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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 38

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 16 April 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 38 - VENUSIA TRA LE AMAZZONI
    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui.

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    RIASSUNTO:
    Dopo la guerra contro Vega, Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Però il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da un essere misterioso, l’Oscuro, che comanda un esercito sterminato: vuole sacrificare Rex, quando, tra diversi giorni, sette stelle saranno allineate. Actarus ed altri amici organizzano il salvataggio di Rex, dando la caccia ai cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Haran Banjo col Daitarn 3 riesce a sconfiggere il Conte Mecha e a recuperare un cristallo. Nello stesso tempo, Venusia si è iscritta sotto il falso nome di Hikaru tra le Amazzoni di Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, per salvare Rex. Inoltre, Actarus ha tolto i sigilli a Goldrake, dandogli maggior potenza, però a rischio del pilota: infatti si sente molto debole e provato. Come se non bastasse, avverte che l’Oscuro in modo misterioso lo sta influenzando. (Nota: in questa storia, Alcor e Koji sono due persone diverse).


    Ryoma Nagare è assorto nella posizione del loto, nel silenzio della sua camera. Porta addosso il kimono bianco che gli aveva regalato il suo padre e maestro, il temibile Ryusaka Nagare, della scuola Shinmei. Cerca di ritornare all’equilibrio spirituale, di nuovo frantumato dopo lo spaventoso scontro con Baron Samedi e Pomba Gira. Alla fine, aveva dato libero sfogo alla sua furia, mettendo ancora a rischio i suoi compagni. La sua follia combattiva diventa ogni giorno più difficile da controllare. Ripensandoci, si irrigidisce. Poi, ad un certo punto, sente bussare alla porta. Senza aprire gli occhi, risponde:
    “Avanti!”, pensando che sia Michiru. Ma il rumore dei passi non è lo stesso. Alzando le palpebre, rimane stupito.
    “Actarus? Che fai qui?”
    Duke Fleed ha l’aria affaticata e stanca. Appoggiandosi ad un mobile, dice:
    “Ascolta, Ryo…tu conosci quelle tecniche di meditazione per rilassare la mente, vero? Le stai usando adesso, mi pare…”
    “Bè…sì” risponde lui, mettendosi in piedi e guardandolo preoccupato. “Ma che ti succede, Actarus?”
    “Lascia stare.” risponde l’altro, alzando un braccio per chiudere la questione “Per favore, insegnami un po’ di quelle tecniche. Ne avrei un gran bisogno.”
    La guida di prova di Goldrake è stata più debilitante del solito. E quella voce, quel richiamo dell’Ombra…così inquietante, così insinuante. E Venusia….avverte in qualche modo che è in pericolo. Il cuore di Actarus batte come un martello. Sente come qualcosa di terribile, di male puro, montargli dentro.
    Calmo, devo stare calmo, si ripete stringendo i denti. Se perdo la testa, non servo a nessuno.
    Ryo gli mette una mano sulla spalla.
    “Va bene” dice “anche se mi piacerebbe sapere cos’hai. Ora ti insegnerò qualcosa. Siediti a terra come faccio io. Ma non sarebbe meglio chiamare il medico?”
    “E’…una cosa dell’anima, non del corpo. La scienza medica non può fare niente.” risponde Actarus, mettendosi nella posizione del loto. Ryo fa lo stesso davanti a lui ed inizia la lezione:
    “Respira con calma.”
    Dall’altra parte della porta, appoggiata su di essa, Maria, a braccia conserte, riflette. Ha seguito di nascosto Actarus e ha sentito tutto.
    Ogni volta che guida Goldrake, alla fine è ridotto ad uno straccio, riflette. Adesso è costretto persino a chiedere qualche tecnica yoga da Ryo. Ma cosa gli sta facendo quel dannato robot?

