Il blog di Joe7

  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 59

    Tags
    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 19 May 2016
     
    0 Comments   202 Views
    .
    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 59
    MAZINGA Z CONTRO IL SENZA ANIMA: PRELUDIO

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui

    89a
    Immagine di Gianluca Maconi.


    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da una donna potente e spietata, Jezabel, per conto dell’Oscuro (successivamente si scoprirà che lui è l’antenato di Actarus, Davan Shakari, un tempo dittatore di Fleed e creatore di Goldrake) che lo sacrificherà quando sette stelle saranno allineate. Actarus, insieme coi suoi amici (Alcor, Maria, la squadra Getter, Mazinga Z, Grande Mazinga, Boss, Daitarn, Jeeg), parte con Goldrake sull’astronave Cosmo Special per arrivare a Darkhold, il castello-pianeta dell’Oscuro. Durante il viaggio, affrontano i Generali dell’Oscurità per prendere i cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Intanto, dopo diverse peripezie, Venusia è riuscita ad arrivare a Darkhold, inserendosi tra le Amazzoni di Jezabel col falso nome di Hikaru per trovare suo figlio. Mentre inizia a cercarlo, l’amazzone Isparana, che vuole vendicarsi della sconfitta subita da Venusia in passato, l’affronta: Venusia alla fine riesce a batterla, ma tre robot giganti che sono appena atterrati accanto a lei le dicono che è in stato di arresto. Mentre la Cosmo Special si sta avvicinando al pianeta del prossimo avversario (il Senza Anima), Shizuri, la signora delle nevi, un tempo al servizio dell’Oscuro, dà informazioni preziose sui Generali e fa sapere ad Actarus che Venusia è a Darkhold… (Nota: in questa storia, Alcor e Koji sono due persone diverse)

