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  1. METROPOLIS: IL FUMETTO DISNEY E IL FILM

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    Metropolis
    By joe 7 il 5 Jan. 2017
     
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    METOPOLIS, IL FUMETTO DISNEYANO, E METROPOLIS, IL FILM CRISTIANO

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    Questa settimana (prima settimana di gennaio 2017) esce Topolino 3189 con Metopolis di Francesco Artibani (storia) e Paolo Mottura (disegni). E' una rappresentazione fedele del film quasi omonimo Metropolis di Fritz Lang. Fu proiettato per la prima volta a Berlino nel Gennaio del 1927, quindi questo fumetto festeggia i novant'anni del film. Francesco Artibani è conosciuto per i suoi lavori su PK, MMMM (Mickey Mouse Mystery Magazine: era una rivista con storia più "adulte" di Topolino, ambientate nella contea di Anderville). I suoi lavori su Topolino versione Montalbano e la sua versione di Moby Dick sono stati di notevole impatto nel mondo disneyano, tanto da essere stati raccolti in volumi.

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    Nella prima immagine, Topolino parla col Montalbano "topolinizzato"; nella seconda, Paperone è il capitano Achab di Moby Dick.


    Paolo Mottura ha fatto i disegni del Moby Dick di Artibani: ma ha anche realizzato molte storie disneyane, oltre a bellissime locandine di film interpretate da Topolino e compagni. Questa, per esempio, è una sua versione del manifesto originale di Metropolis.

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    Immagine presa qui.


    Il loro lavoro su Metopolis è stato notevole e di grande cura: oltre a seguire fedelmente la storia originale (con le inevitabili variazioni), l'ambiente futuristico e opprimente del film è stato realizzato ottimamente dai disegni di Mottura. Artibani dice che il film di Metropolis ancora oggi ha una potenza visiva unica; Mottura ha raccontato di quando vide per la prima volta da ragazzino le immagini del film in un videoclip musicale e ne fu impressionato. Infatti, il fumetto punta molto sulla spettacolarità della città, insieme alle difficoltà del mondo della fabbrica.
    Nei dialoghi si usano spesso gli artifici della retorica e dell'idealismo: frasi come "Quanto è gratificante per ognuno di noi impegnarsi per un mondo più giusto, in cui non ci siano disuguaglianze nè ingiustizie", oppure "Metropolis diventerà una città capace di accogliere tutti dividendo con il prossimo ciò che c'è di buono, senza ingiustizie o esclusioni" sono talmente generiche da voler dire tutto e nulla. Da cosa si può dire che c'è una disuguaglianza o un'ingiustizia? Su che base? Su che criteri? Su che autorità? Quella dell'opinione mutevole? Quella della maggioranza, anch'essa mutevole? Sono frasi astratte che non si appoggiano su nulla.
    Ma quello che resta impresso, più della storia e dei personaggi, è il contesto quasi da incubo dell'ambiente metropolitano della città del futuro. L'uomo è semplicemente schiacciato da immagini e sculture ciclopiche, che salgono quasi al livello di divinità: la cosa non cambia, infatti, nemmeno dopo che Topolino riesce a dirigere la città. E' come dire che la disumanità di Metropolis rimane nonostante l'intervento di Topolino: non basta uno sfondo azzurro con gli uccellini per alleggerire simili mastodonti. Il problema di Metropolis non è risolto, è stato solo abbellito.

