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  1. ZAGOR: "I PREDATORI DELLA VALLE DEL DIAVOLO" (Ivan)

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    Ivan
    Zagor
    By joe 7 il 22 Feb. 2018
     
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    ZAGOR 265-267: I PREDATORI DELLA VALLE DEL DIAVOLO (analisi di Ivan)

    Testi: Marcello Toninelli
    Disegni: Franco Donatelli

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 316-318 (usciti nel 1987). I numeri reali di Zagor sono: 265-267. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 265-267.

    TRAMA

    Tom Goodbar vuole che Zagor trovi suo figlio Roy (un ladro che aveva nascosto un bottino), rinchiuso in un carcere all'aperto chiamato La Valle del Diavolo, e rapisce Cico per costringerlo. In questa valle i detenuti sono lasciati incustoditi a causa del fatto che è una valle senza uscita; sono inoltre divisi in tre gruppi: il primo, comandato da Big George, vive sotto un tetto e si dà alla coltivazione; il secondo vive allo stato brado; il terzo vive nelle caverne e si nutre di carne umana. Alla fine Zagor troverà Roy in questo carnaio, ma l'uomo finirà ammazzato dai suoi complici.

    COMMENTO

    Ennesima storiellina di Toninelli, per la quale, difficilmente, si vedrà la coda alle bancarelle dell'usato. Ma, del resto, quello era il periodo in cui il povero Marcello Toninelli cominciava a dare vistosi segni di esaurimento da iper-lavoro; in seguito avrebbe sfornato storie ancor più raffazzonate.

    PREGI & DIFETTI

    In questo caso sono tutt'uno. Nel senso che i “pregi” a livello di idea si trasformano poi in “difetti” nella loro realizzazione pratica. L'idea del “carcere naturale” autogestito dai detenuti stessi (tipo “1997 FUGA DA NEW YORK”, da cui l'ispirazione è palese) è affascinante. Il problema era rendere credibile quest'idea nel contesto western dell'epoca zagoriana. Purtroppo Toninelli passa con un bulldozer sopra all'attendibilità narrativa, ricorrendo al solito espediente dell'“esperimento sociologico” da parte dei governanti e non aggiungendo altro. Per accontentarsi di un presupposto del genere, bisogna proprio essere lettori di bocca buona: ma si presume che gli zagoriani siano stati abituati a ben altri presupposti per giustificare un'ambientazione “insolita”. Innanzitutto, manca del tutto il MONITORAGGIO da parte dei responsabili dell'idea. Un “esperimento” è del tutto privo di scopo, se non c'è un'osservatore che ne rileva i dati statistici e le eventuali evoluzioni e/o difetti. Almeno saltuariamente, qualche funzionario avrebbe dovuto sincerarsi degli avvenimenti all'interno della “riserva carceraria”...ma Toninelli non ne fa il minimo cenno. Questa lacuna contribuisce a rendere ancor meno credibile la già traballante ambientazione di partenza. Inoltre, è da mentecatti non prevedere che qualcuno possa far evadere i detenuti PROPRIO nello stesso modo con cui viene prelevato Zagor, cioè con una MONGOLFIERA. Chi era il Ministro degli Interni americano dell'epoca? Il Puffo Tontolone? Una volta accettata (con grande sforzo) la premessa iniziale, lo svolgimento segue una sua logica in modo abbastanza coerente...almeno a livello di IDEE DI MASSIMA. Infatti, ancora una volta, è proprio la trasposizione in scene narrative di queste idee, che non convince. Qua e là ci sono anche episodi riusciti, ma non supportati dalla credibilità del contesto in cui sono inseriti. In più, la tipica PIATTEZZA dello stile narrativo di Toninelli non aiuta certo a rendere emozionanti questi episodi, pure se le idee di base - di per sé - erano buonine. Ad esempio, il fatto che Big George preferisca conservare il dominio sul suo piccolo regno, piuttosto che tornare nella civiltà, è uno spunto interessante...ma è penalizzato dal fatto che in precedenza il personaggio NON è stato approfondito come si dovrebbe per far risaltare questo suo aspetto megalomane; quindi, in quella scena, appare solo come uno sciroccato. Paradossalmente, è più azzeccato il personaggio di Mutt (che qui ricopre il ruolo di Brain in “1997”): attraverso di lui, emerge bene la “metafora sociale” del ritornare a vivere come all'Età della Pietra. Questa è l'unica idea di base che Toninelli ha poi trasposto bene anche in sceneggiatura. L'abbrutimento dei detenuti cannibali è poco credibile. Anche ammettendo che le disumane condizioni di vita all'interno della Valle del Diavolo abbiano fatto impazzire alcuni reclusi, è inverosimile che:
    1) questi decerebrati si riuniscano in una comunità...col tacito (?) accordo di non spolparsi fra loro! Regressione a bruti e organizzazione sociale sono due comportamenti in contraddizione.
    2) i suddetti decerebrati sopravvivano da ANNI mangiando SOLO carne umana. In pratica dovrebbero aver fatto fuori CENTINAIA di altri detenuti “normali”!
    3) sempre i decerebrati siano mentalmente così malridotti da non riconoscere più un civile. Il ricorso al cannibalismo in situazioni di emergenza è una scelta lucida: non necessita di trasformarsi in bestie prive di intelletto o di perdere l'uso del linguaggio verbale.

    Troppo lungo il periodo di UN MESE in cui, ipoteticamente, si svolge la vicenda; per le sequenze che sono state presentate, una settimana sarebbe stata sufficiente, e anche più attendibile dal punto di vista narrativo, dato che, altrimenti, come lettore, mi viene spontaneo chiedermi cosa mai abbia fatto Zagor negli altri 25 giorni non narrati...

    L'assalto finale al presidio militare di guardia all'ingresso della Valle è lasciato soltanto all'immaginazione del lettore. In alcuni casi, l'adottare la tecnica del glissing non è un male, ma, in questo caso, sarebbe stato meglio mostrare nei dettagli almeno le sequenze iniziali dell'attacco. Inverosimile che i complici di Tom Goodbar sparino all'UNICO uomo che sappia dove è nascosto il bottino. Sono idioti o cosa? Roy era completamente DISARMATO e, per calmarlo, sarebbe bastato dargli una botta in testa o anche solo ferirlo...ma ammazzarlo senza alcun valido motivo significa aver messo in piedi tutto quel casino di rapimenti, ricatti ed evasioni per...NULLA! Ennesima assurdità nei comportamenti dei personaggi toninelliani. Tanto per cambiare, anche stavolta Zagor si sloga una caviglia come un pirla (sarà almeno la 10° volta che accade, nelle storie di Toninelli) Un fatto che peraltro qui non influisce di una virgola sulla narrazione, quindi ce lo poteva benissimo risparmiare. Altro marchio distintivo toninelliano: i dialoghi sono senza mordente. Descrittivi, funzionali, freddamente efficienti...ma privi di quel pathos nolittiano che faceva ricordare una storia anche per le battute che in essa venivano pronunciate. Pure in quest'episodio i dialoghi sono tutti allo stesso monocorde livello: né errori né picchi; sostanzialmente piatti e anonimi.

    Storia: 5,5
    Disegni: 7

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    Edited by joe 7 - 8/9/2022, 22:41
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