    Venusia si sente presa da un capogiro. Troppe cose insieme: ha combattuto contro Isparana rischiando più volte la vita, ha vinto per miracolo, è piena di ferite ed ora si trova davanti a sé tre robot giganti, più o meno della stessa stazza di Goldrake, che vogliono arrestarla. Neanche fossi Godzilla, pensa lei, completamente sfinita, cercando di restare in piedi appoggiata al muro e fissando i volti impersonali dei robot. Nelle mani tiene le spade di Isparana e la sua. Un gemito dietro di lei la fa sussultare. Voltandosi, vede sorpresa Isparana che, barcollando, cerca di rialzarsi. I suoi vestiti sono a brandelli.
    “Sagara” dice con voce quasi spenta “tu, maledetta, non…non mi porterai via Sagara!”
    Alza un braccio verso Venusia, ma è tremante e incerto.
    “Ti…ammazzerò…”
    Non riesce neanche a finire la frase che ricade di nuovo a terra, perdendo i sensi.
    Deve aver fatto uno sforzo tremendo per riprendersi, pensa Venusia. E poi, chi sarebbe Sagara? Ah sì, il tizio guardone delle terme!
    All’improvviso, un nastro d’acciaio flessibile avvolge Venusia alle spalle, facendole cadere le spade che ha in mano ed avvolgendola in qualcosa che somiglia ad un bozzolo. Uno dei robot ha mandato quel tentacolo per immobilizzarla.
    “Ogni resistenza è inutile ed anzi aggraverà la vostra situazione” dice il gigante di metallo che ha fatto partire il tentacolo da una delle sue dita.
    “Maledizione, lasciatemi andare!” dice Venusia con forza, anche se la sua voce è rotta dal dolore che prova nel sentire i tentacoli che stringono sul suo petto ferito e sulla sua costola, incrinata o quasi. “Ha…ha cominciato lei” aggiunge, indicando col mento Isparana a terra.
    “Non ci interessa” replica freddamente il gigante con voce atona “L’arresto vale per entrambe”
    “Calma, ragazzi, calma, non potremmo parlarne da persone civili, n’est ce-pas?” dice all’improvviso una voce dietro di loro. Venusia, osservando a fatica attraverso i suoi occhi annebbiati dal dolore, vede qualcuno che sta camminando tranquillo verso di loro, con una mano in tasca, come se fosse un normale passante. Ha una divisa con un colore blu tendente al nero e una giacca scura che ha uno stemma rosso sul petto, raffigurante il profilo stilizzato di una testa di lupo. I suoi capelli corvini ondulati, che sono abbastanza lunghi da ondeggiare leggermente al vento, circondano un volto deciso, tagliato da una bocca piegata di lato da un sorriso beffardo. I suoi occhi scuri brillano ironici, ma sembrano nascondere all’interno qualcosa di molto pericoloso. Venusia lo riconosce subito: Sanosuke Sagara, il comandante dei Lupi Neri.
    “Sa…Sagara? Cosa…cosa ci fai qui?”
    “Facevo quattro passi dopo la pioggia, Hikaru. C’è un’aria così fresca, adesso. Come ti vanno le cose? Tutto bene?”
    “Come vedi…” risponde ironica lei.
    Tre robot giganti mi hanno immobilizzata, dietro di me c’è un negozio fracassato e un’amazzone stesa a terra, sto perdendo sangue e mi chiede come va. O è scemo o mi prende in giro. Mi sa che è la seconda…cavolo, sto perdendo conoscenza… pensa Venusia, intontita.
    “OK, ragazzi” dice Sagara, rivolgendosi ai tre robot giganti “il divertimento è finito. E’ stato un falso allarme, d’accordo? Ci penso io qui”
    “Comandante Sagara, lei non è autorizzato a prendere iniziative simili. Non sono di sua competenza. La invitiamo a farsi da parte” dice uno dei tre esseri metallici.
    “E se mi rifiutassi?” replica, guardando in alto con un sorriso minaccioso.
    “Saremmo costretti ad arrestare anche lei, signore. Questo è l’ultimo avviso. La preghiamo di andarsene”
    “Evidentemente, sapete poco dei Lupi Neri” risponde Sagara “Per prima cosa, sono indipendenti ed obbediscono a chi gli pare. Inoltre” aggiunge con una pausa “distruggere i robot giganti è la loro specialità”
    I tre robot si muovono all’unisono, puntando le loro armi contro l’uomo, che, all’improvviso, alza una mano e subito dopo la abbassa con forza, come se stesse tirando qualcosa.
    FEI - E! Falce della morte” esclama.
    In un primo momento, sembra che non sia successo nulla: i robot restano immobili e non si muovono. Venusia non capisce cosa sia successo. Poi non crede a quello che vede. I tre giganti cadono letteralmente a pezzi, come se un’immensa e invisibile lama li avesse tagliati in più punti. Il rumore dei pezzi che cadono è un rimbombo continuo, mentre i tentacoli che avvolgono Venusia cadono a terra. Lei osserva Sagara a bocca aperta.
    “Cosa…come hai fatto a…?”
    Lui le si avvicina e mostra il palmo della sua mano. Aguzzando la vista, Venusia vede come dei fili talmente sottili da essere quasi invisibili.
    “Li hai tagliati con quelli?” balbetta Venusia, incredula.
    “E’ una delle mie tecniche. Li avevo già avvolti prima coi fili mentre ti stavano vicino e cominciavano a parlarti. Ho usato il mamiyo, il passo lampo, per questo non mi hai visto.”
    Ha distrutto tre robot giganti in un colpo solo. Chi è questo tipo? si chiede Venusia. Ma non ha tempo di pensare: in un attimo, Sagara la solleva da terra tenendola tra le braccia. Senza badare al suo stupore, dice:
    “Dobbiamo fare quattro chiacchiere. Per prima cosa, però, pensiamo alle ferite”
    “Ehi, lasciami!” ribatte lei, tentando di divincolarsi. Ma, prima ancora che se ne accorga, si trova sopra il bordo del tetto di un palazzo che fiancheggiava la piazza, con Sagara che, in piedi, continua a tenerla sollevata sulle braccia. Stupefatta, Venusia osserva il negozio dove prima erano lì, distante centinaia di metri. Che razza di salto ha fatto?
    “Non preoccuparti, Hikaru, chérie. Non ho secondi fini. Ti voglio solo parlare.” dice lui “Intanto andiamo in un posto per medicarti le ferite. O preferisci restare lì a farti arrestare…Venusia?” conclude, calcando la voce sull’ultima parola e fissandola in faccia. Lei lo fissa silenziosa, senza dire niente. Anche lui sa.

