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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 72

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 3 June 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 72
    IL DOLORE DI MYRAIN

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui

    103a


    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Rex, il loro figlio appena nato, è stato rapito dall’Oscuro, che lo sacrificherà a Darkhold, il suo pianeta-castello, quando sette stelle saranno allineate tra due giorni circa. Actarus, insieme coi suoi amici, parte con Goldrake sull’astronave Cosmo Special, affrontando i Generali dell’Oscurità, per prendere i cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Il Grande Mazinga ha affrontato l’ultimo generale dell’Oscurità, Garuda, ma lo scontro è stato breve e il robot di Tetsuya è finito nel cratere di un vulcano. Intanto Venusia, a Darkhold, decide, insieme alle Amazzoni sue compagne, di assalire la roccaforte di Bedlam, dove si trova prigioniero suo figlio. A dare man forte alle donne interviene Kosaka Shigure, maestra di spada e amica di Venusia…

    Le Amazzoni sono tutte sorprese. Nessuna di loro si aspettava l’arrivo di Kosaka Shigure, la maestra di spada temuta da tutti. Lei si avvicina a loro come se niente fosse e stringe tra le sue mani quelle di Venusia, dicendo:
    “Ne hai passate parecchie, mia allieva. Lo vedo nei tuoi occhi. Per un attimo, ho temuto anch’io per te.” dice con tono quasi materno.
    “Shigure…sei proprio tu?” chiede Venusia, ancora incredula “Come hai fatto ad arrivare fin qui? Questo posto è la sede delle Amazzoni…è sorvegliatissimo!”
    “Mi sottovaluti molto, mia allieva. Dovresti avere un po’ più di fiducia nella tua maestra. Ma parliamo un attimo di voi.” aggiunge, voltandosi verso le altre amazzoni, con lo sguardo duro. Continuando, dice: “Avete ammazzato un mare di gente ed in pratica siete immerse nel sangue fino agli occhi. Solo adesso che siete in difficoltà, vi decidete ad aiutare Venusia.”
    Le altre non sanno cosa replicare. Nello sguardo e nella voce di Shigure c’è qualcosa che rende impossibile a loro ribattere. Solo Jocasta trova il coraggio di farlo:
    “Noi…noi obbedivamo agli ordini di Jezabel.”
    “Scusa banale e scontata. Anche i seguaci della svastica si difesero così.”
    “Chi?” chiede Caledonia, confusa.
    “Venusia lo sa chi sono. Gente del passato del suo mondo. Tu” replica Shigure, indicando l’amazzone Sonja “hai ucciso Manetola e i suoi compagni, a Zuagir. Gente che voleva solo la libertà del loro mondo. E tu, Valeria, hai ucciso a tradimento coloro che ti avevano curato a Zuagir e hai ucciso anche Liberty Sam come un cane. Era il miglior amico di Manetola. E questi sono solo gli ultimi di una lunga lista di crimini che avete compiuto tutte voi. E solo ora volete aiutare Venusia? Solo ora che siete nei guai anche voi? Rispondetemi!”
    Tutte quante sono imbarazzate. Venusia cerca di intervenire:
    “Aspetta, Shigure…non c’è bisogno di essere così dura. Mi hanno salvata da Raftel, la persona che tu cercavi…”
    “Questa è una buona cosa” risponde lei “ma io mi rivolgo a loro in questo modo perché capiscano che stanno facendo una scelta dalla quale non si torna indietro. Una volta che vi dirigerete verso Bedlam, voi non sarete più delle amazzoni. E, se doveste cambiare idea, diventereste mie nemiche e mi comporterei di conseguenza.”
    Le amazzoni sono incerte per un momento. Sapevano le conseguenze della loro decisione: ma altro è saperlo e altro è sentirselo dire.
