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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 39

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 18 April 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 39 -
    MARIA FLEED SCOPRE IL SEGRETO DEL FRATELLO

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui.

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    RIASSUNTO:
    Dopo la guerra contro Vega, Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Però il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da un essere misterioso, l’Oscuro, che comanda un esercito sterminato: vuole sacrificare Rex, quando, tra diversi giorni, sette stelle saranno allineate. Actarus ed altri amici organizzano il salvataggio di Rex, dando la caccia ai cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Intanto, Venusia si è iscritta sotto il falso nome di Hikaru tra le Amazzoni di Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, per salvare Rex: in questo momento è costretta ad andare con loro a conquistare la città ribelle di Zuagir. Inoltre, Actarus ha tolto i sigilli a Goldrake, dandogli maggior potenza, però a rischio del pilota: infatti si sente molto debole e provato. Come se non bastasse, avverte che l’Oscuro in modo misterioso lo sta influenzando. (Nota: in questa storia, Alcor e Koji sono due persone diverse).


    La città di Zuagir è sulla cima di un monte, protetta da una doppia catena di mura, dove le sentinelle controllano tutta la pianura dall’alto, giorno e notte. In diversi pianeti sono scoppiati dei focolai di rivolta, che si sono moltiplicati da quando il gruppo di Duke Fleed ha cominciato a sconfiggere i Generali dell’Oscurità. Ma sono stati tutti soffocati in modo cruento: solo nel pianeta Khauran la città di Zuagir resiste ancora. Tutti i guerrieri e i veterani si sono concentrati lì, mentre la Torre delle Comunicazioni manda i suoi messaggi nello spazio in cui chiedono aiuto ed esortano alla ribellione: sono ascoltati di nascosto da molti, rinchiusi per paura nelle loro case. Zuagir, insieme al suo condottiero, il guerriero Manetola, è diventato un simbolo di speranza.
    Attraverso un potente binocolo, che non permette ai raggi del sole di riflettere sulle sue lenti, il capitano Jocasta osserva la roccaforte. Poi abbassa l’oggetto, riflettendo a cavallo della sua Diatryma. Impossibile avvicinarsi più di così. La radura è estesa per chilometri: ci vedrebbero all’istante. Tutto come previsto.
    Nascoste nel bosco, le Amazzoni a cavallo sono pronte a scattare al cenno del loro comandante. Si sono divise in piccoli gruppi, in genere misti, di veterane e novelline. Venusia, con la spada Brisingamen in mano, si sente completamente fuori posto.
    Cosa diamine sto facendo? si chiede.
    “Nervosa, novellina?” dice una voce beffarda. Voltandosi, Venusia vede un’amazzone a cavallo di una Diatryma, coi capelli biondi, divisi in due trecce fissate coi nastri blu. Porta una cotta di maglia e ha in mano una spada nera, simile a una scimitarra. “Meglio per te se non provi a scappare. Ti ammazzerei subito. Sei avvisata.”
    Venusia non vuole rispondere alla provocazione. Ha altro per la testa.
    “Sei una veterana?” chiede alla sconosciuta, per rompere un po’ il ghiaccio.
    “Già. Sono Sonja e comando questo gruppo, te compresa. Ricordalo.”
    All’improvviso, una saetta luminosa viene scagliata dalle Amazzoni verso l’alto. Con un’esplosione, sale ancora di più e alla fine esplode con gran fragore, scagliando una miriade di colori nel cielo terso, davanti al tramonto.
    “Cos’è stato quello?” chiede Venusia, sorpresa.
    “Un segnale, novellina.” risponde Sonja, guardando in alto.
    “Per noi?”
    “No. Per Valeria, che è già dentro le mura. Stava aspettando da giorni questo momento. Ora ci aprirà le porte.”