    Il Grande Mazinga e Venus Alfa sono entrati nell’astronave di supporto della Cosmo Special. Tetsuya controlla per l’ultima volta i comandi: tutto OK. Grazie alle indicazioni di Shizuri, raggiungeranno facilmente il pianeta Stige, dove si trova Garuda, l’ultimo dei sei generali.
    “Allora, Jun, tutto a posto? Hai portato su ogni cosa? Anche lo spazzolino da denti?”
    Col volto preoccupato, la ragazza dalla pelle scura risponde:
    “Non fare tanto lo spiritoso, Tetsuya. D’accordo che non vedi l’ora di combattere, ma stavolta mi sa che sarà dura. Non mi piace quello che ha detto la donna delle nevi riguardo a Garuda”
    “Ti lasci impressionare troppo facilmente. Anche Mikene non scherzava, se è per questo”
    Tirando leve e premendo bottoni, Tetsuya fa partire l’astronave, che si allontana subito nello spazio. Jun resta silenziosa, evitando di rispondere a Tetsuya e tenendo per sé la risposta che aveva in mente: “Mi sa che questo Garuda sia ben peggio di Mikene...”
    In un angolo nascosto della stiva dell’astronave, Lisa Vold, la ragazza lupo, sogghigna soddisfatta. La clandestina ha sentito tutto. Bene, pensa, il nemico quindi sarà tosto: potrò sfogarmi senza limiti. Il mio Tetsuya si accorgerà chi è che vale di più, se io o quella morosita. Per prima cosa, raccogliamo le forze e facciamoci una bella dormita. Chiudendo gli occhi, Lisa entra in una specie di letargo, durante il quale il suo corpo si ritempra: al risveglio, la ragazza lupo avrà i sensi e i muscoli alla massima efficienza.
    Ma nessuno, nemmeno Jun, può immaginare quanto sarà feroce lo scontro.

    Da un’altra parte della Cosmo Special, sta per iniziare un’altra partenza. Goldrake, dentro l’astronave Atlas, sta osservando lo spazio davanti a sé. Ai piedi dell’immensa mole del robot e del disco, un fratello e una sorella si guardano negli occhi. Nessuno ha il coraggio di dire che potrebbe essere l’ultima volta.
    “E’ stata un’idea ben strana quella di Alcor” dice Actarus, in divisa di combattimento e col casco in mano, cercando di cambiare discorso “Comunque, potrebbe funzionare”
    “Actarus” risponde Maria, tesa “non prendiamoci in giro. A dire il vero, avrei preferito che restassi qui”
    “Venusia è in pericolo, sorellina. E sai bene che Duke Fleed non può tirarsi indietro. Ma alla fine sei preoccupata per questo, vero?” conclude Actarus, indicando Goldrake.
    “Sì” afferma Maria in un sussurro “I sigilli sono stati ripristinati solo per caso, perché Shizuri aveva ghiacciato tutta la Cosmo Special. I sigilli possono rompersi di nuovo o svilupparsi in modo imprevisto. Quindi non sappiamo cosa succederà. Quando avevamo scoperto che i sigilli erano stati ripristinati, ero rimasta perplessa, più che soddisfatta.”
    Voltandosi decisa verso il fratello, gli dice:
    “Duke…Actarus…tu…Goldrake…riuscirai davvero ad usarlo?”
    “Non c’è scelta. Io sono il pilota di Goldrake. Devo essere capace di guidarlo in qualunque situazione” replica lui, mettendosi il casco e voltandosi verso il robot-samurai. “Non posso più aspettare. Vado. Lascio il comando a te, Maria. Mi terrò in contatto”
    Actarus inizia ad incamminarsi, quando Maria gli corre incontro e lo abbraccia appoggiando la guancia sulla schiena.
    “Duke…devi tornare vivo!”
    Lui stringe le mani della sorella e risponde: “Tornerò. Te lo prometto”
    In un attimo, Actarus sale nell’abitacolo e il vetro si richiude. I potenti motori di Atlas si accendono e l’astronave, insieme al robot, si allontana subito diventando un puntino nello spazio per poi scomparire davanti agli occhi di Maria, che resta in silenzio con gli occhi umidi. Una mano le si appoggia sulla spalla: è Alcor, che aveva sentito tutto restando in disparte.
    “Stai tranquilla, ce la farà. Goldrake è invincibile, perché grande ed invincibile è il cuore di Duke Fleed. Me l’aveva detto Venusia, una volta”
    Maria sorride triste ed afferra la mano di Alcor senza dire nulla.

