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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 50

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 2 May 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 50
    JEEG CONTRO SHIZURI: LO SCONTRO PIU' FEROCE IN ASSOLUTO DI JEEG ROBOT!

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui

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    Immagine di Junichi Hayama


    RIASSUNTO:
    Dopo la guerra contro Vega, Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Però il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da un essere misterioso, l’Oscuro, che comanda un esercito sterminato: vuole sacrificare Rex, quando, tra diversi giorni, sette stelle saranno allineate. Actarus ed altri amici organizzano il salvataggio di Rex, dando la caccia ai cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Dopo alcune vicissitudini, Actarus finisce in coma e Jeeg Robot e Miwa devono combattere contro Shizuri, la Signora delle Nevi. Intanto, Venusia, sotto il falso nome di Hikaru, si è iscritta tra le Amazzoni di Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, per salvare Rex: ora è arrivata a Darkhold, il mondo/castello dell’Oscuro. Incontra il capitano dei Lupi Neri, Sanosuke Sagara, che è interessato a lei... (Nota: in questa storia, Alcor e Koji sono due persone diverse).


    Alla Cosmo Special tutto è silenzio. Le due ragazze pilota, Keiko e Yuriko, sono riuscite ad aprire il portone di uscita dalla cabina di pilotaggio, ma sono cadute a terra dopo pochi passi. Un sottile strato di ghiaccio le sta avvolgendo. Anche Banjo, alla fine, ha dovuto cedere ed adesso è a terra, in mezzo ad un corridoio e non si muove più. Lo stesso per Lisa Vold, la ragazza lupo, che ha cercato fino all’ultimo di raggiungere Tetsuya: non ci è riuscita. Boss, Nuke e Mucha sono a terra, a poca distanza dal Boss Robot, che assomiglia sempre più ad un pupazzo di neve. Garrison e Toppi sono immobili nelle loro camere, come pure Reika e Beauty nella Mach Patrol. La squadra Getter – Ryo, Hayato, Musashi – è cristallizzata nella sala riunioni, insieme ad Alcor che li aveva chiamati. La ragazza della Squadra Getter, Michiru, è distesa sul pavimento della Sala Macchine: aveva cercato inutilmente di riattivarle. Jun e Tetsuya sono riuniti in un blocco unico: Tetsuya aveva cercato di rianimare Jun, ma alla fine era caduto su di lei e non si è rialzato più. Koji e Sayaka non hanno fatto neanche in tempo a raggiungere la Sala Riunioni dopo la chiamata di Alcor. Il Dim Mak di Shizuri aumenta sempre di più la sua terribile morsa di gelo. Solo una piccola porzione della Cosmo Special è ancora illesa: l’infermeria.
    Duke Fleed è vivo!
    Maria sta usando al massimo i suoi poteri mentali: seduta accanto al letto di Actarus, sta afferrando la mano di lui, ormai freddissima, e cerca disperatamente di contattarlo con la telepatia. Non fa che continuare a pensare: Duke Fleed è vivo!, resistendo alla tentazione della disperazione. Per qualche strano motivo, il Dim Mak non è riuscito ad entrare nella stanza dell’infermeria dove ci sono i due fratelli di Fleed. Maria non perde la concentrazione e serra i denti. Tra tutti quelli a bordo dell’astronave, ora è l’unica ancora cosciente.
    Duke Fleed è vivo!
    Il Dottor Mash era la prima persona che Maria aveva visto appena era arrivata, dopo una corsa frenetica, nella stanza dell’infermeria dove si trovava suo fratello. Il medico stava auscultando il petto del Principe con uno stetoscopio, assumendo un’aria preoccupata. Di rado interveniva di persona: in genere, le mansioni erano svolte da Herbie, il suo robot assistente e intermediario. Infatti, il dottore è muto; inoltre, porta una cicatrice sul volto, come ricordo dell’invasione di Vega. Essendo un tipo molto riservato, aveva sempre mandato avanti il suo robot Herbie. Ma, nonostante il suo carattere misantropo, è praticamente il miglior medico di Fleed. Maria gli aveva chiesto:
    “Dottor Mash…Duke come sta?”
    Il dottore aveva scosso la testa, cupo. Herbie aveva iniziato a spiegare:
    “Il dottore sta dicendo che le condizioni di Sua Maestà sono ormai critiche e al di là di ogni possibile…”
    Maria, con un colpo rapido di destro, aveva mandato contro la parete il robot e aveva afferrato una sedia, sotto lo sguardo stupito del dottore.
    “Mi lasci qui, dottore. Lo salverò!” aveva detto lei.
    Il dottor Mash l’aveva osservato, perplesso. Herbie si era alzato e, anche se era ancora un po’ scosso, aveva chiesto:
    “Cosa facciamo, dottore?”
    Lui si era diretto verso l’uscita: era meglio lasciarla sola, adesso. Non c’era più nulla da fare. Pochi minuti dopo, sia Herbie che il Dottor Mash erano stati catturati dal Dim Mak e non si erano più mossi.
    Duke Fleed è vivo!

