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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 67

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 28 May 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 67
    SHIVA, IL DISTRUTTORE

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui


    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Rex, il loro figlio appena nato, è stato rapito dall’Oscuro, che lo sacrificherà quando sette stelle saranno allineate tra due giorni circa. Actarus, insieme coi suoi amici, parte con Goldrake sull’astronave Cosmo Special, affrontando i Generali dell’Oscurità, per prendere i cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. L’ultimo scontro, però, ha provocato la distruzione della Cosmo Special. Venusia, a Darkhold, il pianeta dell’Oscuro, è stata arrestata dalle Amazzoni. Intanto, Actarus, a bordo di Goldrake, affronta il robot Davos, uno dei Tre Guardiani, e scopre con stupore che chi guida il robot è suo fratello da tempo scomparso, Zananza, che Actarus credeva morto. In un flashback, si rivela il passato di Zananza: durante l’invasione di Vega, si era distinto nella ribellione di Fleed contro i veghiani e si era legato sentimentalmente a Naida. Quando lei viene rapita dai veghiani, Zananza resta quasi ucciso e viene salvato dal malvagio Sukeli, uno degli uomini dell’Ombra, che lo convince della responsabilità di Actarus per la morte di Naida e del fatto di essere scappato da Fleed insieme a Goldrake durante l’invasione di Vega…

    Le acque del fiume Lete, con le loro capacità di far guarire dalle ferite se immersi, sono una gradevole sorpresa per le amazzoni. Anche Caledonia, a poco a poco, si riprende e le gravi ferite che ha avuto nello scontro con Sagara si rimarginano. Infatti, prima di ritornare alla base delle amazzoni, Venusia si era offerta di portarle lì, dove avrebbero potuto guarire in fretta dalle loro ferite. In particolare, Sonja e Valeria non solo si sentono ritemprate, ma in qualche modo anche la loro memoria sta ritornando normale. Infatti, avevano affrontato in passato la maestra di spada, Kosaka Shigure, che non solo le aveva sconfitte con gran facilità, ma aveva anche tolto loro la memoria sia dello scontro sia della loro esperienza nell’usare la spada. Grazie alle acque del fiume, anche i loro ricordi iniziano a tornare come prima. Il capitano delle amazzoni, Jocasta, immersa a metà nell’acqua del fiume, affila i suoi coltelli, osservando con attenzione i fili delle lame. Vuole essere pronta per affrontare di nuovo Sagara: è sicura che tornerà. Per Ney, la piccola elfa nera, quell’acqua è quasi un paradiso. Si lava con gran cura e attenzione. Isparana, al suo solito, resta in disparte a mollo nell’acqua sorseggiando un sakè da un piattino. La solitudine è sempre stata la sua caratteristica. Anche Venusia resta un po’ distaccata dalle altre. L’acqua del fiume la sta rinfrescando perfettamente: almeno Sagara aveva fatto una buona cosa, a mostrarle questo posto in passato. Vuole essere al massimo delle forze: non sarà uno scherzo entrare a Bedlam e prendere Rex. Almeno le amazzoni le hanno promesso delle armi e una diatryma. Ma basteranno? Osservando poi Jocasta che parla con Caledonia, Venusia comprende che tra loro c’è un legame speciale. Amicizia? Simpatia?
    “Ti chiedi cosa c’è tra di loro, vero?” chiede all’improvviso Isparana, che il sakè ha reso loquace. “Il capitano Jocasta è la figlia adottiva di Caledonia. Per questo portano lo stesso cognome, Asagiri.”
    “Figlia adottiva?” chiede stupita Venusia “Ma se hanno tutte e due la stessa età!”
    “Apparentemente. Caledonia viene dal pianeta Shelah, dove gli abitanti sono pochi ma hanno tutti una vita assai più lunga del normale. E’ una storia complessa, neanch’io la so tutta. Credo che sia stata Caledonia ad aver insegnato la tecnica dei coltelli a Jocasta, ma non ne sono sicura.”
    Venusia rimane sorpresa della rivelazione: si è appena resa conto che sulle amazzoni che le stanno vicino non ne sa quasi niente. Intanto, Jocasta esce dall’acqua e si asciuga dicendo:
    “Va bene, ragazze, adesso dobbiamo andare. Grazie a Venusia ci siamo completamente riprese: se torniamo subito alla base” dice, rivolta a Venusia “avrai tutte le armi che vorrai. Dovrai stare attenta: Bedlam è una fortezza imprendibile. Vedrò di suggerirti un piano adatto per entrare.”
    Tutte le altre amazzoni si preparano per la partenza, mentre Jocasta aggiunge:
    “Mi raccomando, quando siamo alla base e vi rivolgete a Venusia, chiamatela Hikaru. Non voglio che Jezabel sospetti niente.”
    Circa mezz’ora dopo, alla base delle amazzoni, una sentinella avvisa Jezabel:
    “Comandante, Jocasta sta tornando con Hikaru e le altre!”
    “Bene” sogghigna lei “Portatele tutte da me.”

