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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 74

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 6 June 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 74
    JUN E TETSUYA

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui

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    Preso da questo sito (complimenti all'autore! ^_^)


    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Rex, il loro figlio appena nato, è stato rapito dall’Oscuro, che lo sacrificherà a Darkhold, il suo pianeta-castello, quando sette stelle saranno allineate, tra due giorni circa. Actarus, insieme coi suoi amici, parte con Goldrake sull’astronave Cosmo Special, affrontando i Generali dell’Oscurità, per prendere i cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Il Grande Mazinga e Garuda, l’ultimo generale dell’Oscurità, si sono scontrati brevemente, con la vittoria dell’avversario. Tetsuya, insieme a Lisa Vold, la ragazza lupo sua alleata, cerca Jun, ma trova solo il braccio di Venus Alfa in mezzo alla lava. Garuda, intanto, tornato al suo castello di Tintagel, trova Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, che lo vuole uccidere perché diventato troppo pericoloso per l’Oscuro.
    Intanto, Venusia, arrivata a Darkhold, insieme alle Amazzoni sue compagne e a Kosaka Shigure, la maestra di spada sua alleata, parte verso la roccaforte di Bedlam, dove si trova prigioniero suo figlio. Sulla sua strada, però, ci sono le altre divisioni di amazzoni fedeli all’Oscuro…


    Kosaka Shigure cavalca con sicurezza la sua diatryma, avanzando lungo le strade di Darkhold. Le mura scure e il cielo nuvoloso sottolineano la sensazione di pericolo che sta affrontando, insieme alle altre amazzoni. Dietro di lei, una voce dice: “A destra”. E’ Ney, l’elfa bambina dalla pelle nera, anche lei a cavallo di una diatryma, insieme a Venusia. Il suo senso innato dell’orientamento le permette di trovare la strada più breve per arrivare alla roccaforte di Bedlam, dove tra qualche ora Rex, il figlio di Venusia, sarà sacrificato sull’altare a causa dei folli sogni dell’Oscuro. Una pioggia leggera inizia a scendere, bagnando, oltre alle due donne e la bambina, anche le cinque amazzoni alleate dietro di loro, comandate da Jocasta. Anche loro sono a cavallo delle diatrymas e seguono silenziose Shigure e Venusia.
    All’improvviso, si accorgono di essere circondate: sopra i tetti delle case e sopra i bastioni delle torri, spuntano delle figure coi capelli lunghi e le spade sguainate. Tutte le strade sono bloccate dalle stesse persone: sono tutte le amazzoni delle altre quattro divisioni.
    “Ciao, Calypso” saluta Jocasta, riconoscendo tra le altre il capitano della prima divisione.
    “Siete tutte impazzite?” replica quest’ultima “Siete solo in sette, mentre noi siamo un migliaio. Arrendetevi!”
    “Perché?” chiede Jocasta con nonchalance.
    Shigure estrae la spada, interrompendo la discussione. “Non abbiamo tempo da perdere. Fatevi da parte, per il vostro bene” dice con tranquillità.
    “Insolente!” esclama Calypso “Anche se sei una maestra di spada, non hai speranze contro tutte noi!” Spronando la diatryma, alza la sua scimitarra e avanza, gridando: “All’attacco!”
    In un secondo, la diatryma di Calypso è tagliata in due e la donna comandante si trova con l’armatura e la spada a pezzi: Shigure l’ha sconfitta in un colpo solo.
    “Non lo dirò un’altra volta” dice dura la maestra di spada “Fatevi da parte.”
    Tutte le amazzoni sono bloccate dallo stupore e dallo spavento. Calypso è una dei capitani più forti e Shigure l’ha battuta con una facilità impressionante.
    “Cosa aspettate? Avanti! Avanti! Uccideteli!” grida Calypso, a terra in ginocchio, coprendosi davanti e cercando di raccogliere il resto della sua armatura sfregiata. Le altre, spronate, attaccano gridando.
    “Come desiderate” replica Shigure, parando i primi colpi e saltando all’improvviso in alto, sopra le teste di tutte le avversarie: la sua spada fa un giro a semicerchio nell’aria, poi lei ritorna in piedi sulla sella della sua diatryma. Sembra che non sia successo niente: ma, un attimo dopo, decine di amazzoni si trovano con la spada spezzata e l’armatura ridotta a brandelli.
    Shigure mette la lama della sua spada davanti a sè, dicendo:
    “Volete continuare?”
    Il panico all’improvviso avvolge le amazzoni.
    “E’ un mostro!” sussurrano spaventate.