    “Largo! Largo!” grida Boss, portando di corsa un mucchio di rottami di metallo accumulato alla bell’e meglio su una carriola. Vuole cercare di rinforzare il più possibile il Borot, in modo che sia pronto per la prossima battaglia. Ha in mente delle nuove tecniche segretissime da sviluppare. Lisa Vold, con un grande rotolo di fili elettrici avvolti a formare una ruota infilata attorno a un braccio, segue Boss correndo al suo passo. Per lei, aiutarli a lavorare su quel buffo robot è una delle cose più divertenti che abbia mai fatto. Con la sua abilità di lupo, può salire e scendere in un attimo dalla testa ai piedi del Borot ed è diventata utilissima per Boss. I due manovali si fanno spazio tra la folla di piloti che li guarda sconcertati: anche Tetsuya, che sta bevendo un caffè davanti alla macchinetta distributrice, tra un allenamento e l’altro.
    “Ciao, Tetsuya!” grida Lisa alzando la mano, mentre passa veloce.
    Boss per un attimo è perplesso. Lisa in genere non saluta nessuno quando passa, ma quando c’è Tetsuya lo saluta sempre. Strano.

    Passando, Boss nota anche due uomini che parlano tra di loro, davanti ad una finestra che mostra lo spazio aperto.
    I due gemelli.
    Koji e Alcor hanno una somiglianza straordinaria, tanto che Boss li chiama sempre così. Sayaka, seduta poco distante su un divano a leggere un libro, li osserva di sottecchi, perplessa. Non ha mai voluto avvicinarsi ad Alcor, perché le fa impressione parlare con qualcuno così somigliante a Koji. Comincia a pensare che ci sia stata davvero una clonazione…
    Nel frattempo, Koji ha saputo da Alcor a grandi linee cosa era successo nella guerra contro Vega e commenta:
    “Ne avete passate delle belle, voi quattro. Tu, Actarus, Maria e Venusia. Peccato che quest’ultima non ci sia. Mi sarebbe piaciuto conoscerla.”
    “Adesso non sappiamo dov’è, ma sono sicuro che la troveremo”
    “Questa Venusia…che tipo di persona è?”
    “Lei? Bè…non è facile risponderti. E’ una ragazza dolce e gentile, e per questo è facile da sottovalutare, perché spesso si crede che queste caratteristiche siano delle debolezze. Ma sotto ha una volontà d’acciaio e un coraggio senza limiti. Credo lo sia sempre stata, sin da prima di incontrare Actarus. In fondo era lei che mandava avanti il Ranch. Anche se a prima vista non sembra, Actarus ha sposato un tipo tosto.”

    La flotta delle astronavi delle Amazzoni di Jocasta si sta dirigendo verso la città ribelle di Zuagir, epicentro della rivolta del pianeta Khauran. Devono sedare i tumulti prima di tornare da Jezabel a Darkhold.
    Intanto, la ricerca in internet e le domande fatte alle persone giuste confermano i sospetti di Isparana: Hikaru Makiba, la novellina che l’ha battuta, è davvero la regina Venusia di Fleed. Si è tagliata i capelli, ha cambiato gli abiti, si è scurita in volto, ma è lei senza dubbio. La donna che ha sfregiato il loro comandante, Jezabel. Ogni volta che la vede passare, Isparana sorride come un gatto che gioca col topo.
    Jezabel mi darà una grande ricompensa per questo. Non è più necessario ammazzarla di nascosto. Devo solo aspettare. Tra due o tre giorni saremo a Darkhold, e lì inizierà il divertimento, pensa, mentre affila di gusto le sue spade.
    Caledonia la osserva sospettosa, poi si dirige verso la sala comandi dell’astronave. Aprendo la porta, si trova davanti al capitano, Jocasta, vista di spalle, che sta esaminando su un video la mappa della zona dei rivoltosi. E’ in piedi, appoggiata sul tavolo, che giocherella con un coltello, buttandolo in alto ed afferrandolo senza nemmeno guardarlo e senza mai sbagliare. Osserva con attenzione ogni particolare dell’area di conflitto, dando ogni tanto degli ordini vocali, prontamente eseguiti dal video.
    “A destra. Più in alto. Ingrandisci quel punto.”
    “Capitano.”
    “Che c’è, Caledonia?” risponde lei, senza voltarsi e continuando a gettare in alto il coltello.
    “Brutta faccenda. Isparana ha qualcosa in mente. Non mi piace come guarda Hikaru.”
    “Non sei mica sua mamma, Caledonia. Hikaru è adulta, si arrangerà.”
    “Lei – Hikaru – non è una di noi, capitano.” risponde l’amazzone, versandosi del vino e bevendo il bicchiere. Appoggiandosi sul tavolo, continua: “Lei non è un’assassina. Sa combattere e ha combattuto, ma non ama farlo. E’ un tipo fondamentalmente onesto e idealista. Noi siamo delle belve, lei è una fiera addomesticata. Per noi sbudellare è facile, per lei è impensabile. Ha una morale più profonda della nostra.”
    “E con questo?”
    “Ci nasconde qualcosa. Non è una cretina in cerca di emozioni. Ha uno scopo nascosto. E secondo me, Isparana sa qual è.”
    Jocasta lascia cadere il coltello in mano senza tirarlo di nuovo in alto e si volta verso Caledonia, guardandola seria. Sa che non parla a vanvera e spesso riesce a vedere delle cose che lei non nota.
    “Sei sicura?”
    L’altra annuisce senza parlare e beve un altro bicchiere di vino. Jocasta rimette il coltello nel fodero e riflette. Alla fine, dice:
    “Per ora, lasciamo le cose come stanno. Tu tieni d’occhio Isparana. E’ un’abile guerriera, ma troppo ambiziosa. Controlla anche la nostra misteriosa Hikaru. Dov’è adesso? Nella sua cabina?”
    “No. Rifiuta di avere una cabina. Dorme e soggiorna tra le Diatrymas.”
    “Cosa?”

