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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 49

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 29 April 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 49
    NEL MIO CUORE NON CI SARA' MAI LA PRIMAVERA

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui

    79m
    Immagine presa qui.


    RIASSUNTO:
    Dopo la guerra contro Vega, Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Però il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da un essere misterioso, l’Oscuro, che comanda un esercito sterminato: vuole sacrificare Rex, quando, tra diversi giorni, sette stelle saranno allineate. Actarus ed altri amici organizzano il salvataggio di Rex, dando la caccia ai cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Dopo alcune vicissitudini, Actarus finisce in coma e Jeeg Robot e Miwa devono combattere contro Shizuri, la Signora delle Nevi, una dei sei Generali dell’Oscuro, che ha appena rapito Miwa e lasciato il cristallo in mano a Jeeg, per motivi suoi…
    Intanto, Venusia, sotto il falso nome di Hikaru, si è iscritta tra le Amazzoni di Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, per salvare Rex: ora è arrivata a Darkhold, il mondo/castello dell’Oscuro. Alle terme dell’astronave delle Amazzoni fa un incontro inaspettato con un uomo misterioso. (Nota: in questa storia, Alcor e Koji sono due persone diverse).


    L’uomo e la donna si fissano reciprocamente nelle terme dell’astronave delle Amazzoni. Il primo, vestito di un nero simile al colore dei suoi capelli, è in piedi, tranquillo e sicuro, con un sorriso soddisfatto. L’altra, anche se ha una spada in mano, è imbarazzata perché nuda e parzialmente coperta dall’acqua. Venusia non sa che fare. L’altro alza un braccio e la donna osserva il suo asciugamano aperto che resta sospeso a mezz’aria sopra di lei.
    Cosa cavolo è successo? E’ stato lui? pensa Venusia. Ma non perde altro tempo a farsi delle domande: in un attimo, esce dall’acqua e si avvolge attorno l’asciugamano. Poi serra la spada con entrambe le mani, mettendosi in guardia. Ma si accorge che l’uomo misterioso non è più dov’era prima.
    “Sei troppo sospettosa, chèrie.”
    E’ comparso all’istante alle sue spalle. Venusia si volta subito, puntando la spada verso di lui.
    “Ma chi sei? E come hai fatto ad apparire così? Teletrasporto?”
    “No. Ho usato mamiyo, il passo lampo. Insieme al dozu, la levitazione, è una tecnica di base per il mio mestiere.”
    “Il tuo mestiere?”
    “L’assassinio. Sono un mercenario e un assassino professionista, come tutti i Lupi Neri. Siamo agli ordini dell’Oscuro e di Sukeli.”
    “Sukeli?”
    “Il Sacerdote Nero. Mi sembri poco informata, Hikaru.”
    “Conosci il mio nome?”
    “Stai diventando famosa. Per entrare nelle Amazzoni, hai sconfitto una come Isparana senza usare una spada. Inoltre, hai affrontato Shigure e sei sopravvissuta. Volevo vederti di persona.”
    “Facendo il guardone?”
    “Mi piace conoscere a fondo la gente” replica sorridendo.
    Venusia serra le labbra, arrossita e furiosa. Avvicina la punta della spada al volto dell’uomo, che non si scompone minimamente, continuando a sorridere.
    “Non vorrai mica farmi a fettine, chèrie? Sei cattiva. In fondo, ti ho passato l’asciugamano…”
    “Non prendermi in giro!” sbotta Venusia “Come hai detto che ti chiami? Sagara?”
    “Esatto. Sanosuke Sagara, comandante dei Lupi Neri, al tuo servizio”
    Prima ancora che lui finisca la frase, ha già tolto la spada a Venusia ed è alle sue spalle. Con calma, rimette la spada della donna nel fodero, raccogliendolo dal pavimento. Venusia guarda impallidita le sue mani che afferrano il vuoto. Sagara consegna la spada inguainata a Venusia.
    “E’ fastidioso parlare ad una donna con una spada di mezzo, chèrie. Ho già capito che sei brava. Prego, puoi prenderla, adesso.”
    Venusia afferra la spada in silenzio. Questa tecnica “mamiyo” è di una velocità impressionante, pensa. “Si può sapere cosa vuoi da me?” chiede lei.
    “Nulla, chèrie. Volevo solo farti da cicerone: forse è la prima volta che arrivi a Darkhold. Potrei anche insegnarti qualche tecnica…”
    Venusia si sente come colpita da un fulmine.
    “Cosa? Siamo a Darkhold? Da quando?” dice, agitata.
    “Da circa mezza giornata, chèrie. Cos’è questa reazione? Ci tenevi così tanto a vedere questo posto?” risponde Sagara, un po’ sorpreso.
    Darkhold. Sono qui. Rex è qui. Mio figlio. E’ qui, da qualche parte. Devo muovermi.
    Venusia si allontana subito, ma una mano la ferma, afferrandola per il polso.
    “Aspetta, chèrie. Non mi hai detto niente circa la mia proposta.”
    “Eh?”
    “Posso farti vedere il posto. O insegnarti qualche tecnica”
    Venusia con uno scatto si libera dalla presa di Sagara e lo osserva pensierosa e diffidente.
    “Senti…intanto questa è l’astronave delle Amazzoni. Come hai fatto ad arrivare qui?”
    “Ho i miei metodi, chèrie
    “Ti sarai allenato ad entrare negli spogliatoi delle ragazze da piccolo, immagino.”
    “Sono profondamente addolorato per la tua sfiducia nei miei confronti, chèrie. Devo dire però che sei in gamba con la spada. Hai attaccato con rabbia appena hai sentito la mia voce. Sì, sono sicuro che diventerai un’ottima amazzone. Jezabel un giorno sarà fiera di te. Forse ti nominerà persino comandante. Farai carriera, chèrie.”
    Venusia, impietrita, resta sconvolta dalle parole di Sagara. In effetti, lei lo aveva attaccato prima ancora di rendersene conto. Prima di essere cosciente, aveva già colpito con la spada in mano. Forse, se al posto di Sagara ci fosse stato un altro, l’avrebbe ammazzato o ferito gravemente.
    “La prima regola della spada” aveva detto Shigure ”è di non attaccare mai con rabbia. La via della spada è a doppio taglio: o la domini, o ne sei dominata. A te la scelta. Se però sarà la spada a dominarti, avrai imboccato la strada della tua distruzione. Stai attenta.”
    Venusia sente un brivido e osserva con spavento la spada che ha in mano. Sagara si allontana dirigendosi verso l’uscita.
    Au revoir, chèrie. Pensa alla mia proposta. Ci rivedremo.”
    Venusia resta sola nelle terme, immobile e ancora scioccata per quello che ha scoperto. Serrando l’elsa della spada, pensa con angoscia: Ma…ma…io…cosa sto diventando?

