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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 91

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 27 June 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 91
    JOCASTA E CALEDONIA ASAGIRI, INSIEME FINO ALLA FINE

    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui. Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui. Inoltre, c'è il riassunto a fumetti delle puntate dalla prima alla 79 qui.

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    Violate di Behemoth (quella dai capelli neri) e Yuzuriha della Gru (quella bionda), dai Cavalieri dello Zodiaco Lost Canvas. Sono molto simili alla coppia Caledonia (Violate) e Jocasta (Yuzuriha)


    RIASSUNTO: Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Rex, il loro figlio appena nato, è stato rapito dall’Oscuro, che lo sacrificherà a Darkhold, il suo pianeta-castello, quando sette stelle saranno allineate, ottenendo così il potere assoluto. Dopo diverse peripezie, gli amici di Goldrake si sono riuniti a bordo del Drago Spaziale, pronti a dare l’ultimo assalto a Darkhold. Goldrake si trova faccia a faccia con l’Oscuro in persona, davanti alla Torre della Solitudine a Darkhold. Intanto, anche Venusia è a Darkhold: insieme con le Amazzoni e Kosaka Shigure, potente maestra di spada, ha raggiunto Bedlam, il luogo dove il sacerdote Sukeli sacrificherà Rex tra poco. Laggiù devono scontrarsi coi Lupi Neri e la loro Elite, gli Artigli Neri, comandati da Sanosuke Sagara, antico avversario di Shigure. Diverse Amazzoni sono cadute: Sonja e Valeria soprattutto, insieme a molte altre loro compagne. Intanto le sette stelle si stanno allineando sempre di più…

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    Lungo le strade della roccaforte di Bedlam, piene di fumo e agitazione, di feriti e di cadaveri, cosparse di macerie e con torri in frantumi, passa indifferente una figura femminile alta due metri, dai capelli lunghi e neri, slanciata e sicura di sé, avvolta in un’armatura scura e lucente come l’ebano. Si guarda intorno con calma, abituata a spettacoli ancora peggiori. Jezabel la sanguinaria queste cose non solo le ha viste: le ha anche subite. Il mondo le ha fatto soffrire l’inferno e lei ha ricambiato con gli interessi. Solo Venusia le è sfuggita, ma non sarà per molto. Lo sfregio che lei le ha fatto sulla guancia dev’essere ripagato, e in modo atroce.
    Ormai le Amazzoni di Jocasta non esistono più, pensa freddamente. Ma anche i Lupi Neri non stanno tanto meglio.
    Ad un certo punto, vede un gruppo di costoro riuniti attorno al loro superiore di zona, pronti a ricevere ordini. Alzando la mano, Jezabel si rivolge a lui:
    “Ehi, tu. Fammi un rapporto della situazione.”
    L’uomo, che non l’aveva vista in faccia, replica:
    “Non sono autorizzato a…” ma si blocca di colpo, sbiancando in volto nel riconoscerla. Inchinandosi subito, le risponde quasi tremando:
    “Mi perdoni, eccellenza. Non l’avevo riconosciuta. Abbiamo ricevuto molte perdite dalle Amazzoni, ma ci stiamo riorganizzando. Comunque, sono state sconfitte: le sopravvissute sembrano essere solo tre o quattro. E’…è successo qualcosa da voi?”
    La domanda è logica, essendo le Amazzoni sotto il comando di Jezabel stessa.
    “Niente che ti riguardi” risponde lei, seccamente. “Shigure, la maestra di spada, dov’è?”
    “Sta affrontando il nostro signore Sanosuke Sagara nell’ala est di Bedlam, eccellenza”
    Uno scontro tra pesi massimi. Mi sa che di quell’area non resterà più niente in piedi.
    Aprendo il palmo della mano, fa comparire davanti all’uomo un’immagine tridimensionale del volto di Venusia.
    “Questa persona, l’avete vista?”
    “Sì, eccellenza, è tra le sopravvissute: si sta dirigendo verso la Grande Teocalli insieme alle altre”
    “E le altre, chi sono? Sai dirmi i nomi?”
    L’uomo è incerto, e si volta verso gli altri del gruppo con aria interrogativa. Uno di loro si fa avanti e dice:
    “Sono tre, signore: la comandante Jocasta e la sua assistente Caledonia. La terza si fa chiamare Isparana”
    Però. Le tre punte di diamante della divisione, pensa Jezabel. Nessuna meraviglia che siano sopravvissute fino ad adesso.
    “Bene. Interrompete la caccia. A loro penso io.”
    “Sì, eccellenza. Informeremo subito tutte le altre divisioni”
    Jezabel si allontana senza replicare. Conosce le tre donne, soprattutto Jocasta e Caledonia, l’”eterna coppia”: erano sempre state le più regolari tra le amazzoni. Non avevano mai dato problemi, non avevano praticamente alcun difetto, ogni loro incarico era sempre stato eseguito perfettamente. Ma questa regolarità era dovuta ad una ferrea autodisciplina, di gran lunga superiore a quella delle altre. Quelle due sono capaci di tutto. Chissà cosa combineranno. Il caro Sukeli si divertirà… conclude sogghignando. Infatti, ha un conto da regolare anche con lui: per questo non ha molta fretta di catturare le ribelli.