    Lo spirito di Actarus ora è in un luogo strano: una specie di tunnel che sta finendo di attraversare. Oltre il tunnel, è arrivato in mezzo a una luce immensa e sente una gioia senza fine. Tutt’attorno è armonia, splendore e bellezza come mai aveva visto: anche Fleed impallidisce al confronto. Camminando in mezzo a una specie di giardino, osserva un fiume che lo attraversa. Sta pensando di oltrepassarlo, quando una voce lo ferma:
    “Non venire da questa parte, Duke!”
    Una voce familiare. Ma è impossibile: non può essere lei! Alzando la testa, Actarus vede, sulla riva opposta del fiume, una donna stupenda, coperta da una veste bianca e coi capelli rossi agitati dal vento.
    “Rubina? Sei tu? Ma com’è possibile?”
    “Non è ancora il momento, Duke. Devi tornare indietro” risponde lei, con una voce che sembra un canto.
    “Ascoltala, Duke. E’ troppo presto.”
    Un’altra voce. Questa volta è un’altra donna accanto alla prima, dai capelli verdi e lo sguardo intenso. Naida.
    “Voi qui? Ma com’è possibile?” dice Actarus, sempre più sorpreso.
    “Solo tu puoi sconfiggere l’Ombra. Devi tornare dai tuoi.” Un’altra donna, dai capelli viola, molto lunghi e divisi in tante ciocche che si agitano nel vento. Mineo di Ruby.
    “Santo cielo…Mineo…e…Shira?”
    La donna scienziato sorride: “Hai salvato me e tutti noi: devi salvare anche gli altri, Duke”
    “Ascoltala, figliolo. Torna indietro: Venusia ha bisogno di te”
    A parlare è stato un uomo con il mantello e il vestito della famiglia reale, insieme a una donna che lo sta guardando teneramente.
    “Mamma…papà?”
    “Coraggio, Duke. Devi andare. La battaglia non è ancora finita!” dice una persona in armatura, con una spada in mano appoggiata a terra. Il capitano Amauta.
    “Parole sante! Dagliele anche per me!” Marcus, il suo vecchio amico di Fleed.
    Compaiono anche tanti altri volti che Actarus aveva conosciuto nella sua vita passata: Kane, il fidanzato di Maria, la sua nutrice, i suoi vecchi compagni…
    Alla fine, compare anche una donna dall’aria familiare che lo saluta, sempre dall’altra parte del fiume. Con lo sguardo gentile e i capelli lunghi e neri, esclama:
    “Ti ringrazio per quello che hai fatto per mia figlia. Salutamela, e dille che io le sono sempre vicina”
    Actarus comprende: “Lei è…la madre di Venusia?”
    “Sì. Sono Midori. Salutami anche mio marito e il piccolo Mizar” risponde lei con un inchino.
    Duke Fleed capisce che deve tornare indietro. Ma ha un’ultima obiezione da fare:
    “Mi dispiace lasciarvi…”
    “Non ci hai mai lasciato, figlio mio” risponde sua madre. “Siamo sempre stati con te, anche se non potevi vederci. E lo saremo sempre. Ma non è ancora giunto il tuo momento di venire da noi. Devi tornare a combattere.”
    Actarus sente sempre più che deve allontanarsi da lì: infatti, le immagini delle persone che conosce e di quel giardino stupendo diventano sempre più piccole e lontane. Ora tutto è buio. Dove andare? Una persona accanto a lui, in tunica bianca e due grandi ali dietro, tenendo in mano una spada che brilla come il fuoco, gli indica la direzione alzando il braccio maestosamente. Actarus non riesce a vedere il volto dell’essere misterioso: è troppo luminoso. Vede il suo corpo e Maria che sta stringendo con forza la sua mano con entrambe le mani, chiamandolo in continuazione a livello mentale. All’improvviso, si sente cosciente ed avverte l’aria che gli entra nei polmoni. Apre confuso gli occhi e, parlando a fatica, balbetta:
    “M…Maria?”
    “Duke! Sei tornato!” esclama lei felice, abbracciandolo in un attimo.