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    Prima della cura e dopo la cura


    Intendiamoci: nonostante queste limitazioni, Metopolis è un'ottima storia, ma più adatta agli adulti o agli adolescenti, non ai bambini (senza contare le scene delle statue "simboliche" diffuse a Metopolis): non è una storia alla loro portata. Non solo il contesto e la narrazione, ma anche il disegno è troppo "adulto" per essere capito e apprezzato dai bambini, che preferiscono le linee più semplici a quelle curvilinee e complesse. E', in sostanza, una storia per adulti, con concetti troppo al di là della portata dei bambini, poco propensi alla retorica e più aperti alla semplicità di un racconto. I classici disneyani del passato che facevano riferimento alle opere letterarie (tipo Paperin Hood, Paperin Fracassa, Sandopaper) avevano un tratto più semplice e testi più spontanei e adatti ai bambini. Ma il Topolino d'oggi non è più per bambini, che, invece dei fumetti, oggi seguono le playstation, i videogame, i tablet, gli smartphone. La carta non attira più il bambino: quindi, il Topolino di oggi è per gli adulti che da piccoli leggevano Topolino. E gli autori hanno dovuto prenderne atto.
    Sulla Tana del sollazzo si potranno intervistare gli autori della storia.

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    Pippo, Topolino e Minni versione Metopolis


    METROPOLIS: UN FILM CATTOLICO, ANTICOMUNISTA E PRECURSORE DI ORWELL

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    Metropolis è un film muto del 1927 diretto dal regista austriaco Fritz Lang: ispirò il cinema di fantascienza moderno (Blade Runner e Guerre Stellari), per non parlare di altri lavori come Tempi moderni di Charlot. Anche il manga Alita è ispirato a Metropolis (la traduzione dell'originale GUNNM in Alita deriva dal film russo Aelita, che ispirò a sua volta la sceneggiatura di Metropolis) . Per non parlare della città di Superman, che ha lo stesso nome.

    Alita


    TRAMA DEL FILM

    NOTA: per completezza ho messo i nomi de personaggi del fumetto accanto a quelli dei protagonisti del film. Ma questa è la trama del film, NON del fumetto, che ne segue solo le linee principali.

    Fritz Lang ambienta il film in un un futuro distopico: il 2026, esattamente 100 anni dopo il 1926, la data di produzione del film. Un governo di ricchi comanda la città di Metropolis dai loro grattacieli e costringe al continuo lavoro una classe di uomini-operai relegata nel sottosuolo cittadino. L'imprenditore-dittatore è Joh Fredersen (Pitt Petersen/Gambadilegno nel fumetto), che vive in cima al grattacielo più alto, mentre suo figlio Freder (Topp Topper/Topolino nel fumetto: ma non è il figlio di Gambadilegno, che qui è il suo tutore) vive in un irreale giardino popolato da sensuali fanciulle. Improvvisamente, lì irrompe l'insegnante e profeta Maria (Minny/Minni nel fumetto), accompagnata dai figli degli operai, che lo invita a guardare i "suoi fratelli".

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    Freder rimane così colpito dalla visita di questa donna che decide di visitare il sottosuolo e immediatamente si rende conto delle condizioni disumane in cui sono costretti a lavorare gli operai, i quali, anche se stremati, non possono commettere il minimo errore, pena l'esplosione della macchina di cui si occupano e la morte dei meno fortunati, evento a cui Freder stesso assiste. Ancora in preda alle allucinazioni, dovute agli scoppi e ai fumi degli impianti, vede la macchina come un grande Moloch (divinità cartaginese che divorava i sacrifici umani) che ingoia le sue vittime.

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    Sconvolto da tanto orrore e brutalità, decide di parlarne con suo padre per far cambiare le cose: ma il padre si preoccupa solo della minaccia che l'incidente può costituire per il suo potere. Il responsabile delle macchine, Grot, porta a Fredersen alcune mappe trovate nei vestiti degli operai morti: mappe che indicano i loro luoghi segreti dove riunirsi e, forse, complottare contro di lui. Fredersen, furioso, licenzia in tronco l'assistente Josaphat per non avergli riferito in tempo dell'incidente e delle mappe. Il figlio, disapprovando la scelta del padre, rincorre l'assistente e lo salva dal suicidio; con questa sequenza inizia il viaggio di Freder nei sobborghi di Metropolis, tra i suoi fratelli. Fredersen fa seguire il figlio da una spia, lo Smilzo. Freder decide di fingersi operaio per vivere sulla propria pelle le fatiche dei lavoratori. Regala i suoi vestiti a 11811 (22422/Pippo nel fumetto), un operaio sfinito dalla fatica, e lo sostituisce alla macchina: il suo lavoro è quello di spostare continuamente le lancette su una ruota, in maniera da unire due luci che si illuminano sul bordo. In una visione, la sua macchina si trasforma in un enorme quadrante di orologio che segna dieci ore (le dieci ore del turno di lavoro) e, quando sta per terminare, sembra tornare minacciosamente indietro.