    “Potreste diventare le guardie del palazzo reale di Fleed, quando tornerò laggiù, alla fine di questa storia. Pensateci.” suggerisce Venusia.
    “Io parlo per tutte.” replica il capitano Jocasta “Non ci tiriamo indietro. Anche se abbiamo sbagliato come amazzoni, restiamo comunque guerriere e lo resteremo fino alla fine!”
    “Bene.” replica la maestra spadaccina con un sorriso.
    “Un momento!” esclama Isparana, estraendo una spada e puntandola a pochi centimetri dal volto di Shigure, che resta impassibile. “Vuol dire che vuoi uccidere Raftel? Hai intenzione di ammazzare Sagara?”
    Per un lungo attimo, Shigure non risponde, fissandola negli occhi.
    “Quell’uomo è molto pericoloso, Isparana. Sei così interessata a lui?”
    “Non sono affari tuoi! Non voglio che a Sagara accada qualcosa!”
    “Ne parli come se fosse un gattino indifeso. E’ un maestro di spada come me. Solo io posso avere qualche possibilità di batterlo.”
    “L’abbiamo affrontato insieme.” commenta Caledonia “Qualcosa siamo riuscite a fare.”
    “Ma non capite che con voi ci è andato piano?” ribatte Shigure “Voleva solo spaventarvi. Vi avrebbe ammazzate tutte in un secondo senza che ve ne foste accorte. Se avete salvato Venusia è solo perché lui ve l’ha permesso! Non avevate nessuna possibilità contro di lui sin dall’inizio! Non avete neanche un’idea di cosa significhi un maestro di spada!”
    Isparana sente che la sua mano, che regge la spada, sta tremando. Capisce benissimo che non ha nessuna possibilità di colpirla, anche con la sua spada puntata vicino a lei. Anzi, è Isparana stessa a trovarsi sul ciglio della morte. Però insiste:
    “Potrebbe ucciderti lui, non ci hai pensato?”
    “In uno scontro tra due maestri di spada, la morte è inevitabile. Non so chi di noi sopravviverà. Potremmo anche ucciderci a vicenda. Vi raccomando, comunque, di stare tutte lontane da noi quando ci affronteremo.” Shigure afferra la lama di Isparana e la abbassa, aggiungendo: “Isparana, ti prometto che farò il possibile perché lui sopravviva: potrei fargli cambiare idea, per esempio. Ma non posso garantire nulla.”
    “Ma…” replica lei, con la spada a terra e gli occhi bassi “ma…io e lui…speravo…”
    “Pensi di provare amore per lui? E’una parola impegnativa. Magari provi attrazione, sentimento, ti piace e basta. Ma l’amore non è questo. O meglio, non è solo questo.”
    “E cosa sarebbe?”
    “Non è solo sensazione e sentimento. E’ anche impegno e volontà di stare accanto a qualcuno, nonostante i suoi limiti e carenze. E’ un camminare e crescere insieme nella vita.” Per un attimo, a Shigure viene in mente il ricordo di Amauta, e si sente stringere il cuore. “Ma, adesso come adesso, non puoi capire quello che ti sto dicendo.” conclude.
    Isparana resta in piedi, confusa, mentre Shigure, rivolta agli altri, aggiunge:
    “Andiamo.”
    Varca la soglia della stanza e tutte la seguono, dirigendosi verso le stalle dove ci sono le diatrymas. Lungo il cammino, osservano stupite che tutte le amazzoni che erano presenti nel quartier generale sono a terra e non si muovono. Raggiunto un tavolo, Shigure solleva una borsa appoggiata laggiù e la passa a Jocasta, dicendo:
    “Qui ci sono le spade che vi avevano portato via.”
    “Le hai uccise tutte?” chiede sconvolta Venusia alla maestra di spada.
    “Ti ho già detto una volta che io di solito non uccido, a differenza di Raftel. Le ho colpite con la spada inguainata. Sono tutte ammaccate, ma vive.”
    “Ma…c’erano un centinaio di amazzoni, qui!” ribatte stupita Jocasta.
    “Appunto. C’erano.”

