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  1. PICCOLO ZEUS - INTERVISTA ALL'AUTORE

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    Piccolo Zeus
    By joe 7 il 31 May 2014
     
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    LUNGA INTERVISTA A SERGIO CRIVELLARO, IL CREATORE DI PICCOLO ZEUS

    L'analisi su Piccolo Zeus si trova qui.

    Come è nato Piccolo Zeus?

    Le premesse sono queste: nel ‘77 la direttrice del Corriere dei Piccoli, José Pellegrini, intelligente, aperta e illuminata, divertita dal mio mondo surreale, voleva provare a trasportarlo nel suo giornale. Provammo con le storie di Mr. Vudu, accidentatissime da subito per la difficoltà di trovare un disegnatore. Cominciavano a disegnare uno, due episodi e poi, o per un motivo o per un altro, sparivano. Come dire: forse gravava una specie di maledizione su Mr. Vudu.

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    Un po’ sconfortato, mi venne l’idea di Piccolo Zeus. Mi aveva colpito la serie tv di Mazinga, un po’ per i colori, un po’ per le invenzioni e poi per l’assoluto disinteresse di cercare un rapporto con la realtà.

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    Non sto dicendo che la seguivo, semplicemente ne vedevo dei frammenti e, come davanti ad un quadro, quel che vedevo mi piaceva, e vedevo i frammenti perché mia figlia, che allora aveva una decina d’anni (da cui Zeusina), li guardava in TV. Pensavo così a un superman bambino, mediterraneo, con una vita normale e problemi scolastici, tutta roba di casa nostra. Volendo dargli dei poteri “spaziali” cosa c’era di meglio dell’Olimpo, con tutto il suo sterminio di divinità già fortemente caratterizzate di suo. A ripensarci, mi pare anche che qualche tempo indietro fosse uscito su un almanacco di Linus una storia a fumetti francese piena di donnone con un Olimpo orgiastico che vagava su di un’astronave. Credo fossero Wolinski e Pichard. Forse mi era rimasta in testa, comunque l’Olimpo e le sue divinità mi hanno sempre divertito. Riguardo i fumetti, allora mi divertivano molto gli alieni del mondo di Jeff Hawke e il loro umorismo inglese. In particolare Chalcedon dove, forse, troverà qualche attinenza col primissimo Titano.

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    E così, arso dal sacro fuoco, stesi la prima storia con l’interrogativo tormentone: ma insomma, chi è Piccolo Zeus? Domanda volutamente destinata a rimanere senza risposta. Del resto, navigavo in mare aperto senza sapere dove andavo salvo il fatto che volevo divertirmi e divertire e la Pellegrini, da illuminata, lasciava fare senza voler sapere come la storia sarebbe finita. Onore al merito. Sembrava tutto OK se non che si ripresentò, come una maledizione, il problema del disegnatore. Il mondo dei disegnatori di fumetti era strano, e ognuno di loro sembrava vivere in un suo olimpo personale. Non era come con un grafico o con un illustratore, che gli dicevi cosa volevi e lui ti diceva se lo poteva fare o meno, era come andare in ginocchio da Michelangelo. Un paio non vollero farlo, altri lo avrebbero fatto se però io cambiavo la storia, perché a loro non piaceva. Mi sembrava una cosa enorme e ero rimasto senza parole, così dissi alla Pellegrini che piuttosto di cambiarlo l’avrei disegnato io che non ero e non sono un disegnatore. Per capire, nel 77 ero autore e regista della serie di caroselli “Attenti al cuore Hag”, quelli girati un po’ come dei documentari sulla forma grafica del cuore. Ero quindi ben remunerato e avevo molto tempo libero per poter disegnare, cosa che mi piace fare. Se i miei storyboard andavano bene alle agenzie pubblicitarie, potevano andare bene anche per il Corriere dei Piccoli, pensavo.
    Venendo al disegno, di Mazinga ho già detto. Quello che avrei voluto ottenere come disegno, e che avevo proposto ai disegnatori sui loro piedistalli era qualcosa come la copertina di un 33 giri che Fattori aveva portato dall’America dove era andato a girare l’ennesima serie della Gomma del Ponte. Proprio a maggio di quell’anno era uscito in America il primo Guerre Stellari e il disco era Star Wars Theme Disco Version (su You Tube è la copertina di Star Wars-Cantina Band Theme).

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    Gli stessi colori di Mazinga ma con l’aerografo, e i due personaggi che ballano con le luci a fascio sono esattamente quello che io avrei voluto per Piccolo Zeus, ma è chiaro che oltre a non essere alla mia portata nemmeno si poteva pretendere di fare un fumetto all’aerografo curato come la copertina di quel disco. E così, la tecnica che ho usato, si vede, è simile a quella di capitan Brok. Semplice e immediata. Un bel tratto nero di una Pentel e il tutto campito con i Pantone.

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    Per gli occhi non c’è stato un ragionamento profondo. Quando provavo a fare le pupille, mi sembrava che i personaggi perdessero personalità e mistero. Le statue classiche sono belle imponenti ed espressive anche se non si vedono le pupille. Titano lo volevo già michelangiolesco nei muscoli e nel tratto e inoltre nei fumetti di allora, Batman e Robin, Asso di Picche, l’Uomo Mascherato, l’Uomo Ragno ecc non avevano pupille sotto la maschera e reggevano bene. Così decisi per il niente pupille.

