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  1. GRANDE MAZINGA: I PERSONAGGI DEL MANGA DI OTA

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    Grande Mazinga
    By joe 7 il 11 Dec. 2015
     
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    ANALISI DEI PERSONAGGI DEL MANGA DI OTA
    (per la presentazione delle storie del manga, vedere qui)

    Manga_Ota


    Nel manga del Grande Mazinga di Gosaku Ota, i personaggi sono rappresentati in un modo più approfondito dal punto di vista psicologico, insieme a una certa dose di ironia, rispetto all'anime. Osserviamo qui i principali.

    TETSUYA TSURUGI
    "Continuerò la mia missione. Qualunque cosa voi...uomini diciate, io ci riuscirò! Finchè avrò vita, manderò all'inferno quelli di Mikene!"

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    Il Tetsuya del manga è addirittura ossessionato dal pensiero di eliminare i Mikenes: la vede quasi come una missione di sterminio totale. I termini che qui usa sono di ordine militare ("missione") e religioso ("inferno"): il ritratto perfetto di un fanatico religioso. Solo che Tetsuya non è religioso: infatti, non c'è bisogno di essere religiosi per diventare fanatici. Pol Pot era un comunista ateo e aveva trasformato la Cambogia in un deserto, e lo stesso si può dire dei regimi comunisti o illuministi saliti al potere; Hitler e il nazionalsocialismo credevano in una religione sanguinaria quale era quella degli antichi popoli nordici.
    Tornando a Tetsuya, lui non vuole fare delle distinzioni, tipo sconfiggere i Mikenes cattivi e risparmiare i buoni: no, vuole solo eliminarli e basta, senza distinzioni. Certo, tra i Mikenes non ci sono personaggi positivi, ma l'accanimento di Tetsuya nello sterminarli lo mette sullo stesso piano dei suoi avversari. Ma, in una simile guerra di sterminio, se non si ha pietà, non si può certo pretendere di riceverla: il terribile omicidio a sangue freddo di Gorgon per mano di Tetsuya sarà poi ricambiato dall'atroce squarciamento di Misato per opera della Marchesa Yanus. Questi eventi mostrano le logiche conseguenze di una lotta spietata da entrambe le parti, dove nessuno dei contendenti vuole provare ad esercitare un minimo di umanità.
    E lo sterminio reciproco, nel finale apocalittico della mossa kamikaze di Tetsuya, è coerente: "chi vive di spada, muore di spada". Ma, oltre a questa caratteristica, Tetsuya, quando non è ossessionato dai Mikenes, appare più umano, e a volte è disegnato in modo caricaturale. Mangia con soddisfazione, litiga con Jun più volte a causa dei pungenti commenti della ragazza, che lo mettono in imbarazzo. Tetsuya non dice mai a Jun il mantra ossessivo ”Non sei abbastanza forte” che si sussegue nell’anime.
    Il rapporto tra Tetsuya e Jun qui è più profondo, più umano: il ragazzo comprende la solitudine di lei, essendo simile alla sua, visto che sono entrambi orfani. La tratta con una confidenza piuttosto rude, ma sincera, dandole ogni tanto della “stupida” senza intenzione di offendere. Un gioco che Jun sembra capire bene. Alla fine di una battaglia, Tetsuya spesso si mette a ballare di gioia abbracciando Jun: in una scena, alla fine di una battaglia, addirittura scendono dai loro robot correndo l’uno verso l’altro per abbracciarsi.
    L’allenamento che ha avuto da bambino viene ambientato in una palestra della Fortezza della Scienza, non nell’isola solitaria descritta nell’anime, come per mostrare che il Tetsuya di Ota non ha vissuto un'infanzia solitaria nel combattimento. Tetsuya ha anche una sua vita privata, per quanto appena accennata: nei momenti di pausa, va in piscina, viaggia con la moto, guarda le stelle, guida le macchine coi compagni della Fortezza della Scienza, va a pesca.
    Anzi, in un’occasione discute col professor Kabuto riguardo al fatto di dover essere mandato ad allenarsi presso i rangers, guadagnandosi una sonora lavata di capo dalla quale sgattaiola via prudentemente. Inoltre, Tetsuya non è insensibile al fascino femminile: guarda ammirato Kaori, la figlia dell’industriale Fujido; per un attimo, ammira le forme generose della Marchesa Yanus che era giunta da loro con un travestimento; fa il furbo con Misato, guarda con imbarazzo Jun stessa che è finita in sottoveste dopo una rissa e addirittura tenta di aggredirla quando è vestita da Tarzan.
    Però, nello stesso tempo, può ammazzare a sangue freddo una di Mikene che stava per pugnalarlo alle spalle; i suoi occhi si infiammano appena si accorge che ci sono i Mikenes. Insieme al suo aspetto quotidiano e umoristico, convive in lui una violenza inquietante, insieme ad una profonda gelosia e invidia verso Koji, che alla fine scoppierà. Nel finale, il lato oscuro di Tetsuya prevarrà su quello positivo che si vede ogni tanto nel manga.