    La Cosmo Special non si muove più. I reattori sono spenti e l’astronave galleggia nello spazio. Una sottile superficie di ghiaccio inizia a formarsi sopra il metallo. Nella cabina di pilotaggio, Yuriko, la pilota in seconda, cercando di ignorare il freddo, sta lavorando sui fili elettrici per far aprire il portone di uscita della cabina, sotto lo sguardo ansioso di Keiko, la prima pilota, che sta iniziando a battere i denti.

    Haran Banjo scuote inutilmente Beauty e Reika, le sue assistenti: sono distese a terra, immobili e freddissime. Con gran fatica, le solleva entrambe sulle spalle e le porta lentamente dentro la macchina Mach Patrol, alzando al massimo il riscaldamento e chiudendo gli sportelli. Banjo, che è restato fuori, si guarda intorno con la mente annebbiata. Garrison…Toppi…gli altri…dove sono? pensa, osservando il Daitarn che è coperto da uno strato di ghiaccio insieme a tante stalattiti. Cammina a fatica: la resistenza di Banjo al freddo è molto alta, ma questo non è un freddo normale.

    Lisa Vold è riuscita alla fine ad abbattere il portone che non si apriva. Devo trovare Tetsuya, pensa. Passa davanti all’hangar dove ora i robot sono coperti di ghiaccio: anche Goldrake, che è ancora disteso a terra da quando Actarus aveva combattuto contro i suoi compagni. Senza la guida di Actarus, è stato impossibile mettere Goldrake nell’abitacolo della sua astronave. E’ in pratica ricoperto da un blocco di ghiaccio.
    “Tetsuya…” dice a voce bassa Lisa, facendo uscire una nuvola di vapore dalla bocca e camminando appoggiata alla parete, cercando di resistere a questo freddo misterioso che le fa intorpidire tutte le membra.

