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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 30

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 23 Jan. 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 30 -
    VENUSIA A BESPIN - UN AIUTO INASPETTATO

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui.

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    RIASSUNTO:Dopo la guerra contro Vega, Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Però il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da un essere misterioso, l’Oscuro, che comanda un esercito sterminato. Vuole sacrificare Rex quando, tra diversi giorni, sette stelle saranno allineate. Actarus ed altri amici organizzano il salvataggio di Rex dando la caccia ai cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Boss Robot recupera il cristallo rosso sconfiggendo fortunosamente il Generale Feral e Getter Robot quello viola da Baron Samedi e Pomba Gira. Intanto, dopo diverse peripezie, Venusia decide di andare col treno spaziale sul pianeta Bespin ad arruolarsi sotto falso nome tra le amazzoni di Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, per salvare Rex.

    Il treno viaggia veloce nello spazio, anche se sembra muoversi lentamente per i passeggeri. Venusia, seduta in uno scompartimento accanto alla finestra, osserva trasognata quello spettacolo di pianeti e scie luminose che le appare davanti. All’interno del treno è tutta una struttura di legno, senza pareti divisorie tra uno scomparto e l’altro, proprio come i treni di una volta. Venusia si ricorda di averli visti in qualche vecchio film.
    Ce ne sono di cose strane al mondo, pensa lei. Anche, per esempio, una ex-ragazza di campagna che si è messa a combattere contro robot giganti, si è innamorata di un principe alieno, è diventata la regina di un altro mondo e adesso fa l’avventuriera galattica. Prima o poi dovrei scrivere un libro. Ne avrei di cose da raccontare.
    Venusia sorride. Ma all’improvviso pensa a Rex.
    Mio figlio…dove sarà adesso? E Actarus?
    Per un attimo le sembra di vederli nelle profondità dello spazio. E il suo volto diventa triste.
    “Biglietto, prego”
    Venusia sobbalza per la voce improvvisa: non si era neanche accorta del controllore, un tipo strano col volto così al buio che non si vede, se non due occhi lampeggianti in mezzo. Senza dire niente, lei tira fuori dalla borsa il biglietto che viene osservato un momento dal funzionario e poi lo vidima con un timbro. Glielo restituisce gentilmente dicendo:
    “Grazie. Faccia buon viaggio” e si allontana.
    Venusia annuisce, sorridendo incerta, ancora un po’ spaventata dallo strano bigliettaio.
    “E’ la prima volta che viaggi, ragazza?” dice una donna in piedi accanto a lei, piuttosto alta, con un mantello e un cappuccio calato sugli occhi. Venusia si volta verso la donna misteriosa e risponde:
    “Bè…sì”
    “Si vede. Posso sedermi qui?”
    “Certo…”
    L’incappucciata si siede di fronte a Venusia, tenendo le braccia incrociate e accavallando le gambe. Con voce calma ma ferma chiede:
    “Dove sei diretta?”
    “A Bespin”
    L’altra resta in silenzio. Venusia è imbarazzata. Ad un certo punto, la donna dice:
    “E’ un posto pericoloso. Troppo, per te. Non sei il tipo di persona che va a Bespin. Perché ci vai?”
    “Bè…sono motivi personali. Perché mi fa queste domande? Io non la conosco”
    L’altra fa un gesto di impazienza e risponde:
    “E conosci qualcuno a Bespin?”
    Venusia tace e guarda il tavolo tra i due, in silenzio. L’altra continua:
    “Come pensavo. Ascolta, lascia perdere chi sono. Questo non ti deve importare. Perché vai a Bespin? Fidati di me. Rispondimi”
    “Io…” dice Venusia, esitante. Posso fidarmi? Ma poi finisce la frase:
    “Io vorrei andare al Centro di reclutamento delle Amazzoni…per…per diventare una di loro”
    Ecco, almeno un motivo l’ho detto.
    L’incappucciata è sorpresa e per un attimo è senza parole.
    “Le Amazzoni di Jezabel? Intendi quelle?”
    “Sì”
    “Sei pazza. Quelle sono delle belve. E Jezabel è la peggiore di tutte.”
    “Lo so” Diamine, se lo so. “Ma voglio farlo”
    La donna misteriosa non parla per diverso tempo, come se riflettesse. Resta ferma senza muoversi. Anche Venusia resta in silenzio. All’improvviso, la sconosciuta parla:
    “Hai una spada?”
    “Come?”
    “Non lo sai? Non puoi andare ad arruolarti nelle Amazzoni senza una spada. Ce l’hai?”
    “No”
    Non l’ho mai nemmeno usata.
    “E scommetto che non hai mai usato una spada in vita tua”
    Accidenti, mi legge nel pensiero.
    “E’ chiaro che vai ad arruolarti tra le Amazzoni per un motivo particolare che non ha nulla a che fare con loro. E’ una pazzia, ma mi sembri molto determinata. Non voglio chiederti il motivo, ma ti do un consiglio”
    Tira fuori un foglio e vi scrive sopra qualcosa. Poi lo piega in due e lo passa a Venusia.
    “Quando arrivi a Bespin, vai da Manji, l’armaiolo. Dagli questo biglietto senza dire niente e poi chiedigli una spada. Te la darà senza problemi.”
    Venusia, col foglio in mano, guarda sorpresa la sconosciuta.
    “Ma perché mi vuole aiutare?”
    “Diciamo che è perché mi piace la tua faccia. Mi sembri un tipo onesto che ha delle buone intenzioni, nonostante il posto dove stai andando” risponde, alzandosi “Ti consiglio di andare all’Osteria del Moro, per dormire: è la meno malfamata. E non andare da sola di notte”
    Venusia capisce che la donna sta per andarsene e vorrebbe che rimanesse, per sapere qualcosa di più.
    “Un momento…vorrei ringraziarla…”
    “Lascia stare. Mi basta che tu stia attenta. Ti accompagnerei volentieri, ma ho degli impegni molto importanti”
    “Almeno resti con me fino a quando arrivo”
    “Siamo già a Bespin, non te ne sei accorta?” risponde l’altra, indicando il finestrino. Venusia si volta e vede un pianeta che si ingrandisce sempre di più.
    “Aspetti…mi dica almeno il suo nome” dice Venusia.
    “Non ti ho chiesto il tuo, mi sembra giusto non dirti il mio. E’ meglio che tu non lo sappia.” Dopo una pausa, conclude: “Fai buon viaggio. Ti auguro di trovare quello che cerchi”
    Si volta alzando una mano in segno di saluto e si allontana. Attraversa la porta divisoria ed entra nel vagone adiacente, mentre la porta si richiude alle sue spalle. Cammina con passo spedito, e ad un certo punto abbassa il cappuccio, rivelando il volto di una donna dai capelli lunghi e lo sguardo determinato. Una cicatrice le attraversa la faccia e una spada-fucile si nota al suo fianco appena il mantello si muove. Un teschio rosso e due ossa incrociate sono visibili sulla sua tuta, all’altezza del petto. Tutti si fanno da parte al suo passaggio, intimoriti.

