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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 58

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 18 May 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 58
    LA VENDETTA DI ISPARANA: STAI IN GUARDIA, VENUSIA!

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui

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    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da una donna potente e spietata, Jezabel, per conto dell’Oscuro (successivamente si scoprirà che lui è l’antenato di Actarus, Davan Shakari, un tempo dittatore di Fleed e creatore di Goldrake) che lo sacrificherà quando sette stelle saranno allineate. Actarus, insieme coi suoi amici (Alcor, Maria, la squadra Getter, Mazinga Z, Grande Mazinga, Boss, Daitarn, Jeeg), parte con Goldrake sull’astronave Cosmo Special per arrivare a Darkhold, il castello-pianeta dell’Oscuro. Durante il viaggio, affrontano i Generali dell’Oscurità per prendere i cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Intanto, dopo diverse peripezie, Venusia è riuscita ad arrivare a Darkhold, inserendosi tra le Amazzoni di Jezabel col falso nome di Hikaru per trovare suo figlio. Alla fine, esce dall’astronave delle Amazzoni per cercarlo in quel mondo, ma si trova davanti l’amazzone Isparana, che vuole vendicarsi della sconfitta subita da Venusia in passato. Mentre la Cosmo Special si sta avvicinando al pianeta del prossimo avversario, Shizuri, la signora delle nevi, un tempo al servizio dell’Oscuro, propone ad Actarus un’alleanza… (Nota: in questa storia, Alcor e Koji sono due persone diverse)

    “Estrai la spada, Venusia” esclama Isparana, con entrambe le sue spade in mano “Non voglio ammazzarti in un attimo”
    La donna davanti a lei, in mezzo alla strada abbandonata e sotto la pioggia battente, fissa decisa l’amazzone. Afferra l’elsa ed estrae lentamente Brisingamen.
    “Tu…sai chi sono?” chiede sorpresa Venusia “Come hai fatto a scoprirlo?”
    “Sei davvero stupida, ragazza. Non sono qui per parlare. Sono qui per ucciderti”
    L’amazzone, prima ancora di finire di parlare, agisce con rapidità impressionante, anche sotto la pioggia. Venusia all’improvviso non la vede più, e si accorge che lei è già alle sue spalle. Voltandosi stupita, si accorge di provare dolore alla spalla sinistra. Osservandola, vede una ferita di taglio, netta, dove il sangue comincia ad uscire, mescolato con l’acqua della pioggia.
    “E’ il primo sangue, Venusia di Fleed” esclama con un sorriso soddisfatto Isparana “ma questo è un duello all’ultimo sangue!”
    L’amazzone si prepara ad attaccare di nuovo, puntando una spada in direzione orizzontale verso Venusia e l’altra in posizione opposta, verticale: una delle sue tecniche di combattimento. L’altra non ne ha nessuna, e questo Isparana lo sa.
    Non l’ho neanche vista, pensa Venusia, scossa: avrebbe potuto decapitarmi in un attimo. Come cavolo fa ad essere così veloce, persino sotto la pioggia?
    Isparana sente di averla in pugno: ora questa novellina pagherà per l’umiliazione della sconfitta che ho subito…e anche per essersi avvicinata a Sagara!
