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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 81

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 15 June 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 81 -
    MAKEPAIN

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui. Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui. Inoltre, c'è il riassunto a fumetti delle puntate dalla prima alla 79 qui.

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    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Rex, il loro figlio appena nato, è stato rapito dall’Oscuro, che lo sacrificherà a Darkhold, il suo pianeta-castello, quando sette stelle saranno allineate. Actarus, insieme coi suoi amici, parte con Goldrake per affrontare i Generali dell’Oscurità e prendere i cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Intanto, Venusia si è alleata con le Amazzoni ed ora è a Darkhold per salvare suo figlio: insieme con le amazzoni, si prepara ad assalire Bedlam, il luogo dove sacrificheranno Rex. Inoltre, Goldrake sta per affrontare il Terzo Guardiano, così potrà entrare a Darkhold. Gli altri amici di Goldrake (Mazinga Z, il Grande Mazinga e molti altri) si sono riuniti dentro il Drago Spaziale, pronti a dare l’ultimo assalto a Darkhold. Da ricordare inoltre che Shizuri, la regina di ghiaccio diventata loro alleata, sta combattendo all’ultimo sangue contro Jezabel, il braccio destro dell’Oscuro, sul pianeta G’Urantic. In questo momento, dobbiamo allontanarci un attimo dalla scena generale per seguire Zananza, il fratello di Actarus, che è diretto col suo robot Davos sul pianeta deserto di Vega per combattere contro lo spietato Makepain, che minaccia Fleed per conto dell’Oscuro con la gigantesca “ombra” a forma di mano che sta per inghiottire il pianeta…
    Potete leggere il riassunto dalla prima puntata alla 79 in vignette a questo link


    Loni Strauss Makepain si inchina profondamente, col ginocchio a terra e la mano sul petto, davanti allo schermo, che mostra il volto dell’Oscuro: un’immagine tutta in ombra, tranne che per gli occhi, bianchi e luminosi.
    “Ti saluto, eccelso sovrano. Mi hai chiamato: in cosa posso servirti?”
    “La base di Sherylorn è saldamente nelle tue mani?” risponde l’Oscuro, con voce tonante e greve.
    “La tengo col pugno di ferro, eccelso sovrano. Qui su Vega, i veghiani sopravvissuti mi obbediscono senza fiatare. Gettano in continuazione le pietre rosse nel Pilastro Nero, generando la zona d’ombra. Ormai, tra poche ore invaderà Fleed”
    “Molto bene. Stai in guardia, però: sta arrivando da te Zananza il traditore. E’ passato dalla parte di suo fratello Duke Fleed”
    “Me lo immaginavo” risponde Makepain con un sogghigno “Sapevo che il mio amico Zananza si sarebbe comportato così”
    “Come facevi ad immaginartelo?” chiede l’Oscuro, un po’ sorpreso.
    “Conosco il mio caro amico. Fa il duro e il cinico, ma dentro resta un idealista. Prima o poi avrebbe saputo di Sherylorn, vi avrebbe tradito e sarebbe venuto da me. Zananza è così prevedibile…”
    “Se lo conosci così bene, provvedi ad eliminarlo al più presto. E ricorda: oltre alla morte di Zananza, voglio Fleed immersa nella zona d’ombra tra due ore al massimo!”
    “Non temete di affidarvi a Loni Strauss Makepain, eccelso sovrano.”
    L’immagine dell’Oscuro scompare, mentre lui si alza ed osserva Naida, rannicchiata in un angolo, silenziosa e rassegnata, con la catena che la lega al collo. Makepain tira a sé la catena, facendo scuotere dolorosamente la ragazza.
    “Zananza sta arrivando. Avanti, vai a fare ciò che ti ho detto”
    “Sì, mio signore”
    Naida afferra il collare di metallo e lo divide in due, facendo scattare il sistema d’apertura. Poi si allontana, silenziosa e triste.
    Lei è completamente nelle mie mani, pensa Makepain. Anima e corpo. Quanto mi piacerebbe vedere la tua faccia quando te ne accorgerai, Zananza…
    Inizia a ridere: una risata crudele, agghiacciante. Il suo unico occhio che i suoi capelli lasciano scoperto, in quel momento, sembra quello di un diavolo.

