virgilio: Eh eh eh...già, proprio così.

    Dante: ... Ma allora...concentrandosi solo sulla scalata al monte, senza pensare ad altro, riuscirò a raggiungere quella vetta inaccessibile quasi senza accorgermene?

    Virgilio: Già...l'importante è che tu ti dimentichi dello scorrere del tempo e ti sembrerà di essere arrivato fin lì volando! Eh eh eh! Vedrai, la montagna del Purgatorio appare inaccessibile solo all'inizio, ma proseguendo il cammino è sempre più agevole. Non devi essere così preoccupato.

    Dante: Ne sei sicuro? Chissà...


    A parte il cenno sulla difficoltà iniziale di salire sul Purgatorio, che poi diventerà più agevole (tema che comparirà nel canto successivo), non c'è niente che provenga dalla Commedia originale. Inoltre, quello tra Dante e Virgilio sembra un dialogo tra Luke e il Maestro Yoda, dove, al posto della Forza, si parla della forza di volontà: ma la sostanza non cambia. Qui Dio non è nemmeno accennato e si parla solo di sforzi umani, senza nessun intervento divino: "tutto questo lo dobbiamo unicamente ai nostri sforzi! Tutto è possibile a chi ha volontà e capacità!" Quindi basta un pò di sforzo di volontà e oplà, si va in Paradiso senza problemi. Che, guarda caso, è proprio quello che pensava di fare Dante alla selva oscura all'inizio della Commedia, dove, nonostante la sua volontà, non riusciva a raggiungere da solo la salvezza, perchè minacciato dalle tre fiere. Con questo dialogo, Nagai praticamente distrugge il senso stesso della Divina Commedia e del cristianesimo: che cioè non ci si può salvare da soli. E' necessario l'aiuto divino per la salvezza. Ma il Dante di Nagai mostra la visione orientale/laica dove basta un pò di sforzo, stare insieme, aiutarsi a vicenda, avere degli amici, usare la volontà, la concentrazione, il Cosmo, la Forza, le Tecniche di Hokuto o quello che ti pare. Ma sempre di sforzi umani si tratta, in sostanza: che non portano da nessuna parte. "Questo è impossibile agli uomini, ma non a Dio", dice Gesù nel Vangelo.

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    1 La particella quia, che nel latino classico significa "perchè", nel latino medievale invece equivaleva al nostro "che". Virgilio intende dire che gli uomini devono accontentarsi di sapere solo ciò che è stato loro dichiarato nelle Sacre Scritture, appunto il "che".


    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-iii.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 19/1/2023, 16:12
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    Praticamente le modifiche di Nagai sostengono quella che é la credenza dei massoni: l'uomo si salva da solo, grazie alla sua intelligenza.
    Paradossalmente, é proprio quest'arroganza tipicamente umana che mi fa credere in Dio.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 11/9/2022, 09:31) 
    Praticamente le modifiche di Nagai sostengono quella che é la credenza dei massoni: l'uomo si salva da solo, grazie alla sua intelligenza.
    Paradossalmente, é proprio quest'arroganza tipicamente umana che mi fa credere in Dio.

    Nagai non può fare altro che esprimere il suo pensiero, che non è quello cristiano. Quindi trasforma la Divina Commedia in un viaggio spettacolare, in cui il protagonista impara a diventare più forte: in sostanza, in un manga, con la relativa mentalità. Ora, se questo può funzionare in un manga di avventure tipo One Piece o Bleach, diventa assurdo in un contesto cristiano come quello della Divina Commedia.
     
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