    Il legno crepita sotto il fuoco e per diverso tempo è l’unico suono presente nella Sala Blu. Miwa, seduta sul divano, osserva la schiena di Shizuri, in piedi davanti al camino. La Regina delle Nevi fissa il fuoco senza dire nulla. Poi all’improvviso inizia a parlare:
    “Vuoi sapere come è successo?” chiede a Miwa, riferendosi a quello che Shizuri le aveva appena detto. E cioè che la Regina delle Nevi aveva ucciso con gioia l’uomo che aveva amato. La donna del Big Shooter annuisce: “Sì, se volete dirmelo”
    Devo guadagnare tempo facendola parlare, si dice Miwa. Però, anche se non vuole ammetterlo, non può fare a meno di essere incuriosita.
    “Tutto cominciò qui” inizia lei con tono triste, anche se il volto non mostra alcuna emozione “Un tempo questo pianeta non era coperto di nevi e non si chiamava Niffelheim. Era un giardino, pieno di prati e fiori. L’inverno si alternava all’estate ed esistevano le stagioni.”
    “Come si chiamava questo pianeta?”
    “Arcturo, o anche Arcturus. Era un paradiso. Ma anche nell’Eden c’era il serpente. Arcturo era comandata da una dittatura ed era al centro di un impero galattico. Il dittatore Ogord e sua moglie Lady Tanelle reggevano con mano di ferro tutto l’impero sin nelle sue propaggini più remote. Erano in guerra continua contro un altro impero, quello di Turan. A volte vinceva l’uno, a volte l’altro, ma non riuscivano mai a prevalere definitivamente. Il numero di morti in quella guerra era sterminato”
    Miwa sta ascoltando tutto con attenzione, senza accorgersene. Dopo una pausa, Shizuri continua:
    “Ma queste cose a me non interessavano. Ero una ragazzina che giocava, rideva e pensava al grande amore come tutte. Però, nello stesso tempo, non ero come tutte. Nacqui coi capelli bianchi, in una comune famiglia di contadini. Non solo: si erano accorti che potevo comandare al freddo e al gelo. Cose minime: da bambina facevo spesso degli scherzi o degli spettacoli con queste mie capacità. Molti avevano sentito parlare di me ed erano venuti anche da lontano per vedermi. Un giorno, arrivò anche un ragazzo nobile, molto bello. Si chiamava Stakar, ed era il figlio del dittatore Ogord. Era scappato dalla corte per venire di nascosto a vedere quella ragazzina di cui parlavano tutti. Ne rimasi subito affascinata, come pure lui di me. Giocavamo insieme, scappavamo insieme, facevamo delle escursioni nei boschi. Siamo cresciuti insieme, fino a diventare un ragazzo e una ragazza.”
    Shizuri si interrompe. Si volta verso Miwa e le chiede:
    “Tu e Hiroshi siete cresciuti insieme?”
    “Eh…sì” risponde Miwa, spiazzata dall’improvvisa interruzione.
    “Forse ti sto annoiando. Lasciamo stare?” chiede Shizuri.
    “No, per favore, vada avanti. Cosa è successo dopo?”
    “Credo che tu possa immaginarlo da sola. Due ragazzi che si amano cosa vogliono fare? Sposarsi, naturalmente. Ovviamente le resistenze furono moltissime. Una contadina un po’ strana che sposa l’erede dell’impero galattico. Un’assurdità. Anche i miei genitori non erano d’accordo. Ma alla fine il matrimonio si fece. Persino nonostante la guerra, che si faceva sempre più feroce. Ormai Arcturo e Turan erano ai ferri corti. Ma, come ti ho detto prima, queste cose non mi interessavano. Un anno dopo, nacque mia figlia. Aleta dai capelli corvini.”
    Shizuri si interrompe ancora, guardando il fuoco. Sarà un’impressione, ma a Miwa era sembrato di vederla tremare leggermente. Un effetto del fuoco? Forse. O forse no.
    “Vostra…vostra figlia?” esclama Miwa.
    “Sì. Era molto bella. Ed era normale, come tutte le altre, senza capacità particolari come le mie. Anche Stakar ne era contento. Ma lui era cambiato. La guerra e le battaglie l’avevano reso più duro, più cinico. Nonostante questo, ero felice. Fino a quel giorno. Devi sapere che Turan stava per vincere. Ormai la sua espansione aveva raggiunto persino alcuni territori di Arcturo e, a causa della guerra, vedevo Stakar sempre di meno. Cominciavo a preoccuparmi: la minaccia turaniana ormai incombeva su tutti. Quel giorno, dicevo, era un bel giorno di primavera. Lo ricordo ancora. Aleta aveva quasi sette anni e la stavo vestendo perché andasse a lezione dal precettore. Ad un certo punto, arrivò Stakar, tutto agitato, dicendo che c’era bisogno di me al più presto. Lo seguii salutando Aleta, che era sulla soglia di casa. Non sapevo che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei vista.”
    Shizuri, attraverso il fuoco, pensa ancora a quel momento.
    “Fai la brava, Aleta. Tua madre tornerà presto.”
    “Va bene, mamma. Ciao!”