    “I suoi occhi? Che c’entrano i suoi occhi?”
    Okinu, piccola come una fatina e vestita con un kimono, fa questa domanda all’improvviso, dopo aver sentito parlare Zananza, nell’abitacolo del robot Davos.
    “C’entrano, e parecchio. Il problema di quel bastardo di Makepain è il potere che ha nei suoi occhi. Letteralmente, è capace di uccidere con lo sguardo. Non ho mai capito bene come faccia”
    “Ma è assurdo! Nessuno può uccidere a comando…neanche l’Oscuro ne è capace!”
    Zananza non risponde. Non ama parlare troppo. Inserisce il pilota automatico e si toglie la cintura di sicurezza, alzandosi dal sedile e dirigendosi verso l’abitacolo interno del robot: Okinu si alza e, lasciando una scia di ghiaccio al passaggio, lo segue. Senza parlare, Zananza digita alcuni comandi e alla fine fa aprire uno sportello a muro. Okinu è confusa, e lo diventa ancora di più quando vede Zananza spogliarsi davanti a lei.
    “Ma cosa…cosa sta facendo?” chiede arrossita.
    “Secondo te? Mi sto cambiando la tuta, ovvio. Quella nuova, che avevo programmato, adesso è pronta”
    “Ma perché se la cambia?”
    “La mia ipotesi è che Makepain lancia dell’energia invisibile dagli occhi, una specie di laser, forse. Questa tuta nuova è refrattaria a questo genere di attacchi. Spero che funzioni”
    Mentre inizia ad indossare la tuta, Okinu nota che il corpo di Zananza è muscoloso e forte, ma pieno di ferite.
    “Avete molte cicatrici, signore” esclama.
    “Per forza, ho combattuto per tutta la vita. In guerra non c’è gentilezza, solo odio. E non ho mai visto tanto odio come in Makepain”
    “Si vede che lo conosce bene”
    “Sì…lo conoscevo bene” replica lui, con uno sguardo cupo che fissa il vuoto. I ricordi gli vengono all’improvviso, mentre finisce di vestirsi.

    Allora, Loni Strauss non si chiamava ancora “Makepain”, cioè “colui che provoca dolore”. Quel terribile soprannome gli sarebbe venuto dopo. Era un nobile della corte di Fleed, discendente della famiglia Strauss-Yoma, una delle più antiche e fedeli alla corona di Fleed. Al contrario di Zananza, che amava l’attività all’aperto, le sfide e i duelli, Loni era una persona tranquilla e serena, che amava lo studio e la cultura. Era molto impacciato nel rapporto con gli altri, perché non si sentiva alla loro altezza: il suo rifugio era la biblioteca reale, lo studio, le arti. Nonostante le loro differenze di carattere, o forse proprio per quello, Loni e Zananza divennero amici: l’uno ammirava nell’altro quello che gli mancava. Loni mostrava a Zananza l’esistenza dei capolavori letterari di Fleed e Zananza insegnava a Loni l’approccio con le attività sportive e le ragazze, senza grandi risultati. In ogni caso, i due si rispettavano: anzi, Zananza lo difendeva, se necessario anche con la forza, davanti ai ragazzi che spesso gli facevano scherzi atroci. Infatti, Loni, che stava spesso in disparte, era disprezzato dai più per essere un “topo da biblioteca” e “secchione”: aveva in effetti i voti più alti della scuola. Tra i pochi che lo rispettavano, c’erano anche Duke e Maria.

    Un giorno, Loni e Zananza, dopo una lunga discussione, arrivarono alla conclusione:
    “Allora, hai veramente deciso?” chiese Loni.
    “Sì. Parto su Vega per arruolarmi. Questo posto è troppo tranquillo per i miei gusti. Mi sento straniero. Mio fratello Duke si trova bene, qui su Fleed: io no.”
    “Dovevo immaginarlo. Tu sei un uomo di guerra, Zananza, e sei fuori posto in un pianeta pacifico come Fleed”
    “Non esistono pianeti pacifici, Loni. Esistono periodi di pace. Ma la guerra è ineliminabile. Un tempo c’è stata, su Fleed. In futuro tornerà ancora qui: spero che sia un futuro lontano, almeno”
    “Non mi fido dei veghiani, Zananza. Stai attento”
    “Lo sono sempre stato, Loni. Addio” concluse lui, allontanandosi.
    Il vento fra gli alberi in quel momento fece staccare le foglie dai rami, come per dare un triste saluto a Zananza che se ne andava. Loni lo osservò silenzioso. In qualche modo, sentì che il loro rapporto di amicizia non ci sarebbe mai più stato.