    “Hai ucciso Naida, maledetto! Perché?”
    La lancia Jinne del robot Davos viene parata dall’alabarda spaziale di Goldrake.
    “Cosa…che stai dicendo, Zananza?”
    La lancia scatta in avanti e colpisce il petto di Goldrake, facendolo respingere e schiantare a terra.
    “Non prendermi in giro, Duke! Perché l’hai uccisa?”
    Davos si muove in un lampo, pronto per colpire ancora Goldrake, ma l’assalto viene di nuovo parato dall’alabarda quasi per miracolo.
    E’…è velocissimo! Faccio fatica a stargli dietro! pensa Actarus.
    “Non l’ho uccisa io, Zananza! Devi credermi! Lei si era suicidata…ed era tutta colpa di Vega!”
    “Sapevo che avresti detto una cosa del genere. Come faccio a credere ad uno che è fuggito? Naida era scappata da Vega e ti aveva raggiunto! Ma tu non volevi che Vega ti scoprisse e così l’hai eliminata! E alla fine hai addirittura sposato una terrestre qualunque, dopo che il mondo di Vega era collassato e tu potevi tornare su Fleed!”
    Che cumulo di sciocchezze. Non parla in modo normale. Credo che sia stato plagiato mentalmente…riflette Actarus. “Ah, sì?” ribatte quest’ultimo “E come l’ho ammazzata, Naida? Dimmelo tu, Zananza, visto che sai tutto!”
    Il pugno di Davos colpisce Goldrake in pieno volto, facendolo sollevare da terra e stramazzare al suolo. La resistenza del gren, insieme alla tecnica del vento Nabari, hanno reso terribili i colpi di Davos. Actarus, nell’abitacolo, sbatte la testa contro i comandi: il casco ha attutito l’urto, ma nello stesso tempo si incrina. Decide di toglierlo: ha bisogno di aria per riprendersi. Dalla fronte inizia a scendere del sangue dalla ferita.
    “E’ inutile che tu faccia dell’ironia, Daisuke. Morirai, ma prima voglio sapere perché l’hai fatto. Perché sei diventato così? Perché non hai più provato niente per Naida?”
    “E ti ripeto…” risponde Actarus, ancora stordito per il colpo “che non l’ho uccisa io. La verità è questa, e non cambierà, per quanto tu mi prenda a pugni. Sul serio mi credi capace di fare una cosa simile?”
    “Uno che abbandona il suo pianeta è capace di tutto!”
    La lancia Jinne ruota rapidamente attorno a se stessa, mossa dalla mano abile di Davos: grazie alla tecnica Nabari la sua velocità è così forte che diventa rovente per l’attrito con l’aria, emettendo un rombo. L’impatto tra la lancia e Goldrake stavolta è talmente forte che Actarus si sente scuotere tutte le ossa: se l’alabarda spaziale non avesse deviato il colpo, Goldrake sarebbe finito decapitato. Actarus suda freddo. Ma, nello stesso tempo, comprende che il robot di Zananza ha un punto debole. Mentre Davos corre di nuovo verso di lui, Actarus ne segue attentamente la traiettoria e Goldrake salta subito di lato per evitare un altro affondo; dopo la corsa, il nemico rallenta e si ferma, pronto per un’altra carica. E’ il momento che Actarus aspettava. L’alabarda spaziale saetta girando attorno a se stessa, diventando come una lama affilatissima che fischia l’aria: in un attimo, il braccio destro di Davos viene troncato di netto dal resto del corpo e piomba a terra, insieme alla lancia Jinne.
