Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 18 (prima parte)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 6 April 2024
     
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    PARADISO CANTO 18 - QUINTO CIELO DI MARTE: SPIRITI COMBATTENTI PER LA FEDE (prima parte)
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    CAVALIERI-DI-MALTA
    Se Dante li avesse conosciuti, avrebbe messo tra gli Spiriti Combattenti per la Fede anche i Cavalieri di Malta, temutissimi dai musulmani. C'erano già ai tempi di Dante, ma non erano ancora famosi: lo divennero dopo, nell'assedio a Malta da parte dei Saraceni nel 1564. Con un eroismo incredibile, combattendo anche in punto di morte, i Cavalieri di Malta, guidati dal Gran Maestro Jean de La Vallette, (da cui la capitale di Malta, La Valletta, prenderà il nome) respinsero un'armata di 50.000 musulmani. Parteciparono anche alla battaglia di Lepanto del 1571. Oggi si occupano di attività assistenziali.



    CONFORTO DI BEATRICE

    Cacciaguida ora tace, dopo aver rivelato a Dante la profezia del suo esilio: e Dante medita su quello che ha sentito con aria preoccupata, pensando sia alla prova che lo attende che alla gloria del Paradiso che lo aspetta. Beatrice lo invita a non abbattersi, e a pensare che lei pregherà per Dante presso Dio, Colui che risolve tutti gli affanni e le ingiustizie:

    Già si godeva solo del suo verbo (Ormai (Cacciaguida) si beava, tutto assorto ("solo"), del proprio pensiero (della propria contemplazione)
    quello specchio beato, e io gustava (lui che ora è il santo specchio di Dio ("quello specchio beato": Cacciaguida cioè contempla e riflette Dio: dopo aver parlato a Dante, affida tutto a Dio), e io ero assorto)
    lo mio, temprando col dolce l’acerbo; (su quello che avevo udito, attenuando l'asprezza (della profezia dell'esilio: "l'acerbo") con la dolcezza (della gloria futura: "dolce")

    e quella donna ch’a Dio mi menava (e quella donna che mi guidava a Dio)
    disse: «Muta pensier; pensa ch’i’ sono (disse: «Non ti abbattere, e pensa che io sono)
    presso a colui ch’ogne torto disgrava». (vicina a Colui (Dio) che ripara ogni ingiustizia».)

    Dante fissa lo sguardo nei suoi occhi e non è in grado di descriverne la bellezza: non solo perché non ha i mezzi poetici per farlo, ma anche per l'insufficienza della memoria nel ricordare. Può solo dire che, guardando Beatrice, ogni suo desiderio è acquietato, poiché nella donna si riflette l'eterna bellezza di Dio stesso. Beatrice gli sorride e lo esorta a voltarsi e ad ascoltare, poiché il poeta può trovare gioia anche in altro che non siano i suoi occhi: "Volgiti e ascolta; / ché non pur nè miei occhi è paradiso." ("Voltati e ascolta; infatti, il Paradiso non è soltanto nei miei occhi.")

    GLI SPIRITI COMBATTENTI DELLA CROCE

    Dante obbedisce e torna a rivolgersi a Cacciaguida, intuendo dal suo accresciuto fulgore che il beato ha ancora grande desiderio di parlargli. L'avo spiega che questa "quinta soglia" (il Quinto Cielo di Marte) "dell'albero" (cioè il Paradiso) riceve la vita dalla cima ("de l’albero che vive de la cima"), anzichè dalle radici, come fanno tutti gli alberi. Cacciaguida vuole dire che l'Albero del Paradiso riceve la vita dalla cima, cioè da Dio; fruttifica sempre e non perde mai le foglie. Questa immagine era frequente nei mistici medievali e anche nella Bibbia.

    In questo quinto Cielo, continua Cacciaguida, ci sono degli spiriti beati che sulla Terra, prima di morire, ebbero una grande fama ("fuor di gran voce"), al punto che offrirebbero un mucchio di spunti per ogni ispirazione poetica ("sì ch’ogne musa ne sarebbe opima"). Cacciaguida invita quindi Dante ad osservare i bracci orizzontali della grande croce luminosa che il poeta aveva visto appena entrato nel Cielo di Marte: lui indicherà alcuni di questi beati che hanno combattuto per la fede e ognuno di essi, quando sarà nominato, scorrerà rapidissimo da una parte all'altra dei bracci della croce, tanto da sembrare un lampo ("farà l’atto/che fa in nube il suo foco veloce": si pensava che il lampo fosse generato nella nube).