    Gli ostacoli devono essere sempre eliminati. Questo era il motto di Fagin, il suo maestro di Street Fighter, la lotta libera clandestina. Il vecchio Fagin addestrava i bimbi abbandonati per strada a queste gare, guadagnando milioni con le scommesse. Barba bianca e naso aquilino, Fagin era un esperto: sapeva riconoscere il talento e vedeva che quella bambina bruna dal nome esotico, Isparana, era davvero abile con le lame. Non solo: era un’ambidestra naturale, un talento assai raro. Posso farci una barca di soldi con questa ragazzina, pensava: e in effetti il suo fiuto, come al solito, non sbagliò. Gli avversari più temuti, gli spadaccini più esperti nello Street Fighter (dove ogni arma era permessa) partivano svantaggiati davanti ad un’ambidestra. Inoltre, Fagin le aveva insegnato tutti i trucchi del mestiere per vincere: finte, inganni, mosse speciali. Pian piano Isparana sviluppò un suo stile naturale, soprattutto la tecnica della “Danza delle due spade”, che le permetteva di uccidere più persone con un colpo solo. Cresciuta praticamente da sola e senza contatto umano, sotto lo sguardo vigile di Fagin, vedeva sempre nell’altro, chiunque fosse, un potenziale ostacolo da eliminare, secondo il motto del suo maestro. La solitudine era la sua unica compagna. Dopo la morte di Fagin, decise di fare la mercenaria e alla fine scoprì le Amazzoni di Jezabel, che le sembrarono il suo sbocco naturale. Poche amazzoni comunque osavano avvicinarsi ad Isparana: non dava confidenza a nessuno e tutte ne avvertivano l’istintiva ostilità. La sua prima sconfitta, dovuta ai lazo di Venusia, era stata un evento e una soddisfazione per tutte le amazzoni, che per la prima volta vedevano che Isparana non era poi così terribile o invincibile come sembrava. Una grande umiliazione per una donna orgogliosa come lei, e, come se non bastasse, Venusia aveva anche incontrato Sagara alle terme! Isparana aveva sempre provato una certa attrazione per Sagara, il comandante dei Lupi Neri, ma non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi. E adesso Venusia…come se niente fosse…con lui…alle terme…
    “Ti farò assaggiare l’inferno, Venusia” sibila la spadaccina, iniziando l’attacco.
    L’altra non si muove da lì, sa che è inutile scappare.
    “Non attaccare mai con rabbia” diceva Shigure, la maestra di spada. “Concentrati. Vedi solo la spada. Agisci d’istinto. Tu non hai tecniche, ma hai un enorme potenziale: sei un sanguemisto, Venusia. Me ne sono accorta osservandoti”
    “Sanguemisto?” aveva chiesto lei.
    “Parte del tuo sangue non è tuo. E’ quello che ti dà la forza”
    Venusia aveva capito subito. Il sangue di Actarus. Quando Vega aveva invaso il Centro di Ricerche Spaziali di Procton, lei era rimasta gravemente ferita e stava sul punto di morire. E sarebbe morta, se non fosse stato per Actarus, che le aveva dato il suo sangue. Da allora, Venusia era tornata come prima, ma non era più la stessa di prima. Aveva sconfitto con facilità le guardie di Vega. La sua abilità fisica era aumentata a livelli eccezionali: ricorda ancora l’incredibile facilità con cui aveva vinto il concorso di ginnastica artistica. O quando era riuscita a guidare il Goldrake 2 quasi da sola.
    “Tu impari molto alla svelta, Venusia” diceva Shigure “Ma te ne accorgi solo quando sei in pericolo. Per questo ti ho detto di usare l’istinto.”

    Sotto gli occhi stupiti di Isparana, Venusia ha parato all’istante entrambe le sue spade, quasi senza muovere la sua Brisingamen.
    L’amazzone indietreggia, sorpresa. Come cavolo ha fatto? Ha fermato tutte e due le mie lame! Impossibile!
    Venusia non si muove, se non per mettersi in posizione, come le ha insegnato Shigure. Non parla e tiene la spada dritta orizzontalmente davanti a sé, serrandola con entrambe le mani: è la posizione della protezione assoluta.
    “In quella posizione, hai la massima difesa” diceva Shigure “ma nello stesso tempo non puoi attaccare. Devi fare in modo che sia l’altro ad attaccarti”
    Sotto la pioggia, le due spadaccine restano immobili, studiandosi a vicenda.
    “Ma allora qualcosa sai fare, novellina” esclama Isparana.
    Venusia non risponde e non si muove.
    “Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” replica lei.