    “Cosa?” esclama Zananza, non credendo ai suoi occhi. Ma non ha tempo per parlare: Actarus ha approfittato del suo momento di stupore per caricare. Goldrake piomba come una palla di cannone contro Davos, abbattendolo con una spallata e buttandolo giù. Salendogli sulla schiena, Goldrake afferra il braccio rimasto di Davos e lo torce indietro. L’alabarda spaziale intanto si divide e torna automaticamente nel suo alloggio.
    “Ma…come hai fatto a…” chiede Zananza, tentando inutilmente di far liberare il robot.
    “Il tuo Davos è molto più veloce di Goldrake, senza dubbio. Ma ti sei dimenticato che quando è fermo non ha questo vantaggio. Mi è bastato assalirti mentre non ti muovevi. Inoltre, hai fatto un grosso errore a combattere con un robot fatto di gren come il mio: conosco i punti deboli di questo metallo. In particolare, la giuntura della spalla: non ti avevo colpito lì a caso.”
    “A quanto pare, Daisuke, qualcosa sui combattimenti che detestavi l’hai imparato.”
    “Vorrei vedere il contrario. Non hai idea di quanti scontri ho dovuto fare coi mostri di Vega.”
    “Hmm. Duke?”
    “Sì?”
    “Tu non hai ucciso Naida, vero?”
    “No. Te lo giuro sui nostri genitori. E’ stato Vega. Te lo può confermare nostra sorella. Anche lei ha combattuto insieme a me.”
    “Maria? E’ viva?”
    “Penso che sarà felice di vederti. Aveva sempre voluto conoscerti meglio.”
    Per un attimo, a Zananza viene in mente una ragazzina vestita in modo elegante con un fiore sui capelli. L’ultima volta che l’aveva vista era a quella festa su Fleed. Era davvero bella, allora. Chissà come sarà cresciuta adesso.
    “Ascolta, Duke. Devi dirmi adesso perché eri scomparso da Fleed. Se non eri scappato, allora cosa era successo?”
    “Anche Naida mi aveva fatto la stessa domanda, e allo stesso modo come te: pensando di avere già la risposta. A quei tempi avevo ancora i ricordi confusi, solo più avanti ero riuscito a mettere ordine su quello che mi era successo. Per questo, davanti alle accuse di Naida, ero crollato mentalmente.”
    “E adesso la tua risposta qual’è?”
    “La stessa che dissi ad Amauta e ai fleediani, quando ero tornato su Fleed e mi avevano chiesto spiegazioni. Ed ora la dirò a te, Zananza.”
    “Parla.”
    “A quei tempi, quando Vega ci invase, io ero ancora inesperto: non sapevo comandare pienamente Goldrake. Nonostante questo, ero riuscito ad ottenere molte vittorie, ma ormai compresero le mie difficoltà e mi presero le misure. Alla fine, caddi nella loro trappola e Barendos mi catturò. Goldrake era nelle mani di Vega e io ero finito dentro una prigione, simile ad una campana di vetro, dove ero incatenato. Però, nonostante la loro tecnologia avanzata, i veghiani non riuscirono a salire sul robot: il suo sistema di autodifesa era talmente complesso che non riuscirono ad aggirarlo. Non era possibile neanche analizzare il robot o copiarlo. Era refrattario ad ogni analisi. Anche Zuril non ci riuscì, e fu per lui un’umiliazione terribile: credo che abbia avuto un forte shock nervoso a causa dei suoi tentativi scientifici di impossessarsi dei segreti del robot. Goldrake rimaneva imprendibile. Re Vega era furioso: aveva in mano l’arma che aveva sempre bramato, e non la poteva usare. Io ero l’unica possibilità che avevano.”
    Mentre Actarus racconta, le immagini di quello che successe ritornano nella sua mente, come colpi di frusta: ricordi così dolorosi che in passato aveva rimosso in gran parte a livello inconscio, per conservare la sua sanità mentale.

