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  1. ARTE MODERNA: IL CULTO DEL NONSENSO E DEL BRUTTO

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    Riflessioni
    By joe 7 il 15 Feb. 2024
     
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    "ARTE MODERNA": IL CULTO DEL NONSENSO E DEL BRUTTO

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    "Oh, non lo capisci? Devi essere proprio un tipo superficiale!"


    Oggigiorno dilaga un vero e proprio culto del nonsenso e del brutto, che oscilla tra il banale e il volgare, o persino lo squallido, sia estetico che morale.

    La produzione artistica, purtroppo, non fa eccezione: in particolare, dal secondo dopoguerra ad oggi, è un'esperienza diffusa provare non solo una certa fatica a comprendere il significato di quest' "arte", ma anche avere l'impressione che essa sia banale, fastidiosa, laida, "brutta".

    Alcuni esempi di famose opere discutibili sono: La fontana (orinatoio) di Marcel Duchamp; le tavole monocrome di Yves Klein; la Merda d'artista di Piero Manzoni; le Marylin o le Zuppe Campbell's di Andy Warhol; gli animali imbalsamati e immersi in formaldeide di Damien Hirst; i tagli di Lucio Fontana; i bambini impiccati di Maurizio Cattelan; i telai di Maria Lai. Altrettanto può dirsi per le innumerevoli installazioni fatte con oggetti di qualsiasi tipo.

    Eppure la critica giudica molte di queste opere come "capolavori", sollevando nel pubblico la sensazione di non avere gli strumenti culturali per comprendere tali "opere".

    Ma è corretto questo giudizio? Non dovremmo riuscire tutti a comprendere il significato di quanto vediamo? Soprattutto quando l'opera non è espressione di una cultura diversa dalla nostra, come in tutti i casi prima elencati?

    E il senso della bellezza in ciascuno di noi non è forse innato, così che ciascuno abbia il titolo di esprimere un giudizio estetico, pur non essendo uno storico o un critico dell'arte?

    Queste domande sono fondamentali per valutare tante opere - esaltate come produzione di "artisti" eretti ad icone del nostro tempo - che, in realtà non sono dei "capolavori" come si vorrebbe far credere.

    Negli ultimi decenni, infatti, l'enorme potenziamento dei mezzi di comunicazione ha consentito a una élite di imporre una vera e propria dittatura culturale attraverso strumenti di comunicazione sofisticatissimi, con cui viene corrotta la concezione di cosa sia "bello" e cosa "brutto", di cosa sia di valore e cosa sia una banalità.

    Già nei bambini esiste una capacità di giudicare se l'opera che vedono è bella o meno: questa capacità nel tempo può essere poi sviluppata o, al contrario, annichilita dal contesto culturale.

    Nella nostra società, molti perdono il senso critico o, anche nel caso che lo mantengano, davanti a un'opera che non trasmette alcun significato, o che è brutta, stentano a dare un giudizio negativo.

    Infatti, la dittatura culturale attiva, a livello psicologico, una serie di meccanismi che inducono a non esprimere un giudizio o ad acquistare una percezione corretta o scorretta (secondo i dettami della "cultura del brutto" che ci viene imposta) sul valore delle opere viste.

    Tale atteggiamento remissivo o acritico viene generato instillando nelle persone un complesso di inadeguatezza culturale, attraverso il far credere che l'arte moderna e contemporanea, prevalentemente quella concettuale, sia qualcosa di troppo alto per essere alla portata di chiunque. Cosi l'osservatore, anziché esprimere un eventuale giudizio negativo sull'opera, finisce per credere di essere semplicemente inadeguato a capirla.

    Chi resiste all'idea della superiore comprensione dei critici rispetto agli altri, della necessaria correttezza dei loro giudizi, subisce dalla comunità, indottrinata e plagiata, una forma di "isolamento sociale": facendo leva sulla paura inconscia delle persone di restare sole, essa accorda l'integrazione nel contesto dei "colti", in cambio, però, del tributo di valore che il singolo renda alle opere proposte.