    E' da notare che Dante, nel presentarli, non descriverà i condottieri o farà un riassunto sulle loro vite: farà solo un elenco e basta. Si limita infatti ad evocarli a uno a uno, quasi come se stesse facendo un appello militare, isolando ogni nome con la sua aureola leggendaria, sottolineando l'ideale continuità della loro opera di combattenti per la vera fede.

    GIOSUE', IL CONQUISTATORE

    Il poeta osserva e vede l'anima di Giosuè, che si muove all'unisono con la voce dell'avo.

    Io vidi per la croce un lume tratto (Io vidi che, lungo la croce, una luce si mosse all'unisono)
    dal nomar Iosuè, com’el si feo; (al nominare Giosuè,)
    né mi fu noto il dir prima che ‘l fatto. (tanto che l'ascoltare e il vedere avvennero allo stesso tempo.)

    Giosu%203
    Giosuè abbatte le mura di Gerico facendo suonare le trombe.


    Giosuè, figlio di Nun, fu un condottiero ebraico. La sua storia è raccontata nella Bibbia a partire dal Libro dell'Esodo fino al Libro di Giosuè, che prende nome da lui. È venerato come santo e patriarca dalla Chiesa Cattolica: la memoria ricorre il 1º Settembre. Il suo nome deriva dall'ebraico Yehoshùa e significa "Dio salva", di cui Iesoùs, Gesù, è la trascrizione in greco. Infatti, Giosuè è il nome originale ebraico di Gesù, che significa appunto "Dio salva".

    Giosuè succedette a Mosè come capo degli Israeliti, dopo il lungo viaggio di quarant'anni nel deserto, e guidò le dodici tribù d'Israele nelle prime conquiste nella Terra Promessa. Il primo ostacolo fu il fiume Giordano: Giosuè fece avanzare l'Arca dell'Alleanza (che portava la Presenza Divina), portata dai sacerdoti, e il fiume arrestò miracolosamente il suo scorrere, permettendo l'attraversamento degli israeliti.

    Gerico era la prima roccaforte da conquistare: come Sodoma e Gomorra, ormai era diventata una città completamente corrotta, anche se ancora potente. Le gigantesche mura di Gerico caddero all'istante, dopo che i sacerdoti girarono per sette volte attorno alla città, per sette giorni di fila, suonando lo shofar (corno dal suono potente di tromba, usato per le celebrazioni religiose). La città fu rasa completamente e tutti gli abitanti di Gerico furono uccisi, tranne la prostituta Raab e la sua famiglia, perchè lei aveva ospitato le spie ebraiche.

    Giosuè è famoso anche per il misterioso avvenimento della fermata del Sole. Dopo altre vittorie, la città di Gabaon si arrese agli Israeliti e fecero alleanza con loro: ma i Gabaoniti furono attaccati dagli altri cinque re che erano in guerra contro Israele. Gabaon allora chiamò Giosuè al loro soccorso, e la battaglia si prolungò, tanto che la giornata tendeva al tramonto e il risultato era ancora incerto. Allora Giosuè ordinò al Sole e alla Luna di fermarsi finchè gli Israeliti non ebbero battuto tutti i nemici: Dio fece fermare il Sole e la Luna per un giorno intero, e Giosuè sconfisse i cinque re.

    "Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di Israele: «Sole, fèrmati in Gàbaon e tu, Luna, sulla valle di Aialon». Si fermò il sole e la luna rimase immobile, finché il popolo non si vendicò dei nemici. (...) Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero. Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele." (Giosuè 10, 12-14)

    giosue
    Giosuè ferma il Sole e la Luna.


    Questo passaggio fu molto discusso nei secoli. Giosuè fermò davvero il Sole? Ovviamente non è Giosuè, ma Dio a fermare il Sole, e a Dio nulla è impossibile: a Fatima, il 13 Ottobre 1917, nelle famose apparizioni, il Sole aveva addirittura danzato davanti a settantamila persone, ed era persino andato loro addosso, per poi ritornare dov'era.