    Una terza ed ultima partenza è in corso. Boss Borot è stato tirato a lucido con gran soddisfazione del suo panciuto pilota, che inizia l’appello:
    “OK, uomini, ci siamo tutti?”
    Visto che l’effettivo è di solo due persone più Boss, non è molto difficile conoscere la risposta. Comunque Nuke ribatte:
    “Manca Lisa…era con noi poco fa”
    “E’ andata con Tetsuya di nascosto, me l’ha detto prima di partire. Vi manda i suoi saluti e si augura di rivedervi presto” risponde Boss, un po’ commosso. In fondo Lisa era diventata una di loro. Nonostante il suo essere donna lupo, è un tipo sensibile, pensa: non ha avuto il coraggio di salutare Nuke e Mucha. Spero che non le succeda niente…
    Anche i due assistenti di Boss sono in pensiero. Lisa era diventata una loro amica, nonostante il loro burrascoso primo incontro.
    “Bè, andiamo!” conclude Boss. Mentre salgono sul Borot, Nuke esclama:
    “Boss, che ci fa qui il corvo spia?”
    “Gli ho dato l’incarico di fotografare le scene di combattimento che farà il POTENTE Borot. Quando Jun osserverà le foto, resterà ammirata ed abbandonerà quel pusillanime di Tetsuya per me! Wahahahaha!!”
    Decisamente Boss non cambierà mai…pensano rassegnati tutti e due i poveri aiutanti.
    Il Borot sale con baldanza sull’astronave pronta per partire.

    Ecco il famoso Mazinga Z, pensa Alcor, alzando la testa ed osservandolo silenzioso. Maria è già andata da Koji per iniziare il contatto mentale tra lui e Alcor. Quest’ultimo, con la tuta blu del pilota del Goldrake 2, comincia a temere di essersi imbarcato in un bel pasticcio. Ma non può, né vuole, tirarsi indietro. Guardandosi intorno, osserva il Pilder e ci salta dentro.
    <premi il bottone giallo e tira la cloche verso di te> dice una voce nella sua mente: Koji l’ha contattato. Maria funziona meglio di un cellulare, pensa Alcor.
    <guarda che ti ho sentito. Non perdere tempo a pensare idiozie e vai!> dice la voce di Maria.
    Beccato. Sarà meglio che stia attento a quello che penso, adesso.
    Eseguendo le indicazioni, il vetro del Pilder si abbassa e i motori iniziano ad accendersi, sollevando la navicella. L’inserimento del Pilder dentro la testa di Mazinga avviene senza problemi, grazie all’abilità di pilota di Alcor. Muovendosi un po’ goffamente, Mazinga Z inizia a salire sull’astronave dove si trova Boss.