    Si tratta di un'operazione culturale aggressiva e massiccia, perpetrata mediante l'operazione congiunta di diversi attori:

    1) da una parte, c'è la critica d'arte, che ha contribuito a diffondere nel pubblico alcune opere e i loro autori, dando a interpretare, con la sua autorità, che quelle opere, così poco belle agli occhi del singolo (considerato privo di una competenza specifica), siano dei capolavori;

    2) dall'altra parte, ci sono le case d'asta, i galleristi, i direttori di istruzioni culturali e museali di vario genere, che, con queste opere, hanno creato un mercato fiorente, indirizzando investimenti indigenti in direzioni prescelte, a tutto discapito di altre forme di arte più autentica.

    Le motivazioni di queste operazioni sono sostanzialmente due.

    La prima: influenzare il mercato dell'arte. Esaltando dei finti artisti, non solo si evita l'onerosa ricerca degli artisti veri, ma si creano anche dei fenomeni controllabili da parte di chi detta il gusto. Fenomeni che muovono ingenti investimenti di compratori e collezionisti.

    La seconda: (più subdola) consiste nell'indirizzare il gusto estetico delle masse, quindi nell'esercitare su di esse un potere. La deformazione percettiva di cosa sia "bello", infatti, a lungo andare, influenza la percezione stessa della realtà, diventa persuasione prima concettuale e poi morale, plagiando l'identità e la libertà della persona.

    Infatti, chi è in grado di imporre il proprio concetto di bellezza, è in grado di ammaestrare le masse, indirizzandole verso una "non cultura", priva di spessore, di stabilità e intelligenza, oltre che di valore estetico.

    Così, è possibile trasmettere dei contenuti scadenti, che progressivamente affievoliscono il senso del bello, addomesticando la capacità critica. In questo modo, si allontana la gente dalle riflessioni profonde e ricche di significato che la vera e grande arte può favorire. Non a caso, Dostoevskij scriveva che "la bellezza salverà il mondo".

    Anziché educare la persona, cosa che fa l'arte vera, così, invece, si creano degli individui che rinunciano ad aspirare alle cose grandi. Li si priva della capacità di discernere nella realtà ciò che è di valore. Li si abitua ad un'esistenza povera e volgare che, a sua volta, non sarà in grado di creare cose belle.

    In sostanza, sfruttando la scarsa educazione del senso critico, dapprima si distorce la percezione della realtà, presentando tale "percezione" come una conoscenza "ben più profonda della realtà stessa", e attribuendo ad essa dei significati di cui invece essa è priva. Infine, la si giustifica sul piano estetico e ideale.

    In tal modo, si plasma l'identità di un individuo che, pur persuaso di essere padrone di se stesso e, anzi, appagato dal ritenere di avere avuto accesso ad una cultura "alta" che non tutti capiscono, è in realtà debole e manipolato delle élite intellettuali. Perchè non pensa più con la sua testa.

    Le conseguenze per l'esercizio effettivo della libertà e la maturazione della persona sono dunque drammatiche. Com'è possibile opporre resistenza a tale violenza del potere culturale? È fondamentale educare.

    Senza educazione alla bellezza, non c'è alcuna possibilità di discernere cosa è di valore da cosa non lo è.

    Ma questa educazione non è "la comprensione del significato delle opere": se così fosse, si ricadrebbe ancora nell'idea che per "capire davvero" l'arte, occorre formarsi attraverso la mediazione di una élite intellettuale detentrice delle chiavi di lettura dell'arte. E così si torna al punto di prima.

    Questo non vuol dire negare l'importanza di studiare la storia dell'arte e il contesto storico in cui sono state prodotte le opere, ovviamente, ma bisogna utilizzare tali conoscenza per meglio comprendere opere che, già da sole, senza studi particolari, sono in grado di comunicare con la parte più interiore dell'uomo.