    In fondo alle prigioni di Zuagir, dove ci sono i sospetti, gli stranieri, i disubbidienti, giace una ragazza sconosciuta, debole e malata, che era stata trovata quasi morta davanti alle mura della città, giorni fa. Per precauzione, l’avevano messa in una cella, in attesa che potesse riprendersi. Siccome per diversi giorni non aveva ripreso conoscenza, a causa dei continui assedi nessuno si e più curato di lei. Dopo che è stato lanciato il fuoco artificiale con la conseguente esplosione, gli ultrasuoni emessi dallo scoppio fanno vibrare le orecchie interne della ragazza misteriosa, che all’improvviso apre gli occhi, perfettamente cosciente e padrona di sé. Il momento è arrivato. Il suo corpo era rimasto in uno stato di morte apparente, apparendo fragile e malato, mentre era invece in uno stato di animazione sospesa, dove non avvertiva la necessità del mangiare o del bere. Si guarda attorno con attenzione, senza muoversi: quando si rende conto che è sola in una cella, si alza di scatto e si accosta alla serratura. Si stacca un capello finto, che tende fino a farlo irrigidire come un filo di ferro. Armeggiando con la porta, in pochi attimi è libera. Cammina con passi lenti e leggerissimi, senza fare il minimo rumore. Uccide la guardia a mani nude con estrema facilità e scompare in un attimo, inghiottita dal buio della sera. Valeria, l’amazzone, ha iniziato ad agire.