    Ma la domanda rimane: il Sole davvero si fermò? Difficile da dire, ma qualche priva c'è. Antonio de Montesinos, un frate domenicano, vissuto tra il '400 e '500, scrisse che in Perù, durante il regno di Titu Yupanqui Pachacùtec II, il quindicesimo monarca dell’Antico Impero, nel terzo anno del suo regno, quando "le buone usanze furono dimenticate e il popolo si diede ad ogni forma di vizio, non vi fu alba per venti ore". In altre parole, la notte non terminò al momento dovuto e il sorgere del Sole fu ritardato di ben venti ore. Dopo grandi atti di disperazione, sacrifici e preghiere, il Sole sorse. Ora, quando in Palestina è giorno, in Perù è notte; dunque, se in Medio Oriente il giorno tardò a cessare, nel continente americano accadde per forza l’esatto opposto. Il periodo di regno di Titu Yupanqui Pachacùtec II è compatibile col tempo di Giosuè. Si potrebbe obiettare che Montesinos abbia inventato tutto per trovare un riscontro al racconto biblico: tuttavia, nei suoi scritti, non viene fatto alcun parallelismo con quel passo biblico o con la Bibbia in genere. Fra l’altro, se avesse riportato il falso, lo si sarebbe potuto facilmente smascherare. Inoltre, oltre alla leggenda riportata da Montesinos, anche altri popoli precolombiani, tra cui gli stessi Indiani dell’America del Nord, tramandarono il ricordo di una “lunga notte”. Ciascuno tiri da sè le sue conclusioni.

    GIUDA MACCABEO, IL MARTELLO DEI SUOI NEMICI

    GIUDA-MACCABEO
    Giuda Maccabeo, il "martello" dei persecutori.


    Cacciaguida ora chiama Giuda Maccabeo:

    E al nome de l’alto Macabeo (E al nome del nobile Maccabeo)
    vidi moversi un altro roteando, (vidi un'altra luce muoversi girando su se stessa,)
    e letizia era ferza del paleo. (e la gioia era la frusta che faceva muovere la trottola.)

    L'ultimo verso (e letizia...) vuol dire che la felicità del beato Giuda Maccabeo era come la frusta (ferza) che fa girare la trottola (paleo: una trottola conica, che si faceva girare con una frusta), perchè la luce dello spirito di Giuda Maccabeo ruotava attorno a se stessa.

    Giuda Maccabeo fu un condottiero ebraico, le cui azioni sono state scritte nei due libri dei Maccabei I e II dell'Antico Testamento. Il suo soprannome, "Maccabeo”, significa "martello". Divenne l'eroe della ribellione ebraica contro l'oppressione del re Antioco IV Epifane, sovrano di Siria e dell'area palestinese: salito al trono nel 176 a.C., tentò d'ellenizzare il mondo ebraico e minare le basi del monoteismo, nominando dei sommi sacerdoti greci e obbligando gli Ebrei ad abiurare alla loro fede, pena la morte, proibendo la circoncisione, l'osservanza del sabato e tutte le altre manifestazioni della fede ebraica.

    In particolare, Antioco consacrò a Giove un altare nel Tempio di Gerusalemme, che era invece dedicato al Dio d'Israele: fu chiamato dagli ebrei e dai profeti "l'abominazione della desolazione nel luogo santo", dove lì si doveva adorare solo Dio.

    Giuda Maccabeo, coi suoi partigiani, riuscì a liberare Gerusalemme, riconquistando il Tempio. Condusse poi la battaglia contro i generali siro-ellenistici Gorgia, Lisia e Nicanore: ma morì nello scontro, nel 160 a.C.

    Giuda Maccabeo impedì la diffusione dell'ellenizzazione degli ebrei (cioè, seguire il pensiero e le credenze greche) e il sincretismo religioso (adorare Dio e nello steso tempo altro dei). Di lui ne parla anche lo storico ebraico Giuseppe Flavio: le sue gesta, in complesso, furono parecchie e notevoli.

    Inoltre, da "maccabeo" viene il terme "macabro", cioè lugubre, o in relazione con la morte e col suo immaginario collettivo, tipo la "danza macabra". La storia dei Maccabei e della ribellione contro Antioco infatti è cupa: fa testo, per esempio, la storia dei sette fratelli torturati e uccisi con la loro madre da Antioco Epifane, come pure l'anziano Eleazaro, perchè non volevano rinnegare la loro fede.

    CARLOMAGNO, IL GRANDE RE E IMPERATORE

    CARLOMAGNO-2


    Cacciaguida continua la sua presentazione: qui si parla di Carlomagno e di Orlando insieme.