    Ma le altre amazzoni avversarie non perdono tempo: spuntano da altre parti, aggredendo il gruppo di Venusia e Jocasta. Selina, la comandante della seconda divisione, incrocia la sua lama allungata contro i due coltelli di Jocasta.
    “Credi che quelle tue lamette possano fermarmi?” dice beffarda.
    “Ti hanno già fermato” replica Jocasta. La lama di Selina in un momento finisce tagliata in tre parti, mentre a lei resta in mano praticamente solo l’elsa, che osserva incredula.
    “Ma come…”
    “I miei coltelli hanno le lame più affilate. Inoltre, possono tagliare anche a distanza. Sottovaluti sempre l’avversario, Selina. E’ un grave errore.”
    Un altro fendente di Jocasta taglia in due l’armatura di Selina e la diatryma, spaventata, si imbizzarrisce, facendo cadere quest’ultima.
    Intanto Isparana, una delle amazzoni di Jocasta, fa il vuoto attorno a sé con le sue due spade, mentre le sue compagne, Caledonia, Sonja e Valeria riescono ad aprire un varco con le loro armi. Ma è solo l’inizio dell’assalto: le amazzoni nemiche sono numerosissime. Venusia si mette davanti ad un muro, per evitare attacchi alle spalle, e cerca soprattutto di difendersi: siccome le ripugna uccidere, cerca di respingere gli assalti come può. All’improvviso, un laccio si attorciglia attorno al collo di Venusia, quasi strozzandola: Amora, il capitano della quinta divisione delle amazzoni, l’ha appena catturata e tira a sé la frusta per buttarla a terra. Ma Venusia taglia subito la frusta con la sua spada: Amora, sorpresa per la sua rapidità di riflessi, le corre addosso con la spada in mano. In quel momento di pericolo, il sangue di Actarus che è in Venusia, insieme alle lezioni di Shigure, agiscono quasi simultaneamente e la donna manda un veloce fendente dal basso all’alto, facendo volare via la spada di Amora. Quest’ultima, disarmata, non ha il tempo di sorprendersi: Venusia colpisce di piatto con la sua spada la diatryma dell’avversaria, facendola imbizzarrire. Amora cerca di riprenderne il controllo, ma la folla e la calca provocano la caduta sia dell’animale che della cavallerizza. Venusia tira il fiato, rimpiangendo i tempi in cui era seduta nell’abitacolo del Delfino Spaziale. Era più semplice premere bottoni e tirare leve…

    Tra i capitani avversari, resta solo Haydee, capitano della quarta divisione, che esclama:
    “Non scoraggiatevi! Si stanno stancando sempre di più. Tra poco saranno nostri!”
    Infatti, tutti, tranne Shigure, sono allo stremo delle forze: fanno fatica anche solo a sollevare le spade. Ma, all’improvviso, Jocasta sente un suono di tromba: è il Deguello, la musica della terza divisione, quella che è ai suoi ordini. Stupefatta, si volta, insieme a tutte le duellanti: da una strada in altura sono comparse un centinaio di amazzoni a cavallo delle diatrymas. Sono le donne dell’armata di Jocasta. Appena finisce il suono della tromba, scendono nella mischia con la spada in mano gridando:
    “Per Jocasta!” “Per il nostro capitano!” “Yachimae!”
    Lo scontro diventa ancora più cruento di prima: le amazzoni di Jocasta, piene di rabbia e desiderose di aiutare il loro capitano e le loro compagne, fronteggiano le avversarie, già provate e quasi senza capitani, mentre la spada di Shigure provoca degli enormi vuoti tra le loro file.
    Haydee, l’ultimo capitano, resta sconcertata. Le sue amazzoni si ritirano o cadono, mentre quelle delle altre divisioni sono scoordinate e confuse, prive del loro capitano. Il panico inizia a mostrarsi tra le loro file. All’improvviso, una spada spunta sotto il suo mento, mentre una voce ferma le dice:
    “Ordina la resa.”
    E’ Shigure: osservandola in faccia, Haydee capisce che non ha scelta. Alzando la mano, esclama:
    “Basta! Fermatevi!”
    Le amazzoni obbediscono e lo scontro finisce. Più di cinquecento amazzoni sono a terra e molte altre sono ferite. Continuare sarebbe inutile. Haydee lascia cadere a terra la sua spada: è il gesto di resa. Jocasta le si avvicina.
    “Hai fatto una scelta saggia, Haydee.”
    “State facendo una pazzia, Jocasta. A Bedlam vi aspetta la morte.”
    “Può darsi. Comunque, da adesso, molte persone moriranno: e non è detto che saremo noi.”