    Le Diatrymas, giganteschi uccelli alti due metri buoni, con due enormi zampe e un grosso becco, insieme a due ali ridicolmente piccole e incapaci di volare, sono le cavalcature preferite delle Amazzoni. Il loro becco appuntito e ricoperto da piastre di metallo è un terribile strumento di offesa, per non parlare delle zampe, dotate di artigli affilati. Sono tutte tenute nell’hangar più in basso dell’astronave, dove le serve e le schiave sono deputate alla loro manutenzione e allevamento. La sorpresa di queste donne è notevole nel vedere un’amazzone come Venusia che non solo sta in mezzo a loro, ma sa accudire le Diatrymas come se non avesse fatto altro. Per Venusia è quasi come essere in mezzo ai cavalli del suo Rocket Ranch, la “Betulla Bianca”, per la quale ogni tanto prova una struggente nostalgia. Non solo le piace stare lì perché le fa venire in mente dei bei ricordi, ma anche perché si sente più al sicuro. Isparana e, forse, delle sue colleghe staranno complottando qualcosa su di lei: ma sorprendere Venusia in mezzo alle Diatrymas è praticamente impossibile. Ogni movimento sospetto per le bestie è fonte di stridii e agitazioni; inoltre, è riuscita a farsi benvolere da questi animali. Non solo: anche le serve, sorprese per la sua gentilezza, le sono molto riconoscenti. Venusia si sente protetta a stare con loro e dormire con loro. In questo momento, sta dando del materiale simile al foraggio a una fila di Diatrymas, parlando con una serva che l’ha presa in simpatia, l’elfa nera Ney. E’ una ragazzina, mandata via dalla sua tribù degli elfi perché “maledetta” a causa della sua pelle scura e chiamata “Ney” come tutti gli elfi neri: questa parola significa “No” o “E’ sbagliato” nella lingua elfica.
    “Così questo Conte Mecha è morto?” chiede Venusia.
    “Non solo lui. Tutto il suo pianeta è stato distrutto. E’ incredibile, Hikaru. Tra le Amazzoni non si parla d’altro.” risponde Ney.
    “E adesso? I Generali rimasti cosa faranno?”
    “E che ne so? Certo che saranno in difficoltà, secondo me. Anche se sono terribili lo stesso. Non so davvero cosa succederà.”
    “Chi hai detto che sono i Generali rimasti?”
    “Sono tre: il Generale Garuda, il Senza Anima e Shizuri, la Signora delle Nevi. Lei è l’unica tra i generali che ho visto di persona una volta, e ho avuto molta paura. Ha uno sguardo di ghiaccio che ti gela il sangue. Ho sentito delle storie spaventose su di lei.”
    Duke…Actarus…pensa Venusia, serrando le labbra. Tu e i tuoi compagni state facendo miracoli. Anch’io non posso mollare. Dobbiamo arrivare tutti a Darkhold! Dobbiamo farcela!
    Venusia getta l’ultima balla di foraggio, accarezzando la testa di una Diatryma che inizia a mangiare.
    “Kui ti sta prendendo in simpatia, Hikaru. Prima non si faceva accarezzare.” dice la piccola elfa.
    “Davvero? Mi fa piacere” risponde Venusia, sorridendo. Poi tira fuori da una borsa del pane e qualcosa da bere.
    “Ne vuoi un po’? Facciamo a metà, così ci riposiamo un momento”
    “Va bene, Hikaru” risponde lei, felice di avere un po’ di cibo extra.