    Così per Carlo Magno e per Orlando (Così, ai nomi di Carlo Magno e Orlando,)
    due ne seguì lo mio attento sguardo, (il mio sguardo attento ne seguì altre due (saette)
    com’occhio segue suo falcon volando. (come l'occhio che segue il volo del proprio falcone da caccia.)

    Carlomagno (742-814) fu re dei Franchi, re dei Longobardi e dall'800 fu il primo Imperatore Romano incoronato da un Papa: Leone III lo incoronò Imperatore nell'antica basilica di San Pietro in Vaticano, ora abbattuta e con la Basilica di San Pietro attuale al suo posto.

    E' da ricordare che da allora iniziò il rito dell'incoronazione dell'imperatore del Sacro Romano Impero: era una cerimonia in cui il sovrano della più grande entità politica dell'Europa occidentale riceveva le regalie imperiali per mano del Papa, a simboleggiare sia il diritto del papa a incoronare i sovrani cristiani che il ruolo dell'Imperatore come protettore della Chiesa cattolica e dell'ordine civile. Anche le imperatrici del Sacro Romano Impero erano incoronate. La prima incoronazione imperiale, dopo la deposizione di Romolo Augustolo, l'ultimo imperatore romano, fu appunto quella di Carlo Magno.

    Gli imperatori successivi furono anch'essi incoronati dal Papa. L'incoronazione papale era un requisito essenziale per avere il titolo imperiale: Carlo V fu l'ultimo imperatore ad essere incoronato dal Papa. Successivamente, fino all'abolizione dell'impero nel 1806, non vennero più incoronati dal Papa. Infatti, nel 1806, l'ultimo Imperatore, Francesco II d'Asburgo-Lorena, per evitare che Napoleone (già autonominatosi Imperatore dei Francesi due anni prima, nel 1804, costringendo il Papa ad incoronarlo), si autoproclamasse anche Imperatore del Sacro Romano Impero, decise di abdicare, optando per il nuovo titolo di Imperatore d'Austria.

    Carlomagno allargò il suo impero grazie a una serie di vittoriose campagne militari, che inclusero la conquista del Regno longobardo, fino a comprendere una vasta parte dell'Europa occidentale. L'Impero Carolingio fu l'inizio della fondazione del Sacro Romano Impero. Carlomagno morì e fu sepolto nella cattedrale di Aquisgrana, nella Germania Occidentale, dove Carlomagno costruì la sua sede imperiale.


    Lo scrigno d'oro e d'argento (chiamato Karlsschrein) di Carlomagno, nella cattedrale di Aquisgrana, dove sono seppelliti i suoi resti.


    Dopo la sua morte, l'impero passò al figlio Ludovico il Pio. Alla morte di Ludovico, l'impero fu diviso fra i suoi tre eredi: Lotario I, Carlo il Calvo e Ludovico II il Germanico.

    Carlomagno influenzò radicalmente tutta la vita e la politica del continente europeo nei secoli successivi. Per questo motivo è considerato re e padre dell'Europa. Infatti, tramite il figlio Ludovico il Pio, egli è l'antenato di tutte le Case Reali Europee, tra cui i Windsor (Re del Regno Unito), i Sassonia-Coburgo-Gotha (Re del Belgio), dei Borboni di Spagna (Re di Spagna), del re di Svezia Carlo XVI Gustavo (in quanto discendente dei Sassonia-Coburgo-Gotha, ma la casa reale di Svezia non deriva dai Carolingi), della Famiglia Granducale del Lussemburgo, oltre alle numerose case reali ora non più regnanti, come i Romanov, i Savoia, i Borbone di Francia e varie altre.

    ORLANDO, IL PALADINO PER ECCELLENZA

    ORLANDO-2
    Orlando, il più forte e il più valoroso dei Paladini di Francia.


    Orlando, o Rolando (736–778), il più famoso dei Paladini di Francia, si mise al servizio di Carlomagno sin da ragazzo: infatti, durante l'assedio di Sutri, nel Lazio, in cui Carlomagno dovette difendere la Chiesa dai Longobardi, il re notò un ragazzo di nobile portamento e cultura, e volle sapere di chi era figlio. Con sorpresa, scoprì che era figlio di sua sorella Berta, che lui aveva diseredato perchè aveva avuto rapporti con un un vassallo, il cavaliere Milone d'Anglante. Per riguardo a Orlando, Carlomagno perdonò la sorella e il marito e li riammise a corte: laggiù Orlando cominciò la sua vita di cavaliere, iniziando come scudiero. Successivamente, superò tutte le prove necessarie per diventare paladino. Al servizio di Carlomagno, compì numerose imprese cavalleresche ed eroiche, tanto da diventare in breve tempo il primo paladino di Francia.