    Qualche giorno più tardi, mentre Zananza se n’era andato, Loni vide dalla finestra della biblioteca una donna bellissima dai capelli verdi che camminava sorridendo accanto a Duke Fleed. Informandosi cautamente, seppe che si chiamava Naida Barzagik. Da allora, non smise mai di osservarla da lontano. La sua innata timidezza gli rendeva impossibile fare di più. Naida per lui era un sogno irrealizzabile. Si rifugiò sconfortato tra i libri, che però non potevano dargli sollievo.

    Poi venne la guerra. L’invasione di Vega. L’orrore. Le fiamme. Il destino di Loni fu atroce: oltre a vedere distrutta tutta la sua famiglia ed essere ridotto in schiavitù, fu usato come cavia per gli esperimenti veghiani per creare armi speciali. Modificarono i suoi occhi in un modo sconosciuto, usando tecniche antiche e rinnovate con le ultime scoperte della scienza veghiana.
    Zananza, che, insieme col capitano Amauta, comandava la ribellione fleediana nascosta nel deserto di Tanzin Boche, alla fine scoprì il luogo dove facevano degli esperimenti sui fleediani e riuscì ad espugnarlo. Mentre liberavano i prigionieri, si accorsero che era rimasta un’area ristretta e riservata che bisognava ancora prendere: inaspettatamente, non trovarono resistenza (eppure era il posto più sorvegliato). Quando entrarono, rimasero sconvolti da quello che videro. Tutti i veghiani erano morti, e c’era sangue da ogni parte. I cadaveri spesso erano pieni di ferite da ogni parte: altri ne avevano meno, pochi erano illesi. Ma si vedeva che tutti avevano sofferto atrocemente prima di morire. All’improvviso, sentirono una voce ritmata: qualcuno era ancora vivo.
    Dirigendosi verso l’origine della voce, videro, seduto sopra un mucchio di corpi inerti, un uomo, col camice bianco dei prigionieri macchiato di sangue, come pure lo era il suo viso. Canticchiava in continuazione una triste nenia fleediana:
    “Domani, e domani, e domani…
    Spegniti, spegniti, debole candela!
    La vita è solo un momento, un povero guitto
    Che si agita sul palcoscenico
    E poi non si sente più: è una storia
    Raccontata da un idiota in una notte di furore
    Piena di rabbia
    Che non significa nulla”


    “Loni…sei tu?” chiese Zananza, incredulo: faceva fatica a riconoscerlo, ma era proprio lui. In mezzo a quell’orrore, anche se bagnato di sangue, lui era sereno e sorridente, con uno sguardo tranquillo, ma stranamente spento. In quel momento, Zananza capì che il suo amico di un tempo era perso per sempre.
    “Oh, Zananza!” disse lui all’improvviso “Quanto tempo che non ci vediamo! Come stai? Sapessi quanti bei libri ci sono adesso in biblioteca. Tantissimi, e tutti belli, sai?”
    “Cosa è successo qui?” lo interrogò Amauta, a disagio. Anche Naida e gli altri ribelli che erano con loro fissavano Loni, increduli e inorriditi.
    “Oh, quelli lì?” rispose Loni, osservando indifferente i cadaveri massacrati “Sono stato io. Mi sono divertito molto, sapete?”
    “Tutto questo orrore…questo dolore…l’hai provocato tu?” chiese Naida con ribrezzo, guardandosi intorno.
    “Dolore? Sì, è vero…sono proprio uno che provoca dolore. Sono proprio Makepain!”
    E iniziò a ridere, di una risata pazza che fece impallidire tutti. Doveva essere successo qualcosa di spaventoso in quelle mura.

    Lo portarono nella base nascosta di Tanzin Boche, cercando di curarlo: apparentemente, tornò normale. Ma ben presto, Zananza capì quanto Loni fosse cambiato. Era diventato pieno di odio contro i veghiani, che uccideva con gusto sadico. E non solo con le armi o con le mani. Infatti, un giorno, Zananza cadde in un’imboscata e si trovò a mal partito, quando Loni lo raggiunse. Non fece nulla, si limitò solo ad osservare i veghiani, che all’improvviso si contrassero attorno a se stessi, urlando di dolore: in alcuni si aprirono orribili ferite. Morirono in poco tempo, davanti agli occhi attoniti di Zananza. Quest’ultimo, coi vestiti a brandelli, si volse sconvolto verso Loni e disse:
    “Cosa…cosa gli hai fatto?”
    “Niente. Ho solo dato loro un’occhiata. Erano cani, e sono morti giustamente da cani. Torniamo alla base? E’ quasi ora di cena”
    Mentre rispondeva, Loni si chinò sui cadaveri, frugandone le tasche e strappando loro le armi, senza il minimo rispetto dei loro corpi. Zananza lo guardò in silenzio e alla fine esclamò:
    “Cosa ti è successo, Loni? Non sembri più umano!”
    “L’umanità è un concetto insensato, Zananza” rispose lui con un sogghigno, allontanandosi.