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    Ben presto, Freder si rende conto delle condizioni disumane in cui sono costretti a lavorare i dipendenti di suo padre, costretti a sopportare calore, fumi e orari impossibili che lo fiaccano alla soglia dello svenimento. Un operaio, che non riconosce Freder, gli dà appuntamento alla fine del turno nel sottosuolo perché "lei" li vuole vedere: si tratta di Maria, che accoglie gli operai sfiniti dal lavoro, raccontando la storia della torre di Babele, che simboleggia la Metropolis attuale, in cui tutto è sacrificato alla costruzione della torre: tutto, anche la dignità umana. Maria predica la pace futura e l'avvento di un mediatore che porrà fine alle iniquità perpetrate.

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    Gli operai, sfiniti dalla dura giornata lavorativa, ascoltano con malavoglia le parole di Maria e uno di loro, a gran voce, dice che non aspetteranno ancora per molto. Mentre gli operai se ne vanno, Freder rimane inginocchiato, estasiato dalle parole di Maria tanto da innamorarsene, e questo amore viene ricambiato dalla giovane ragazza, che lo bacia e gli dà appuntamento alla cattedrale per il giorno dopo.

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    Nel frattempo, Fredersen fa visita all'inventore delle macchine di Metropolis, Rotwang (Blackfang/Macchia Nera nel fumetto), che vive da solo in una vecchia casa, struggendosi per la perdita di Hel, la donna di cui era innamorato e che invece sposò Fredersen e morì di parto dando alla luce il giovane Freder. Rotwang la rimpiange ancora e ne tiene in casa un busto, in uno stile che ricorda quello di Adolfo Wildt, famoso scultore italiano. Rotwang ha progettato un robot in grado di sostituire in tutto l'uomo. Il robot di Rotwang ha sembianze femminili e, partendo da una struttura base di metallo, Rotwang può trasformarla in una donna praticamente uguale alle altre. Fredersen chiede a Rotwang cosa rappresentino le mappe trovate: si tratta delle catacombe, che sono situate ad un livello della città al di sotto delle abitazioni dei lavoratori. Facendogli segno di seguirlo, lo conduce attraverso un intricato percorso che li porterà a raggiungere le catacombe e ascoltare il discorso di Maria. Fredersen incarica Rotwang di rapire Maria per dare al robot le sue sembianze, in modo da poter controllare i malumori degli operai attraverso la predicazione di una falsa Maria al suo servizio. L'inventore rapisce la donna e, per mezzo di un congegno basato su onde elettromagnetiche, copia l'esteriorità di Maria e la trasferisce al robot, che chiama Hel in onore dell'amata morta.

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    La Maria-robot viene inviata in un postribolo della zona dei divertimenti di Metropolis, esibendosi in uno spogliarello in cui mette a nudo le grazie ricevute dalla Maria-umana; il pubblico rimane a bocca aperta per la bellezza della donna e si scatena in contese e follie dettate dalla lussuria senza freno della donna robot, incarnazione della meretrice di Babilonia: infatti, nella scena la finta Maria appare a cavallo di un mostro che evoca l'Apocalisse di Giovanni.