    “In battaglia non parlare” diceva Shigure “Il fiato è prezioso: risparmialo al massimo. Controlla il tuo respiro”
    “Chi ti credi di essere?” grida Isparana, stizzita, attaccando di nuovo e usando le spade in modo da colpire in tempi diversi, per confonderla. La sua prima spada è stata parata. Stupida, ci sei cascata! pensa trionfante l’amazzone, lanciando un terribile fendente con la seconda spada. Ma, stupita, Isparana si accorge che sta colpendo il vuoto. Venusia si è spostata di lato, ed ora la sua avversaria è completamente scoperta. Una ginocchiata al mento la fa vacillare, facendola cadere al suolo: ma, essendo una spadaccina esperta, rotola su se stessa ritornando subito in piedi. Ansima, mentre si asciuga il sangue che le scende dal naso. Venusia è ritornata nella posizione di difesa di prima, continuando a fissare Isparana.
    M…maledizione, sono stata stupida…pensa lei, ancora confusa per il colpo ricevuto. La sto sottovalutando…questa %$&^ SA combattere! Ma com’è possibile? Sembrava una totale incapace!
    Venusia, da parte sua, non è meno sorpresa. Ha agito d’istinto, come le aveva consigliato Shigure, e si è mossa quasi senza accorgersene. Si sente più sicura: quasi non si accorge della pioggia che continua a cadere su di lei: è concentrata solo su Isparana. Le braccia che reggono la spada, dritte in linea orizzontale, le fanno male, ma non pensa nemmeno per un attimo di abbassarle.
    “Bene” dice Isparana “ora non scherzo più”
    Alza una gamba, assumendo la posizione della gru e mettendo le spade in una determinata posizione: è la “Danza delle due spade”, la sua più potente tecnica omicida. L’attacco è spaventoso: Venusia si sente invasa da un turbine e para dei colpi che quasi non riesce neanche a vedere, e alla fine grida: è stata colpita in pieno e la corazza pettorale si spezza in due, mentre la veste sottostante si squarcia e il sangue inizia a scorrerle davanti. Per la violenza del colpo, si sente sollevare a mezz’aria, sbattendo contro il muro dietro di sé. Cade a terra, senza però mollare Brisingamen, che, anche se stordita, alza subito, puntandola verso Isparana, in piedi davanti a lei e trionfante.
    “Incredibile” esclama la spadaccina, sorpresa “sei la prima che sopravvive questo attacco!”
    Con una delle sue lame, Isparana tocca la punta di Brisingamen con aria beffarda.
    “Dal basso all’alto, e in quella posizione, i fendenti non funzionano, ragazza. Hai perso”
    Venusia respira con affanno, continuando a tenere alta la spada, con mano tremante, continuando a puntarla verso l’avversaria. Ogni respiro è una fitta di dolore: forse le si è rotta una costola.
    Grazie a Dio, la corazza ha attutito il colpo e la ferita non è profonda, anche se sanguina parecchio, pensa Venusia.