    Venusia scende alla stazione di Bespin. E’ subito travolta da una marea di voci che il suo traduttore automatico al polso fa fatica ad interpretare. Davanti a lei passa gente di ogni razza, colore e forma: per esempio, alcuni alati, altri con quattro zampe, altri più umani, ma che comunque non sarebbero certo passati inosservati sulla Terra. Diverse persone portano armi, tipo spade, pistole, persino mazze e scuri. Lungo le strade, spesso fangose e piene di mendicanti strani, ci sono bancarelle di tutti i tipi. Tanti profumi, tanti rumori, tante voci mai sentite investono Venusia che cammina per la città guardandosi attorno con apprensione. Insieme a quartieri di gran povertà, ci sono torri dorate e luccicanti, case ricche e splendenti.
    Mai visto tanto sfarzo e tanta miseria messi insieme, pensa Venusia.
    Si trova nella capitale di Bespin, chiamata Maul, un crocevia per mille traffici, assai pochi dei quali onesti. Venusia capisce che l’incappucciata non esagerava, parlando di questo posto: ha già visto, camminando, almeno due o tre cadaveri in qualche vicolo. Sente un brivido lungo la schiena e tiene stretta la pistola laser che nasconde nella tasca interna. Non che la possa aiutare molto: in solo dieci minuti di cammino, avrà visto almeno una cinquantina di pistole addosso alle persone. Di sicuro sarebbe morta prima ancora di premere il grilletto. Ma almeno a stringere la pistola si sente un po’ più sicura. Il sole a Bespin è ancora alto in cielo, ma è meglio sbrigarsi.
    “Non andare in giro sola di notte” aveva detto quella. Personalmente, pensa Venusia, starei chiusa in una cassaforte tutto il giorno, piuttosto che stare solo un secondo qui. Altrochè di notte! Qui possono sgozzarmi in ogni momento. Inoltre, sento di essere osservata con curiosità, e questo non contribuisce certo a calmarmi. Maledizione, controllati, se no non sei utile a nessuno, si dice. Prende il biglietto che le aveva dato la sconosciuta e legge l’indirizzo di Manji, l’armaiolo. Accanto sono scritte delle parole in un’altra lingua che non capisce e in basso c’è un simbolo strano che le ricorda un teschio.
    Seguendo le indicazioni e chiedendo con prudenza ai tipi meno minacciosi che incontra, alla fine trova il negozio che cercava. Un’insegna con la sagoma di una scimitarra e le armi in vetrina lasciano pochi dubbi. Una volta entrata, ci vuole un momento perché si abitui alla penombra. Poi distingue le armi presenti all’interno: ce ne sono di tutti i tipi, dal shuriken alle spade laser, dal bo alla mitragliatrice. Ci sono persino delle armature. In fondo c’è un banco, dove un uomo piccolo, un po’ pelato, con un paio di occhiali sta facendo dei conti su una vecchia consolle di computer. Un uomo gigantesco in piedi, a braccia incrociate, resta immobile dietro di lui. Venusia si accorge che ce ne sono degli altri in diversi punti del negozio, che è molto grande. Sono tutte guardie del corpo: chiaramente, visto il tipo di merce che vende, sono necessarie delle precauzioni. Appena si accorge di Venusia, l’uomo alza la testa con uno sguardo untuoso e maligno. Con un sorriso mellifluo, dice:
    “Buongiorno. In cosa posso servirla?”
    “Eh…ah…lei è Manji, l’armaiolo?”
    “Certamente, signorina.”