    Nello stesso tempo, sul pianeta Stige, nel castello di Tintagel, Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, e Garuda, il Generale dell’oscurità, si fronteggiano l’uno davanti all’altro nella sala del trono. Tutti gli altri sono già scappati via terrorizzati. Entrambi sono avvolti nelle loro “aure”, o spiriti combattivi: quella di Garuda è blu lampeggiante, mentre quella di Jezabel è rosso sangue.
    “Tra di noi doveva finire così, immagino” dice il generale.
    “Esatto. Ed ora finiremo il discorso che avevamo iniziato a Darkhold, nell’ultima nostra riunione” risponde Jezabel.
    Due scie luminose, una rossa e una blu, si scontrano: Jezabel e Garuda si fronteggiano, afferrando l’uno le mani dell’altro. La sala del trono è in fiamme, e le finestre esplodono. Nessuno prevale. All’improvviso, Garuda scaglia Jezabel contro il muro, facendolo sfondare: per un attimo, lei è a mezz’aria, poi cade a terra in piedi, fuori dal castello di Tintagel. Garuda estrae la sua spada fiammeggiante Kametari (‘fuoco divorante’) e le vola addosso, lanciando un fendente potentissimo che taglia il terreno in due. Inaspettatamente, la spada è parata da un’altra spada, completamente nera, comparsa in mano a Jezabel. Garuda è sorpreso.
    “E’ la prima volta che ti vedo con una spada” dice lui.
    “Io sono la comandante delle amazzoni, idiota. Come puoi pensare che non abbia una spada?”
    Jezabel fa vorticare la sua arma, e questo movimento lascia delle scie di luce rossa luminosa, che brillano cupe nel sole del tramonto.
    Rubashiri, ‘sete di sangue’, è il suo nome” dice Jezabel “Riuscirai ad evitare tutti i suoi fendenti?”
    Le spade si scontrano di nuovo, illuminando il bosco con lampi abbaglianti ogni volta che entrano in contatto. A Tintagel tutti osservano sconvolti lo scontro: mai prima Garuda era stato aggredito a casa sua.
    Nelle sue stanze, Myrain sente i rumori della lotta, ma resta immobile davanti alla finestra, osservando il sole che tramonta senza pensare a nulla. Da anni si sente morta dentro per quello che è successo, sentendosi in parte responsabile per le atrocità di Garuda. Sospira triste, poi torna a tessere i suoi ricami: l’unico suo sollievo. Una volta suonava l’arpa ed era quella la sua gioia: ma da anni non la tocca più.

    “Non è possibile…” dice Tetsuya con un filo di voce, mentre Mazinga estrae dalla lava il braccio di Venus Alfa: è semicarbonizzato, ma riconoscibile. Con ansia, comanda a Mazinga di frugare nella lava, cercando di estrarre il resto, ma non si trova nulla. Jun è scomparsa nella lava. Tetsuya diventa pallido, nonostante il calore. Lisa, la ragazza lupo, accanto a lui, non sa che dire. Certo, la morosita – come lei chiamava Jun – era sua rivale, ma, anche se non prova lo stesso dolore di Tetsuya, sente un certo dispiacere. Voleva batterla, certo, per avere il cuore di Tetsuya, ma non in questo modo.
    “Jun…è morta?” chiede Tetsuya, osservando inebetito il braccio di Venus Alfa. Incredulità e rabbia iniziano a salirgli dentro. Mille immagini di Jun gli danzano nella mente: Jun in mezzo alla neve, Jun che ride correndo sulla spiaggia…alla fine, si alza in piedi nell’abitacolo del Brain Condor, che aveva il vetro aperto, serrando forte i pugni ed esplodendo in un urlo:
    “Non è possibile. Non è possibile! Garuda, ti ammazzerò! Ti farò a pezzi con le mie mani! Conoscerai la vera furia di Mazinga!”
    Lisa, preoccupata, afferra Tetsuya per un braccio:
    “Calmati, hombre. Sei ancora debole. Uscire da quel vulcano non è stato uno scherzo. Torna in te, amigo. Forse la niña è ancora viva…”
    “Jun…” Tetsuya sente che tutto gli sta girando intorno. Lo sforzo immane per uscire dal vulcano Totentzin e lo shock per la morte di Jun l’hanno completamente debilitato. Si accascia sui comandi, senza più muoversi.
    “Tetsuya! Tetsuya!” grida Lisa, scuotendolo. Ma il pilota è sprofondato nell’oblio: la stanchezza su di lui alla fine ha prevalso.