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    Quanto alle idee e alle contaminazioni con il quotidiano, io trovo che il vivere quotidiano sia una miniera inesauribile di spunti. Se ne parlava con Bruno Bozzetto un po’ di tempo fa. Lui stava scrivendo una serie cartoon sulla Famiglia Spaghetti e io stavo scrivendo le sceneggiature dei Bi Bi per Rai 2, quindi un bel po’ di tempo fa. Bruno, sempre in giro per inviti e conferenze sui cartoon, era sbalordito dal fatto che c’era sempre qualcuno a chiedergli come gli venivano le idee per i suoi film e lui non riusciva a spiegare che gli era sufficiente, alla sera quando tornava a casa, aprire la porta su moglie, nuora, nipotini e chiedere: Com’è andata oggi? Per avere già tre o quattro sceneggiature belle pronte per il giorno dopo.

    Signor Crivellaro, lei ha fatto diverse sceneggiature di Cucciolo e Pugacioff, oltre ai dialoghi e alla loro direzione di “West and Soda” di Bozzetto, uno dei miei film preferiti. Inoltre ha partecipato anche ai cartoni animati di Cocco Bill. Come nacque la sua passione per i fumetti e i cartoni animati?

    Come in tutti i bambini. Finita la guerra, Milano era grigissima e per me i colori stavano tutti in Topolino, di cui prediligevo Paperino e poi, al di là dei classici Disney (Biancaneve, ecc.) erano usciti dei film contenitore con episodi di Paperino contro Cip e Ciop che erano una bomba di colori in movimento su un grande schermo, ed erano anche la scoperta che i disegni si potevano muovere e io disegnavo e avevo otto, dieci anni.

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    Non mi fraintenda. Immediatamente dopo ero all’idroscalo in bicicletta pensando ad altro. Non è stato un chiodo fisso e nemmeno ci pensavo. Quando è uscito Carosello, in bianco e nero, frequentavo la scuola d’arte del Castello Sforzesco sempre perché mi piace disegnare. A Carosello imperversavano i cartoon di Gavioli, di Cingoli ed altri. Tutti si valevano di disegnatori che venivano dalla scuola di Urbino ed erano disegni modernissimi per i tempi, così quando ho scoperto che avevano iniziato un corso serale per cartone animato alla Cova ci andai di corsa.

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    Favoleggiavamo di fare un film sulla guerra di Troia che poi abbiamo proprio fatto. Gozzini disegnava strameglio di me e di tutti quanti messi insieme così disegnava i personaggi e io ho scoperto il mio talento per le gag e inventavo la storia. Tutti insieme animavamo. Ormai la passione c’era e i talenti si svelavano. Per dire, Gozzini vinse il concorso per disegnare in Italia il "Tigre da mettere nel motore" e io cominciai a scrivere anche per la pubblicità.

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    Quanto a Pugacioff era stato il mio amore nel fumettoski italiano. Ho cercato così di conoscere Giorgio Rebuffi, il papà di Pugacioff, un vero genio nel settore e ci siamo piaciuti. In realtà è stato lui a insegnarmi a come trasformare in sceneggiatura le mie gag e le mie battute. Ovvio che mi sia buttato subito su Pugacioff.

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    Giorgio Rebuffi è stato un grande autore, purtroppo misconosciuto come molti altri. C’è un po’ di Pugacioff nel Lupo Cattivo della storia di Piccolo Zeus e Titano nel regno delle fiabe?

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    Una volta conosciuto, è impossibile togliersi Pugacioff di dosso. Quanto a Rebuffi, non mi risulta che sia misconosciuto. Tutt’altro! E’ stato e penso che sia ancora adesso un grande e sia ricordato e rispettato nell’ambiente. Ha inventato moltissimo, per esempio Tiramolla l’ha inventato lui e poi l’ha disegnato Manfrin.

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    Aveva un disegno bellissimo con un gusto per i pesi tra il bianco e il nero di qualità rara. Amavo il suo “Sceriffo Fox” per il disegno e Bombarda e Giona e quando l’ho conosciuto, nel '64-65 aveva un bel cane lupo, da cui il suo Pugacioff.

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    Peste e coleraski! Nel 66 siamo riusciti a metterci in sintonia con Pugacioff e mi pare avessi cominciato a collaborare con “La tragedia incombe” dove Pugacioff viene preso dal sacro fuoco del teatro. Ci divertivamo molto. Quanto al lupo cattivo in Piccolo Zeus, un lupo è un lupo e sicuramente si porta dietro qualche cosa di Pugacioff, ma diciamo che sarà stato nel subconscio.

    Ha fatto anche film per Carosello?

    Oserei dire a quantità industriale. Dopo “West and Soda” e “Il signor Rossi compera l’automobile” ho scritto molti cartoni, ma sembrava mi chiamassero solo per quello.

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    Ritenendomi un autore non capivo perché non potevo scrivere anche per il cinema dal vero. Non vedevo la differenza, così entrai in una casa di produzione, la General Film, e ci stetti per un po’ di anni occupandomi anche di regia. Poi sono tornato a fare, come si dice in gergo, il "freelance” e potevo fare sia il vero che il cartone.

    Come è arrivato al Corriere dei Piccoli?

    Avevo aiutato Giuseppe Laganà con alcuni testi per i giochi che lui disegnava per la testata e alla direttrice Josè Pellegrini erano piaciuti i miei interventi così cercammo qualcosa per continuare la collaborazione.

    Con Piccolo Zeus, voleva prendere in giro il genere supereroistico e anche quello robotico? (penso allo scontro tra Piccolo Zeus e Ares a bordo di robot giganti).

    Quella era l’idea originale, ma l’intenzione sia mia che della Pellegrini era di farlo in modo che si sentisse comunque la simpatia che portavamo per i due generi. Guerre Stellari era stata una doccia salutare all’epoca e non si poteva più far finta di niente.