    JUN HONOO
    "Voglio essere bianca! Anch'io voglio avere una pelle bianca..."

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    Jun qui appare assai più sexy della controparte animata, con un carattere più allegro e un disegno stilizzato ed efficace. Le sue baruffe con Tetsuya sono continue per tutta la serie; inoltre, anche se è stata addestrata anche lei al combattimento, sembra sia stata trattata con particolare gentilezza dal Dottor Kabuto, mano a mano che cresceva. Il suo problema della pelle va ben oltre il razzismo. Infatti, la storia di Jun raggiunge livelli ancora più universali, quelli di ogni uomo. Coloro che la prendevano in giro, più che per il razzismo, lo facevano perché non accettavano il diverso: quello che istintivamente ciascuno di noi fa. Il colore della pelle è sì l’elemento scatenante: ma il problema di Jun non è quello di essere accettata dagli altri, ma l’accettare se stessa così come è. Finché Jun non sarà la prima ad amare la sua pelle nera - in sostanza ad accettarsi - non uscirà mai fuori dalla scarsa stima di sè. Il problema di Jun non sono gli altri, è lei stessa. E il personaggio raggiunge così un’universalità, descrivendo un problema che c’è in tutti. Ogni persona, infatti, ha delle caratteristiche che la mettono in difficoltà nei rapporti col prossimo (la voce, o il colore dei capelli, o le anche troppo grosse, o la pancia, o mille altre cose, anche mentali) e pensa che, se non ci fosse quell'ostacolo, questa difficoltà non ci sarebbe più. In questo caso, Jun pensa che il suo problema sia la pelle, mentre invece è l’accettarsi così come è, vedendo la propria differenza come una ricchezza, non come una vergogna. E la storia di Jun termina con una grande finezza psicologica: solo quando si dimentica di se stessa e dei suoi problemi, e pensa a salvare gli altri (Tetsuya e la Fortezza della Scienza), torna in sé. Alla fine, conclude: “Non so se il mio complesso sia scomparso…può darsi che in futuro, qualche volta, si rifaccia vivo…ma ora…ho deciso di dimenticarlo! E di vivere con tutte le mie forze insieme a voi!” Equivale a morire a se stessi, per imparare a vivere, come dice Cristo. Jun ha un percorso di maturazione più profondo di quello di Tetsuya, che, al contrario, rimane prigioniero delle sue paure.

    DOTTOR KENZO KABUTO
    "E' il grande momento!"

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    L’aspetto robotico di Kabuto viene solo accennato nel manga, e il suo rapporto con Shiro non è quasi nemmeno citato, a differenza che nell’anime. Nel manga, infatti, Tetsuya, Jun e Kabuto sono i personaggi principali, mentre nell'anime, nonostante l'apparenza, sono secondari, rispetto a Boss e Shiro. Kabuto non solo addestra Jun e Tetsuya, ma insegna loro le circostanze della vita: per esempio, spiega a Jun che “combattere non è la cosa importante: lo scopo pacifico è importante”, una frase che contraddice completamente l’aspetto guerresco della serie e le dà un aspetto più umano. Inoltre, aiuta i turbamenti di Jun per il comportamento di Tetsuya. Trascura persino il lavoro della ricostruzione della fortezza per trovare Jun in stato di arresto. Spiega a Jun e Tetsuya la vera importanza del robot: non un gigante che spacca tutto, ma un aiuto prezioso per l’uomo, come il peacemaker o gli arti artificiali. Un’osservazione profonda, in un contesto di guerra totale. Inoltre, il Kabuto di Ota ha una grande fiducia nell’uomo e nel governo, tanto da metterlo praticamente al posto di Dio: e la delusione dello scienziato è inevitabile, quando il governo stesso lo tradisce. "Dio" lo ha tradito. La sua caduta si manifesta alla fine in una ribellione, dove accetta di comportarsi da delinquente pur di combattere contro Mikene. Anche nel manga si suicida alla fine pur di salvare Tetsuya: un finale drammatico, che coincide oscuramente col suo desiderio di morire, quando scopre di essere stato tradito dagli uomini. Alla fine, al momento della sua morte, scopre che quello che conta è il rapporto umano, la persona, in questo caso Tetsuya, anziché la guerra ossessiva e quasi fine a se stessa. Ma nello stesso tempo spezza questo legame con l'atto suicida, contraddicendosi. Sia Tetsuya che Kabuto muoiono in modo errato, impegnando anche l'uso della vita, che di per sè è intoccabile. Avrebbero potuto agire in mille modi diversi: ma scelgono la soluzione più rapida e assurda del suicidio - quasi un atto di vigliaccheria, più che di coraggio - decidendo arbitrariamente che quello sia l'unico modo per salvare la situazione. Non hanno capito che la propria vita ha valore anche se, ammesso e non concesso, ci fossero queste condizioni.