    Actarus venne trascinato in catene davanti a Re Vega e ai suoi generali. Hydargos, Gandal, Dantus, tutti alla fine poterono finalmente vedere di persona il famoso Duke Fleed, col suo costume di combattimento e senza il casco, prigioniero in mezzo all’immensa sala. Anche le guardie lo osservarono incuriosite.
    “Ascoltami bene, principe di Fleed” iniziò solenne Re Vega “Tu sai che ora il tuo mondo è nelle mie mani. Se ci aiuterai a guidare Goldrake, avrai salva la vita: non solo la tua, ma anche quella della tua gente.”
    Actarus restò in silenzio e non disse nulla.
    “Allora?” ribatté risentito Re Vega “La tua vita, quella dei tuoi genitori, di tua sorella, di tutti sono nelle tue mani! Rispondi!”
    Dopo un attimo di silenzio Actarus rispose:
    “Re Vega, tu sei un essere crudele e abietto. La menzogna e l’omicidio sono il tuo pane. Un essere spregevole come te non manterrà nessuna promessa e non merita la minima fiducia. La mia morte, quella dei miei cari, quella del mio mondo avverrà comunque. Da parte mia, ti assicuro che Goldrake non sarà mai tuo. Mai.”
    Re Vega digrignò i denti per la rabbia. Nessuno aveva osato parlargli così. Dantus era rimasto impallidito: il coraggio del principe di Fleed rasentava l’incoscienza o la pazzia. Anche gli altri generali erano col fiato sospeso per la paura. Un terribile silenzio di tomba scese nella sala. Il re si alzò tremando di sdegno e, con gli occhi infiammati, gridò:
    “Bada a te, Duke Fleed! Posso farti morire mille volte, se voglio!”
    “Tutto qui? Sono io a minacciarti, Re Vega, e di ben peggio: di un fuoco che non si spegne e di una sofferenza che non finisce. E laggiù non ti guarderanno in faccia perché sei un re.” rispose Actarus.
    “Portatelo via!” gridò Re Vega con tutto il fiato che aveva in corpo, pieno di furia “Portatelo via! Alla tortura! Non voglio riguardi! Voglio che mi dica come guidare Goldrake! PORTATELO VIAA!”
    Mentre le guardie lo afferrarono, Actarus aggiunse:
    “Povera Rubina. Non meritava un padre come te.”
    Il pilota di Goldrake fu allontanato dalla sala davanti allo sguardo pieno di odio di Re Vega. Aveva osato parlare persino di sua figlia. Seduto sul trono, le sue mani tremavano di rabbia, mentre stringevano i braccioli ingioiellati della sedia reale.
    “Maledetto Duke Fleed…maledetto!” continuò a dire tra i denti.
    Nella sala del trono nessuno osò fiatare. E nessuno ne parlò mai dopo.