    “Ciao, Sano!” dicono le amazzoni, sorridendo.
    Sanosuke Sagara, il comandante dei Lupi Neri, attraversa i corridoi dell’astronave delle Amazzoni, dirigendosi verso l’uscita e salutando le donne che lo incrociano, tutte attratte dal suo fascino.
    “Sei entrato di soppiatto anche questa volta, eh, Sano?”
    “Prima o poi devi dirci come fai”
    “Chi hai sbirciato questa volta, Sano?”
    “Sei il solito depravato, Sagara”
    Lui si volta verso l’origine dell’osservazione stridente, riconoscendo subito la provocatrice.
    “Lady Isparana! Diventi sempre più bella ogni volta che ti vedo!” risponde con un sorriso degno di Rhett Butler.
    Isparana, appoggiata al muro a braccia incrociate sul petto, lo fissa con ostilità.
    “Le tue sviolinate non funzionano con me, Sagara. Perché non la pianti di fare queste idiozie? Ti sembra dignitoso per un comandante? Chi sei andato ad osservare di nascosto stavolta?”
    Le altre amazzoni si allontanano. Sanno benissimo che il comandante dei Lupi Neri è proprietà privata di Isparana, nonostante le apparenze, e preferiscono non intromettersi per evitare guai. Isparana è pericolosa.
    Sagara si avvicina a lei, appoggiando la mano sul muro dietro l’amazzone.
    “Non posso parlarti delle mie cose private, chèrie” replica lui.
    “Sono la responsabile delle Amazzoni, dopo il comandante Jocasta. Chi sei andato a trovare?”
    Sagara le mette la mano sotto il mento e dice con dolcezza:
    “Perché ci tieni tanto a saperlo, chèrie? Avrò mica fatto ingelosire la fiera Isparana?”
    Lei gli toglie la mano dal mento con un brusco movimento del polso.
    “Non dire sciocchezze. Sparisci, almeno” dice, alterata.
    “Ai tuoi ordini, chèrie
    Sagara si allontana con calma verso l’uscita, sotto lo sguardo di Isparana, finché lui non scompare dalla sua vista. Poi l’amazzone fissa il pavimento: se lo sguardo potesse uccidere, chiunque fosse capitato davanti ai suoi occhi in quel momento sarebbe morto fulminato.
    So benissimo che eri alle terme con Venusia…questo è troppo! Non me ne frega più niente di dirlo a Jezabel. Ti sei messa tra me e Sagara, dannata…ti ucciderò con le mie mani!
    In un lampo, la spada di Isparana taglia in due il tavolo che è di fronte a lei.
    Da adesso in avanti, Venusia, tu sei carne morta!