    Intanto, le due donne hanno un piano preciso in mente, galoppando insieme per un tratto a cavallo delle loro diatryma: alla fine, raggiunto un punto dove la strada si biforca, si fermano: ora devono dividersi. Si guardano con aria tesa: può essere l’ultima volta che stanno insieme.
    Caledonia si rivolge alla comandante con tono duro: in questo momento non è più l’assistente, ma la sua maestra di un tempo.
    Abuelo – che significa allieva – qui ci separiamo. Sai cosa fare”
    Jocasta replica preoccupata:
    Asmani – che significa maestra – tu devi sopravvivere! Prometti che ci rivedremo! E’ un ordine!”
    “Te lo prometto, abuelo. Tornerò.”
    Detto questo, Caledonia fa voltare bruscamente la sua diatryma, facendola galoppare veloce lungo la strada a destra: in poco tempo è già lontana. Jocasta la osserva allontanarsi per un attimo, poi sprona la sua diatryma in direzione della strada a sinistra.

    Jocasta e Caledonia Asagiri: stesso cognome, ma nessun legame di sangue. Infatti, la prima è bionda coi capelli lunghi e di altezza normale, l’altra invece è il suo opposto: capelli neri raccolti in una lunga treccia e due metri e venti di altezza. Una vera gigantessa, di gran lunga la più forte tra le amazzoni, a parte Jezabel. Differiscono anche nelle loro tecniche di combattimento: i coltelli per Jocasta, la naginata (asta con due lame) per Caledonia. Quello che colpisce di più però sono gli occhi: quelli di Jocasta sono azzurro-verdi come il mare, mentre quelli di Caledonia sono neri e minacciosi come quelli del falco.
    Originaria del pianeta Shelah, dove vivono gli Immortali, – una razza che vive una vita molto lunga – Caledonia Asagiri ha più di 300 anni e, come tutti gli Immortali, ha vissuto una vita vagabonda e inquieta, abbandonando presto il suo pianeta e cercando una risposta alla sua vita attraverso l’esperienza e la conoscenza. Attratta dalle tecniche di combattimento all’arma bianca, si specializzò con la sua naginata, che imparò ad usare in modo così temibile che fu soprannominata Khinsei, “affettatrice”, un soprannome che detestava. Infatti, combattere non era il suo scopo: le interessava piuttosto conoscere la natura umana. Si interessò di tutto lo scibile umano, anche riguardo all’uso di conoscenze mistiche, come il “Terzo Occhio”, che le permetteva di rintracciare chiunque. In parte maga, in parte guerriera, in parte donna di grande cultura, in 300 anni si saziò di tutto questo, e volle alla fine trovare un’erede, un non-immortale, al quale trasmettere tutto questo. Non voleva infatti che fossero solo gli Immortali ad essere depositari della sapienza. Voleva che fosse trasmessa a qualcuno dalla vita più breve della loro, ma più intensa, che l’avrebbe potuta sviluppare a livelli inimmaginabili. Ma chi sarebbe stato? Chi avrebbe avuto la capacità di contenere l’esperienza e il sapere di secoli?
    Alla fine, dopo diverse vicissitudini, sul pianeta Khitai diventò il capitano delle guardie del depravato e potente re Akhirom, famoso per la sua crudeltà e mancanza totale di coscienza. I massacri e stermini che ordinò avrebbero fatto impallidire persino Re Vega. Caledonia voleva vedere fino a che punto poteva arrivare la malvagità umana, e in questo Akhirom fu un ottimo maestro.
    Una sera arrivò il destino per tutti e due. Infatti, una ballerina bionda e bellissima danzò davanti al re con una tale abilità che lui ne rimase sconvolto. La danzatrice faceva volare dei coltelli nel suo ballo, afferrandoli senza esitazione e senza alcun errore. Uno spettacolo che lasciò a bocca aperta tutta la corte del re: anche Caledonia, nonostante la sua esperienza, ne fu impressionata.
    “Chi è quella ragazza?” chiese ad un soldato.
    “E’ una zingara misteriosa, capitano, che fa i suoi spettacoli solo nelle corti più rinomate. Sembra che si chiami Mabruka, o Deianira, o Jocasta. Ma nessuno sa chi sia, né da dove venga”
    “Jocasta. Suona bene” commentò lei, pensierosa.
    Il re guardava la ballerina come se non esistesse altro al mondo. Ovviamente, alla fine fece uscire tutti, e, appena rimasero soli, Jocasta gli porse timidamente un bicchiere di vino. Il re bevve avidamente e si trovò subito addormentato a terra. Jocasta lo avvolse in una tenda e lo legò con le corde dei drappeggi. La finestra dava ai giardini interni, e da lì la via d’uscita era assai facile: aveva programmato questo da anni.