    “Vorrei una spada, signore” risponde lei, un po’ intimorita per tutti quegli uomini giganteschi intorno a lei.
    “Una spada, signorina? Ne abbiamo di tutti i tipi. Quanto è disposta a spendere?”
    Venusia porge al negoziante il foglietto che le ha dato la sconosciuta. Lui lo prende e lo apre, leggendo incuriosito. All’improvviso, la sua faccia impallidisce.
    “Ah…ho…ho capito…adesso arrivo, ho una spada bellissima, sì, sì, aspetti un attimo…Gyula, seguimi!”
    Il gigante che era dietro di lui è sorpreso e segue il padrone nel retro del negozio. Anche Venusia è rimasta stupita. Non si aspettava una simile reazione. Ma chi era quella donna?
    “Padrone, che vi prende?” chiede Gyula, scioccato.
    “Ascoltami bene. E fai spargere la voce. Lei deve essere lasciata stare. Quella è amica di Emeraldas, la piratessa! Guarda qui!”
    Gyula legge il messaggio e resta senza parole. Sfidare Emeraldas significa una morte atroce. Nessuno avrebbe mai il coraggio di farlo. Molti suoi compagni sono morti per causa sua. Il gigante suda freddo. Chi avrebbe mai immaginato che quella ragazzetta avesse amicizie simili?
    “Devo trattarla più che bene, o sono un uomo morto” dice l’armaiolo, aprendo uno sportello segreto e prendendo una spada col fodero ricamato. Ritorna rapidamente in negozio, mostrando l’arma a Venusia.
    “Ecco, signorina. E’ una meraviglia, vede?” dice, mettendo la spada sul banco. Venusia afferra il fodero con dentro la spada e ne avverte la pesantezza: come diamine fanno ad usarla, una roba simile? Poi estrae la spada dal fodero e la vede scintillare nell’oscurità del negozio. Anche se non se ne intende, capisce che è un capolavoro. Avvicinando a sé la lama, vede non solo il suo riflesso, ma anche i delicati e complicati ricami delle decorazioni presenti sia sull’elsa che sull’inizio della spada. Davvero una meraviglia. La ripone nel fodero e dice:
    “E’ proprio stupenda. Grazie, la prendo. Quanto costa?”
    Mentre parla, apre la borsa e tira fuori i soldi, facendo cadere il pezzo della collana che le era rimasto e che cade sul banco. Lo raccoglie e lo rimette dentro. Manji risponde:
    “Niente, niente, davvero…non voglio soldi. Quella spada è la migliore che possiedo. Si chiama Brisingamen dal filo perfetto, è può fare concorrenza persino a una spada laser.”
    Caspita.
    “Almeno accetti questi crediti”
    “No, no, non voglio niente, non voglio niente…vada pure, signorina, vada, tutto è a posto…le auguro buona permanenza qui a Maul” risponde Manji, asciugandosi il sudore della fronte con un fazzoletto.
    “Ah, va bene. La ringrazio molto” dice Venusia, legandosi la spada al fianco insieme alla cintura. “Buongiorno” aggiunge, ed esce.
    Manji, appena la donna è uscita dal negozio, tira un sospiro di sollievo.

    Continua qui

    COMMENTI: Dopo l'omaggio fatto a Galaxy Express, non poteva mancare quello a Queen Emeraldas, la versione femminile di Harlock.

    Emeraldas_6


    Riguardo agli altri omaggi: Bespin è un nome conosciuto agli appassionati di Guerre Stellari, mentre Maul è un quartiere malfamato dell'epoca hyboriana di Conan il barbaro. Brisingamen è il nome della collana fatata della dea nordica Freya.


    Edited by joe 7 - 26/1/2016, 15:50
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