    Gli occhi della Signora delle Nevi esprimono una tristezza infinita.
    “E…e poi?” chiede Miwa.
    Prima che se ne renda conto, Shizuri continua a raccontare:
    “Fui ricevuta con tutti gli onori a corte. Ero rimasta sorpresa, non era mai successo. Ogord mi detestava, almeno la metà di quanto mi detestasse Lady Tanelle. Ma mi accolse a braccia aperte.
    ‘Mia cara Shizuri’ aveva detto ‘abbiamo bisogno del vostro aiuto’
    ‘Il mio aiuto, sire? E perché?’
    ‘Sei l’unica che può comandare alla neve e al ghiaccio. Se non ci aiuti, Turan ci conquisterà’
    ‘Ma non sono capace di affrontare delle astronavi da guerra! Le mie capacità sono limitate…’
    ‘Non proprio, Shizuri’ disse Stakar ‘L’amplificatore che abbiamo costruito può mettere la parola fine a questa guerra. Basta che tu entri nella cabina trasparente e faccia incanalare il tuo potere in quella macchina’
    ‘Ma, Stakar…non dirai sul serio!’
    ‘E’ solo per un momento, Shizuri, poi Turan non sarà più una minaccia per noi. Vivremo in pace’
    Stakar aveva una voce strana in quel momento. Non so come, alla fine accettai. Entrai nella cabina e mi feci ammanettare all’interno dai conduttori di energia. Da lì, le mie capacità di controllare il freddo aumentarono. L’amplificatore poteva trasmettere queste capacità a tutte le astronavi, che potevano tramutare in ghiaccio i loro nemici. Ero diventata una batteria vivente.”
    Shizuri afferra della legna e la butta nel fuoco, che si sviluppa ancora più vigoroso.
    “Nella mia ingenuità, pensavo che entro la sera dello stesso giorno tutto sarebbe finito e sarei uscita da lì a rivedere Aleta. Infatti, l’avevo chiesto. Ma gli operatori non risposero. Alla fine dissero, sprezzanti:
    ‘Ormai sei qui, mostro, e ci resterai. Tutta la tua vita ora sarà spesa per la gloria di Arcturo’
    ‘Come osate? Fatemi uscire subito, o mio marito Stakar ve la farà pagare cara’
    ‘Da questo momento, il principe Stakar è vedovo. Purtroppo, sua moglie è morta combattendo contro l’esercito turaniano’ dissero ridendo.
    ‘Cosa?’
    In quel momento, cominciai a capire. Era una trappola. Ma quello che mi fece più male era che l’inganno non partiva solo da Ogord, ma anche da Stakar, che amavo. Il suo cuore era diventato duro come quello del padre. Più tardi lui si sposò con un’altra, una principessa, credo. Io ero imprigionata dentro e non potevo più uscire da lì. Non avevo più bisogno né di mangiare, né di dormire, né di cambiarmi. L’amplificatore rendeva superflue queste necessità. E dovevo obbedire, se no si sarebbero vendicati su Aleta. Era chiaro perché Ogord, se all’inizio era contrario al mio matrimonio con suo figlio, alla fine fu favorevole: aveva capito che poteva usare il mio potere usando mia figlia come ostaggio. Ho passato anni interi lì dentro.”
    Santo cielo. Miwa inizia a capire.
    “La guerra contro Turan, grazie al mio intervento, si volse a nostro favore, anche se durò ancora a lungo. Io soffrivo nel sapere che Aleta cresceva e non potevo vederla. Ma almeno sapevo che stava bene. Un giorno arrivò quello che tutti desideravano: la vittoria. Turan era stata sconfitta e si arrendeva senza condizioni. Arcturo era diventato l’impero assoluto. Ci furono giorni continui di grandi festeggiamenti. Ogord e Stakar avevano raggiunto l’apice della loro potenza. Ma tutto finì in una notte.”
    Miwa trattiene il respiro. Ha quasi paura di sentire il seguito.