    Re Akhirom si risvegliò confuso, in mezzo ad una landa desolata, col sole ormai alto. Mettendosi in piedi, incerto, si accorse che i suoi polsi erano legati saldamente con una fune collegata alla sella di un cavallo bianco: sopra l’animale c’era la famosa ballerina di ieri sera, che ora lo guardava con disprezzo.
    “Ben svegliato, o potente re”
    “Come osi farmi questo, donna? Le mie guardie ti troveranno e te la faranno pagare per questo affronto!”
    Jocasta alzò lentamente un coltello, fissandolo con un sorriso crudele.
    “Ti preoccupi per me? Grazie, maestà, ma non c’è problema. Siamo molto, ma molto lontani dal tuo regno. E se per assurdo venissero, li ucciderei tutti a passo di danza. Questi coltelli non sono decorazioni, sai?”
    Akhirom era spaventato: la donna aveva uno sguardo quasi folle.
    “Cosa…cosa vuoi da me? Perché mi hai portato qui?”
    “Per vendetta. Io sono Jocasta, l’ultima sopravvissuta dei Vagabondi, il popolo che tu hai fatto sterminare con mille atrocità. Anche il mio Tristan. Mi aveva insegnato lui l’uso dei coltelli, sai?”
    Detto questo, lei mosse le redini del cavallo, dicendo:
    “Blanco, andiamo!”
    L’animale iniziò a muoversi, e il re fu costretto a seguirlo.
    “Aspetta!” protestò “Dove…dove mi porti?”
    “Da Tristan. Corri, Blanco!”
    Il cavallo iniziò a galoppare e il re non riuscì più a mantenere l’andatura: cadde e fu trascinato insieme all’animale.
    “Corri, Blanco! Corri!”
    Il corpo del re fu trasportato nella polvere per tutto il tragitto: Jocasta rimase insensibile alle sue grida, pensando a quelle della sua gente, ancora più terribili, e che le erano riecheggiate di notte per anni. Alla fine, le grida cessarono, proprio davanti alla tomba di Tristan. Jocasta scese da cavallo e mise il cadavere del re nella buca che aveva fatto scavare tempo fa: la coprì in poco tempo. La vendetta era stata compiuta. Ora si sentiva completamente svuotata e senza alcuno scopo per vivere: aveva vissuto solo per questo. Ormai era giunto il momento di raggiungere Tristan. Estrasse il coltello e se lo puntò sul petto: sarebbe stata una cosa rapida.
    “Sarebbe molto stupido farlo, ragazza” disse una voce.
    Jocasta si voltò di scatto e vide stupita una donna seduta accanto a lei. Da dove viene questa? Mentre la sconosciuta si mise in piedi, Jocasta rimase sconvolta nel vedere quant’era alta.
    “Chi…chi diavolo sei?” Alzò subito un pugnale, che volò via in un attimo: la sconosciuta era stata ancora più veloce di lei.
    “Sei brava, ma hai ancora molto da imparare. Sei ancora allo stato grezzo, abuelo!”
    “Che?”
    “Significa allieva. Non mi va quello che hai fatto al re, anche se se lo meritava. Comunque vieni con me, abuelo
    “Non chiamarmi così! Non ho nessuna intenzione di seguirti, razza di stangona!”
    “Mi chiamo Caledonia. Ma tu dovrai chiamarmi asmani, maestra. Sei libera di restare qui. Ma le guardie ti troveranno e ti uccideranno. Sarebbe un peccato, perché ho molte cose da insegnarti: vuoi venire via con me?”
    Jocasta rimase perplessa.
    “E dove?”
    “Tra le Amazzoni. E’ una legione straniera: lì potrai stare al sicuro e non ti faranno domande.”
    “Hmm. Non so…come hai fatto a trovarmi?”
    “Col Terzo Occhio posso trovare chi voglio. E’ una delle mie specialità. Cosa fai, allora, vieni?”
    Dopo un lungo silenzio, lei rispose con un sorriso incerto: “Perché no? Non so dove andare”
    Da allora, Jocasta e Caledonia divennero una coppia inseparabile: in poco tempo, Jocasta perfezionò la sua tecnica dei coltelli e riuscì anche a fare carriera, fino a diventare addirittura Comandante della Terza Divisione delle Amazzoni, con Caledonia come sottoposto.
    “Avresti dovuto essere tu a diventare comandante, asmani. Non capisco perché non l’hai fatto” le chiese Jocasta.
    “Non è la mia strada, abuelo. Hai imparato ad obbedire, ora devi imparare a comandare. D’ora in poi, chiamami per nome, e non più asmani
    Caledonia non voleva dirlo, ma Jocasta in tutti questi anni era diventata per lei come una figlia, più che un’allieva: le aveva insegnato ogni cosa, e l’obiettivo che voleva alla fine era stato raggiunto. Quello di avere un erede.