    SHIRO KABUTO
    "Con che diritto la fai soffrire così? Sei un cretino!"

    GM10


    Il bambino della serie animata è assai diverso dalla versione del manga: se nell’anime lo spazio dato a lui è ENORME (i suoi rapporti con Kabuto, alcuni episodi incentrati solo su di lui o sulla sua amica), nel manga la sua presenza è ridotta al minimo, così pure il suo Robot Junior, come dovrebbe essere, in effetti. Essenzialmente, è uno spettatore e amico di Tetsuya e Jun, e a volte si arrabbia con loro, ma con i modi tipici del bambino. Ha una funzione comica nel manga, mentre nell’anime ha invece una funzione drammatica, che rende il bambino poco credibile e crea situazioni spesso patetiche. Tra l’altro, i rapporti tra Boss e Shiro nel manga sono inesistenti, mentre nell’anime si incontrano in tutte le puntate. Anche il rapporto tra Kabuto e Koji con Shiro non sono nemmeno accennati, a parte un momento in cui Shiro prova nostalgia di Koji. In questo modo, comunque, lo Shiro di Ota è meno pesante e antipatico dello Shiro dell’anime e più godibile.

    BOSS, NUKE E MUCHA
    "Ah,mia dolce Jun! Te ne vai via anche tu?"

    GM11


    Il Boss di Ota ha una vaga somiglianza fisica col Boss dell’anime: ha una faccia sì tozza, ma dai lineamenti diversi. Però, come (e più) del Boss dell’anime, è innamorato perso di Jun ma non pensa solo a lei: in un secondo tempo, è attratto anche da Misato, tanto da sconfiggere persino un mostro guerriero per salvarla. La caratteristica di Boss, che si alterna da momenti di coraggio e momenti di fifa, resta inalterata, e a volte ha toni ancora più spassosi che nell’anime. Nuke e Mucha sono ottime spalle.

    L'IMPERATORE DELLE TENEBRE
    "Il tempo concesso a noi di Mikene è scarso!"

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    E’ una frase che dice quasi subito, all’inizio della serie, echeggiando quella riferita al diavolo dell’Apocalisse, al quale “è stato dato poco tempo”. Si sottolinea così l’aspetto demoniaco dei Mikenes, rappresentato non solo dal loro aspetto deforme e mostruoso, ma anche dal fatto che il loro capo è un’entità senza corpo, simile al diavolo, che è puro spirito. In questa frase, l’Imperatore delle Tenebre di Ota appare ancora più demoniaco del corrispondente personaggio dell’anime. A parte questo, non ci sono differenze sostanziali.

    IL GENERALE NERO
    "I CANI COME TE DEVONO MORIRE!"

    GM14


    Il Generale Nero di Ota è un personaggio ossessionato dal Grande Mazinga, mentre quello dell’anime è solo desideroso di vincere per la gloria dell’Imperatore. In una scena, rincorre addirittura di persona Tetsuya per ammazzarlo appena si accorge di lui. La battaglia finale tra lui e Mazinga nel manga è dovuta ad una sua scelta personale, sentendosi sminuito e ormai messo da parte dall’Imperatore stesso: la sua ossessione per Mazinga lo porta così a disobbedire persino agli ordini dell’Imperatore. In sostanza, il Generale Nero di Ota è assai più passionale del Generale dell’anime.