    La spada di Isparana si innalza: Venusia sa che, se non fa subito qualcosa, è morta. Di nascosto, con l’altra mano, afferra la maniglia della borsa che aveva portato con sé e, con uno strattone, la lancia verso la faccia di Isparana, che viene colpita in pieno. L’impatto fa vacillare l’amazzone, facendola indietreggiare: Venusia si alza e la fa cadere a terra con una spallata. Isparana finisce a terra in mezzo agli oggetti abbandonati in fondo alla strada e fa fatica ad alzarsi. Venusia non se la sente di ucciderla a sangue freddo: prende la borsa e scappa subito via, raggiungendo la folla distante, che si tira indietro spaventata nel vedere una donna sanguinante con una spada in mano. Devo nascondermi da qualche parte, pensa Venusia. Ma ha fatto male i suoi conti: da dietro, Isparana inizia ad inseguirla, piena di furia. I suoi occhi sono diventati bianchi, caratteristica di chi ha raggiunto lo stadio di berserk. Si fa largo con le sue spade e la folla, terrorizzata, scappa via urlando: qualcuno, che non ha fatto in tempo a spostarsi cade a terra, ferito e urlante. Una scena allucinante: Venusia non crede ai propri occhi. Continuando a correre, arriva ad una piazza dove la gente arretra nel vederla, mentre Isparana, gridando, la assale con fendenti velocissimi che Venusia evita appena in tempo. Sono così veloci che lei non ha il coraggio di pararli, e a ragione: l’impatto non avrebbe distrutto Brisingamen, ma avrebbe avuto dei contraccolpi terribili sul braccio. Ad un certo punto, si rende conto che non può più indietreggiare: ha raggiunto il muro dietro di sé, dove ci sono le vetrine di un negozio. Non può più andare oltre. Anche se è in berserk, Isparana capisce che la sua nemica non può più sfuggirle: con un sogghigno, fa un salto per finirla. Ma Venusia, che ha visto una sporgenza del muro dietro di lei, ci salta sopra e spicca da lì un salto ancora più in alto, mollando la sua spada e, con una mossa di ginnastica artistica, quella che aveva praticato tempo fa, afferra i capelli di Isparana con entrambe le mani, spingendola contro la vetrina del negozio dietro di lei. Isparana, nel vedere che sta per sbattere contro il vetro, terrorizzata distrugge in un istante la vetrina con le sue lame, ma non riesce a fermare il suo volo. Atterra rovinosamente in mezzo a vasi, profumi, polveri varie, facendo traballare i mobili con sopra il materiale di vendita (pare un negozio di polveri e profumi). Confusa, Isparana si alza, ma Venusia è già su di lei e con un calcio su una mano le fa mollare una spada. La spadaccina cerca di colpirla con l’altra spada, ma il suo movimento ormai è scoordinato: Venusia si sposta di lato e la colpisce con un calcio deciso sullo stomaco, che la fa sbattere contro un mobile. Isparana barcolla: cerca di riprendere l’equilibrio, ma non riesce più a vedere bene Venusia: le sembra che stia girando dappertutto. Riesce a fare solo un passo, dopodiché vacilla e cade pesantemente in mezzo ad un mucchio di cocci sparsi.
    Venusia, respirando affannosamente e cercando di non badare alle fitte che sente ad ogni fiato, osserva con attenzione la sua nemica, mentre il proprietario del negozio e le persone intorno osservano la scena, confuse e spaventate. Nessuna reazione: Isparana è definitivamente a terra. E’…è davvero finita, allora…pensa Venusia, con un sospiro sincero di sollievo, mentre, per prudenza, porta via le spade di Isparana ed esce dal negozio attraverso il vetro rotto.
    Ancora spaventata, Venusia sente che le tremano le gambe. Non riesce a credere di aver vinto un mostro simile. Si appoggia sulla parete, cercando di restare in piedi, mentre si osserva la ferita sul petto. Non è grave, ma tutto il movimento che ho fatto di certo non ha aiutato. Devo trovare qualcuno che mi curi, pensa, mentre si accorge che ha smesso del tutto di piovere. Però vede delle ombre gigantesche, che non sono certo dovute alle nubi. Infatti, tre robot giganti sono appena atterrati sulla piazza, davanti a Venusia, e uno di loro dice con voce metallica:
    “Avete violato la legge che proibisce i duelli in strada. Da adesso voi due siete in stato di arresto”

    “COSA SIGNIFICA QUESTO?” chiede ad alta voce Actarus, completamente scioccato. Ha appena finito di leggere il messaggio che Shizuri, la regina delle nevi, gli aveva dato. Alcor è sorpreso: di rado ha visto Actarus così alterato.
    “Ma…cosa cavolo c’è scritto lì?” chiede, incuriosito.
    “Venusia…” risponde Actarus, ancora incredulo “Venusia è a Darkhold!”
    “COSA?”
    “Si è iscritta tra le Amazzoni di Jezabel per trovare Rex. Leggi qui!”