    Ed ora, lungo le vie di Bedlam, Caledonia raggiunge il suo obiettivo: la prigione della fortezza, dove si trovano migliaia di carcerati per motivi diversi: non solo per punizione, ma anche per avere materiale umano per gli esperimenti e i sacrifici. Liberarli provocherebbe un enorme sconvolgimento a Bedlam, quasi un fiume in piena impossibile da fermare.
    Caledonia scende, circospetta, dalla sua diatryma: c’è troppo silenzio. I cancelli delle prigioni sono lì: non ci vorrebbe molto per aprirli. Ma preferisce non muoversi: sembra troppo facile. Estrae la naginata, avanzando lentamente, senza fare rumore. Poi, avverte un movimento nell’aria, sottile, impercettibile: si nuove subito in avanti, saettando ed evitando così una lama gigantesca, che si abbatte sul terreno, incrinandolo. Caledonia è sorpresa: non solo la lama, ma anche l’uomo è enorme. Massiccio e pesante, si chiede come ha fatto a non fare alcun rumore avvicinandosi. Alto tre metri, con spalle ampie e muscoli così netti da essere come scolpiti nel marmo, col volto coperto da una cappa nera nella quale brillano gli occhi, tutto in lui è impressionante. Ma quello che colpisce di più è la mancanza del suo braccio sinistro, e la spaventosa arma che usa. Caledonia non crede ai suoi occhi. L’avversario, con un braccio solo, sa usare la zambato che ha in mano come se non pesasse nulla. La “zambato”, o “spada tagliacavalli”, è la più grande spada in assoluto: quasi due metri di lunghezza per mezzo metro di larghezza. In sostanza, un gigantesco rasoio da cinquanta chili.
    “Ma guarda” dice il gigante, alzando la zambato ed appoggiandola sulla spalla come fosse un ramoscello “Non avrei mai creduto che sarebbe venuto qui un imbecille alle porte delle prigioni. Sei un’amazzone, giusto? Vai a giocare da un’altra parte, bambina!”
    “Sei un Artiglio Nero?” chiede lei, puntandogli contro la naginata.
    “Ovvio: appartengo all’elite dei Lupi Neri. Sono Grendell dal braccio d’acciaio.”
    La lama della zambato cozza contro quella della naginata, col rumore di un boato: l’amazzone è respinta e vola via sbattendo la schiena contro un muro: ma si rialza subito, ansimando.
    “E io…sono Caledonia Asagiri. Non ti temo. Vieni avanti!” la naginata nella sua mano rotea come se fosse viva, mentre i suoi occhi di falco brillano minacciosi. Si mette in posizione, pronta a combattere.
    Grendell, per nulla sorpreso, esclama:
    “Ah, ho capito. Sei una degli Immortali, vero? Ne ho ammazzati molti di loro. Penso che mi divertirò”