    “Tetsuya, mi hai sentito?”
    Il ragazzino si volta verso chi gli ha parlato: il Dottor Kabuto lo sta guardando con un po’ di apprensione, appena mascherata dalla sua cicatrice sul volto.
    “Ehm…direttore, non ho capito bene. Una bimba, avete detto?”
    “Ha solo due anni meno di te. Ed è assai matura, per la sua età.”
    “Ma cosa ce ne facciamo di una donna nella Fortezza della Scienza? Le donne sono così noiose!” replica il piccolo Tetsuya, stizzito e col broncio.
    “Vedrai che diventerete buoni amici. Su, Jun, vieni avanti.”
    La porta si apre ed entra una bambina dai capelli neri e lunghi, accompagnata dalla responsabile dell’orfanotrofio, Suor Maria. Tetsuya guarda sorpreso la nuova arrivata. Si aspettava una mocciosetta spocchiosa come ne aveva viste a scuola: invece lei ha un aspetto timido e gentile, con un atteggiamento imbarazzato e con una certa tristezza negli occhi.
    “Su, Jun, saluta il dottor Kabuto e il tuo nuovo amico Tetsuya” le dice suor Maria con un sorriso.
    Lei, con le mani incrociate davanti, inclina leggermente il capo, mentre Tetsuya la fissa incuriosito. Jun è perplessa. “Cosa…cosa c’è?” chiede lei.
    “Hai la pelle più scura della mia. Come hai fatto? Direttore, voglio anch’io una pelle così!”
    Il dottor Kabuto dà una pacca in testa a Tetsuya e gli risponde:
    “Non essere villano! Su, salutala!”
    “Ehm…mi chiamo Tetsuya Tsurugi. Piacere. Tu sei…Jun?”
    “Sì. Jun Honoo. I miei erano del kanto.”
    “Ah, sì? I miei erano di Nagasaki…”
    Jun è rimasta sorpresa. Per la prima volta, qualcuno ha invidiato la sua pelle, mentre tutti la prendevano in giro per questo. Inoltre, parla con naturalezza con Tetsuya come se lo conoscesse da sempre. Nella sua rudezza c’è qualcosa che la mette a suo agio. Anche suor Maria è sorpresa: la taciturna Jun adesso parla spontaneamente. Forse si troverà bene qui…
    “Ma…non ti dà fastidio la mia pelle?” chiede lei ad un tratto, vincendo la ritrosia.
    “Scherzi? E’ bellissima!” risponde lui “Dimmi come hai fatto ad averla, che la voglio anch’io una pelle così!”
    Jun si mette a ridere: quel ragazzo è strano, ma le piace molto. Da allora, c’è sempre stato un profondo feeling tra Jun e Tetsuya. Non ci volle molto per lui a capire che il problema della pelle per Jun era un’ossessione. Ogni anno, quando nevicava, Jun si sentiva più depressa, nel vedere il biancore della neve e confrontarlo con lo scuro della sua pelle. Anche dopo che avevano sconfitto Mikene, e Jun era riuscita a superare questo complesso, ogni tanto rispuntava fuori. E pensare che la prima cosa di Jun che aveva incantato Tetsuya era proprio la sua pelle scura. Ma questo Jun non l’aveva mai capito. E ora è morta…