    Nemmeno ora Actarus può dire con certezza quanto tempo passò. Fu legato in ceppi ad una parete, a volte ad una sedia, e una dolorosissima scarica elettrica gli attraversava il corpo, facendolo gridare in continuazione. Ogni volta gli chiedevano di Goldrake, e ogni volta rifiutava. Fu sul ciglio della morte in continuazione. Alla fine, accettò. Lo portarono in catene davanti all’hangar di Goldrake, sorretto da due guardie perché non riusciva a stare in piedi. C’era anche Barendos in persona, perché voleva controllare l’operazione. Actarus aspettava quel momento: i veghiani non sapevano che una persona di sangue reale, anche se indebolita, in presenza di Goldrake riceveva un aumento di forze. Una caratteristica che gli sarebbe stata molto utile in futuro, quando sarebbe tornato il dolore della cicatrice di vegatron che aveva alla spalla. I carcerieri non si curavano di lui, considerandolo completamente innocuo, così indebolito, e furono sorpresi della sua improvvisa vitalità. Usò le catene per stordirli: gli uomini caddero a terra come birilli. Afferrò la chiave delle catene e corse verso Goldrake: ma il generale Barendos si mise subito in mezzo, puntandogli contro un’arma a raggi. Sogghignando, disse:
    “Bel tentativo, Duke Fleed. Ma hai fallito. Alza le mani.”
    Ma Actarus, pieno di furia e fuori di sé, aggredì Barendos come una belva, gridando:
    “Via dalla mia strada!”
    Il generale, scioccato dal suo attacco, reagì troppo tardi: la catena di Duke Fleed lo colpì in pieno, facendolo stramazzare svenuto al suolo diversi metri più avanti.
    Actarus salì rapidamente su Goldrake e partì, sfondando col tuono spaziale tutte le pareti degli hangar e raggiungendo lo spazio. Doveva tornare subito su Fleed. Le forze che gli rimanevano, per quanto aumentate, non sarebbero durate. L’unica era trovare subito Zananza e consegnargli Goldrake. Bisognava fare presto, non ce l’avrebbe fatta a restare cosciente più a lungo. Ma quando arrivò su Fleed, lo vide pieno di fuoco. Cercò ansiosamente sul computer di Goldrake qualche traccia di vita, ma non c’era nulla. Nulla. Fleed era stata completamente distrutta! Actarus diventò pallido e, a occhi sbarrati, osservò sconvolto il globo di fuoco che una volta era la sua casa. Sua madre. Suo padre. Maria. Naida. Zananza. Tutti…tutti ridotti in cenere! Pensò che non era reale, era un incubo. Si coprì la faccia con le mani e urlò pieno di disperazione. Battè i pugni con rabbia sulla consolle di comando di Goldrake, talmente traumatizzato da rischiare quasi la pazzia. Ma in un barlume di lucidità, notò con la coda dell’occhio che dei mostri di Vega si stavano avvicinando a lui per catturarlo. Tornato in sé, fece l’unica cosa possibile in quelle condizioni: il salto nell’iperspazio. Solo in quel modo era possibile far perdere le proprie tracce ai veghiani. Il guaio era che non sapeva dove sarebbe finito: senza dei programmi preliminari, rischiava di finire in un buco nero o peggio. Ma decisamente non c’era tempo per farli. Azionò i comandi per il balzo nell’iperspazio: in questo modo, Goldrake scomparve, finendo in un punto imprecisato dell’universo. Actarus vagò a lungo nello spazio, semincosciente, fino a trovare un pianeta azzurro che gli ricordava la Fleed di un tempo. Raggiunse la Terra più morto che vivo.