    Poco prima, Jocasta era arrivata all’entrata del tunnel che porta ai sotterranei di Bedlam, dove si trovano gli arsenali della fortezza. Se riesce ad entrare, potrà provocare delle esplosioni a catena che faranno pezzi tutta la roccaforte. Pure lei, però, ha appena incontrato uno degli Artigli Neri come guardia: solo che non riesce nemmeno a vederlo. Grida di nuovo: è stata ancora tagliata in diversi punti. Ma stavolta reagisce, fendendo l’aria dietro di lei col coltello, ignorando il dolore. Si materializza un uomo dai capelli neri e lunghi, con una tonaca ampia: in mano ha una spada sguainata.
    “Ti ho preso!” grida Jocasta, lanciando veloce il coltello: ma il bersaglio scompare e Jocasta si sente di nuovo trafitta da più lame. Cade in ginocchio, sanguinante a confusa. Di nuovo le si pone davanti l’uomo misterioso.
    “Sono Abadir, il silenzioso. Vattene da qui. Non sei alla mia altezza” dice con voce tranquilla e sicura.
    Jocasta si alza a fatica ed esclama, estraendo un coltello: “Silenzioso, eh? Però hai parlato. E ora ti farò gridare!” In tutta risposta, Abadir rimette la sua spada nel fodero. E di nuovo Jocasta si ritrova trafitta in più punti. I colpi non sono letali, ma sono comunque dolorosi.
    “Non sono io ad essere silenzioso” commenta Abadir “Sono i miei colpi ad esserlo. Ti ho appena colpito dieci volte prima ancora che rinfoderassi la spada. C’è un abisso tra te e me”
    Jocasta suda freddo, toccando una delle sue ferite ed osservando il sangue sulle dita in silenzio. Poi si rimette in piedi.
    “Aspetta a dire che c’è un abisso” replica sorridendo “Lo spettacolo deve ancora iniziare!”
    Asmani, pensa, non perderò!

    (91 - continua qui)


    Edited by joe 7 - 28/6/2016, 13:39
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