    Lungo le lande sconfinate di ghiaccio e neve del pianeta Niffelheim, il cavallo Antares, combinato come un centauro con Jeeg Robot, galoppa veloce come il vento, tra le raffiche e i lampi blu che si sviluppano all’orizzonte. I cannoni del Big Shooter, trascinati dalle corde energetiche dei raggi delta del robot, portano i segni del rapido trascinamento lungo il terreno, ma restano comunque in ottimo stato, pronti a lanciare i loro componenti al primo ordine mentale di Jeeg Robot. Quest’ultimo, anche se è ancora trafitto da alcune lance dei Giganti della Tempesta, durante la corsa, riflette su come battere Shizuri. Quella donna che trasforma tutto in neve e ghiaccio è incredibilmente potente, pensa Hiroshi, ma forse è proprio questa la sua debolezza. Ho in mente qualcosa: è un azzardo molto rischioso, ma se funziona…
    Inoltre, Jeeg non sa cosa è successo a Miwa, e vuole scoprirlo al più presto. Ad un certo punto, osserva da lontano il muro di cinta del Palazzo della Regina delle Nevi e ordina al cavallo con cui è in simbiosi:
    “Avanti, Antares, non fermarti!”
    Il robot-cavallo obbedisce, mantenendo costante la velocità, mentre Jeeg afferra la Lancia di Antares, che gli è stata mandata subito dai cannoni del Big Shooter al suo ordine mentale. Jeeg getta la lancia a tutta forza contro il muro, che esplode in mille pezzi, aprendo un’enorme fenditura attraverso la quale Antares entra nei terreni del castello. Una zona piena di nebbia e foschia. Ma in fondo si vedono delle luci. Chiaramente, da quella parte c’è il castello. Sta per ordinare ad Antares di andare in quella direzione, quando sente all’improvviso un enorme, fortissimo ruggito. Jeeg si ferma e si guarda attorno con attenzione. Ma, nonostante si sia messo in guardia, un’ombra gigantesca passa dietro di lui come un lampo e Antares finisce in mille pezzi. Anche se sorpreso, Jeeg esce subito dai rottami del cavallo di metallo, alzandosi in piedi all’istante, cercando il nemico. Ma non vede nulla. Non sente nulla. Eppure qualcuno c’è. E deve avere una forza bestiale, per aver distrutto così facilmente Antares, costruito con lo stesso metallo di Jeeg Robot. Se mi prende, faccio la stessa fine, pensa Hiroshi, sudando freddo dentro di sé.

    Anche Miwa e Shizuri hanno sentito il ruggito. La prima è trasalita, mentre l’altra rimane inalterata.
    “Cosa…cos’è stato?” chiede la donna pilota.
    Shizuri non risponde subito: si avvicina alla finestra e, guardando attraverso i vetri, dice:
    “Credo che il tuo Hiroshi sia arrivato”
    Miwa, anche se è contenta di saperlo, è troppo preoccupata per quell’urlo che aveva sentito.
    “Ma cos’era quel ruggito? Una bestia?”
    “Era il mio cane da guardia” risponde Shizuri.
    “Eh?”
    “Un giardino privato, soprattutto se è quello del Castello Reale, ha sempre un cane da guardia. Mi sembra ovvio.”
    “Ma…un cane non ruggisce così…almeno quelli che conosco…”
    “Dicevo ‘cane’ per modo di dire. Infatti non appartiene ai canidi. Non appartiene anzi a nessuna specie animale. La sua forza e ferocia sono tanto grandi da non essere lontanamente paragonabili a quelle dei Giganti della Tempesta. L’ho chiamato Wendigo.”

    I frammenti delle lance che i Giganti della Tempesta avevano piantato nel corpo di Jeeg Robot fanno male: i danni sul metallo si ripercuotono nel corpo e nello spirito di Hiroshi. Ma non c’è tempo per pensare al dolore. Riflettendo, pensa: Miwa è laggiù e qui, da qualche parte, c’è una specie di mostro che aspetta il momento giusto per sbranarmi. Per prima cosa, non muoverti. Non muoverti assolutamente. Stai attento. Concentrati. Se riesce a coglierti di sorpresa, farai la stessa fine di Antares.
    Jeeg resta fermo in mezzo alla nebbia e alla foschia, nel silenzio assoluto. Le luci lontane del castello sono lì, tentatrici, e Hiroshi deve resistere all’impulso di correre subito da quella parte. Lì sicuramente c’è Miwa. Ma devo arrivarci vivo. Morto, non servo a niente. Aspetta. Aspetta.
    Il silenzio è opprimente. Sembra di essere in un limbo, una terra di nessuno. Hiroshi ha la sensazione di essere in un altro mondo. Non si vede nulla. Non si sente nulla. Ma lui è lì. La gara di nervi continua e la tensione che sente Hiroshi è quasi insopportabile.