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    Il giovane Freder, dopo aver scoperto il robot nell'ufficio del padre e convinto che sia la vera Maria, si ammala e cade preda di terribili allucinazioni. La vera Maria è ancora nella casa di Rotwang, dove quest'ultimo le confessa di aver programmato il robot affinché esso induca gli operai a distruggere le macchine, contravvenendo per vendetta alle istruzioni di Fredersen, suo antico rivale in amore. La Maria-robot aizza gli operai a distruggere le macchine. Solo Freder, con l'aiuto di Josaphat, capisce immediatamente che colei che sta parlando non è la vera Maria, ma non viene creduto perché è riconosciuto come Freder, il figlio del padrone e per questo viene picchiato e scacciato dal sottosuolo. Gli operai si ribellano e fuoriescono in massa dal sottosuolo, incitati dalla Maria-robot.

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    Fredersen, avvisato da Grot della situazione, dà ordine di aprire i cancelli e lasciar arrivare la folla alla "Macchina del cuore" ("Batteria centrale" nel fumetto, soprannominata "cuore della fabbrica"), cioè il generatore che alimenta la città. La distruzione del generatore causerebbe l'allagamento del sottosuolo, e quindi delle case degli stessi insorti. La falsa Maria, alla testa dei ribelli, sovraccarica il generatore, che esplode. Metropolis collassa: il maestoso sistema d'illuminazione cessa di funzionare e le ripide strade della città divengono un cimitero di lamiere. Fredersen non si aspettava una distruzione simile perchè non sapeva delle intenzioni di Rotwang: avendo scoperto il piano di distruzione dello scienziato, lo tramortisce, permettendo così a Maria di fuggire e di salvare, assieme a Freder, i bambini imprigionati nel sottosuolo allagato. Fredersen è disperato per la scomparsa del figlio, e lo Smilzo gli ricorda che all'indomani dovrà rendere conto a migliaia di persone infuriate di quello che è successo ai loro figli nella città sotterranea. Maria discende nella città sotterranea per cercare di sedare la ribellione, ma rimane isolata dalla caduta degli ascensori causata dall'esplosione. Intanto gli operai, felici per aver distrutto le macchine, considerate la causa della loro oppressione, ballano e cantano.

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    A ricondurli alla ragione ci pensa il guardiano della macchina centrale Grot, che ricorda loro di non aver pensato alle conseguenze del loro operato, ovvero che con la distruzione delle macchine le loro case si sarebbero allagate e all'interno di esse vi erano i loro bambini. Gli operai, dopo aver ascoltato le parole del capo-operaio, cadono in uno stato di prostrazione e in preda al furore vendicativo decidono di punire colei che li ha spinti alla rivolta, Maria. Inizialmente viene catturata la vera Maria, che riesce a fuggire. Per un fortunato scambio, i ribelli catturano la Maria-robot, che viene legata a un palo e bruciata come una strega, tra le urla di Freder, trattenuto a stento dalla folla assetata di vendetta, il quale crede sia la sua amata; di sangue però non ne scorre, e rimane il metallo lucido del robot, tra lo stupore e lo spavento dei carnefici. La vera Maria viene nuovamente catturata da Rotwang, intenzionato a ucciderla per paura che gli operai scoprano il suo piano e lo uccidano a sua volta. Maria riesce a liberarsi, ma egli la insegue fino al tetto della cattedrale gotica.

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    Freder li segue e si scaglia contro l'inventore. Nel frattempo, Fredersen giunge alla piazza e assiste a tutta la scena, con la paura che il figlio possa essere scaraventato a terra dall'inventore. Ma Freder riesce a spuntarla e a morire è Rotwang, che precipita dalla cattedrale. La sequenza finale segna l'intesa tra gli operai e il padrone avvenuta tramite Freder, il mediatore profetizzato da Maria, che finalmente è arrivato a portare pace ed armonia tra le genti.

    ANALISI DEL FILM

    Analisi di Rino Cammilleri: l'originale è qui.