    Anche nella Cosmo Special tutto è buio: infatti, si cerca di imitare il più possibile il ciclo giorno/notte, in modo da mantenere la propria stabilità biologica. Tutti dormono, pochi sono ancora svegli e comunque sono mezzo addormentati. Due figure camminano furtive, fino a raggiungere un enorme portone. L’ingresso dell’hangar di Goldrake. E’ completamente separato da quelli degli altri robot, che, invece, anche se rinchiusi in aree specifiche, sono tutti in comunicazione.
    Alcor è perplesso e sussurra:
    “Maria, che senso ha fare questo?”
    “Te l’ho detto” replica lei, spazientita “C’è qualcosa che non va in Actarus. E credo che il problema sia Goldrake. Voglio vederlo da vicino.”
    “Non era più semplice parlare apertamente a lui?”
    Maria emette un lungo sospiro prima di rispondere.
    “Duke Fleed…non è un tipo che si sbottona facilmente. Cercherebbe di minimizzare la cosa o di tranquillizzarmi. E di conseguenza mi incavolerei come una bestia. Detesto questi atteggiamenti. Voglio avere qualcosa di concreto per mettere mio fratello con le spalle al muro e fargli sputare la verità.”
    “Hm-hm” mugugna Alcor.
    Maria è molto determinata. Segno che è preoccupata. La situazione è più grave di quanto sembri.
    La piccola luce della pila illumina il quadrante su cui bisogna digitare.
    “Conosci il codice d’ingresso, vero?” sussurra Alcor.
    “No.”
    “E allora come fai?” dice sorpreso lui.
    Maria sogghigna, fissando la tastiera con aria di sfida.
    “Mi sottovalutate un po’ troppo, voi maschietti.”
    Chiude gli occhi, toccando la tastiera e rimanendo silenziosa per un minuto intero. Il suo spirito entra nel circuito della macchina e migliaia di cifre le girano vorticosamente nella mente, fino a quando si fissa una sequenza chiara e netta. Digita la sequenza e i portoni d’ingresso scorrono senza far rumore, davanti ad uno stupefatto Alcor a bocca aperta.
    “In confronto a me, Occhi di Gatto sono delle principianti.” sussurra soddisfatta Maria, entrando nell’hangar.
    Meno male che non si è messa in testa di fare la ladra, pensa Alcor. Avrebbe fatto carriera, comunque…
    Il portone si richiude alle spalle dei due, mentre le luci si accendono automaticamente, illuminando l’enorme mole di Goldrake inserito nel disco volante, silenzioso e solenne. Per un attimo, Alcor e Maria lo guardano con una certa ammirazione. Non è cambiato per niente. Brilla come se fosse nuovo. I suoi occhi gialli fissano continuamente davanti a sé, come se fosse una sentinella sempre all’erta.
    Scendendo lungo le scale, si avvicinano al robot-samurai, quando, appena raggiunto il pavimento e fatto un paio di passi, scatta un lampo dalle corna frontali del robot. Maria se ne accorge all’istante e salta subito all’indietro, spingendo via Alcor con sé. Per un attimo, una luce accecante esplode per terra, lasciando una ferita fumante sul pavimento. Alcor e Maria osservano spaventati il buco per terra, ansimando e non sapendo sul momento cosa dire. Alla fine è la ragazza a parlare:
    “E’…è stato il controllo di difesa automatico di Goldrake…ma non mi aspettavo che scattasse così da lontano. E con una tal violenza, persino! C’è davvero qualcosa che non va…”
    Maria si alza con cautela, mentre Alcor la avverte:
    “Stai attenta, maledizione!”
    “Stai tranquillo. Adesso ho preso bene le misure. Non mi avvicinerò più di così.”
    Maria cammina con cautela, attorno all’enorme gigante di metallo, osservandolo attentamente e mantenendo sempre la distanza di sicurezza, mentre Alcor resta fermo al suo posto, sudando freddo mentre la guarda muoversi. Alla fine, Maria, dopo aver fatto il giro completo, torna al punto di partenza.
    “Allora?” chiede Alcor.
    “A prima vista mi sembra uguale a prima. Non capisco. Pensavo che Actarus gli avesse installato un congegno o lo avesse modificato in qualche modo, ma è lo stesso Goldrake di sempre. Eppure so che non è così.” conclude, osservando ancora il buco sul pavimento.
    Si siede per terra e dice ad Alcor di fare altrettanto.
    “Cosa hai intenzione di fare, adesso?” chiede lui, perplesso, mettendosi a sedere.
    “Voglio esaminarlo mentalmente. Lo attraverserò come una sonda mentale. Dammi la tua mano, Alcor.”
    Il ragazzo è confuso. “Cosa c’entro io? Non ho poteri mentali come i tuoi!”
    “Alcor…” dice Maria, guardandolo fisso negli occhi “Non l’hai ancora capito? Siamo marito e moglie. Un corpo solo. Un’anima sola. Tu sei me e io sono te. Insieme, di conseguenza, i miei poteri mentali raggiungono il massimo livello. Dammi la mano.”
    Lui arrossisce, imbarazzato, e mette una mano incerta sul palmo di Maria. Subito dopo, si sente volare. Vede Goldrake come non l’aveva mai visto prima. E vede anche Maria, accanto a lui, che vola attraversando Goldrake. Circuiti, leve, pulsanti, combinazioni incredibili. Alcor è annichilito. Non immaginava una complessità simile in Goldrake. E’ qualcosa che rasenta i limiti della comprensione umana. Vorrebbe vedere di più, ma sente un sussulto. L’immagine di Maria, accanto a lui, soffre. Si agita in continuazione e apre la bocca gridando, anche se non esce nessun suono. Alcor cerca di consolarla, ma fa fatica ad agire in una forma così evanescente. All’improvviso, si ritrova nel suo corpo. Si osserva sconvolto e si tocca le mani, per assicurarsi che siano di vera carne. E’ la prima volta che affronta un’esperienza simile. Si volta verso Maria e la vede piegata in due, sofferente, con la faccia rivolta a terra e i capelli sparsi che cadono sul pavimento.
    “Maria! Che ti prende?” grida Alcor, avvicinandosi a lei e cercando di sollevarla. Guardandola in faccia, vede che è diventata pallida e respira affannosamente.
    “Cos’è successo?” chiede lui, allarmato.
    Maria si rialza e, restando in ginocchio, si aggrappa ad Alcor cercando di calmarsi. Alla fine, dice con fatica:
    “I sigilli…”
    “Che sigilli?”
    “I sigilli di Goldrake! Quel pazzo di Actarus li ha tolti!” grida Maria, sconvolta.
    “Cosa sono questi sigilli, Maria?”
    La ragazza si alza in piedi a fatica, cercando di riprendere l’equilibrio. E’ stato pericoloso attraversare mentalmente una macchina potente e senza sigilli come Goldrake. Rispondendo alla domanda, inizia a parlare con voce affaticata:
    “Sono…sono come delle cinture di sicurezza, per fare il primo paragone che mi viene in mente, anche se non è adatto. I sigilli permettono al pilota di guidare Goldrake senza rischio, o almeno col rischio ridotto al minimo.”
    “Quale rischio?”
    “Quello di morire. Tutto il pilota – corpo e spirito – in pratica, la sua forza vitale, è usata per guidare Goldrake. Solo che, coi sigilli, non si raggiungono mai livelli pericolosi. Ma qui…senza questa sicurezza…per forza che mio fratello diventa uno straccio dopo la guida!”
    “Ma perché Actarus avrebbe fatto una cosa così stupida?”
    “Per potenziare Goldrake. In effetti, non l’avevo mai visto così potente. Fa quasi paura. Per darti l’idea, è come se fossimo davanti a una bomba atomica o uno tsunami.”
    Alcor si volta verso Goldrake. All’improvviso, il famoso robot gli appare sinistro e nemico. Serra le labbra, stringendo il pugno con rabbia.
    “Stavolta Actarus mi sente” dice a voce bassa il ragazzo.
    “No” dice Maria, decisa “No, Alcor. Sentirà me.”