    Miwa non sente più alcun rumore. Il silenzio che la avvolge ha qualcosa di minaccioso e opprimente. Resta lì alla finestra, senza poter vedere nulla al di là della nebbia che avvolge il castello. Ad un certo punto, quasi senza rendersene conto, parla:
    “Shizuri, mi hai raccontato una storia di vendetta. Una storia terribile. Capisco quello che hai fatto e perché, ma sei sicura di essere stata giusta?”
    “Se parli di perdono in una situazione simile, stai dicendo un’idiozia. Al mio posto, tu avresti fatto lo stesso.”
    “Può darsi. Ma avrei sbagliato comunque.”
    “E perché?”
    “Ci sono tanti motivi. Ma, intanto, ti sei mai chiesta se tua figlia Aleta è stata soddisfatta di quello che hai fatto?”
    La Signora delle Nevi non risponde. Dopo un lungo silenzio, osserva il fuoco del camino e dice:
    “Aspettiamo qui il tuo Jeeg Robot.”

    Un fruscio. Un rumore, anche se piccolo. Si è mosso. Jeeg non perde tempo. I suoi sensori acuti hanno già identificato la zona. Coi comandi mentali, ordina ai cannoni del Big Shooter di lanciare gli scudi rotanti in quel punto. Girando rapidamente, gli scudi dentati si lanciano come saette per fare a pezzi il mostro. Ma due mani enormi afferrano gli scudi con una stretta indescrivibile, bloccando all’istante la loro rotazione, per poi sbatterli l’uno contro l’altro, frantumandoli. Jeeg non crede ai suoi occhi. Quel mostro è una specie di enorme gorilla bianco, grande quasi più di Jeeg. Al posto degli occhi, ha due profonde fessure dove, all’interno di esse, brilla una furia omicida. Urlando: “WEN-DI-GO!” corre addosso a Jeeg, afferrandolo in una presa d’acciaio con le sue braccia. Il metallo del robot geme e si incrina. Jeeg non ha mai sentito una simile morsa, neanche tra i peggiori mostri Haniwa. Rischia sul serio di essere spezzato in due. Ma cerca di reagire: le sue braccia raggiungono la schiena del mostro, stringendo anche lui in una stretta, esclamando:
    “Jeeg Breaker!”
    Questa mossa permetteva a Jeeg di stritolare letteralmente i mostri Haniwa. Ma non ha mai dovuto esercitarla in modo così forte. Inoltre, il mostro Wendigo non sembra risentire della stretta, aumentando anzi la sua. Alcuni circuiti scoppiano all’interno di Jeeg e dalle giunture esce del fumo.
    “Aumenta la stretta, Jeeg Robot! Aumentala, o siamo finiti!” grida disperato Hiroshi, all’interno del robot. Le braccia di Jeeg aumentano il loro sforzo in modo disperato. I denti del mostro si serrano sulla spalla del robot, mentre, oltre alla stretta, anche gli artigli penetrano all’interno della corazza di Jeeg. Ma lui non sembra accorgersene. Le sue mani si sono toccate, nonostante la mole del mostro, e inizia a serrare le dita tra di loro. Le braccia del robot sono sempre più vicine, mentre il fumo esce diffuso dalle giunture, ma Jeeg non ci pensa. Entrambi gli avversari non si muovono, ma il loro essere immobili come statue mostra la presenza di due forze spaventose che si fronteggiano senza che una prevalga sull’altra. Impossibile percepire quale delle due sia la più feroce. Le braccia del mostro e del robot sono allo stremo delle forze, ma la loro stretta aumenta ancora.
    Ad un certo punto, si sente un urlo come quello di un animale ferito. Il Wendigo grida rivolto verso l’alto, molando la presa per allontanare le braccia di Jeeg. Ma è troppo tardi: la stretta del robot aumenta come mai prima. Il mostro grida ancora più forte per l’ultima volta, poi resta in silenzio all’improvviso. La sua schiena è stata spezzata ed è morto sul colpo. Jeeg lascia andare pian piano le braccia, fino a lasciar cadere il gorilla mostruoso. Poi le sue gambe non lo reggono più e cade anche lui a terra in ginocchio, sfinito. Gli ci vuole del tempo per riprendersi. Guardando la carogna del mostro davanti a lui, sussurra con voce rotta:
    “Eri…una vera fiera. Cominciavo a chiedermi…”
    Jeeg si rialza a fatica. Lo sforzo è stato terribile ed ha diversi circuiti interni danneggiati. I processi di autoriparazione fanno cessare l’uscita del fumo, ma i danni sono estesi. Camminando barcollante ma sicuro, si dirige verso le luci del palazzo reale.
    “Miwa…sto arrivando!”

    Continua qui.


    Edited by joe 7 - 3/5/2016, 15:32
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