    Occorre dunque innanzitutto aiutare a riscoprire la bellezza vera, ripartendo dai grandi maestri, dalla tradizione, a cominciare da quella classica, medievale e rinascimentale, senza denigrare le vere (poche) opere d'arte contemporanee.

    La grandezza della vera arte sta infatti nella capacità di veicolare significati ed emozioni, a prescindere da una pre-comprensione intellettualistica dalle intenzioni dell'artista. Nel suo essere universale, l'arte vera, pur toccando ciascuno in relazione alla propria storia e sensibilità, è in grado di comunicare con tutti.

    Tiziana Sembianti, pittrice (produce delle copie perfette di capolavori storici, indistinguibili dagli originali), intervistata da Stefano Lorenzetto su Il Giornale del 12 gennaio 2014 (rubrica «Tipi italiani»), dice, tra le altre cose:

    "Le cattedrali di ieri erano erette da gente che ci credeva. Le chiese di oggi sono figlie del relativismo: trattatelli di filosofia che celebrano la grandezza del nulla. Non inducono a pregare, entrandoci. Né a inginocchiarsi".

    E anche:

    "Hanno portato mia nipote Barbara, 15 anni, a vedere i "tagli" di Lucio Fontana a Torino. Al ritorno le ho chiesto: che cos'hai visto? "Tele con uno sbrego", mi ha risposto. Allora le ho detto: ricorda che se l'arte ha bisogno di essere spiegata, significa che l'artista ha fallito."

    Infatti - aggiungo io - l'artista, a quel punto, non è chi taglia la tela, bensì chi ti spiega come e perché si tratti di un'opera d'arte.

    Così, celebrati «capolavori» dell'arte moderna richiedono sempre più la presenza del critico, che ormai si comporta come il sofista dell'antica Grecia, il quale ti dimostrava tutto e il suo contrario a parole.

    Ma, dopo aver appreso che il celebre "Orinatoio" di Duchamp è un capolavoro assoluto, poi che fai? Lo compri e te lo metti in salotto? Saresti costretto ad assumere un critico e tenercelo accanto, a far da cicerone ai tuoi ospiti.

    Lo stesso, se sei un collezionista, per la Merda d'artista di Manzoni, il Piss-Christ (un crocifisso dentro a un bicchiere pieno di piscio) e la Madonna incapsulata in un preservativo. E il tuo salotto diventerebbe una cloaca.

    Per la cronaca, Tiziana Sembianti, l'autrice di copie (che non vende né espone), passa giornate intere davanti ai capolavori di Vermeer o di Caravaggio, per cercare di capire come siano stati fatti e poi riprodurli (per alcuni ci mette anni). Dice che, sebbene l'abbia scrutata per settimane, ancora non riesce a capire come abbia fatto Leonardo a dipingere la Gioconda. Cioè, a darle quei colori velati che sembrano fatti di luce.

    A cosa è dovuto l'irrompere del brutto nell'arte contemporanea (e, di conseguenza, nella nostra vita)? È semplicemente la conseguenza di un venir meno del bello?

    Purtroppo no: si tratta di una strategia della guerra culturale che da secoli si combatte contro il cattolicesimo e, più in generale, contro il Logos: contro l'armonia, contro la ragione umana come principio a cui spetta presiedere alle nostre scelte ed azioni in vista del bene, e a volte anche contro Dio, che è la Ragione (e l'Amore) di cui la nostra ragione (come la nostra volontà-amore) è imagine.

    Ogni arte è la manifestazione di un pensiero. L'arte classica, ad esempio, è l'espressione di un pensiero metafisico: il suo obiettivo è quello di rappresentare le cose come dovrebbero essere (non come sono in realtà). L'arte romantica celebra (con la letteratura, la pittura...), spesso, il trionfo delle passioni. L'arte verista o naturalista è un'arte materialista; e cosi via.

