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  1. ZAGOR: "LA MINACCIA VERDE" (Ivan)

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    By joe 7 il 15 Feb. 2018
     
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    ZAGOR 147-148: LA MINACCIA VERDE (analisi di Ivan)

    Testi: Alfredo Castelli
    Disegni: Franco Donatelli

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    Zagor edizione originale Zenith: n. 198-199 (usciti nel 1977). I numeri reali di Zagor sono: 147-148. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor, invece, seguono la numerazione reale, in questo caso 147-148.

    TRAMA

    Cico è fermamente convinto che gli abbiano venduto una mappa del tesoro stile "Digging Bill" e non è disposto ad accettare che lo abbiano buggerato, facendogli spendere tutti i suoi risparmi. Seguito da Zagor, alla fine entra in una caverna vicino alla città di Dead Horse Town, dove non c'è nulla, se non una pianta che sembra un rampicante. Se ne vanno, ma la pianta, che è una specie di essere alieno, prende vita e comincia ad attaccare animali e persone, succhiando loro il sangue e seguendo gli ordini di un indiano-sciamano vecchio e pazzo. Zagor e Cico si fanno dire tutto dallo sciamano, con le buone e con le cattive, e disseccano la pianta, grazie ad una soluzione che era in una capanna abbandonata, appartenuta ad uno scienziato chiamato Lorenz, vecchio amico dell'indiano matto. Questo scienziato aveva indagato sulla pianta e poi era morto. Ma sono solo le piante secondarie a disseccarsi: la pianta principale è ancora viva e attacca Zagor e Cico. Zagor allora parla alla pianta (sì, le parla, proprio come fa la Cesira al filodendro di casa).

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    E Zagor dice alla pianta aliena che non va mica bene fare queste cose, agli ordini di un pazzo, poi. La pianta, allora, li molla, afferra l'indiano pazzo, torna nella caverna trascinandolo con sè, sigilla la caverna e ciao, fine della storia. Guardate che non vi prendo in giro, la storia è veramente così. O_o

    COMMENTO

    Torna ai testi Alfredo Castelli, molti anni dopo la mitica "Molok". La trama si ispira, chiaramente, alla texiana “IL FIORE DELLA MORTE”, con rimandi ai B-movie di fantascienza degli anni '50. Il risultato complessivo è piuttosto deludente (soprattutto a causa di alcune grosse superficialità nell'esposizione della sceneggiatura), ma resta comunque un episodio di lettura agile e leggera.

    PREGI

    Lo stile narrativo di Castelli ha ritmo e riesce a tenere sempre alta l'attenzione del lettore (la plausibilità degli espedienti utilizzati è un'altra cosa, obviously). Nonostante qualche forzatura comportamentale, la successione degli eventi segue una linea ben precisa, atta a creare un'atmosfera di minaccia inarrestabile. La pianta “aliena” ha un suo fascino: una sorta di piovra vegetale che si nutre di sangue, immune al fuoco e alle mutilazioni. Peccato che, nel dettaglio, queste caratteristiche siano state esposte in modo assai approssimativo. Anche il vecchio stregone indiano (se sorvoliamo su certe incongruenze riguardo alla sua possibile età) è una figura con un certo carisma. Castelli fa muovere Cico molto bene, come del resto ha sempre fatto. E' evidente che il messicano è un personaggio che gli sta a cuore: penso che Castelli sia l'autore che più di ogni altro si è avvicinato allo spirito del Cico di Nolitta.