    Nel buio dell’hangar di Boss, la luce tremula di una lampada ad olio illumina i congiurati, seduti e riuniti attorno. Nuke e Mucha, assonnati per la faticosa giornata, non vedono l’ora di andare a dormire. Boss, implacabile, osserva il fuoco della lampada, riflettendo profondamente prima di iniziare il discorso. Lisa Vold, poco distante, fa finta di addormentarsi nel sacco a pelo, mentre ascolta con attenzione col suo acutissimo udito di lupo.
    Alla fine, Boss tira fuori un pacco di fogli e lo sbatte per terra, iniziando a parlare ai suoi assistenti.
    “Questo è il piano segreto per l’ultrapotenziamento del Borot!”
    “Un altro?” sussurra Nuke al collega.
    “Sarà la ventiseiesima volta, credo. Ho perso il conto.” ribatte a palpebre semichiuse Mucha.
    “Silenzio!” ribatte Boss con una manata per terra che li fa sobbalzare. “Ascoltatemi bene, disgraziati che non siete altro, invece di fare commenti. Secondo voi, ci sono degli spunti per migliorare il Borot?”
    I due si guardano in faccia, perplessi, per poi osservare Boss con una faccia che vuol dire: “Boh?”
    Con una risatina, Boss soggiunge:
    “Ecco perché sono io il capo, coppia d’idioti. Ma guardatevi attorno! Un’occasione come questa non ci capiterà mai più in tutta la vita!” Boss fa un ampio giro col braccio, continuando:
    “Mazinga Z, il Grande Mazinga, Getter, Jeeg, Daitarn, Goldrake…sono tutti una miniera di informazioni e di armi segrete da copiare! Tutte da mettere insieme nel Borot! Guardate questi progetti!”
    I fogli di Boss passano tra le mani di Nuke e Mucha, che osservano stupiti. Un Borot col casco e la lampada da minatore: l’attacco solare del Daitarn 3. Un Borot con delle calamite a polarità positiva e negativa che può staccarsi e riattaccarsi: la combinazione di Jeeg Robot. E tanti altri.
    “E…e dobbiamo costruire tutto questo?” dicono pallidi in volto.
    “Bisognerà lavorare duro, da domani.” risponde Boss a braccia conserte, chiudendo gli occhi un momento e rivolgendo la testa verso il basso, acquistando un tono solenne “Ma ne vale la pena. Mettendo insieme sul Borot tutte queste armi potenti, dico POTENTI, noi…” e Boss stringe un pugno con aria minacciosa “noi gli spezzeremo le reni, non solo all’Oscuro e ai suoi compagni, ma anche a Mazinga, Goldrake e tutti i suoi fratelli! Manderemo a pedate l’Oscuro a pulire i gabinetti e il Borot dominerà incontrastato! Wahahahaha!” termina con una risata pazza.
    I due assistenti si guardano sconcertati: ma è impazzito o fa sul serio?
    Lisa Vold inizia ad addormentarsi: il discorso non le interessa.
    “Vuoi affrontare anche Tetsuya e il Grande Mazinga?” dice Nuke, incredulo.
    Lisa apre gli occhi di scatto, diventando attenta all’improvviso, senza muoversi.
    “Hmm” borbotta Boss “Ogni cosa a suo tempo. Mica li voglio ammazzare, cosa avete capito? Voglio farli svergognare e far vedere loro che Boss è il migliore di tutti! In questo modo, Jun aprirà gli occhi alla fine e si innamorerà di me!”
    Dicendo questo, gli occhi di Boss luccicano, mentre congiunge le mani, estasiato.
    “Ma lei è sposata con Tetsuya, Boss!” replica Mucha.
    “Ti sbagli. Essendo orfani tutti e due, devono ancora avere il benestare dell’autorità per sposarsi. Hanno tutti e due un passato burrascoso e devono ancora regolarizzare la loro posizione. Per adesso, non possono sposarsi: l’irreparabile non è ancora compiuto!” conclude solennemente Boss.
    Lisa sorride di nascosto: Molto, molto, molto interessante. Muy bueno! pensa.
    Poi si addormenta serena.

    Continua qui.


    Edited by joe 7 - 19/4/2016, 16:49
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