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  1. ZAGOR: "LA CITTA' NASCOSTA" (Ivan)

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    Ivan
    Zagor
    By joe 7 il 3 June 2017
     
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    ZAGOR 50-51: LA CITTÀ NASCOSTA (analisi di Ivan)

    Testi: Cesare Melloncelli
    Disegni: Franco Donatelli

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 101, 102 (usciti nel 1969). I numeri reali di Zagor sono: 50, 51. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso: 50, 51.

    TRAMA

    Celata da inaccessibili montagne, sorge in Virginia la città di Nuova Uxmal, dove vivono i discendenti dei Maya fuggiti secoli prima dal Messico per evitare la minacciosa avanzata dei Conquistadores. A Nuova Uxmal, il giovane Lebnor combatte la tirannide del Gran Sacerdote Moikos, che regna grazie ai suoi Matam, guerrieri giganteschi e invincibili. Zagor e Cico vengono coinvolti in questa storia al di fuori del tempo.

    PREGI

    Una delle rare storie di Cesare Melloncelli su Zagor. Non è di Nolitta e lo si nota, ma si lascia comunque leggere con gusto. Questo episodio sembra proprio una storia di Akim trasferita su Zagor. Fantasia a ruota libera, in cui l'enfasi della narrazione e l'originalità delle ambientazioni conta più della verosimiglianza. E una tantum va bene anche così. Il ritmo narrativo procede spedito, senza parti noiose o cervellotiche. Si tratta in definitiva di una fiaba avventurosa, con buoni e cattivi molto ben distinti e raccontata in modo lineare: tutto ciò che il lettore deve sapere lo apprende sempre in tempo reale. Dal mero punto di vista di scorrevolezza di lettura, nulla da ridire. Pur con molte licenze narrative, Melloncelli si è preoccupato di rendere credibile l'esistenza di una civiltà maya nascosta da centinaia d'anni (in primis, nel fatto che gli abitanti di Nuova Uxmal parlano una lingua propria, incomprensibile ai visitatori esterni). Naturalmente, occorre chiudere un occhio sulla plausibilità che una regione così vasta sia rimasta celata agli esploratori solo perché l'ingresso della vallata è occultato, ma una volta accettata questa premessa di fondo, la storia si mantiene coerente alla propria logica interna senza incappare in incongruenze di particolare rilievo. Pittoresche le caratterizzazioni dei comprimari:
    - Lebnor: Il classico principino bello & buono che guida la rivolta contro l'usurpatore brutto & cattivo. Stereotipo da fiaba classica, ma sempre funzionale.
    - Il sacerdote Moikos: Un malvagio senza mezze misure, proprio d'altri tempi. Emblematica la sua carognaggine nel “ricompensare” lo spione che aveva tradito Lebnor:

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    - I matam: L'esercito personale di Moikos, guerrieri resi più alti e forti del normale dagli intrugli del gran sacerdote.
    - Tlasca: Un matam condannato a morte da Moikos che viene salvato da Zagor, credendo che ciò basti per garantirsi la sua alleanza. Il suo successivo tradimento va contro un sacco di logiche narrative, ma proprio per questo è inaspettato.
    - Kalangor: La guardia del corpo di Moikos, descritto come un matam più possente degli altri.
    Cico è molto ben utilizzato. Confermo la mia opinione che Melloncelli (assieme a Castelli) sia l'autore che più si è avvicinato a cogliere lo spirito del Cico nolittiano. Tra le gag spicca quella in cui si mimetizza tra le statue maya per sfuggire ai matam:

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    DIFETTI

    In primis, è l'idea stessa di “città nascosta” (e annessa “civiltà perduta”) a risultare piuttosto ingenua. E' vero che su Zagor era già apparso questo espediente e altre volte apparirà in futuro (vedi i vichinghi di Guthrum o i pirati di Capitan Serpente), ma questo dipende dalla maestria con cui un autore riesce a giustificarne l'esistenza. Qui bisogna chiudere un occhio sulla raffazzonatura dell'impianto e accettare le premesse con animo infantile, da bimbo che ascolta una fiaba di mondi fantastici. La differenza tra Melloncelli e Nolitta la si nota soprattutto nei dialoghi. Quelli del Mellon sono descrittivi, asettici, freddamente funzionali alla storia, ma nulla più: mancano di quell'enfasi tipicamente nolittiana che induceva il lettore a ricordarsi una storia anche per le battute che in essa venivano pronunciate. I matam sono descritti come giganti invincibili...ma nel corso dell'intero episodio, l'unico matam che dimostra una qualche superpotenza fisica è Tlasca, che nello scontro corpo a corpo ha strapazzato Zagor; tutti gli altri matam lo mettono in difficoltà solo per una mera questione numerica. Persino Kalangor, che in teoria dovrebbe risultare l'avversario più tosto da affrontare, viene sistemato con un paio di cazzotti come uno scagnozzo qualunque. Melloncelli poteva sfruttare assai meglio questa caratteristica dei matam, per imbastire qualche scontro affascinante. Non si comprende bene perché Moikos, coi potenti mezzi di cui dispone, abbia tante difficoltà a scovare Lebnor in un luogo dall'estensione così limitata, tanto da aver bisogno della soffiata di uno spione per localizzare il ricercato. La fine di Moikos - che cade da solo nel pozzo dei lupi - è piuttosto ridicola. La tipica “punizione-inflitta-dal-destino” per evitare all'eroe di sporcarsi le mani.

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    Storia: 6,5
    Disegni: 7


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    Edited by joe 7 - 8/9/2022, 21:30
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