ZAGOR 167-169: IL VENDICATORE ALATO (analisi di Ivan e Joe7)Testi: Guido Nolitta (Sergio Bonelli)
Disegni: Gallieno Ferri
Zagor edizione originale Zenith: n. 218-220 (usciti nel 1979). I numeri reali di queste storie di Zagor sono 167-169. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancor oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come
Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 167-169.
TRAMAZagor e Cico ricevono una chiamata di aiuto da
Miwok, il capo degli indiani Munsee, e, nel viaggio verso la tribù, incontrano l'ingegner
Robson, che sta costruendo una nuova ferrovia, ma è minacciato da un ricattatore misterioso che uccide le persone del cantiere senza lasciare tracce. Inoltre, quando arrivano nel villaggio Munsee, scoprono che è completamente deserto e che Miwok è morto. Affrontano all'improvviso un indiano dotato di ali che li abbatte facilmente. Quando Zagor si risveglia, scopre che il responsabile di tutto è
Ben Stevens, un suo vecchio nemico dai tempi del
"Re delle aquile", che aveva circuito un inventore chiamato
Prometeus, perchè realizzasse una persona con le ali, impiantando ad un indiano le ali di un'aquila. L'assassino degli uomini di Robson è appunto l'indiano alato agli ordini di Stevens, che lui ha chiamato
Ultor, cioè Vendicatore. Inoltre, aveva cercato di imporre ai Munsee la consegna di altri indiani per trasformarli in esseri alati, ma il rifiuto di Miwok aveva scombinato i piani di Stevens, che però fece uccidere Miwok da Ultor. Stevens fa affrontare Ultor con Zagor in un'arena: ma Zagor riesce ad avere la meglio e uccide Stevens. Prometeus, che era prigioniero di Stevens, riesce a liberarsi grazie all'aiuto di Cico e, anche se mortalmente ferito, uccide Ultor prima di morire.
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COMMENTO DI IVANTerzultima storia di Nolitta su Zagor. Ritorna in scena
Ben Stevens, probabilmente “a grande richiesta”, data la particolare affezione dei lettori per questo riuscitissimo personaggio. A mio avviso, quest'episodio è inferiore a
"Il re delle aquile", ma, se si evita il paragone con l'illustre predecessore e lo si prende solo di per se stesso, risulta comunque uno dei picchi più alti del periodo post-golden age.
La cosa migliore dell'episodio è l'atmosfera di mistero iniziale. Nolitta è sempre stato un maestro nel creare questo tipo di suspense. Ci viene presentata una serie di strani avvenimenti, in apparenza scollegati tra loro: la richiesta d'aiuto di Miwok, l'inspegabile atitacco al treno, il ricatto a Robson, la scomparsa dell'intera tribù dei Munsee...e, fino al momento in cui Nolitta comincia a rivelare il filo conduttore comune, la tensione narrativa rimane ai massimi livelli.
Affascinante la rappresentazione grafica del “nuovo” Ben Stevens, che qui - oltre alle sue già note sciagure fisiche - ha perso anche una gamba. Nolitta sembra accanirsi sul poveretto, fornendogli sempre nuovi motivi per avercela col mondo. Nolitta elimina subito Miwok dalla vicenda, e questo è già un mezzo “shock”, visto che il saggio capo dei Munsee era un personaggio familiare ai lettori.
Molti episodi riusciti anche tra le sequenze minori (come del resto era tipico dello stile narrativo di Nolitta, il cui maggior pregio non stava tanto nel creare le trame, quanto nel saperne narrare magistralmente le singole scene): il delirio del macchinista, unico superstite dell'assalto al treno; il vecchio munsee reso pazzo dalla paura; il bizzarro incontro tra Stevens e i due rapinatori, ai quali rende le pistole dopo averli “ammorbiditi” a suon di stampellate; il racconto di Stevens su come sia riuscito a salvarsi da una caduta che sembrava mortale; la scena in cui Ayala “insegna” a volare a Ultor, come se fosse il suo cucciolo; la disperazione della madre di Ultor: un momento struggente, forse la sequenza più memorabile (per quanto solo “en passant” e senza influenza sulla mera trama); il cameo finale con Ayala, finalmente liberata dalle macchinazioni di Stevens.
