ZAGOR 16-17: CONDANNA A MORTE - Analisi di Joe7Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
Disegni: Gallieno Ferri
Zagor edizione originale Zenith: n. 67-68 (usciti nel 1966). I numeri reali di Zagor sono 16-17. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come
Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, cioè col numero 16-17. La storia è stata pubblicata per la prima volta sullo Zagor formato libretto
"Terza Serie-Collana Lampo" (50 lire):
n. 7: "Missione speciale" - 18 agosto 1964
n. 8: "Condanna a morte!" - 1º settembre 1964
n. 9: "La pista dei bisonti" - 15 settembre 1964
TRAMAZagor e Cico aiutano il maggiore
Walker a trovare un luogo adatto dove costruire il nuovo forte, in modo da non provocare gli indiani. In particolare, si dovrebbe evitare di costruirlo sul
Passo del Tuono, dove periodicamente viene attraversato dai bisonti che permettono la sopravvivenza agli indiani. Il maggiore è d'accordo, ma l'ottuso e crudele tenente
Dubrosky, che prende il comando dopo che il maggiore ha avuto un incidente, vuole costruire proprio lì il forte, non solo minacciando gli indiani che si ribellano al sopruso, ma anche catturando Piccola Volpe, il figlio di Andar, uno dei capi indiani: l'indiano viene condannato a morte per impiccagione. Zagor lo libera, ma viene catturato da Dubrosky e dai soldati, che stanno per impiccarlo al suo posto. Ma l'intervento di Cico salva la situazione. Zagor avverte Dubrosky e ai soldati di scappare appena sentiranno la terra tremare: infatti, poco dopo, Zagor manda una mandria di bisonti contro il forte. I soldati, memori dell'avviso di Zagor, scappano e si salvano tutti: ma Dubrosky, che preferisce rimanere nel forte, viene spazzato via, insieme ai resti del forte, dall'immensa mandria. I sopravvissuti concordano con Zagor sulla follia di Dubrosky e accettano il suo consiglio di costruire il forte da un'altra parte.
COMMENTOUna storia molto semplice ed esile, con un cattivo,
Dubrosky, piuttosto monocorde: è semplicemente ottuso e violento. E' il classico imbecille che dovrebbe solo pulire le stalle, che viene messo invece alle leve di comando: una storia risaputa e vecchia come il mondo. Inoltre, è anche razzista, visto che accusa sempre Zagor di essere un traditore della razza bianca, oppure parla sempre degli "sporchi indiani" e degli "sporchi messicani" facendo riferimento a Cico. Insomma, è malvagio e basta, senza alcuna profondità psicologica: è semplicemente "la persona che tutti amano odiare". Ad un certo punto, Dubrosky si mette persino a
voler frustare Cico, per un suo tentativo di scroccare un pasto: è il primo caso in cui Dubrosky si becca il primo cazzotto da parte di Zagor (ne riceverà altri due o tre, un vero punching ball). Riguardo a
Cico, qui Nolitta vuole sottolineare l'importanza del messicano: quando Zagor dice a Cico di non seguirlo perchè deve fare una missione pericolosa (liberare l'indiano condannato a morte), Cico si offende e se ne va. Qui Zagor si comporta un pò come ZagorTex, con la differenza che prova dispiacere per aver offeso il suo amico (ZagorTex direbbe invece di essersi liberato di una palla al piede). Ma, quando Zagor rischia di essere impiccato da Dubrosky, Cico salva la situazione minacciando i militari con un cannone. Lasciamo da parte la classica critica che sostiene che Cico non può essere capace di gestire un cannone: la cosa più importante è che il Cico di Nolitta qui
ha salvato la vita a Zagor. Qui Nolitta ha criticato, senza farlo esplicitamente, la gestione del padre su Zagor e, soprattutto, su Cico: il messicano è importante non solo per le gag, ma anche perchè è davvero di aiuto a Zagor in molte occasioni, nonostante il suo essere un gran pasticcione. Anzi, per sottolineare la cosa,
anche Cico dà un cazzotto a Dubrosky! Ma sembra che questa lezione nessuno degli sceneggiatori di oggi l'abbia capita.
SEZIONE COPIATUREE' triste doverlo ammettere, ma Ferri e la Bonelli copiavano: una cosa comune nel mondo del fumetto, nessuno si scandalizzi. In questo caso, la copertina è stata presa da "
Hondo" numero 10 della Bonelli (allora edizioni Araldo). In ogni caso, la versione di Ferri fa più effetto.
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