    Nel 2017 si festeggia il 90° del film Metropolis, la cui disumana utopia, descritta così bene da Lang, faceva riferimento al regime comunista russo. La stessa cosa farà Orwell, che conosceva bene il "paradiso" comunista, trattando l'argomento nel suo libro 1984 (scritto nel 1948: da qui il titolo). Infatti, Metropolis sarà restaurato a colori proprio nell'anno 1984.

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    Lang vide le azioni dei comunisti a Berlino nel 1919, quando osservò la Rivolta spartachista, o Rivolta di Gennaio, e il fiume di scontri armati, sangue e violenze che provocò. Si trattò di un'azione del partito Spartachista (un partito di sinistra) che voleva che la Germania facesse parte dell Impero Socialista Sovietico. Metropolis, anche se fu realizzato facendo riferimento al comunismo, è stato sempre celebrato come un film anticapitalista, e come tale lo lessero in America: per questo censurarono le scene più crude delle catene di montaggio e si persero i frames scomparsi.

    Friedrich Christian Anton Lang (1890-1976), per gli amici Fritz, era austriaco. Figlio di un architetto viennese e di una ebrea convertita al cattolicesimo, firmò quindici film muti e trenta sonori, molti dei quali divenuti classici. Basta ricordare Il dottor Mabuse e M, il mostro di Düsseldorf. Prese parte alla Grande Guerra come ufficiale austriaco sul fronte italiano, dove venne ferito e decorato più volte. Dopo la guerra e vari viaggi in giro per il mondo, si trasferì a Berlino, allora capitale del cinema europeo. Qui divenne in breve famoso e acclamato, ma finì nel mirino dei nazisti. perchè la sua prima moglie era ebrea. Goebbels, ministro della propaganda, gli offrì un importante incarico nell’industria cinematografica, ma lui, subodorando qualcosa, preferì scappare in Francia e poi in America.

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    Fritz Lang



    Metropolis è un inferno concentrazionario dove si lavora e basta, fino allo sfinimento. E’ governato da un’oligarchia che ricorda la Nomenklatura sovietica, al cui vertice siede una specie di Grande Fratello. I leader abitano le zone alte, i lavoratori sottoterra. L’unica speranza per questi ultimi - tutti uguali, tutti grigi, disperati, mogi e a testa bassa, sempre intruppati, tutti con la stessa tuta - è una fanciulla di nome, guarda un po’, Maria. Questa li incontra in una sorta di catacomba e li anima con messaggi di pace e amore. Parla davanti a una specie di altare costellato di croci e annuncia che la liberazione verrà da un misterioso Mediatore. Il quale prima o poi apparirà. Il «caro leader», saputolo, si allea con uno scienziato malvagio, il quale costruisce un robot-femmina, Hel (che assona con l’inglese Hell, inferno, ma anche col tedesco Hölle), e gli dà le fattezze di Maria per perdere i di lei seguaci. Solo quando «Maria» viene messa al rogo (altro riferimento alla storia religiosa) la gente scopre l’inganno. La vittoria e la liberazione avvengono nella cattedrale (cattolica, visto che pullula di statue e dipinti) e Maria, che è «una di noi», va in trionfo col Mediatore. Che è il figlio del Capo. La simbologia cristiana qui è evidente.

    Quanto sia poco anticapitalista questo film lo si deduce, senza alcuno sforzo, dal fatto che la falsa Maria incita le folle a distruggere le macchine nelle fabbriche, mentre i pochi ancora di buonsenso avvertono che anche la loro, di vita, dipende da quelle fabbriche. Ma la critica cinematografica, salvo rarissime eccezioni, è sempre stata appaltata alle sinistre, strutturalmente incapaci di comprendere il genio di Lang. Almeno in questo film, che però è il suo capolavoro assoluto e uno dei massimi capolavori cinematografici di tutti i tempi.



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    Edited by joe 7 - 12/2/2020, 15:23
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