    Si siedono in un angolo e si dividono il pane: Venusia ne dà più della metà all’elfa, perché vede che è denutrita.
    Mentre mangiano, ad un certo punto Venusia chiede:
    “Ney, quanto tempo pensi che ci vorrà per arrivare a Darkhold?”
    “Almeno due giorni. Però prima le Amazzoni devono andare a Khauran per sedare la rivolta della città di Zuagir. Te ne avevo parlato, no?”
    “E’ vero, mi ero dimenticata.”
    Spero che non mi chiamino a combattere…in fondo, Jocasta mi ha detto che sono in prova.
    “Senti” continua Venusia “io sono una principiante, mi sono appena arruolata, come ti ho raccontato, quindi non so bene…cosa faranno le Amazzoni per sedare la rivolta?”
    “Un massacro. Totale.” risponde Ney, guardando in un punto indefinito. Venusia resta senza parole e l’elfa continua: “Essendo una Legione Straniera, sono spesso usate per spedizioni punitive che servano da monito. Ho visto cose terribili quando loro sono in berserk. Uomini falciati in due in un colpo solo. Sangue a fiumi. Le Diatrymas dopo ogni spedizione sono macchiate di sangue dappertutto. Ce ne vuole per lavarle.”
    Venusia impallidisce. La sconosciuta del treno – che lei non sa essere Emeraldas, la piratessa – non esagerava per niente dicendo che loro sono delle belve.
    “Ah...capisco” dice Venusia, a voce bassa. “E…e il comandante, Jezabel, che tipo è?”
    “E’ alta coi capelli neri e lunghi, l’ho vista qualche volta. Solo a guardarla si capisce perché le Amazzoni ne hanno molta paura. E’ l’unica che loro temono moltissimo. Oltre a Shigure.”
    “Shigure? E chi è?”
    Ney la osserva con stupore, come se avesse detto un’assurdità.
    “Come? Non sai chi è Shigure?”
    “No.”
    “Incredibile, anche i sassi lo sanno. E’…”
    “Ehi, tu, novellina, ti sei imboscata?” dice una voce rude e violenta. Venusia alza di scatto la testa, afferrando l’elsa della spada d’istinto.
    Due amazzoni in piedi si stagliano su di lei, in atteggiamento arrogante.
    “Scegli una cavalcatura e muoviti. Ora scendiamo.”
    “Cosa?” chiede Venusia “Andiamo a Zuagir?”
    “Secondo te, siamo qui per un picnic sull’erba?”
    “Ma…io sono agli inizi…il capitano Jocasta mi ha detto che sono in prova.”
    “Appunto. Sei in prova. Se muori durante l’assedio vuol dire che non hai superato la prova. Muoviti. Ti voglio fuori tra due minuti.”
    Le due donne prendono le loro Diatrymas ed escono. Venusia resta in piedi senza sapere che fare.
    E’ difficile che sopravviva in un macello simile, pensa. Poi una mano la scuote e le passa le briglie di una Diatryma.
    “Muoviti, Hikaru!” dice Ney con ansia. “Se non ubbidisci subito, ti frustano a sangue. Qui non scherzano con la disciplina. Prendi Kui, gli sei simpatica.”
    “Ah…ti ringrazio, Ney. Tornerò.” Almeno spero.
    Venusia esce dal recinto, scendendo lungo l’apertura dell’astronave, osservando decine di amazzoni a cavallo delle Diatrymas, pronte a combattere. Nonostante il pericolo imminente, non può fare a meno di domandarsi:
    Chi è Shigure?

    Continua qui.



    Edited by joe 7 - 19/4/2016, 16:51
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