    DIFETTI

    Dalla lettura della storia non si comprendono bene le caratteristiche della pianta. O meglio: vengono dichiarate e poi contraddette dalle sequenze successive. Ad esempio: quando le si taglia un tentacolo, esso ricresce quasi istantaneamente. Okay. Ma poi viene mostrato anche che da un tentacolo (o da una spora del pungiglione) ricresce un'INTERA NUOVA PIANTA, quindi le piante diventano più di una (e in alcune vignette lo si vede chiaramente). Poi però l'antidoto di Lorenz, lo scienziato morto, versato accidentalmente su un tentacolo di una pianta che si trovava nella baracca dello scienziato, che era vicina alla grotta e lontana dal paese, provoca l'avvizzimento anche dell'altra pianta che si trovava a Dead Horse, quindi, in teoria, a chilometri di distanza...L'unica spiegazione logica è che la pianta sia UNA SOLA, sia pure con improbabili tentacoli lunghi varie miglia...ma anche questa ipotesi contraddice il fatto che in molte scene vediamo due o più piante contemporaneamente, separate tra di loro, oppure in azione allo stesso tempo in due luoghi diversi. Insomma, questo aspetto – peraltro importante – è stato trattato in maniera incredibilmente approssimativa. E' come se lo stesso Castelli non avesse le idee ben chiare sul COME presentare le caratteristiche della “sua” pianta e avesse proceduto di sequenza in sequenza con versioni sempre nuove ma senza preoccuparsi di modificare le versioni precedenti. Superficialità abbastanza sconcertanti, per un autore del suo livello. Inoltre, Castelli qui violenta un po' troppo la logistica: Zagor insegue Cico sulle Corna del Diavolo, dove si trova la famosa grotta, e incontra per la prima volta il vegetale; poi passa per Dead Horse Town, poi torna al suo rifugio a Darkwood, dove un abitante di Dead Horse, che passava di lì per caso (?), gli chiede di unirsi alla posse, in cui, in una sottotrama, si devono inseguire dei rapinatori di banche che poi finiranno in pasto alla pianta succhiasangue. Poi Zagor torna di nuovo sia sulle Corna del Diavolo, dove c'è la grotta, che a Dead Horse...ARGH! Una serie di cambi di scena del tutto superflui che confondono solo le idee al lettore (oltre ad essere logisticamente incoerenti). Sarebbe bastato che, dopo la sua prima visita sui picchi, Zagor si fosse soffermato a Dead Horse per trascorrere la notte: in tal modo, il suo coinvolgimento nella posse e negli eventi successivi sarebbe apparso perfettamente lineare anche senza inutili spostamenti. Molto forzata la scena in cui Zagor, dopo essersi auto-tramortito, nel cadere rovescia “casualmente” l'antidoto di Lorenz sulla pianta.

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    Ecco cosa fare quando una pianta aliena vampiro vi vuole succhiare il sangue: spaccatevi la testa con una fermaporta di ferro, così svenite (o morite) e la pianta non vi attacca più, perchè non succhia il sangue delle persone svenute o morte. Geniale.


    In proposito: se il vecchio indiano non vuole che qualcuno usi l'antidoto sulla sua amica pianta...allora perchè non lo ha mai fatto sparire, pur sapendo da decenni che si trova lì, in bella vista, sul tavolo della baracca di Lorenz? Il finale mi lascia assai perplesso: la pianta sta per accoppare Zagor e Cico, ma li abbandona senza nessunissimo motivo, per prendersela – chissà perché – col vecchio indiano e poi rintanarsi nella grotta. E alla domanda di Cico: "Perché avrà fatto così?" Zagor replica: "Credo che non lo sapremo mai". CHEEEEE...?! Scusa, Alfredo, ma è uno scherzo o cosa? Una risoluzione COSÌ non ha proprio alcun senso. E' come se all'improvviso la pianta si fosse stufata di far parte di questa storia: "Basta, io mollo qui; adesso accoppo il mio mentore e me ne torno nella grotta, e tanti saluti a tutti!" Dai, questa ce la devi proprio spiegare.

    DISEGNI

    Il mio giudizio su Donatelli è sempre il medesimo per tutte le sue storie: freddamente efficace, senza né lode né infamia. Va però rilevata – quando capita – la sua peculiare abilità nel rappresentare magnificamente i personaggi grotteschi (nel caso specifico, il vecchio indiano e l'eremita che si scontra con Cico). Su questo aspetto, tanto di cappello al mitico Frank.

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    Se il vecchio eremita pazzo odia la civiltà, perchè pretende un comportamento civile come chiedere "permesso" e "scusi"? Perchè è pazzo, ovvio. Cico ha incontrato uno splendido squinternato. ^_^


    Storia: 6
    Disegni: 7

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    Edited by joe 7 - 8/9/2022, 22:15
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