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    Quanto allo scontro finale sui robot giganti, era il finale al quale tendeva tutta la storia. Era Ulisse che finalmente fa fuori i Proci.

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    Poi, io sono buono e così faccio diventare buono anche Ares e il Corriere dei Piccoli mi pareva la tribuna appropriata per tutto questo spargimento di bontà.

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    E’ lei il Grande Giullare che compariva ogni tanto presentando la storia?

    Si, ma l’ho fatto solo all’inizio, per simpatia con le aperture delle storie di Jeff Hawke. (nota: nelle storie classiche di Jeff Hawke, un fumetto inglese di fantascienza, spesso c’erano due diavoletti che presentavano la storia e la commentavano alla fine)

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    Lo stile di disegno è particolare, molto efficace. A cosa si è ispirato?

    Non dovevo disegnarlo io. Io non sono un disegnatore ma nessuno di quelli veri voleva disegnarlo. Solo un paio l’avrebbe fatto e solo se io “cambiavo” la storia. Basta questo per capire che i disegnatori di fumetti erano dei matti. Non era come con un grafico o un illustratore che gli dicevi cosa volevi e lui ti diceva se lo poteva fare o meno. Era come andare in ginocchio da Michelangelo. Mi sono girate moltissimo e ho detto alla Pellegrini che, piuttosto di cambiare una sola virgola, lo avrei disegnato io che, ripeto, non ero e non sono un disegnatore. Sapevo quello che volevo e sapevo che non potevo disegnare nel modo che volevo, ma sapevo lo stesso come mettere col culo per terra quei quattro fessi. Se i miei storyboard andavano bene alle grandi agenzie pubblicitarie, potevano andar bene anche per il Corriere dei Piccoli. A dire il vero, non avrebbero potuto farlo come volevo io nemmeno i disegnatori olimpici, così la tecnica che ho usato, si vede, è simile a quella di capitan Brok, semplice e immediata. Il bel tratto nero di una Pentel e il tutto campito con i Pantone.

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    Nei disegni, se guarda bene, c’è di tutto, da Michelangelo al Veronese passando per Mazinga e Paperino e sempre il più possibile imponente quando la storia lo necessita e mi sono divertito un mondo alla faccia dei tromboni.

    Mi sorprende il fatto che i disegnatori dell’epoca fossero così pretenziosi. Il lavoro di disegnatore di fumetti a quel tempo non era ancora valutato come un lavoro “onorevole”, tanto che molte volte accettavano di lavorare sotto falso nome o, addirittura, senza alcun nome. Come mai questo fatto, secondo lei? I tempi erano cambiati?

    Non mi risulta che non lo trovassero onorevole. Sarò stato sfortunato ma in quel periodo sbattevamo quasi sempre contro autentiche primedonne. Forse perché stavamo cercando disegnatori liberi da impegni e ce ne saranno stati pochi. C’erano molti disegnatori degnissimi ma erano ovviamente tutti molto occupati. Al Corriere dei Piccoli c’erano matite fantastiche che tra le altre cose erano pagate molto bene, del resto si trattava di starsene seduti tutto il giorno a disegnare. Naturalmente c’erano come in tutti i mestieri quelli che, come diceva Bukowski “si prendono cazzutamente sul serio” e forse per congiunzione astrale io ci sono cascato dentro.

    Quindi Piccolo Zeus sarebbe stato fatto con l’aerografo, secondo le sue intenzioni…ma credo che sia venuto benissimo anche così. C’è un motivo per cui ha fatto Titano tutto viola? E Briareo tutto verde?

    A parte il gusto cromatico personale per la tavola colorata nel suo insieme e l’impatto psicologico del personaggio, no.

    Che personaggio è Piccolo Zeus? (in sostanza, chi è Piccolo Zeus? Il bravo ragazzo che protegge la Terra?)

    Beh, no! Dovrebbe essere chiaro, alla fine della serie, che si tratta di uno degli innumerevoli pargoli di Zeus in persona e che Zeusina è sua sorella (che manco sapeva di avere) ma si sa com’era Zeus, uno che si traveste da cigno o pioggia d’oro per far quel che sappiamo. Il motivo per cui se ne sta sulla Terra a studiare come un normale ragazzino, magari lo avrei affrontato in un’altra serie, se si fosse realizzata.

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    So perché se ne sta li, e fa parte dell’atavico conflitto genitori-figli, e non sta lì certo per salvare la Terra, anzi. La salva perché è giovane, impulsivo, generoso ecc. ecc. come mi piace pensare possono essere i bambini nei loro momenti migliori e così ci viene trascinato dentro.

    Che personaggio è Titano?

    Un Titano per l’appunto, sbruffone e con un bell’ego, ma pigro e pantofolaio. Prova ammirazione per Piccolo Zeus e si dà il compito di proteggerlo senza che nessuno glie lo abbia chiesto. Poi, sotto sotto, gli piace menar le mani.

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    Riguardo a Titano: conosco bene Jeff Hawke, e Chalcedon è uno dei miei cattivi preferiti. Fisicamente, Titano assomiglia in parte a Chalcedon per i suoi occhi e un po’ per il suo carattere, e in parte ad una statua greca. Si è ispirato a qualche raffigurazione classica greca in particolare per Titano? A volte, lui mi ricorda certe raffigurazioni sui vasi greci antichi.