    Anche Sayaka è pronta a partire: indossa il casco ed inizia a salire su Afrodite A, quando una voce fredda e distaccata la blocca a metà strada:
    “Sayaka Yumi?”
    Lei trasalisce e si volta di scatto col cuore in gola, osservando Shizuri, la signora delle nevi. Il suo sguardo impassibile la sconcerta.
    “Cosa…cosa c’è?”
    Senza parlare, Shizuri estrae da una sua manica una fiala e la consegna a Sayaka, dicendo:
    “Tieni questa. Ti servirà.”
    Voltandosi, si allontana seguita dallo sguardo sconcertato di Sayaka. Quando Shizuri scompare dalla sua vista, Sayaka osserva la fiala che ha in mano. Contiene qualcosa di completamente bianco che sembra neve, ma brilla in modo strano.
    Cos’è questa roba? si chiede.

    In poco tempo, l’astronave, con a bordo i tre robot (Mazinga Z, Afrodite, Boss), parte dalla Cosmo Special ed atterra sul pianeta vicino, G’Urantic. Lo sportello si apre e i tre scendono, osservando uno scenario allucinante. Davanti a loro si stende un deserto di roccia, pieno di vulcani che eruttano da ogni parte. Fiumi di lava percorrono lande desolate ed enormi uccelli preistorici solcano il cielo rosso e nuvoloso emettendo spaventosi stridii. Un’atmosfera pesante, dovuta alle continue eruzioni vulcaniche, sottolinea la primitività dell’ambiente. Alcor, senza parole davanti ad uno spettacolo simile, si ricorda delle parole di Shizuri: “Nella lingua antica, G’Urantic significa ‘il cancello dell’inferno’”
    Decisamente azzeccato, come nome…
    pensa.
    Anche Sayaka è intimorita: lo scenario le fa venire in mente quel cartone che aveva visto da piccola, Ryu, il ragazzo delle caverne. Il tirannosauro Tirano le faceva sempre paura.
    “Santo cielo, Boss, qui siamo finiti nella preistoria!” dice Mucha.
    “Bene. Le foto avranno ancora più valore” risponde lui, lasciando uscire il corvo “Mi raccomando, eh. Foto ad ALTA definizione, OK?”
    Il corvo annuisce e inizia a volare attorno al Borot.
    Sayaka si scuote ed osserva il cristallo davanti a sé, che emette la linea rossa.
    “Ragazzi, andiamo da quella parte!”
    “Strano che non ci sia nessuno” osserva Alcor.
    “E ti lamenti?” ribatte Boss.
    Alcor però non gli bada: è troppo attento a seguire le indicazioni di Koji. Riesce a eseguire tutto quello che gli dice, e comincia a capire la logica del funzionamento del robot. Tuttavia, sembra che ci sia qualcosa che non va: premi un bottone che dovrebbe far camminare Mazinga e lui fa passi di danza. Ne premi un altro che dovrebbe far muovere le braccia normalmente e ci manca poco che non mandi un pugno a razzo contro Afrodite A.
    “Ma come cavolo faceva Koji a guidare questo &%$£$% di affare ?!?” sbotta Alcor, esasperato.
    C’è qualcosa che non quadra, dice la voce di Koji. Mazinga non risponde come dovrebbe…ma certo! Alcor, ascoltami…

    “Come?” chiede Sayaka “Trovare un rifugio? Perché?”
    “Mazinga ha bisogno di essere ‘resettato’” risponde Alcor “Koji mi ha spiegato che stava completando la ristrutturazione dei comandi di Mazinga, quando l’intervento di Jezabel gli aveva lasciato il lavoro a metà.”
    “Proprio adesso? E dove andiamo?” sbotta Sayaka.
    “Quella caverna mi sembra l’ideale” dice Boss, indicando un’ampia apertura sotto un monte.
    Sayaka osserva la caverna, ma osserva anche, preoccupata, una specie di nube di polvere che si sta sollevando dall’altra parte, all’orizzonte.
    “I Senza Anima stanno arrivando. Dovremo fare in fretta” dice lei.
    “Non preoccuparti, Sayaka! Fate le vostre cose: è qui che interviene il potente Borot!” grida Boss nell’abitacolo. Senza attendere replica, aggiunge: “Nuke, Mucha, partiamo! Facciamo a pezzi quei Senza Testa mentre Mazinga si prepara! Ora vedranno tutti chi è Boss Borot!”
    Il goffo robot si allontana veloce come il vento, in direzione della polvere che si alza all’orizzonte.
    Sayaka resta basita. In tutti questi anni, non ha ancora capito se Boss è coraggioso, o incosciente, o completamente scemo. Forse un incredibile misto di tutte e tre le cose. Non posso fare a meno di ammirarlo, pensa.