    E l'arte tardomoderna e contemporanea? Ha, spesso, salvo eccezioni (Tolkien, Chagall, Mahler, ecc.: non vogliamo generalizzare, sia chiaro), lo scopo esplicito di stravolgere il senso comune del bello, dell'ordine e dell'armonia. Qualche esempio chiarirà il concetto.

    Richard Wagner (che pur ha composto anche musiche molto belle, sia chiaro) combattè sulle barricate a Dresda accanto al rivoluzionario professionista Mikhail Bakunin, nel 1848. Dopo il fallimento dei disordini, Wagner si ritirò a riflettere, dopodiché pubblicò un libretto intitolato La Rivoluzione nell'arte (che influenzò moltissimo Nietzsche), in cui riassume le sue conclusioni: la rivoluzione non si fa combattendo sulle barricate, bensì con l'arte. L'arte è lo strumento più efficace per la guerra contro il Logos. Da quel momento, abbandonò completamente la musica tonale per dedicarsi allo studio e all'uso della musica cromatica (Wagner ha talvolta anche espresso un senso religioso, per es., nel Parsifal, che fu deplorato da Nietzsche).

    La musica tonale rispecchia la sensibilità spontanea dell'uomo (è "naturale"), è gerarchica (organizzata attorno ad un suono centrale, la nota "tonica") e teleologica (orienta l'ascolto verso la conclusione del brano).

    La musica cromatica trasgredisce tutte queste regole naturali: non ha gerarchie tra le note, non ha una tonica dominante e non è orientata verso una conclusione (è la musica, per intenderci, usata, non a caso, nella colonna sonora del celebre Shining di Kubrick, un film horror che ha un'atmosfera allucinata).

    Un altro esempio è dato dal celebre pittore Pablo Picasso, che ruppe gli schemi pittorici classici "inventando" il cubismo. In realtà, Picasso non fece altro che sostituire i volti delle Demoiselle d'Avignon (prostitute che frequentava e con le quali aveva recentemente litigato) con delle maschere africane che aveva visto poco prima ad una mostra. L'Africa era considerata, razzisticamente, una terra "senza logos": una terra nella quale le leggi morali e religiose (soprattutto quelle riguardanti la sessualità) non avevano giurisdizione. Così Picasso: "Quando ho scoperto l'arte negra, e ho dipinto quel che si dice la mia epoca negra, era per opporsi a ciò che nei musei era indicato come "bellezza".

    Altre citazioni dello stesso autore chiariranno meglio il concetto:

    "La mia adesione al Partito Comunista è il seguito logico di tutta la mia vita, di tutta la mia opera. [...] Sì, ho coscienza di avere sempre lottato con la mia pittura come un vero rivoluzionario";

    e ancora:

    "La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico".

    E chi potrebbe essere questo "nemico" se non il Logos?

    Potremmo anche citare Byron e Shelley, attivamente impegnati a realizzare la Seconda Rivoluzione Sessuale (dopo la Prima, quella illuminista, che vide il suo vertice nel marchese de Sade; e anteriormente alla Terza, che accompagnò il Sessantotto). Essi non trovarono niente di meglio, per abbattere le leggi morali e religiose che regolano la sessualità umana, che sfruttare il Romanticismo.

    Il Romanticismo - scrisse Huysmans, un romantico pentito - ruota attorno a un solo tema: l'adulterio (talvolta l'incesto; Huysmans esagera, perché i temi sono anche altri, ma comunque evidenzia un tema molto frequente). Nel romanzo romantico (da non confondersi con le storie d'amore medievali come Paolo e Francesca, Romeo e Giulietta...) la trama è spesso quella: c'è una coppia sposata e un terzo; tra la moglie e il terzo scoppia la passione e il marito si oppone. Lo svolgimento del romanzo relega il marito tradito nella posizione del "cattivo", mentre il lettore è indotto a fare il tifo per gli adulteri. Il lieto fine prevede la consumazione della passione sessuale tra i due amanti. Traduciamo: assecondare le passioni è sempre buono, le leggi morali e religiose che regolano matrimonio e sessualità sono sempre cattive.