    Sul pianeta Stige, all’interno del cratere del vulcano attivo Totentzin, il Grande Mazinga avanza faticosamente verso l’uscita, arrampicandosi lungo le pareti interne del cratere, mentre dietro di lui la lava continua ad eruttare e l’ha già sommerso. Ma Mazinga avanza. La lega NZ del robot gli permette di resistere al terribile contatto con la lava, e una barriera elettronica, insieme ad un misto di vetro/lega NZ impedisce alla calotta del Brain Condor di fondersi per il gigantesco calore. I refrigeratori interni sono al massimo e Tetsuya si è tolto l’indumento, restando in mutande: nonostante questo, la cabina è un forno e il pilota suda in continuazione. Ma Tetsuya serra i denti e pensa solo ad avanzare. Deve uscire. Ad ogni costo. Il robot, per quanto resistente, non può durare a lungo. Ma è difficile avanzare alla svelta, in quelle condizioni, e l’uscita del cratere non si vede. La lava copre ogni cosa. Il terribile ribollire del cratere ruggisce in continuazione: nonostante le sue grandi dimensioni, il robot di Tetsuya sembra piccolo davanti ad una manifestazione della natura così gigantesca e devastante. I lapilli continuano ad uscire incendiando chilometri attorno a sé.
    Ad un certo punto, Tetsuya sente che sta respirando con difficoltà: nel Brain Condor sta mancando l’aria.
    Dannazione! pensa con ansia. Non devo agitarmi, se no consumo troppa aria. Devo stare calmo. Forza, Mazinga! Un ultimo sforzo!
    Il robot avanza ancora di più verso l’ignoto: quanto manca all’uscita? E, soprattutto, ci arriverà intero? Ormai le vertigini cominciano ad invadere il cervello di Tetsuya: l’ossigeno non è più sufficiente. Tetsuya sente una terribile stanchezza che lo sta invadendo in tutto il corpo. Gli sembra di vedere Jun in bikini sotto il sole che lo saluta ridendo. Vede anche Lisa Vold che gli corre incontro per abbracciarlo. Appare anche la figura del Dottor Kabuto, con la divisa bianca, che osserva il panorama attraverso i vetri della Fortezza della Scienza. Vede anche quei pazzi di Boss, Nuke e Mucha. Non ha mai sentito così tanto la loro mancanza. Vede anche il piccolo Shiro con la bimba Haruna che corrono felici. C’è anche l’amico/rivale Koji e Sayaka che lo stanno salutando.
    Capisce che sta per morire. No…borbotta da qualche parte nella sua mente. No, non posso morire ora! Devo…devo farcela! Devo salvare Jun…Lisa…tutti… Ma il suo corpo non risponde più, mentre vede sempre più in modo confuso. Nonostante questo, non molla ancora.
    Ad un certo punto, davanti a lui appare qualcosa come una luce che si muove. Sembra un immenso uccello che spalanca le ali. Un uccello di fuoco. Tetsuya, non sa come, riesce a riprendersi. Comanda al Grande Mazinga di continuare e, inaspettatamente, scopre di esserci riuscito: alla fine Mazinga è uscito da quell’orrore di lava. Anche se calda, la nuova aria che respira per lui è il paradiso. Camminando in modo barcollante, tutto rosso per il calore, il Grande Mazinga inizia a ridiscendere lentamente lungo il versante del vulcano, evitando il più possibile le colate di lava. Tetsuya comanda al Great Booster, le ali autonome, di raggiungerlo: in poco tempo arrivano rombando, agganciandosi alla schiena di Mazinga e sollevandolo. Dall’alto, il pilota del robot osserva la terribile violenza del vulcano, chiedendosi come ha fatto ad uscire indenne da un simile inferno.
    Cos’era quella specie di uccello luminoso? si chiede Tetsuya.