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    Complimenti per aver colto gli “occhi” di Chalcedon. Erano proprio quello che volevo per le prime immagini del fumetto. Volevo che Titano fosse subito percepito come inquietante e poi dopo lo spavento iniziale si rivelasse per quel che invece è, un amico leale di Piccolo Zeus, in modo che il giovanissimo lettore si abituasse a non fermarsi solo alle apparenze. Quanto all’ispirazione è certo che lui è greco antico e così mi era venuto naturale farlo classicheggiante.

    Titano è, spesso, anche il personaggio “comico” della situazione: per esempio quando incontra Robin Hood e gli cammina sopra, o viene baciato da Moby Dick. E’ una caratteristica che si è accentuata sempre di più nel personaggio, tanto da oscurare, qualche volta, Piccolo Zeus (nella storia con Robin Hood e Calibano, lui è quasi da solo, per non parlare di quando affronta il Centauro). In fondo, Titano è il primo personaggio che appare in Piccolo Zeus… E’ stata una cosa voluta o è venuta fuori da sola?

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    E’ casuale. Scrivendo e non avendo coercizioni a volte mi lascio trascinare dall’amor per la battuta. Non sempre tutto è calibrato ma anche far riposare Piccolo Zeus ogni tanto non fa male alla storia. A me piacciono le cosi dette “spalle”.

    Che personaggio è Zeusina? C’è qualche motivo per cui lei porta sempre la maschera?

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    E’ il terzo incomodo tra Piccolo Zeus e Titano. A me, narratore, tecnicamente serviva un po’ come la vecchia signora che Hemingway usava in “Morte nel pomeriggio”, facendola intervenire quando la narrazione diventava troppo tecnica. Poi, naturalmente, mi ha preso la mano. Per il disegno, ho disegnato mia figlia, che allora aveva dieci anni, e le ho messo la maschera, un po’ perché non fosse riconoscibile e un po’ perché le dava un carattere difficile da decifrare. L’idea che Piccolo Zeus avesse una sorella e non lo sapesse mi divertiva molto.

    Visto che Zeusina provocava sempre Titano, facendolo arrabbiare in continuazione, c’era forse qualcosa tra loro due?

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    Certo! Zeusina è gelosa di suo fratello. In fin dei conti lui non sapeva di avere una sorella, ma lei si, e standosene lassù lo avrà seguito con curiosità. Appena ne ha l’occasione, cerca di rifarsi del tempo perso, e questo la porta a scontrarsi con Titano che è piuttosto ingombrante. Curiosamente ho letto da qualche parte che è stato vissuto per il periodo come un fumetto in un certo senso gay friendly. Naturalmente non c’entra niente anche se capisco le motivazioni dovute all’apparente normalità della convivenza. In fin dei conti Piccolo Zeus studia e non è detto che anche Titano non segua qualche corso, magari di pesca sportiva. Insomma, una casa per studenti fuori Olimpo.

    Zeusina è molto intelligente e se ne vanta spesso, facendo fare più volte la figura degli incapaci a Piccolo Zeus e Titano. Era un esempio di femminismo o una presa in giro sugli eroi che risolvono tutto da soli?

    Dovrebbe aver conosciuto com’era mia figlia allora (per non parlar di adesso). Certo che, se ce ne fosse stato bisogno, Zeusina sarebbe stata utilissima per ridimensionare l’ego di quei due.

    Forse lei aveva una storia sulla faccenda della sconosciuta Zeusina? (il fatto di Piccolo Zeus che aveva una sorella e non lo sapeva fa supporre che ci sia stata una storia sotto)

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    La prima apparizione di Zeusina?


    No, ma apriva scenari che se si fosse andati avanti avrei percorso volentieri. Non dimentichi che se un fumetto diventa un serial più scenari si aprono meglio è e non dimentichi quante avventure extraconiugali deve aver consumato Zeus di nascosto.

    I primi episodi sono stati generalmente di due puntate, con personaggi come il Leone di Nemea e Briareo: cosa ne pensa di queste prime storie? E’ stato difficile farle?

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    Erano storie di puro rodaggio, che si sarebbero potute interrompere senza problemi, se non fosse andato bene o a me, o all’editore, o al pubblico, che in definitiva è quello a cui il prodotto era diretto. C’era da mettere a punto il disegno e i caratteri dei due protagonisti e vedere se funzionavano. Non è stato difficile, perché ero stato lasciato molto libero e dovevo rendere conto solo a me stesso e alla direttrice, che era una persona aperta e intelligente, oltre che curiosa.

    Il Leone di Nemea, dal colore soprattutto giallo: come le è venuta l’idea del chicchirichì ultrasonico? Il “Ti chicchirichizzo” mi è rimasto impresso…

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    Cercavo di immaginare un’arma fantascientifica assurda che facesse ridere un bambino e mi è venuta per prima quella. L’ho detto alla direttrice che è scoppiata a ridere e così, come le ho già detto, mi sentivo liberissimo e non c’è di peggio per uno come me. Cercavo di frenarmi, come dire, auto censurarmi da solo. Ricordo una sceneggiatura di Cocco Bill che dopo averla letta e dopo che Pierluigi De Mas e Oscar Avogadro avevano finito di ridere, tutti e due volevano sapere cosa mi fossi fumato prima di scriverla.

    Nelle prime storie, prima di quella del re delle Stelle, è stata una scelta voluta e deliberata aver usato poco il verde (ad eccezione di Briareo)?

    No! Mi pare non ci fosse ancora la lega e non ne avevo motivo. Credo si trattasse che nei Magic Marker che allora usavo non se ne trovassero di quelli in grado di convincermi.

    Oltre ai protagonisti, lei si è ispirato a qualche altro personaggio, reale o dei fumetti, per qualche personaggio di ruolo minore?