    A Naida non piaceva per nulla Loni. Spesso lei si sentiva i suoi occhi addosso e cercava di evitarlo.
    “Non sopporto quell’uomo, Zananza. Sto male solo a vederlo” disse lei un giorno, esasperata.
    Prima di rispondere, lui finì di lucidare la pistola a raggi. Aveva bisogno di tempo per trovare le parole giuste. Poi iniziò a parlare:
    “Non so che cosa gli sia successo, Naida. Loni non era così una volta. Qualcosa in lui si è spezzato. Ho visto spesso cose simili in guerra. Speravo che potesse riprendersi, ma adesso non riesco più a comunicare con lui”
    “Non mi piace come mi guarda” sbottò dura, a braccia conserte “Non mi piace nulla di lui! O se ne va via lui, o me ne vado via io!”
    Zananza si alzò e si avvicinò a Naida, appoggiando la mano sul muro dietro di lei e fissandola negli occhi.
    “Naida, non posso mandarlo via così. Lo terrò d’occhio, e farò in modo che ti stia lontano. Ti chiedo solo di portare pazienza. Ti assicuro che non ti farà nulla”
    Mise la mano sotto il mento di lei, sollevandole leggermente il volto. Le loro labbra erano vicine.
    “Solo un po’ di pazienza. E’ tutto quello che ti chiedo” sussurrò lui.
    “Ti metti a fare il seduttore, adesso?” replicò Naida con un sorriso.
    Si baciarono: ma il senso di inquietudine che Loni aveva messo in loro non se n’era andato.

    Un giorno, i ribelli avevano come obiettivo espugnare una colonia veghiana su Fleed, e Zananza era andato ad esaminarla da lontano. Scoprì che quella colonia non aveva nessuna importanza strategica: c’erano solo dei civili, probabilmente parenti dei soldati. Osservando col binocolo, vedeva che c’erano delle donne coi bambini che giocavano. In particolare, Zananza notò una bambina tra loro che somigliava a Maria, la sua sorellina scomparsa chissà dove. No, non aveva senso attaccarli.
    “Quel luogo non è una base militare: lasciamola stare, quindi” spiegò Zananza quella sera, alla riunione dei capi ribelli.
    “D’accordo” approvò Amauta “Credo che sia più importante espugnare l’avamposto a nord di…”
    “Un momento!” interruppe all’improvviso Zananza, guardandosi intorno “Loni dov’è?”
    Si guardarono l’un l’altro. No, Loni non c’era.
    Gli avevo detto di stare sempre con me. Dov’è andato? si chiese, nervoso.
    “Scusatemi, continuate da soli”
    Zananza uscì dalla riunione, dirigendosi verso l’alloggio di Loni. Era vuoto. Naida lo raggiunse preoccupata.
    “Cos’è successo?” chiese lei.
    “Loni non c’è. Devo trovarlo!” Zananza di diresse verso una motorazzo, accendendola subito.
    “Ma…dove vai?”
    “A quella colonia veghiana di oggi. Devo essere sicuro”
    Naida lo seguì con la sua motorazzo, confusa. Non capiva cosa stava succedendo.

    Arrivati alla colonia, si accorsero che le porte erano aperte.
    “No!” gridò Zananza, correndo veloce all’interno e sperando che non fosse vero quello che temeva. Ma purtroppo, quello che vide gli confermò i suoi peggiori timori. Loni, o meglio, Makepain era passato qui. Tutti i civili erano morti, con lo sguardo spaventato e sofferente: molti erano pieni di ferite sanguinanti. Dovunque guardasse, vedeva corpi contorti dal dolore: donne, vecchi, bambini, ragazzi. Passando sconvolto in mezzo a loro, Zananza vide anche quella bambina veghiana che somigliava a sua sorella: era senza ferite, ma si vedeva che era morta anche lei con gran sofferenza. Tutto quel carnaio era illuminato dalla luce lunare che dava un aspetto ancora più spaventoso alla scena. Naida era pallida e si copriva la bocca per non gridare.