    Il Generale Garuda atterra sulla torre più alta del suo castello di Tintagel. E’ rimasto un po’ deluso: si aspettava uno scontro col famoso Goldrake di Duke Fleed che aveva sconfitto Kandura, il Mostro dell’Abisso che gli aveva mandato tempo fa. Invece ha dovuto occuparsi di una nullità. Quel “Grande Mazinga” ormai sarà diventato un pezzo di metallo fuso, a quest’ora. Col potere della Fenice che ha acquistato adesso, può affrontare l’Oscuro in persona. Ma sente che anche la sconfitta dell’Oscuro non gli basta. Sa cosa vuole veramente. E ha perso anche troppo tempo. Si dirige verso le stanze dell’evocatrice, raggiungendo la sala principale. Apre di scatto la porta e la chiama.
    “Myrain!”
    L’elfa dai capelli biondi mette sul tavolo il suo ricamo, senza alterare la sua espressione, mentre le ancelle sono terrorizzate nel sentire la voce del Re. Myrain risponde semplicemente:
    “Sì, mio signore?”
    Garuda non le risponde: piuttosto, dice alle ancelle:
    “Tutte voi, fuori! Subito!”
    Le donne osservano preoccupate la loro padrona, che, tranquilla, annuisce.
    “Andate pure” dice, con la sua voce che sembra un canto. Dopo che le ancelle sono uscite, Garuda chiude la porta e osserva l’elfa, dall’altra parte della stanza, che si è alzata attendendo le sue parole.
    “Myrain” inizia “lo sai che ora ho il potere della Fenice. E questo è anche grazie a te. Perché non dimentichiamo il passato? Diventa mia moglie. Sarai la più grande regina che ci sia mai stata nell’universo!”
    “Se il mio signore lo desidera, lo sarò.” risponde Myrain con un leggero inchino, mantenendo lo stesso tono di prima. Nessuna emozione, nessun sentimento. Garuda comprende che è rimasta sempre con l’atteggiamento indifferente che ha avuto sin da quando lei aveva iniziato a vivere a Tintagel. Indifferente e rassegnata. Sottomessa e ribelle allo stesso tempo. Non è cambiato nulla tra di loro. Anche col potere della Fenice, il muro tra loro resta. L’ira in quel momento lo domina: afferra Myrain per le spalle e la scuote con forza, esclamando fuori di sé:
    “Maledizione, non capisci? Io ti amo, stupida! Possibile che tu non mi abbia ancora perdonato, dopo tutti questi anni? Ho il potere assoluto, adesso, e ancora mi respingi? Io voglio te!”
    “Perché…perché ti arrabbi con me, mio signore?” replica lei, senza essere spaventata: il tono resta lo stesso di prima. “Io…ti avevo detto di sì!”
    “Non voglio quel sì!” grida Garuda esasperato, quasi in un ruggito.
    All’istante, la bacia stringendola con forza, fino quasi a soffocarla. Myrain ne è sorpresa. E’ la prima volta da tanto tempo che Garuda agisce così. Ma, subito dopo, tenta di divincolarsi, e alla fine ci riesce: sconvolta e fuori di sé, schiaffeggia con forza Garuda, tanto da fargli cadere l’elmo sul pavimento. Un filo di sangue esce dall’angolo della bocca di lui, tamponato dal dorso della sua mano. Il generale sorride soddisfatto.
    “Bene. E’ questo che volevo. Volevo vedere i tuoi veri sentimenti. Finalmente li hai mostrati. In un certo senso, ne sono soddisfatto. Preferisco il tuo odio alla tua indifferenza.”
    “Vattene via da qui!” sibila Myrain, evitando di vederlo.
    Garuda raccoglie con calma l’elmo.
    “Non sono più il ‘tuo signore’, adesso? Me ne vado, Myrain, ma non illuderti. Un giorno sarai mia. Nel frattempo, continua il tuo lavoro come evocatrice.”
    Garuda si volta e si allontana. Dopo che ha chiuso la porta, Myrain resta sola nella sua stanza. Le gambe non riescono più a reggerla: cade a terra in ginocchio e, coprendosi la faccia con le mani, piange in silenzio.
    “Che tu sia maledetto…” sussurra tra i singhiozzi.

    Continua qui.


    Edited by joe 7 - 4/6/2016, 15:35
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