    Nella caverna, Sayaka e Alcor sono seduti l’uno accanto all’altra, in silenzio, mentre un sottile ronzio indica che i dati di ristrutturazione del Mazinga stanno lavorando. Koji beve un sorso di tè caldo da un thermos, mentre Sayaka osserva un piccolo quadrante elettronico collegato con gli occhi di Afrodite A, distesa accanto all’uscita della caverna, in funzione di sentinella. Ogni punto dell’orizzonte è scrutato con attenzione sul display del quadrante di Sayaka. Per ora niente da segnalare. All’improvviso, una tazza di tè fumante compare davanti a Sayaka.
    “Ne vuoi un po’? Garrison, da bravo inglese, ha fatto un ottimo tè”
    “No, grazie” replica lei, un po’ infastidita: non ce la fa proprio ad accettare di avere accanto una fotocopia di Koji. E’ il momento di mettere le cose in chiaro.
    “Senti…” inizia Sayaka.
    “Sì?”
    “Si può sapere chi sei? Da dove vieni? Nell’elenco dei piloti, tutti hanno il loro nome e cognome. Tu no: ti chiami Alcor e basta, che poi è il nome di una stella. E’ davvero il tuo nome?”
    “Ovviamente no: è un nome che mi sono scelto. Non pensare però che io sia il clone di Koji o il suo fratello segreto: non siamo su Beautiful. Sul fatto che io somigli a Koji, bè, non offenderti, ma lui ha una pettinatura abbastanza comune. Anche Banjo ne ha una simile. Poi anche Ryu, il ragazzo delle caverne…”
    “Ho capito, ho capito” lo interrompe Sayaka “Se non sei parente di Koji e non ti chiami Alcor, allora chi sei?”
    Dopo un attimo di imbarazzo, alla fine lui risponde:
    “Bè, è una questione personale che sa solo Maria e pochi altri. Comunque, visto che insisti, ti dirò tutto. Io sono stato sempre il rampollo ribelle della mia famiglia, una pecora nera. Vedi, era una famiglia ricca e io non volevo farmi strada nella vita grazie ai soldi dei miei. Avevo sempre ammirato chi riusciva a farcela col suo impegno personale. Avevo voluto imparare le cose per conto mio: ero scappato tante volte a lavorare nell’officina di mio zio, che mi fece avvicinare all’amore per la meccanica. Il mio comportamento rendeva perplessi i miei: nessuno si era mai comportato così. Tutti vivevano con la pappa pronta, in piena comodità, tranne mia sorella.”
    “Tua sorella?”
    “Esatto. Yatsuhashi Ayane.”
    Quel nome fa sobbalzare Sayaka che a momenti fa cadere il display che ha sulle gambe.
    “Cosa? La Principessa Ayane? Tu sei suo fratello??”
    Alcor annuisce. La famiglia Yatsuhashi (“Grande Blu”), anche se tiene un basso profilo, è famosissima in Giappone e all’estero: in pratica, è la famiglia più ricca del mondo. Si ritiene che la sua ricchezza equivalga al prodotto lordo della Germania o della Francia, se non oltre. Da far impallidire Paperon dè Paperoni. Il capostipite attuale della famiglia è appunto Yatsuhashi Ayane, abile e potentissima donna d’affari, soprannominata “la principessa” dai rotocalchi. E’ molto temuta e rispettata, in quanto rispetta fino in fondo il motto della famiglia: “Non esiste fallimento nella famiglia Yatsuhashi. Quello che si deve ottenere è solo la totale, completa, assoluta vittoria.”