    IL GRAN MARESCIALLO INFERNO
    "Gli uomini sono deboli, inetti, paurosi...ma a saperli usare come si deve, diventano l'arma più potente che ci sia!"

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    Nelle due lunghe storie di Ota dove compare il Gran Maresciallo, il personaggio si comporta come fine stratega: ma le due disfatte che subisce sono enormi, come pure le vittorie che riesce ad ottenere. Infatti, nella prima storia ottiene la distruzione della Fortezza della Scienza e lo stato di fuorilegge per tutti i personaggi principali, ma nel contrattacco perde addirittura Mikeros e l’Isola Vulcano. E nella seconda storia riesce ad uccidere Kabuto, ma nel contrattacco Tetsuya, con Mazinga, porta alla distruzione di tutti i Generali, lui compreso. Nell’anime, il Gran Maresciallo, violento coi sottoposti e meschino nelle sue strategie, non appare dotato di abilità particolari nè di grande intelligenza: i suoi attacchi, in genere, non sono particolarmente elaborati. Nel manga di Ota, invece, i suoi attacchi sono più sottili: riuscire a convincere gli uomini ad attaccare Mazinga e usare una lente di ghiaccio per ricattare il mondo non sono infatti mosse tipiche dei Mikenes. In sostanza, il Gran Maresciallo Inferno del manga di Ota ha un aspetto assai più temibile della sua controparte dell’anime: si ha l’impressione di avere davanti un vero e proprio genio del male.

    LA MARCHESA YANUS
    "Maledetto Tetsuya! Aspetta e vedrai! Ti cercherò anche tra i fili d'erba...non potrai sfuggire a miei artigli!"

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    Nel manga di Ota, Yanus è un po’ meno bella fisicamente che nell’anime (parlo ovviamente del suo aspetto “umano”); però è molto più feroce e spietata. Nel manga, è l’unico personaggio importante, oltre al Generale Nero, che affronta il Grande Mazinga in uno scontro diretto e violento, in cui però ha la peggio e si salva per miracolo (e Ota non precisa come: Yanus stava per essere ammazzata, non si capisce bene come abbia fatto a salvarsi). Più che intelligente e abile, come nell’anime, nel manga eccelle piuttosto per la ferocia: emblematica è la scena in cui uccide crudelmente Misato davanti a Tetsuya. Qui è un personaggio molto crudele, senza la minima parvenza di umanità. Un mostro a tutti gli effetti.

    DUCA GORGON
    "Miei prodi Mazinga! Andate all'attacco!

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    Forse alla pari col Gran Maresciallo Inferno per quanto riguarda l’astuzia luciferina, agisce con grande abilità, cercando di trovare i punti deboli non del Grande Mazinga, ma della struttura sociale in cui vivono i personaggi, agendo da vero pervertitore e raggiungendo per due volte quasi il successo totale. La prima volta, durante la crisi di Jun per il colore della pelle, intuisce la debolezza nella “comunità” della Fortezza della Scienza e capisce che è il momento buono per attaccare. Nella seconda, sfrutta l’avidità dell’industriale Fujido per acquistare i Mazinga costruiti da lui. La morte di Gorgon è voluta, non casuale come nell’anime, dove Gorgon si mette come scudo tra il robot e Mazinga. Anche qui si nota la spietatezza di Tetsuya, che si accende all’improvviso appena vede uno di Mikene. Gorgon, comunque, qui si rivela come un abile genio del male, e rimane impressa nella mente l’immagine di lui che ordina a sette Grandi Mazinga in fila: “Miei prodi Mazinga! Andate all’attacco!”

    L'INDUSTRIALE FUJIDO
    "Una canaglia per me è un cliente come gli altri. Basta che paghi...e bene!"

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    In questa frase si condensa la morale e il personaggio di Fujido, il proprietario della potente struttura industriale Shin-Shuminichi. Sviluppando la sua ricchezza in modi poco chiari (eufemismo) ruba i piani del Grande Mazinga e li usa per produrre in serie i robot e venderli al miglior offerente, e Mikene non si lascia sfuggire l’occasione. Crudele e spietato al livello dei mikenes, uccide senza problemi e ha al suo servizio un’armata di assassini. Kaori, la figlia di Fujido, ha la funzione della coscienza, o “grillo parlante”, del padre, che riesce a convincere il padre solo con la sua morte.
    Il personaggio di Fujido è ben caratterizzato: appare solo nel manga di Ota, e solo in un episodio, ma è difficile da dimenticare. Espressione della pura avidità di guadagno, cerca di giustificare questo con nobili intenzioni, tipo il salvataggio dell’economia giapponese, oppure la legge del più forte, o che non c’è una legge. Ma in sostanza segue il potere, e la morale in cui il fine giustifica i mezzi.