    Alcor scorre il foglio rapidamente con ansia, fino ad arrivare al nome in calce: “Shigure”.
    “Chi sarebbe Shigure?” chiede Alcor alla regina, in mezzo alla sala delle riunioni.
    “Una maestra di spada. Mi ha dato lei l’incarico di consegnare al re di Fleed questa lettera. Vi assicuro che la fonte è affidabile: per voto, Shigure non mente mai.”
    “Maledizione!” grida Actarus, gettando un pugno sul tavolo.
    “Calmati, Actarus…” dice Alcor.
    “Come posso calmarmi? Venusia ha fatto una pazzia! Poi lì, a Darkhold, c’è Jezabel. Lei ha visto Venusia, la conosce, è stata sfregiata da lei! Se la scopre…”
    Actarus ha un brivido. Ricorda gli occhi di Jezabel: freddi, crudeli, senza pietà. Di rado ha visto uno sguardo simile, degno di Re Vega o Barendos.
    “Devo partire subito con Goldrake!”
    “Actarus, non fare pazzie! Dobbiamo arrivare insieme a Darkhold!” obietta Alcor.
    “Sbagliato” dice Shizuri, osservando Alcor con uno sguardo di ghiaccio “Tu, amico di Duke Fleed, non comprendi la gravità della situazione. All’Oscuro non interessa sconfiggervi. Vuole farvi perdere tempo. Se arrivate a Darkhold dopo il sacrificio, sarà stato tutto inutile. I miei informatori mi hanno detto che, per farvi rallentare ulteriormente la marcia, ha mandato i Tre Guardiani sulla strada per Darkhold. E voi dovete ancora prendere due cristalli da due Generali dell’Oscurità, per non parlare dell’ultimo cristallo, che possiede l’Oscuro in persona. Re di Fleed” dice, rivolgendosi decisa verso Actarus “ti consiglio di partire subito e di aprirci la strada, eliminando i Tre Guardiani. Solo in questo modo arriveremo in tempo per Rex e Venusia”
    “Allora combatterai davvero con noi?” chiede Miwa “ma… Shizuri…se…insomma, se ti accadesse qualcosa…il tuo mondo…”
    “Lo so. Se muoio, Niffelheim sarà sommerso dai ghiacci, vero? Non preoccuparti, non accadrà. Ho stabilito che, se dovessi morire, i miei poteri passeranno automaticamente a Hildico, che, oltre ad essere mia ancella, è anche mia consigliera”
    “A dire il vero” obietta Banjo “ se dobbiamo fare in fretta, la vostra flotta, maestà, ci rallenterebbe. Un’astronave da sola è più veloce”
    “Ti sbagli, uomo dai capelli verdi. Senza la mia flotta, non avanzerete neanche di un metro” afferma decisa Shizuri “Il pianeta che avete di fronte è G’Urantic. Il pianeta del Senza Anima, anzi dei senza anima: centinaia, migliaia di mostri di roccia e metallo che vivono per distruggere. Non mangiano. Non bevono. Non dormono. Distruggono solo. E il Generale Senza Anima è il peggiore di tutti quanti messi insieme. I vostri robot sono circa una decina. Loro sono migliaia. Per quanto siate potenti, non avanzerete.”
    Il silenzio in sala sottolinea le ultime parole della Signora delle nevi. Actarus ad un certo punto dice:
    “Chi ha il cristallo acceso? Tetsuya o Koji?”
    Jun estrae il cristallo dalla tasca e lo osserva: nulla. Non brilla e non emana nessuna “linea rossa”. Tutti all’improvviso fissano Sayaka. La ragazza, con mani tremanti, estrae il cristallo, che brilla vistosamente ed emette uno “spago” rosso, visibile solo a Sayaka, che arriva fino al soffitto. Dovrebbe essere quindi Mazinga Z a combattere. Ma Koji è ancora in infermeria. Tutti comprendono, e Tetsuya sbotta impetuosamente:
    “Dai a me il cristallo, Sayaka! Facciamo cambio col mio. Uscirò col Grande Mazinga!”