    Camminando tranquillamente in mezzo ai cadaveri, apparve Loni.
    “Ma guarda chi c’è. Ciao, ragazzi!” disse, alzando una mano per salutare.
    Subito Zananza lo afferrò per i bavero e lo fece sbattere contro il muro.
    “Perché l’hai fatto, sporco assassino? Perché?” urlò.
    “Era solo feccia veghiana. Perché ti scaldi tanto? Lo sai cosa ci hanno fatto…”
    Loni non potè finire la frase: il pugno che Zananza gli diede allo stomaco lo interruppe di botto. Poi ne seguì un altro sul mento. E altri in continuazione. Alla fine, Naida lo bloccò, afferrandogli il braccio:
    “Basta, basta, Zananza! Lo stai uccidendo!”
    Lui respirò affannosamente, fissando Loni accasciato a terra e sanguinante. Non si era mai infuriato così.
    “Questa ‘feccia veghiana’ di cui parli non ti aveva fatto niente. Né a te, né a nessuno” disse duro Zananza “Sei pieno di odio fino ai capelli, Loni. Ogni scusa per te è buona per uccidere e torturare. Non farti mai più vedere davanti a me. Non ti ammazzo solo perché una volta eravamo amici. Ma guai a te se ti rivedo ancora o, peggio, se vengo a sapere che hai fatto un’altra atrocità simile. Ricordatelo! Andiamo, Naida!”
    I due si allontanarono a bordo delle motorazzo, lasciando Loni ammaccato e sanguinante. Alzando la testa, osservò con rancore le due figure che si allontanavano, pensando:
    Mi ricorderò di questo, Zananza. Credimi. E tu, Naida. Te ne accorgerai anche tu.
    Stringendo i denti, con uno sforzo riuscì a rimettersi in piedi. Barcollando, si allontanò da quella colonia veghiana piena di morti. Da allora, non si seppe più nulla di lui.

    Quello che accadde dopo, Zananza se lo ricordava bene: Naida fu rapita da Vega per essere usata contro suo fratello Duke e morì sulla Terra. Lui invece fu quasi ucciso dalle tre gemelle androidi di Vega, ma fu salvato da Sukeli, il sacerdote-stregone al servizio dell’Oscuro, che gli diede il robot Davos e lo ingannò perché combattesse contro suo fratello. Successivamente, Zananza aveva raccolto le ultime parole di Shiva, il figlio rinnegato dell’Oscuro, che gli rivelò che Makepain era vivo e minacciava il pianeta di Fleed.

    Tornato al presente, Zananza osserva lo schermo: il pianeta Vega ora è visibile, e così pure la fortezza-prigione di Sherylorn. Tutto quel nero della costruzione si staglia in modo inquietante sopra l’immensa distesa di sabbia rossa radioattiva, che una volta era il pianeta centrale di un immenso impero galattico.
    Una delle tante guglie della fortezza inizia a brillare, e Zananza la osserva, pensando che sia la contraerea. Ma non accade nulla: anzi, quella guglia ha qualcosa di strano. Aumentando lo zoom sull’immagine, si accorge che lì c’è una donna dai capelli verdi che ondeggiano al vento. E’ coperta solo da stracci ed è incatenata in mezzo a due colonne. I suoi occhi sono supplicanti e disperati. Nel vederla, Zananza resta sconvolto.
    “Naida? Non è possibile…lei è morta! E’…è un inganno!”
    “Attento, Zananza!” grida Okinu.
    Ma è troppo tardi: centinaia di cannoni di contraerea hanno già aperto il fuoco, colpendo in più punti il robot Davos.
    Makepain, sulla terrazza di Sherylorn, osserva divertito la scena.
    “Non morire subito, Zananza, amico mio. Lo spettacolo è appena iniziato!”
    Battendo ritmicamente le mani tre volte, esclama:
    “Gog, Magog, venite fuori!”
    Ai lati di Makepain si aprono due gigantesche botole, dalle quali fuoriescono due enormi cani robot dall’aspetto mostruoso, con gli occhi rossi e le zanne simili a quelle delle tigri dai denti di sciabola. Portano collari acuminati, simili ad aculei e ruggiscono facendo tremare le torri di Sherylorn.
    “Il vostro bersaglio è laggiù” indica in alto Makepain “Fate la festa al mio amico Zananza che viene a trovarmi. E portatemene un pezzo.”
    I due giganteschi cani infernali corrono in mezzo all’aria, dirigendosi verso il robot Davos, mentre lui è assalito dai laser della contraerea.

    (Continua qui)


    Edited by joe 7 - 16/6/2016, 14:18
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