    Probabilmente si ma dovrei rileggermi tutto. Ricordo in quelle iniziali il generale burbero e autoritario col sigaro. Si trattava di mio suocero che era proprio un tipo del genere. Ne ho approfittato per farne un ritratto.

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    La saga di Piccolo Zeus e Titano che vanno su Olimpo e affrontano Ares è una bellissima presentazione di molti personaggi mitologici. Ha dovuto poi interrompere la storia per qualche mese, per poi riprenderla. Ci sono stati dei problemi?

    No. Si tratta di normali strategie editoriali. Piccolo Zeus era ben avviato e funzionava. La storia era molto lunga e gli episodi erano autoconclusivi. Il giornale doveva presentare altre proposte, così, verso la metà della storia, si lasciava spazio a nuovi progetti, proprio come era successo per i primi episodi di due puntate di Piccolo Zeus, tenendo conto del periodo, poi si riprendeva da dove si era interrotto. Niente di straordinario nell’economia dell’editore.

    Anche la storia conclusiva di Mister Caos e del re delle Stelle è stata interrotta per qualche settimana. Come mai?

    Per lo stesso motivo.

    In questa saga conclusiva di Mister Caos ci sono stavolta tutti i personaggi delle fiabe e racconti classici: davvero molto bella, come le è venuto in mente di inserire degli eroi mitologici in storie di fiabe?

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    Intanto erano li per “salvare” il mondo delle fiabe e dei racconti per i ragazzi e poi, per quello che mi riguarda, gli eroi mitologici sono gli antenati delle fiabe. Fiabe così belle giusto Omero poteva inventarsele. Io non vedo i generi così distanti tra loro. Dipende dal linguaggio usato.

    Ho letto che le piace molto la pesca: è questo il motivo per cui all’inizio della storia di Mister Caos a alla fine i nostri eroi sono sul fiume a pescare?

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    Esattamente! In quel periodo mi piaceva molto stare sul fiume o nel torrente. Non si ha idea quanta natura si riesca a ritrovare risalendo un torrente dopo essersi lasciati la strada alle spalle. Così collegavo la visione della pesca con una specie di pace agreste dove gli eroi, i miei, si riposavano.

    Nella storia di Piccolo Zeus contro gli dei greci, ci sono diversi personaggi interpretati a modo suo: per esempio, come mai ha fatto Cerbero con quattro braccia?

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    L’ho fatto ispirandomi alla corazza di un granchio e già che c’ero gli ho aggiunto un po’ di braccia tipo zampette. In un momento storico dove imperversava Atlas Ufo Robot mi pareva del tutto ammissibile.

    Il personaggio di Notte: ha preso lo spunto da qualcuno? Mi sembra familiare…

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    Il personaggio "Notte" è un omaggio a Beardsley (un illustratore dell’800. Si occupò di illustrare anche la Salomè di Wilde, ndr).

    E Tifeo, tutto di fuoco?

    C’era anche un gioco in redazione dove dopo aver letto il mio soggetto si chiedevano con curiosità come avrei fatto a disegnare il vento piuttosto che il fuoco ecc. e così c’era anche il gusto di “stupire” oltre al piacere di disegnare in modo, diciamo, astratto. La reazione della redazione mi rassicurava su come avrebbero reagito poi i lettori.

    Il cattivo che imprigiona Titano per fargli degli esperimenti per conquistare il mondo è uno scienziato pazzo tipico o si è ispirato a qualcuno? A me ha fatto venire in mente Eric Von Stroheim, “l’uomo che tutti amano odiare”.

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    Era proprio lui. Vedo che a lei deve piacere il cinema oltre che il fumetto.

    E’ un peccato che sia finito Piccolo Zeus: come mai non ha pensato di riprenderlo?

    Sia io che la pregevolissima Pellegrini saremmo anche andati avanti, ma il Corriere dei Piccoli ha cambiato direzione ed è arrivato uno che ha cancellato tutto e a ben vedere ha cancellato anche il Corrierino. Un po’ come poi è accaduto per Carosello. Le grandi agenzie di pubblicità sono riuscite a cancellarlo e a iniziare con la valanga di spot corti ripetibili all’infinito, con grandi affari per loro, però con la distruzione di un patrimonio di competenze e di un pregevole spazio per i nuovi talenti. Un vero peccato.

    Che storie aveva in mente di fare ancora su Piccolo Zeus, se ne avesse avuto la possibilità? Sarebbe stato interessante un seguito di Piccolo Zeus dove lei avrebbe affrontato il fatto di Piccolo Zeus che sta sulla Terra a studiare, come mi ha detto. Aveva in mente qualche altra saga galattica?

    No! C’era un personaggio e un suo mondo che avevano funzionato bene. L’idea sarebbe stata influenzata dal momento che stavamo vivendo quando mi fosse stata chiesta e sarebbe dipeso da quel che mi frullava in testa in quel momento. E’ certo che prima o poi avrei affrontato il motivo per cui Piccolo Zeus stava qui tra noi a studiare, e cosa studiava poi? Aritmetica? Tenga conto che parlavo principalmente ai bambini delle elementari. Si immagini l’ironia di Zeusina, per non parlar di Titano.

    Ha mai fatto qualche storia extra di Piccolo Zeus, oltre alle storie citate sul Corriere dei Piccoli?

    No!

    Pensa che in futuro Piccolo Zeus sarà pubblicato in volume?

    Penso proprio di no. Avremmo potuto farlo all’epoca, quando il Corrierino faceva i cartonati per alcuni suoi prodotti. Ricordo la pentola a pressione del Viaggio nella Cibosfera di Laganà. Ora è impossibile e poi tutti gli originali li ho ancora io.