    Sayaka ha come dei flashback: le viene in mente che, quando era piccola, suo padre, il professor Yumi, non solo aveva citato diverse volte gli Yatsuhashi, ma ne incontrava spesso i rappresentanti. Ecco da dove aveva sentito quel motto.
    “Sin dall’inizio la famiglia Yatsuhashi aveva finanziato tutte le vostre basi robotiche” aggiunge Alcor “garantendo anche sostegno logistico e l’appoggio del governo, dell’esercito e dei mass-media. La vostra Base Fotoatomica. La Fortezza della Scienza. Il Centro di Ricerche del Professor Procton, con tutte le uscite di Goldrake. La Base Antiatomica di Jeeg. La base del Professor Saotome. Banjo del Daitarn 3 poi è un caso a parte, essendo già ricco di suo: però ha sempre mantenuto buoni rapporti con la famiglia Yatsuhashi”
    “Pazzesco” dice Sayaka “allora sei forse l’uomo più ricco del mondo. Come mai sei finito a diventare il pilota del Goldrake 2 e del TFO? E a cambiare nome?”
    “Io…” dopo un sospiro, Alcor continua “io ero pieno di vincoli e obblighi che mi facevano impazzire. Non hai idea di quanto sia soffocante essere a capo di ricchezze immense che tutti invidiano e desiderano. Non ne sei il padrone, ma il servo. Mi sentivo completamente estraneo a quel mondo, al contrario di mia sorella. Alla fine, me ne andai in America con una borsa di studio in ingegneria, ottenuta coi miei sforzi, e lì feci del mio meglio per realizzarmi da solo, come volevo. Avevo anche cambiato nome in Alcor, il nome di una stella che in arabo significa Al-Suha, “la trascurata”: volevo semplicemente essere trascurato. Volevo essere me stesso, non uno Yatsuhashi davanti al quale ti stendono il tappeto rosso dovunque tu vada. Forse in questo atteggiamento c’è la testardaggine del nostro motto di famiglia, chissà. Testardaggine anche nell’usare l’inadeguato TFO in continuazione… Comunque, in America, con le mie conoscenze scientifiche e di ingegneria, costruii il TFO e strinsi amicizia con un insegnante che aveva aperto un corso temporaneo di studi, il Professor Procton. Mi offrì un posto di lavoro nel suo Centro di Ricerche Spaziali. Quando arrivai lì col mio TFO, incontrai Actarus alla fattoria Betulla Bianca. Il resto è storia nota”
    “Ma non hai mai più contattato la tua famiglia?” chiede Sayaka.
    “Ci siamo sempre mantenuti in contatto, soprattutto con mia sorella, ma in segreto: non ci tenevo che si sapesse della mia storia.”
    “Non mi hai detto il tuo vero nome, però” obietta lei, ancora incerta sul fatto che Alcor le abbia detto il vero o l’abbia presa in giro. Lui preme un bottone facendo aprire la fibbia della sua cintura, dove c’è un medaglione con una collana. Sayaka si rende conto che è d’oro, col simbolo dell’aquila e del fulmine degli Yatsuhashi. Sotto si vede in rilevo un nome: “Rio Yatsuhashi”
    La ragazza resta senza parole. E’ tutto vero.
    “Manca molto alla ricarica del Mazinga?” dice ad un tratto Alcor, rimettendo a posto il medaglione.
    “Ah…un momento” Sayaka osserva il quadrante e alla fine dice: “Circa dieci minuti. Spero che Boss ce la faccia a reggere fino ad allora”

    Continua qui.


    Edited by joe 7 - 20/5/2016, 16:19
      Share  
     
    .