    Potremmo continuare a lungo, ma ormai abbiamo capito il meccanismo: l'arte è un'arma (molto efficace) nella guerra culturale contro il Logos e la legge morale naturale. Ed ecco spiegato l'irrompere del brutto nell'arte: non si tratta di un decadimento del senso del bello, o almeno non solo. Si tratta di una strategia per devastare e distruggere la sensibilità delle persone per la bellezza, l'ordine e l'armonia.

    Per rovesciare l'antropologia classica - che vede la ragione, in sinergia con la volontà, a capo della persona - e sostituirla con un'altra antropologia, nella quale la persona è dominata dalle passioni, che (per i classici) non devono essere estirpate e mortificate, ma vanno coltivate ed educate.

    Non si tratta di un processo spontaneo, bensì di una strategia tanto tremenda quanto efficace per allontanare gli uomini dal Logos, che si è incarnato nella persona di Gesù. In principio era il Logos (Verbo/Parola/Ragione), e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio. Così scrive san Giovanni iniziando il suo Vangelo, presentando Gesù. L'arte tardomoderna e contemporanea, spesso, non è altro che uno strumento nella lotta eterna tra il Bene e il male.

    Nel seguente video, dal titolo "La visita alla Biennale" (durata: 9 minuti) si può vedere un simpatico spezzone di un film di Alberto Sordi alla Biennale di Venezia. La vera arte non ha bisogno di spiegazioni, né di intelligentoni che ti aiutino a coglierla. La bellezza si impone da sola: chi guarda il giudizio universale di Michelangelo non può non rimanerne affascinato... Per questo l'arte moderna non è vera arte.


    BIBLIOGRAFIA:

    Articolo di Valentina Sessa- BASTABUGIE
    Articolo di Rino Cammilleri - BASTABUGIE
    Articolo di Roberto Marchesini - BASTABUGIE

    QUI IL LINK SULLE RIFLESSIONI

    Edited by joe 7 - 15/2/2024, 19:38
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    Un mio amico non sopporta Wahrol; dice che ha vissuto di rendita con il suo barattolo di zuppa, che secondo lui non era stà gran cosa.
    Essendo lui un disegnatore per hobby, gli ho segnalato il tuo articolo per sentire la sua opinione in merito.

    Per concludere, vorrei citare un vecchio detto: non é bello ciò che é bello, ma é bello ciò che piace.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 15/2/2024, 19:21) 
    Un mio amico non sopporta Wahrol; dice che ha vissuto di rendita con il suo barattolo di zuppa, che secondo lui non era stà gran cosa.
    Essendo lui un disegnatore per hobby, gli ho segnalato il tuo articolo per sentire la sua opinione in merito.

    Per concludere, vorrei citare un vecchio detto: non é bello ciò che é bello, ma é bello ciò che piace.

    Devo correggerti: "Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace" è una frase sbagliata. Il bello piace a tutti.

    La bellezza non è una cosa soggettiva. Certo, ci sono delle cose che piacciono di più o di meno, ma sono tutte belle, e apprezzabili di per sè.

    Quindi è bello solo ciò che è bello, oggettivamente, e tutti lo riconoscono bello non solo perchè piace, ma proprio perchè è, di fatto, bello di per sè.

    Cioè, armonioso, equilibrato, che dà un senso di pace e di armonia, di gioia e benessere. Esprime la Bellezza Eterna che è Dio: e quella è la Bellezza vera, riconosciuta da tutti, che è da contemplare soltanto, come un tramonto o un'alba sul mare. Ma non dipende dai "gusti": è universale.
     
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