Una singolarità editoriale: l'albo “IL VENDICATORE ALATO” ha 8 pagine in più della lunghezza standard. Probabilmente Nolitta aveva giudicato ottimale così la durata della storia, pur essendo compattabile in vari punti.
DIFETTI Ben Stevens non mi è sembrato all'altezza della sua precedente apparizione. Per due motivi:
1) Personalmente, non gradisco molto quando un personaggio, che aveva avuto successo in una storia realistica, ritorna inserito in un contesto dai risvolti sovrannaturali (è già accaduto anche con Eskimo o Frida); mi dà un po' l'idea di fargli perdere quell'aura di realismo che l'aveva reso così umanamente credibile.
2) Bisogna ricordare che Ben Stevens è fondamentalmente una VITTIMA, un pacifico cercatore d'oro che ha subìto una grave ingiustizia che lo ha indotto a trasformarsi in criminale. Qui invece è un malvagio senza mezze misure; manca quella
pietas che la sua condizione di vittima ispirava al lettore. Persino Zagor, che nel precedente episodio aveva mostrato compassione per le sventure di Stevens, qui sembra non provare alcuna pietà per i suoi atti criminali - tant'è che nel finale non viene dedicata neanche mezza vignetta per commemorare la morte del miglior
villain (imho, obv) creato da Nolitta.
Prometeus è una figura interessante, ma secondo me non è stato caratterizzato a dovere. Per esempio, non si comprende come abbia potuto organizzare un laboratorio scientifico in una zona così isolata (e pure tutto DA SOLO), ed anche ad eseguire complicate operazioni chirurgiche con mezzi di fortuna. Pure la sua filosofia “buonista” contrasta col fatto di aver trasformato un essere umano in un mostro
contro la sua volontà, e dopo averlo rapito con la forza. Non mi convince del tutto pure il modo in cui continua ad assecondare i desideri di Stevens, anche dopo aver capito con che razza di criminale ha a che fare. Tutti questi piccoli dettagli sarebbero trascurabili, se presi
singolarmente, ma sommati
insieme forniscono un'immagine di Prometeus nel complesso poco convincente.
DISEGNIEnnesima storia in cui Ferri si trova stretto coi tempi di consegna, ed ennesima collaborazione con Bignotti. Il risultato del lavoro in tandem è più che buono, anche se, verso il finale, è inevitabile notare l'affrettatezza di molte tavole. Nonostante ciò, finché Ferri non si è trovato costretto a guardare l'orologio (o meglio il calendario), i disegni sono di un livello eccelso, e l'atmosfera cupa è resa alla perfezione.
VOTO FINALEStoria: 8,5
Disegni: 8,5 (Si alternano tra il
10 e il
7)
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COMMENTO DI JOE7E' da notare l’ambiguità di fondo del personaggio di
Prometeus, che credo sia il vero protagonista-avversario di Zagor, pur non essendo effettivamente un nemico, invece di Stevens, che penso sia uno specchietto per le allodole.
Infatti, Prometeus è una specie di “scienziato pazzo” alla Hellingen, ma con un aspetto angelico, anziché demoniaco, cosa che fa risaltare la sua ambiguità. Prometeus non è certo una “brava persona”: accetta di fare un esperimento sull’indiano trasformandolo in un mostro contro la sua volontà. La sua drammatica fine, insieme a quella di “Ultor”, ha un impatto molto forte nella storia, tanto da far passare in secondo piano la fine di un criminale noto come Stevens, che viene infatti liquidato in poche vignette.
E’ per questo che credo che la storia di Zagor sia essenzialmente tra lui, Prometeus e Ultor: Stevens è solo un prestanome, avrebbe potuto benissimo essere impersonato da un cattivo qualunque. Ma usarlo in quella storia, insieme all’aquila Ayala, ne ha fatto aumentare la qualità: una delle abilità da narratore consumato che aveva il Nolitta dei tempi d'oro.
QUI TUTTI GLI ALTRI LINK SU ZAGOREdited by joe 7 - 8/9/2022, 22:21
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