    Tetsuya si sveglia di soprassalto. Si accorge che è quasi l’alba, e davanti a lui brucia un fuoco scoppiettante. Lisa gli aveva messo una coperta fatta alla buona con le grandi foglie che c’erano nel bosco. Inoltre, nota con stupore che la ragazza lupo sta dormendo accanto a lui. Non solo: addosso ha il suo vestito da pilota. Nel muoversi, fa svegliare Lisa.
    “Ah, ti sei ripreso, Tetsy.” dice lei, aprendo gli occhi.
    “Abbiamo…abbiamo dormito insieme?” chiede lui, sconcertato.
    Claro que sì. La notte è fredda, qui” risponde Lisa, stiracchiando le braccia “Ci siamo riscaldati a vicenda, non bastava il fuoco. Sei rimasto svenuto tutto il tempo, hombre. Peccato, era una buona occasione…” conclude, sorridendo maliziosa. Ma Tetsuya, alzatosi, pensa già ad altro. Aveva sognato il suo primo incontro con Jun, e, insieme al ricordo, il dolore della perdita torna più acuto di prima.
    “Ho perso troppo tempo, Lisa. Ora ho recuperato le forze, e ti ringrazio. Ma adesso devo vendicarmi di Garuda”
    “E per il cristallo, come facciamo a trovarlo? La morosita…cioè, Jun, aveva lei il cristallo di ricerca” commenta Lisa, spegnendo il fuoco gettandoci sopra della terra.
    “Costringerò Garuda a dirmi dov’è questo cristallo. Ho sempre preferito l’azione diretta. A proposito, dov’è Mazinga?”
    “Dietro di te” dice Lisa con finta indifferenza.
    Tetsuya si volta e resta a bocca aperta. Davanti a lui c’è il Brain Condor dentro la testa di Mazinga, distesa a terra insieme con tutto il resto del corpo, coperto da una fitta coperta di rovi e arbusti che lo nascondono talmente bene che non se n’era accorto nemmeno lui, che era a due passi da lì.
    “Ma…Lisa…hai fatto tu questo lavoro?”
    “Non male, verdad?” risponde lei, con una punta di vanità “Volevo nascondere bene il robot del mi hombre
    “Ma come hai fatto a mettere Mazinga disteso a terra??” chiede Tetsuya, ancora più stupefatto.
    Lisa tira fuori un libretto con su scritto: “Guida per principianti”.
    “Era sotto i tuoi comandi, Tetsy. Per fortuna, ho imparato la vostra lingua durante il viaggio. Poi le istruzioni erano molto semplici…”
    Tetsuya si era completamente dimenticato di quel libretto: glielo aveva dato il dottor Kabuto, ma lui, per orgoglio, lo aveva letto solo due volte, poi aveva voluto fare tutto a memoria (provocando anche qualche disastro ai primi tempi, ma qui è meglio soprassedere).
    Tetsuya non può fare a meno di ammirare l’opera della ragazza lupo.
    “Sei stata davvero in gamba, Lisa.”

    Da un’altra parte della foresta, assai lontano, Jun Honoo alla fine si sveglia. Si accorge, per prima cosa, di essere senza casco: doveva essere caduto dopo l’impatto a terra. Cercando di riordinare i ricordi, le viene in mente che, mentre Venus Alfa stava per uscire dall’astronave in fiamme, le ali erano rimaste danneggiate dal calore e, come se non bastasse, il vulcano eruttava lapilli composti da enormi pietre fiammeggianti che saettavano con violenza. Il vetro dell’abitacolo di Venus Alfa era rimasto danneggiato, e Lisa era stata sbalzata fuori in un attimo. Nel cercare di riprendere il controllo del robot, Jun era finita assai lontano e alla fine era atterrata malamente a terra: ormai le ali non funzionavano più. L’impatto l’aveva fatta svenire. Adesso, cercando di tornare lucida, Jun comanda il check-up su tutto il robot, e si accorge che i danni sono estesi: non solo il vetro rotto della cabina di comando e ammaccature varie sul metallo, ma persino il braccio sinistro di Venus Alfa è saltato via. Inoltre, il vestito da pilota di Jun ha vari strappi e lei si accorge di avere qualche ferita, per fortuna superficiale.
    “Come inizio, andiamo bene” commenta Jun, scoraggiata. Tutte le volte che usciva con Venus Alfa finiva danneggiata entro cinque minuti. Stavolta ci ha messo cinque secondi scarsi. Almeno i comandi funzionano ancora, e Venus Alfa si rimette lentamente in piedi. Jun si guarda intorno: anche col radar, non vede tracce di Lisa. Forse è meglio tornare dal punto dove sono uscita dall’astronave. Laggiù troverò qualche traccia di Lisa e Tetsuya. Il robot di Jun si muove fendendo il bosco e dirigendosi verso il vulcano Totentzin che si vede in lontananza.
    Senza saperlo, Jun sta andando nella direzione giusta, ma non ha idea dell’orrore che incontrerà.

    Continua qui.


    Edited by joe 7 - 7/6/2016, 14:53
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