    “Quella notte, doveva anzi essere il tramonto – continua Shizuri – anche gli operatori festeggiavano. Io non capivo cos’era successo ed ero rimasta lì dentro, da sola. I miei vestiti erano ormai logori e i miei capelli toccavano terra. Fisicamente, non ero stanca: l’amplificatore pensava a tutto. Ma il mio animo era distrutto e soffocato. Ad un certo punto, un’ operatrice che aveva bevuto era scesa nella sala dell’accumulatore, forse per una stupida scommessa, forse per conto suo, non l’ho mai saputo. Si rivolse a me ridendo e disse:
    ‘Ehi, mostro, abbiamo vinto. E grazie a te. Arcturo ora è il signore assoluto. Non sei contenta?’
    Io tacevo. Ormai ero assente ad ogni cosa che dicevano e ad ogni stimolo esterno. E questo la fece innervosire. Allora sbottò:
    ‘Ah, fai la superiore? Bè, sai una cosa? La tua figlioletta? Aleta? E’ morta.’
    Per la prima volta da anni mi sentivo scuotere dentro. Mi voltai verso di lei. La donna era rimasta soddisfatta del risultato ed insistette:
    ‘Aveva sempre pensato che fossero stati i turaniani ad averti uccisa: era diventata prima un soldato, poi un comandante, per vendicarti. E’ morta un anno fa in una battaglia tra astronavi. Ormai è polvere nello spazio. Vuoi fare ancora la superiore, adesso?’
    E scoppiò in una risata. Ad un certo punto, smise di ridere e si guardò intorno. Si era accorta che faceva piuttosto freddo, lì dentro. Alzando gli occhi, vide che delle stalattiti di ghiaccio si stavano formando dal soffitto e da ogni parte. Anche se ubriaca, capì che qualcosa non andava. Rimase terrorizzata nel vedere la cabina trasparente diventare di ghiaccio e incrinarsi. La struttura della cabina crollò come un castello di carte. Ero libera. La notizia che quella donna mi aveva dato mi aveva talmente sconvolta che i miei poteri si erano sviluppati all’estremo e oltre ancora, aumentando sempre di più come un fiume in piena. La donna lanciò un urlo e si contorse in agonia. Non hai idea del dolore che si prova quando il sangue diventa ghiaccio.”
    Shizuri osserva un momento il fuoco, poi continua.
    “Era stato il mio primo omicidio. Ma non mi interessava. Avevo semplicemente perso la ragione. Pensavo ad Aleta. E a Stakar. Soprattutto a Stakar. Ero diventata bianca e luminosa, con gli occhi senza pupille né iridi: una specie di fantasma di carne e sangue, attorno alla quale tutto diventava ghiaccio. Salii le scale e uscii. Ogni persona che mi vide, a cominciare dagli operatori, ma anche ogni uomo, donna, chiunque incontravo nella mia strada, fece la fine di quell’operatrice. Il mio potere era senza controllo e aumentava continuamente, mentre la mia mente non era cosciente. Pensavo solo a Stakar. Mi diressi a piedi verso il castello di Ogord, dove c’era il fulcro della festa per la vittoria. Canti e balli senza fine. Mentre camminavo, intorno a me anche il tempo cambiava. Stavo influenzando persino il tempo del pianeta: si riunirono enormi nubi e cominciò a nevicare e a soffiare vento.”
    Miwa la interrompe, esclamando stupita: “Aspetta…non starai mica dicendo che questo pianeta tu…”
    “Vedo che hai capito. Da quella notte, infatti, iniziò l’eterno inverno di Arcturo. Per questo gli cambiai il nome: Niffelheim , il reame dei ghiacci”
    Miwa non riesce a credere ad una storia simile. Ma aggiunge: “E…e poi…cos’è successo?”