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    Edited by joe 7 - 1/1/2024, 16:55
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    Secondo me, fai confusione tra cristianesimo, e buddhismo nipponico. I kamikaze erano giapponesi, e quindi attaccare in quel modo è della loro cultura militaresca. Militaresca, come l'educazione di Tetsuya. Nella realtà, i membri delle forze speciali, sono nel privato persone normali, ma appena entrano in operatività, cambiano immediatamente mentalità, e la pietà è un lusso, spesso pericoloso. Tetsuya ragiona in quel modo, il nemico non è un essere umano prossimo a noi, è qualcuno che devo sconfiggere, non un essere umano con problemi . Se vedi morire un tuo collega sul lavoro qualsiasi lavoro sia, capisci subito quanto leggerezza e sensibilità umana siano causa di errori , difficili da rimediare, e la responsabilità è la difesa contro questa mentalità troppo permissiva, amata da tanti. Ricordo, che il cristo della misericordia e comprensione, butto tutte le bancarelle del tempio per aria, quando vide il mercimonio della fede ebraica.
     
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    CITAZIONE (max gala @ 1/1/2024, 15:28) 
    Secondo me, fai confusione tra cristianesimo, e buddhismo nipponico. I kamikaze erano giapponesi, e quindi attaccare in quel modo è della loro cultura militaresca. Militaresca, come l'educazione di Tetsuya. Nella realtà, i membri delle forze speciali, sono nel privato persone normali, ma appena entrano in operatività, cambiano immediatamente mentalità, e la pietà è un lusso, spesso pericoloso. Tetsuya ragiona in quel modo, il nemico non è un essere umano prossimo a noi, è qualcuno che devo sconfiggere, non un essere umano con problemi . Se vedi morire un tuo collega sul lavoro qualsiasi lavoro sia, capisci subito quanto leggerezza e sensibilità umana siano causa di errori , difficili da rimediare, e la responsabilità è la difesa contro questa mentalità troppo permissiva, amata da tanti. Ricordo, che il cristo della misericordia e comprensione, butto tutte le bancarelle del tempio per aria, quando vide il mercimonio della fede ebraica.

    Per prima cosa, buon anno!

    Passando all'argomento: in tutte le guerre si deve combattere per sopravvivere. Questo vale sia per i buddisti che per i cristiani. Inoltre, nei secoli passati, i cristiani hanno combattuto sia per salvare la propria vita che quella dei propri cari, che per salvare la propria fede. Ti potrei citare gli ordini militari cristiani dei Cavalieri di Malta, o i Cavalieri del Santo Sepolcro, oppure i Templari, o i Cavalieri di Calatrava: l'elenco è parecchio lungo. La storia cristiana è anche una storia di numerosi scontri militari contro musulmani, turchi, unni, barbari e altri. L'esempio di Gesù Cristo che prende a frustate i mercanti del tempio è stato ben compreso nei secoli.
    Inoltre, Gesù non ha preso a frustate i mercanti perchè facevano i mercanti, ma perchè lo facevano DENTRO il Tempio, che è luogo sacro: "Sta scritto: la mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!" Infatti in Chiesa si prega e basta, non si fa mercato: semmai, il mercato lo si fa fuori.

    E allora qual'è la differenza? Che in guerra nessun cristiano ha mai fatto il kamikaze, nè ha mai considerato l'ammazzarsi insieme coi nemici come un atto glorioso: perchè si tratta di suicidio, un peccato mortale. Si vive una sola volta: dopo c'è il Giudizio, con cui vai in Paradiso, o in Purgatorio (che è come dire in Paradiso, dopo il Purgatorio) o all'Inferno.
    Ma il buddista crede nella reincarnazione: male che vada, mi reincarnerò. Il buddista non ha una vita sola, ne ha tante. E il suicidio non è visto come una colpa, ma come qualcosa di onorevole. Tanto che il suicidio è uno dei problemi più gravi che ci siano in Giappone: laggiù ci si suicida in tanti, spesso per disperazione.
     
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