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    Oltre a Piccolo Zeus, lei ha fatto un altro personaggio sul Corriere dei Piccoli, Mister Vudu: le sue storie sono durate meno (circa tre storie in tutto). Può parlarci di lui?

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    Sì. E’ stato un personaggio sfortunato. Del resto, uno che si chiama Vudu. Poteva essere divertente e doveva diventare una saga alla ricerca della bilancia del destino della quale lui possedeva una copia funzionante dell’ago, quello che cercava incendiando i pagliai, per diventare padrone del mondo. Avremmo avuto Mister Vudu, mago perfido e pasticcione che cerca nel pianeta gli ingredienti necessari per fare una copia della bilancia e il bambino Tom Junior con il padre giornalista che a loro volta stringono alleanze con altri maghi, elfi, fate ecc. per fermarlo. Abbiamo subito avuto problemi con il disegno. Aveva iniziato a disegnarlo Marosi che disegnava in modo piano e classico e avevamo cominciato a cercare assieme uno stile che fosse più caratterizzato quando Marosi è stato male e ha dovuto abbandonare. Siamo riusciti a trovare Bertotti che aveva un tratto schizofrenico molto personale e sarebbe potuto anche andare bene ma poi, come per magia, è sparito. A quel punto ci siamo detti; va beh… facciamo dell’altro, e siamo caduti su Piccolo Zeus.

    Ha qualcosa da dire su Piccolo Zeus che non ci ha ancora detto?

    No. Spero si sia presentato bene da solo.

    E’ un peccato che lei non abbia continuato a disegnare fumetti, visto che, secondo me, con Piccolo Zeus se la cavava molto bene, anche con la sceneggiatura. Ha mai fatto qualche altro fumetto?

    Ne ho scritti un bel po’ ma disegnati no. Caro Joe, lei mi sta trascinando in una specie di autobiografia. Ho scritto dal 65 al 67 per le edizioni Alpe e per la Rolf Kauka di Monaco “Fix und Foxi”.

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    Negli anni ‘90 per il Tiramolla della Vallardi.

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    Dal 94 al 96 per il Topo Gigio e anche per Prezzemolo della FPM Editore.

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    Con Manfrin, sul giornaletto della Alleanza Assicurazioni facevamo nel 94/96 “Rob & Starry” e alcune avventure di Tony & Clint dal soggetto ecologista. Quanto al disegnare ho sempre avuto modo di sfogarmi con gli storyboard per i cartoons.

    Inoltre, ne approfitto per chiedere qualcosa di più sulla redazione del Corrierino, dove lei lavorava: potrei sapere qualcosa di più sulla famosa direttrice del Corrierino, Josè Rinaldi Pellegrini? Cos’ha fatto? Ha lavorato sul Corriere dei Ragazzi prima di diventare direttrice del Corriere dei Piccoli? E’ straordinario per me il fatto che abbia inventato lei il termine “Puffo” e che non lo sappia nessuno. “Josè” è un nome insolito per una donna: significa forse “Giuseppina”? Quando la Pellegrini ha smesso di fare la direttrice del Corrierino, ha dovuto smettere anche lei di fare Piccolo Zeus?

    Riguardo il nome non ne so nulla. Correva voce che fosse stata lei a chiamarli Puffi ma non ne so molto di più ed è passato tanto tempo, comunque avendola conosciuta mi sembra molto possibile. Quando ha smesso, se mi ricordo bene, è perché le hanno dato la direzione della Domenica del Corriere. Subito è arrivato un altro direttore che non ho conosciuto. Io avevo il mio lavoro e per il Corrierino ero un esterno quindi non lavoravo in redazione . Il tipo manco mi ha chiamato e io non ne ho sofferto. Per me il Corriere dei Piccoli era la Pellegrini e mancando lei non c’era più chi avesse curiosità per le mie invenzioni.

    Al Corriere dei Piccoli c’erano anche altre celebrità come Giuseppe Laganà, che ha disegnato le storie della Cibosfera e del Capitano Brok. Avete lavorato insieme a West and Soda? Che tipo era? Ha fatto qualche altro fumetto?

    Certo che lei ogni domanda che spara fa aprire un file! Giuseppe ha fatto milioni di cose e continua a farne. E’ una macina e se lo lasci solo con un pentel in mano è capace di riempire tutta la cappella Sistina di pupazzetti. Abbiamo lavorato insieme spesso quando le nostre strade si incrociavano e quasi sempre proficuamente. Ci siamo incontrati da Bozzetto al tempo di West and Soda. Quando aveva uno studio suo ci ho girato un carosello sull’animazione. Abbiamo fatto insieme un paio di film su Tiramolla. C’è stato anche un momento che eravamo soci in una casa di produzione. Lui è molto attivo e adesso è a Roma con uno studio suo dove segue la regia di serial di animazione. Ha fatto la regia della prima serie di Lupo Alberto che credo fosse il primo serial a cartoni pensato e realizzato in Italia. Mi aveva anche suggerito come sceneggiatore ma il mio umorismo non piaceva a Silver.

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    Ricordo i famosi testi di presentazione di Laganà per i giochi del Corrierino, che poi dopo un po’ sono scomparsi…era stato lei quindi che li sceneggiava? I tre bambini alla fine erano scomparsi ed era rimasto solo il capitano Brok, che da cattivo era diventato quasi la mascotte del Corrierino…l’ha inventato lei Brok, o è stato Laganà? E anche i tre bambini?