    “Non capisco.” commenta Zananza alla fine della storia “Su Fleed c’eravamo ancora tutti noi. Non era per niente diventata una palla di fuoco. Forse i sensori di Goldrake erano sbagliati, oppure eri troppo sconvolto dalle torture…”
    “Né l’una né l’altra. Se i miei sensi fossero stati alterati per le torture, non mi sarei nemmeno accorto dei mostri di Vega che si stavano avvicinando a me. E i sensori di Goldrake erano in perfetto stato. Il professor Procton e io li abbiamo controllati e ricontrollati mille volte. Ancora adesso non riesco a spiegarmelo. Forse era stato un inganno di Vega, ma non ne capisco il motivo.”
    “Chi è questo Procton?”
    “Un uomo della Terra che mi aveva accolto e curato come fossi un figlio. Ci sono molte cose su di me che non sai, Zananza. Chi ti ha raccontato tutte queste falsità su di me? L’Oscuro?”
    “No. Si chiamava Sukeli, un suo dipendente, a quanto ho capito. Non mi piaceva per niente, ma la sua parlantina aveva qualcosa di magnetico che ti convinceva facilmente. Mai visto un serpente simile. Comunque, anche se l’ho ascoltato, in fondo volevo solo parlare con te.”
    “Sono contento di averti ritrovato, Zananza.” dice Actarus, mentre Goldrake molla la presa sul robot Davos. “Mi dispiace per Naida, ma alla fine Vega ha pagato per i suoi crimini. Dove hai imparato ad essere così veloce?”
    “La potenza della famiglia reale non si era mai spenta del tutto in noi. Usando quella, ho creato Nabari, la tecnica del vento.”
    All’improvviso, una luce accecante appare in mezzo al cielo e una voce sentenzia:
    “Così non va bene, principe Zananza. Sei uno dei Tre Guardiani, lo hai dimenticato?”
    Una persona, delle stesse dimensioni di Goldrake, avvolta da un’armatura lucente, cammina maestosamente a mezz’aria. I suoi lunghi capelli blu ondeggiano nel vento, mentre gli occhi sono freddi ed indifferenti, privi di emozione. La sua corazza argentea brilla in modo innaturale, quasi come se fosse viva.
    “Shiva!” grida Zananza “Cosa ci fai qui?”
    “Che domanda strana. Se il primo guardiano non fa il suo dovere, cosa dovrei fare io, che sono il secondo? E’ mio dovere intervenire e reprimere il tradimento.”
    “Io traditore? Ma se siete stati voi ad ingannarmi!”
    Con la mano rimasta, il robot Davos afferra la lancia Jinne “Con questa posso perforare qualunque cosa!”
    L’arma saetta verso Shiva, che però alza una mano ed esclama:
    “Ti vieto!”
    In un bagliore di luce, la lancia si ferma, toccando appena il palmo della mano di Shiva: poi cade a terra.
    “Dimentichi, principe Zananza, che il secondo guardiano è cento volte più potente del primo. E il terzo è cento volte più potente di me. Non vedo cosa tu possa fare a me, figurarsi al terzo guardiano.”
    “Fatti da parte, Zananza!” dice Actarus, mentre Goldrake si interpone tra i due.
    “Aspetta!” obietta il fratello. Ma Actarus non lo ascolta: comprende che, per battere il nuovo arrivato, avrà bisogno della piena potenza di Goldrake. Ha paura di farlo, ma non ha scelta. Esclama a gran voce:
    “Goldrake, ascoltami! Ti tolgo di nuovo i sigilli! Tuono Spaziale!”
    Le corna brillano di un’energia mai accumulata prima: i fulmini assalgono la figura di Shiva con rumore di tuono. Ma Shiva, con il palmo della mano aperta, risponde:
    “Ti vieto: il fulmine!”
    Il tuono spaziale scompare in un attimo, diventando una fiammella sul palmo di Shiva, che si spegne.
    “Io sono Shiva il Distruttore, Duke Fleed. Annullo tutto ciò che voglio. Da ora in avanti non puoi più usare il tuono spaziale.”
    “Volevo avvertirti, Daisuke” esclama Zananza “Lui è un ‘cancellatore’: annulla ciò che fai.”
    Davos corre veloce verso Shiva, che è rimasto a mezz’aria, e salta in alto, accendendo di sorpresa il visore per usare il raggio di disintegrazione totale prima che Shiva lo blocchi. Il raggio bianco investe interamente Shiva, mentre Davos, grazie alla sua antigravità, resta a mezz’aria.
    “Zananza!” dice Actarus, coprendosi gli occhi davanti alla luce accecante del raggio.
    “Stai indietro e cerca di raccogliere le forze, Duke!”
    Alla fine, il bagliore scompare, ma Shiva rimane illeso. Aveva già alzato la mano prima ancora che fosse scagliato il raggio. Ora Davos sta tremando davanti a Shiva e sta emettendo fumo. Zananza cerca disperatamente di muovere il robot, ma non ottiene nulla. Goldrake lancia i disintegratori paralleli, ma una barriera invisibile respinge ogni intervento. Mentre il robot di Actarus cerca inutilmente di superare la barriera, Shiva si rivolge freddamente a Davos.
    “Non sei stato preciso, principe Zananza. Io non vieto solo le azioni. Posso anche dare il divieto definitivo. Quello di esistere.”
    “Cosa…Zananza!” esclama Actarus, ma tutto si svolge troppo rapidamente. Shiva, toccando con la mano il volto del robot Davos, grida:
    “TI VIETO!”
    In poco tempo, il gigante di metallo si riduce in polvere davanti agli occhi esterrefatti di Duke Fleed. Attorno a Zananza, tutto sta scomparendo nella caligine. E’ finita, pensa. Si adagia sulla sedia, mentre il suo stesso corpo sta diventando cenere. Stavolta non ci saranno rinascite. Però Zananza sorride. L’inganno di Sukeli non ha funzionato, e almeno ha rivisto suo fratello e ha chiarito le cose con lui. Tra l’altro, gli sembra di sentire la voce di Naida che lo sta chiamando. All’improvviso, la vede ancora lì, bellissima e sorridente, con quel vestito da principessa con cui l’aveva incontrata la prima volta in quella festa al palazzo reale di Fleed. Nello stesso tempo, avverte come una grande luce che lo sta avvolgendo, dandogli un senso di pace profonda.
    Addio, fratello.
    Davanti a Shiva, ora, c’è solo della polvere che galleggia nell’aria.

    Actarus non crede a quello che è successo. E’ troppo crudele. Suo fratello è stato ucciso davanti ai suoi occhi, e stavolta per davvero. L’aveva ritrovato per poi perderlo quasi subito. Shiva afferra in mano un po’ della polvere che una volta era un uomo. Aprendo il palmo, osserva le ceneri che pian piano si allontanano in diverse folate di vento.
    “La vita è una cosa fragile, non trovi, re di Fleed?” dice Shiva.
    Actarus, pieno di dolore e rabbia, solo adesso si accorge che sta piangendo. Tra le lacrime, grida con tutta la sua anima:
    “ZANANZAAAA!!”
    Goldrake, con in mano l’alabarda spaziale, corre come una furia verso Shiva.

    Continua qui.


    Edited by joe 7 - 30/5/2016, 16:08
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