    “Forse è meglio…” sussurra la ragazza, ma, quando sta per consegnargli il cristallo, una voce la blocca subito.
    “Fermi!” dice Shizuri, alzando imperiosamente la mano “Quei cristalli non sono giocattoli. Non li avete presi per caso. Vi sono stati affidati. Come Jeeg Robot era stato il più adatto ad affrontare me, così Mazinga Z, con Koji Kabuto, è il più adatto ad affrontare il Senza Anima. Lui e lui solo. Nessun altro”
    “Shizuri ha ragione: stavo per fermarvi io” dice Actarus “I cristalli non si scambiano. In un certo senso, non siete stati voi a scegliere i cristalli, ma sono stati loro a scegliere voi”
    “E’ per questo che il cristallo mi aveva aiutato contro Feral?” chiede Boss.
    “Esatto. Avevi bisogno di più forza, e il cristallo ti ha concesso una frazione del potere della famiglia reale”
    “Ma…questi cristalli…sono vivi?” chiede Sayaka, osservando un po’ spaventata quello che ha in mano.
    “No. Ma, in qualche modo, sono connessi con l’autorità della famiglia reale e con la Massima Autorità, quella che viene dall’Alto. Non so dirti altro. Sono un mistero”
    “Non mi interessano i misteri!” dice Sayaka a voce alta, fissando Actarus con rabbia “Koji è in infermeria! Non può combattere!”
    “Aspetta, Sayaka” dice Alcor, prendendola per mano. Lei si ritira istintivamente, sfuggendo al tocco. Non le piace per niente quel tipo: somiglia troppo a Koji. Alcor se ne accorge, ma fa finta di niente.
    “Forse una possibilità c’è” continua lui. Accende il cellulare e dice: “Maria, mi senti?”
    Dopo qualche battuta, Alcor spegne il telefonino e dice ad Actarus: “Devo parlare di persona con Maria e Koji. Sayaka, per favore, vieni con me”
    L’altra, riluttante, lo segue a distanza ed entrambi escono.
    Appena i due se ne sono andati, Shizuri si rivolge a Tetsuya:
    “Ragazzo della Terra, allora sarai tu ad affrontare Garuda, l’ultimo dei Sei Generali? Credimi, è meglio per te se parti subito”
    “Garuda?” chiede Tetsuya “E’ così che si chiama il mio avversario? Che tipo è?”
    “Garuda…” per un attimo, Shizuri resta in silenzio, fissando il pavimento. Poi alza la testa e continua: “è forte, anzi, troppo forte, come pure la sua smisurata ambizione. E’ l’unico dei Sei Generali che abbia osato sfidare l’Oscuro e Jezabel in persona. Ogni volta che lo incontravo, era più potente di prima: la sua forza è in continua crescita. L’ultima volta ha persino combattuto contro Jezabel in persona. Se dovesse raggiungere il potere della Fenice…”
    “Come? Il potere della…”
    “Fenice. E’ l’ultimo stadio dell’uccello mitologico: Garuda è l’uccello che spalanca ali grandi come i cieli, per tradizione, e il suo potere è inferiore solo all’uccello di fuoco, la Fenice immortale. Diventare Fenice è il suo obiettivo: anche il potere della famiglia reale di Fleed non può contrastare l’uccello di fuoco. Stai attento a te: è già potente così, ma se raggiungesse lo stadio di Fenice, non avresti speranze. Per questo ti ho detto di partire subito, prima che ci riesca”
    “Il Grande Mazinga non teme confronti!” grida Tetsuya, dando un pugno sul tavolo e guardando fieramente Shizuri. Nello stesso momento, una mano gli preme il braccio: è quella di Jun, che ribatte:
    “OK, OK, non teme confronti, comunque meglio se partiamo ora, eh? Non complichiamoci la vita!”