    Io ne ho sceneggiati solo alcuni e solamente quando Giuseppe era troppo preso per farlo lui. Brok credo fosse una creatura di Laganà, comunque non certamente mia.

    Tra l’altro, c’era anche Tiziano Sclavi nel cast del Corrierino, famoso poi per Dylan Dog: ha fatto Capitan Cuoredibue (un antenato di Groucho) e di John John va nel west. L’ha mai incontrato? Era una persona davvero molto riservata, come dicono?

    Impossibile non incontrarlo e poi mica si nascondeva. Era e credo sia ancora una persona che, per quanto mi riguarda, ispirava grande simpatia. Non il tipo esuberante ma quello che passando per caso ti lascia cadere una battuta da guinness per cui sei costretto a girarti per vedere chi l’ha fatta esplodere. In redazione era apparentemente ben voluto e apprezzato. Andava matto per il cinema. In quel periodo erano usciti i primi videoregistratori a cassette e c’era ancora in atto la guerra atomica per il formato standard. Io avevo preso il Sony Betamax che avrebbe perso la gara ma che comunque rimaneva un formato professionale e io quello facevo. Dallo scontro dei due titani rimase fuori, quasi come se non esistesse, il formato della Philips con cassette microscopiche tipo mangianastri musicali. Beh, naturalmente Tiziano aveva preso quello e si era fatto una cineteca megagalattica e così si lamentava con tutti di essere il solito sfigato. Non mi ricordo i jeans ma la camicia amaranto fuori dai pantaloni e la giacca nera si.

    Chi era l’autore dei testi del racconto “West and Soda” pubblicato sul Corriere dei Piccoli? Forse Sclavi? E l’autore dei testi del racconto “la maledizione di Ruddigore”?

    L’autore guarda caso ero io e tanto per stare in tema i disegni erano di Laganà.

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    Dopo l’uscita del film “il Giorno dei Ragazzi” chiese a Bruno Bozzetto di farne un fumetto. Bruno giudicò che ci meritavamo il denaro che aveva lesinato per poter realizzare il film e così passò l’incarico a me e a Giuseppe Laganà che era appena tornato dal servizio militare. Al proposito, ricordo un aneddoto. Scrivevo di getto, innamorato della parola e del suo effetto, e un giorno Giuseppe Laganà si lamentò dell’esuberanza della mia scrittura con Bruno Bozzetto. In una vignetta avevo messo credo Johnny in PP (primo piano) in un canyon dove, dalle creste del canyon, veniva seguito dagli sguardi di “migliaia di indiani inferociti a cavallo, alcuni dei quali con gli occhi iniettati di sangue” e la cosa aveva quasi buttato Giuseppe Laganà in una crisi isterica. Pensava che io volessi veramente vedere disegnati gli “occhi iniettati di sangue”. Forse era ancora scosso per il servizio militare o forse aveva solo dormito male. Ovvio che era una battuta e che non andava presa alla lettera in sceneggiatura, e comunque, ripensandoci oggi, con uno zoom e un cerchietto magari si poteva anche fare. Una curiosità. Il fumetto venne pubblicato tutto tranne, per un qualche inspiegabile motivo, proprio la pagina finale. Lo si può trovare tutto con anche la tavola finale nel DVD di West and Soda contenuto nel cofanetto della San Paolo “Tutto Bozzetto (o quasi)”. Negli extra ci sono tutte le pagine del fumetto compresa l’ultima rimasta senza i colori.
    Della Maledizione di Ruddigore non so niente.

    E Carlo Alberto Michelini, l’autore dei bellissimi disegni di John John? Disegna ancora?

    Non mi ricordo e comunque credo di non averlo conosciuto.

    Una curiosità: io sto cercando di completare i numeri del Corriere dei Piccoli, ci sono anche alcune storie di Piccolo Zeus che mi mancano. Alle fiere del fumetto si trova spesso il Corriere dei Piccoli delle annate precedenti e di quelle dopo la vostra gestione (che fu grossomodo tra il 1977 e il 1982). Ma i Corrierini della vostra gestione sono DIFFICILI da trovare, anche se non costano molto quando si trovano nel mercato dell’usato. Come mai, secondo lei?

    O sono talmente piaciuti che chi li ha se li tiene stretti, cosa che non credo anche se mi piace immaginarlo, oppure più semplicemente la carta ruvida è più deperibile e si sono disintegrati nel tempo. Quella carta in una soffitta o in una cantina… brr…

    Un’altra curiosità: che fine ha fatto quel racconto a cartoni animati sulla Guerra di Troia che avete fatto alla scuola dell’arte di Castello Sforzesco?

    Non era al Castello, era il saggio finale del corso di animazione della scuola COVA del 1963. Il titolo era “Ulisse e la guerra di Troia” e ha vinto il dattero d’argento al festival dell’umorismo di Bordighera dove era stato presentato fuori concorso dalla ART Film di Milano dove lavorava il nostro professore Walter Arena. Stringendo all’essenziale, la storia consisteva nel fatto che Ulisse e compagni si erano introdotti dentro le mura di Troia nascosti nel ventre del cavallo semplicemente per poter terminare una partita a poker con gli altri eroi troiani in casa di uno di loro ma poi andava tutto in vacca dal che la rissa e l’incendio ecc. Non so se ne esiste una copia, e comunque eravamo ancora molto rozzi, anche se pieni di entusiasmo.

    Alla General Film lei ha fatto la regia di qualche film? Può citarne qualcuno?