    “Hanno cercato di fermarmi, naturalmente. Cannoni, carri armati, bazooka. Disperati, usarono perfino l’atomica. Ma ogni cosa intorno a me diventava cristalli di ghiaccio e neve e avanzavo, inesorabile. Ogord divenne bianco dalla paura: tutte le persone del castello reale si misero a scappare, ma ogni uscita era bloccata dal freddo. Ogni macchina, ogni computer, ogni cosa. Potevano solo stare lì e vedermi avvicinare sempre di più. Lady Tanelle era tanto terrorizzata che non smetteva di gridare. La festa diventò un incubo, dove tutti urlavano e cercavano inutilmente di scappare. Alla fine, arrivai al portone, che crollò semplicemente davanti a me. Tutto il castello cadde in rovina, diventando di ghiaccio e le persone morirono urlando, mentre il loro sangue si solidificava e gelava. Ogord morì semplicemente di paura, mentre Stakar e Lady Tanelle divennero statue di ghiaccio. Stakar ci mise molto a morire e rimasi tutto il tempo a guardarlo. Dopo la sua morte, presi il suo corpo di ghiaccio, lo portai al luogo più alto che era rimasto tra le rovine del castello e lo lanciai nel vuoto. I suoi frammenti volarono da ogni parte. Poi mi rannicchiai e piansi a lungo”
    Le due donne restano in silenzio per un po’ di tempo. Poi Shizuri riprende la storia:
    “Intanto le nubi si moltiplicarono a dismisura, facendo nevicare in ogni parte del pianeta. I macchinari del dittatore erano diventati inservibili e questo favorì la rivolta. Alla fine i ribelli presero il potere e, riconosciuto quello che avevo fatto, mi elessero loro regina. Infatti, ero l’unica che poteva salvarli dalla terribile ondata di freddo. Nel frattempo, ero rientrata in me, ma ormai il danno era stato fatto. Non avevo, né ho adesso, il potere necessario per far tornare tutto come prima. Ma potevo limitare le conseguenze. Quindi, riuscii a rendere le condizioni di vita più agevoli per i sopravvissuti e gli ex-prigionieri, tra i quali c’era anche Hildico, la cameriera che hai conosciuto. Turan alzò la testa approfittando della caduta di Ogord, ma io fondai delle nuove milizie, i Giganti della Tempesta. Riconquistai e misi a ferro e a fuoco Turan: anche se indirettamente, erano responsabili della morte di Aleta. Da lì si espanse il mio impero. Conobbi Jezabel, che aveva poteri tali da rivaleggiare coi miei, e mi propose un’alleanza con l’Oscuro. Accettai, un po’ per non affrontare un nemico oltre le mie capacità, un po’ perché lui aveva intenzione di cancellare ogni ingiustizia rifacendo l’universo da capo.”
    “Sacrificando il figlio di Venusia, però” aggiunge Miwa.
    “Il fine giustifica i mezzi. Anch’io ho perso una figlia, se è per questo.”
    “E cosa c’entra Hiroshi?”
    “Ho scarsa fiducia negli uomini. Vorrei solo vedere se mi sono sbagliata o no. Ho dato a lui il cristallo. Vediamo se se ne va via col cristallo o viene a cercarti”
    “Non tutti gli uomini sono come Stakar”
    “Pensi che io ce l’abbia coi maschi? Sei fuori strada. Parlo dell’uomo, maschio o femmina che sia. Non mi fido neanche delle donne. L’idea di usare Aleta come ostaggio era stata di Lady Tanelle, la moglie di Ogord. L’avrai vista, credo, tra la fila di statue di ghiaccio all’ingresso”
    A Miwa viene in mente quella statua di donna in ricchi abiti che si contorceva dal dolore. Scaccia via l’immagine e risponde, decisa:
    “Hiroshi verrà. Lo so. Credimi, verrà a salvarmi. Non ho il minimo dubbio”
    “Buon per te. Augurati però che faccia in fretta”
    “Perché?”
    “Più tempo passa, più il Dim Mak diventa irreversibile. L’unico modo per far tornare i tuoi amici come prima è sconfiggermi, e farlo presto”
    “Tu non conosci Jeeg robot d’acciaio. Verrà.” risponde sicura Miwa. Ma dentro di sé grida: Mio Dio, Hiroshi, fà presto! Tutto dipende da te!

    Continua qui.


    Edited by joe 7 - 20/2/2017, 16:21
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