    Mentre i due si allontanano, Lisa Vold, la ragazza lupo, li osserva sorridendo, mentre pensa: Vi piaccia o no, ci sarà qualcun’altra che viaggerà con voi.

    Nel pianeta Stige, comandato da Garuda, si trova un vulcano sempre attivo, il Totentzin, dove un fuoco brucia in continuazione: la leggenda dice che è il fuoco eterno che dura sin dall’alba dei tempi, dove la misteriosa Fenice entra ogni mille anni per morire e risorgere. Da giorni Garuda, che aveva lasciato il castello per sedersi ai bordi del cratere del Totentzin, resta immobile, in attesa: sa che tra poco la Fenice arriverà.
    Myrain, l’elfa evocatrice, nelle sue stanze del castello, abbassa sulle ginocchia il libro che sta leggendo, osservando pensierosa il sole che sta tramontando. Sono già quattro giorni che Garuda manca al castello e lei prova una certa inquietudine. Il rapporto che c’è tra lei e Garuda è complicato: comunque, anche se non vuole ammetterlo a se stessa, sente la sua mancanza. All’improvviso, vede in fondo al cielo che si sta scurendo una forma luminosa che si muove, simile ad un uccello di fuoco, diretto verso il vulcano Totentzin. Myrain sente che la sua inquietudine aumenta, e, senza sapere perché, prova paura.

    “Dunque non è ancora guarito?” dice Alcor a Maria, mentre Sayaka abbraccia Koji preoccupata.
    “Il dottor Mash dice che ci vorrà mezza giornata, bisogna aspettare un po’, quindi…perché hai detto che Mazinga deve partire subito? Che differenza fa?” chiede Maria.
    “Una bella differenza. I Senza Anima stanno arrivando qui, e, come se non bastasse, su quel pianeta ci saranno molti ostacoli che ci farebbero perdere tempo prezioso. Prima si parte, meglio è”
    “Ma possibile che tu non ci arrivi? Non ce le hai le orecchie?” esclama Sayaka, esasperata “Koji non può farcela adesso! Non solo ha le gambe immobilizzate, ma ha anche le mani scoordinate nei movimenti! Non può guidare Mazinga ora!”
    “Può. Se le gambe e le mani sono le mie”
    Tutti lo guardano come se fosse impazzito, e Alcor continua:
    “Maria, una volta mi hai detto che io e te siamo un corpo solo e un’anima sola, giusto? Non dovresti avere problemi allora a contattarmi telepaticamente e dirmi come usare Mazinga, dicendomi quello che ti dirà Koji. Quando lui sarà guarito, partirete col Goldrake 2 e la Trivella Spaziale e ci raggiungerete. Io e Sayaka intanto vi apriremo la strada”
    “Ma i Senza Anima saranno già arrivati allora! Sarà impossibile partire!” obietta Koji.
    “Shizuri ha detto che conosce un trucco. Dobbiamo fidarci”
    “Fidarci di te?” dice una voce dietro di loro “Di uno sconosciuto che guida Mazinga Z? Scordatelo, bello! Ti controllerò anch’io!”
    Voltandosi, Alcor vede la grossa sagoma di Boss, con dietro i suoi smilzi assistenti, Nuke e Mucha.
    “Non preoccuparti, Sayaka: il potente Boss Borot verrà con voi, fino a che non arriverà Koji. Con me, non fallirete!”
    “Non preoccupatevi” ribatte Maria “La parola ‘fallimento’ non esiste nella famiglia di Alcor”
    La ragazza però viene subito zittita dallo sguardo di Alcor: si accorge di aver fatto un passo falso, ma fa finta di niente.
    Sayaka nota l’imbarazzo di Maria e si chiede incuriosita: La famiglia di Alcor? E poi questa frase, “la parola fallimento non esiste”…dove l’ho già sentita?

    Continua qui


    Edited by joe 7 - 19/5/2016, 16:56
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