    Bella domanda. In General ci sono stato sei o sette anni. Ho scritto moltissimi soggetti e sceneggiature e fatto alcune regie. Ho cominciato a fare regia perché Edo Cacciari, regista storico della General Film, voleva vedere come avrei fatto a far parlare un sasso con una rosa e una lumaca visto che l’avevo scritto. Così, dopo la serie fortunata di Rujel dal 72 al 74, con la rosa che dopo una giornata si appassiva e riusciva a rifiorire solo con la rugiada, ho fatto quelle del dentifricio Chlorodont, che aprirono il filone ambientalista, girati tutti in riserve naturali “da proteggere” come i nostri denti. Marco Giusti (critico televisivo) la ritiene tra le prime e più importanti serie ecologiste, del che lo ringrazio. Nel periodo 78/79, da free lance, ho fatto la lunga serie di “attenti al cuore” per il caffè Hag, oltre ad una sfilza di film colore, documentari industriali e film istituzionali. Come vede, nonostante la mia vena narrativa non mi sono spinto se non saltuariamente alla direzione di attori sul set. Dirigevo bene i doppiatori, questo si. Era comunque molto più rilassante e divertente scrivere. Che io sia pigro?

    Come ultima domanda, vorrei sapere se lei, attualmente, lei sta lavorando su qualcosa, e, se sì, che cosa.

    No! Ho finito un paio di anni fa di seguire la serie sulle Formiche di Vettori con la regia di, ebbene si, proprio lui: Laganà. Sono storie di 3 minuti fatte di piccole gag e non so che idee di programmazione abbiano in RAI oltre a quella di usarle come siparietti durante le olimpiadi e cose del genere.

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    Comunque ora sono in pensione e, come ho detto alla sua amica Aster, manco pensavo di avercela: anche se non è una pensione da nababbo, non ho motivo di lamentarmi. Inoltre, mi piacerebbe che, se uscisse dello spazio nel settore, lo occupassero dei giovani di talento che, sono sicuro, esistono. Non può essere che non ce ne siano. Ce ne sono sempre stati.

    La ringrazio per la sua disponibilità.


    SERGIO CRIVELLARO: BIOGRAFIA

    Ha fatto le prime sceneggiature per i fumetti di Rebuffi: Cucciolo e Pugacioff. Inizia nel cinema di animazione la sua carriera, firmando i dialoghi e la direzione del doppiaggio del lungometraggio West and Soda di Bruno Bozzetto. Per Bozzetto, oltre alla collaborazione per i caroselli di "Unca Dunca" Riello e per diverse sigle di intermezzi pubblicitari, firma la sceneggiatura del pluripremiato "Il signor Rossi compra l’automobile".
    Continua l'attività con sceneggiature e regie per Caroselli e spot pubblicitari, prevalentemente dal vero. con la General Film ed altre case di produzione. Nel ‘72, al 19° festival internazionale del film pubblicitario di Venezia, per la serie di caroselli "Alemagna", protagonista Jannacci, conquista il “Diploma per l'utilizzazione eccezionale di Carosello” e nel ‘78, al festival di Cannes, anche il Leone di bronzo per la serie di Caroselli "Attenti al cuore, Hag" dei quali cura sia la sceneggiatura che la regia. Firma sceneggiatura e regia di multivisioni, documentari, conventions, film Industriali per: Siemens "obiettivo uomo"; FS "150 anni un minuto"; Agip; Alfa 165; Gres; Campagnolo; S.E.S.; Stefanel; Jonshon's; Nordica; Fiat lubrificanti ed altri. Realizza fumetti per: il “Corriere dei piccoli” (“Piccolo Zeus”); “Il Giorno dei ragazzi” (“Mi chiamo Johnny e vengo da Tuxon”), Tiramolla, Prezzemolo, Topo Gigio, Bao & Miao ed altre testate. Cura la sceneggiatura di quattro episodi del serial a cartoni di Tiramolla, di cinque episodi per il progetto Z. Zoe in animazione in 3d per Locomotion & Paganoni, ottenendo il contributo dalla commissione di Cartoon's per il film pilota. Scrive testi per i pupazzi di Manuli “La buvette di Montecitorio” nel programma di Rai 2 "Solo di Domenica". Scrive 13 puntate del Qui-quiz di Arturo all'interno del programma Rai 1 "La Banda dello Zecchino" per Animation studio.
    Firma, per Fusako Yusaki, due serie, 13 più 13 film con animazione in plastilina per la Nippon Hoso Kyokay (NHK) in onda alla tv giapponese per la fascia prescolare dal titolo Naccio & Pomm, e, ancora per Fusako Yusaki, l’ideazione per la tv svizzera della serie Peo Gallery con la realizzazione degli storyboard di una prima serie su 13 pittori dal 2003 al 2005. Per De Mas e partners, con Oscar Avogadro, firma soggetti e sceneggiature di due serie tv di 56 episodi ciascuna della durata di 13’ sul personaggio di Jacovitti Cocco Bill in onda sulle reti Rai, e altre tv in europa. Ancora per De mas e Partners, per Rai 2 ed altre reti internazionali, nel periodo 2005-2006, cura la direzione di scrittura e, con Silvia Mastrangelo, firma soggetti e sceneggiature per i 56 episodi da 7’ della serie cartoon I Bibi per la fascia prescolare. Nel 2008 2009, per Giochi Preziosi, con Crackartoons cura i soggetti e le sceneggiature di 3 dvd distribuiti in edicola con i personaggi Cuccioli cerca amici. Redige La Bibbia letteraria ed è story editor del serial Le formiche di Vettori, per Mondo TV.

    QUI TUTTI I LINK SU PICCOLO ZEUS

    Edited by joe 7 - 3/2/2020, 17:08
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