    LA SAGA DI RONCISVALLE

    In quel periodo, Carlomagno stava combattendo contro i Saraceni, che avevano conquistato la Spagna e stavano premendo per raggiungere l'Europa: erano già stati fermati dall'avo di Carlomagno, Carlo Martello, a Poitiers, ma la minaccia restava. In particolare, la città di Saragozza, comandata dallo sceicco moro Marsilio, era imprendibile. Per ingannarli, Marsilio promise a Carlomagno di arrendersi e convertirsi al cristianesimo: ma Orlando non si fidava di lui. Un altro paladino, Gano di Maganza, invidioso del successo di Orlando, si oppose alla sua opinione e convinse il re a credere a Marsilio. E Gano si mise d'accordo con Marsilio perchè, una volta tranquillizzato Carlomagno, il re si sarebbe allontanato da Saragozza, facendo ritorno in Francia. Ma Marsilio, in accordo col traditore Gano, attaccò a Roncisvalle, al confine tra la Spagna e la Francia, la retroguardia dei francesi, capeggiata dall'odiato Orlando. In questo modo, Marsilio avrebbe potuto attaccare i Francesi di sorpresa, uccidere Carlomagno e rendere così la Francia tutta musulmana.

    Roncisvalle era un luogo cupo e sinistro, pieno di ombre e dirupi: l'ideale per un agguato. Orlando, insieme ai ventimila cavalieri della retroguardia, la guidava insieme al paladino Conte Olivieri, fidanzato con Alda, la sorella di Orlando: Olivieri notò il rumore dei Mori e avvisò Orlando: erano dieci volte più numerosi di loro. Orlando non voleva suonare subito l'Olifante, cioè il corno d'avorio, per avvisare il Re, senza aver combattuto prima: se lo avesse fatto, sarebbe stato un atto di viltà.

    ORLANDO-1
    Orlando suona per l'ultima volta l'Olifante.


    Olivieri disse ai Franchi:
    "Signori, che Dio ci dia la forza: ci aspetta una grande battaglia!"
    Gli altri risposero:
    "Maledetto chi fuggirà!"
    Con loro c'era l'Arcivescovo con la spada, Turpino: si mise su una balza, a cavallo, sopra di loro, dicendo:
    "Signori, inginocchiatevi e pentitevi per i vostri peccati; io vi assolverò tutti. Se moriremo, avremo un posto tra gli Angeli in Paradiso!"
    I Franchi si inginocchiarono e Turpino li assolse e li benedisse. All'arrivo dei saraceni, Orlando estrasse la Durlindana, la sua spada santa, e lui e gli altri attaccarono col grido di guerra dei Franchi: "Montjoye!"1. Lo scontro fu spaventoso e caddero a centinaia, sia da una parte che dall'altra. Orlando resse ben quindici scontri, l'uno dopo l'altro, facendo strage di saraceni e aprendo varchi sanguinosi da dove potevano passare i Franchi. Con lo stesso valore combatterono l'Arcivescovo con la spada, Turpino, e Olivieri: dopo ore di terribili scontri, i mori si ritirarono.

    Ma stava già arrivando un secondo enorme esercito di saraceni, comandati dallo stesso Marsilio: Roncisvalle doveva essere presa a tutti i costi. La Francia doveva cadere! Settemila trombe suonarono insieme, centomila saraceni partirono all'attacco, urlando "Allah u Akbar!", "Dio è grande". Orlando, soprattutto, era l'obiettivo: caduto lui, tutti gli altri, presi dallo sconforto, sarebbero stati una facile preda. La battaglia diventò ancora più aspra, e Orlando era pieno di ferite: la sua armatura, aperta in più punti, mostrava numerose punte di frecce. Ma nessuna di esse era mortale e lui attaccava in continuazione, mietendo musulmani come una falce implacabile. I paladini caddero numerosi, e di ventimila ne rimasero solo sessanta, compreso Orlando, Olivieri e Turpino, e continuavano a combattere. I musulmani indietreggiarono, impressionati dalla loro forza.

    Orlando, a quel punto, suonò l'Olifante: Carlo Magno lo sentì, ma Gano di Maganza, accanto a lui, lo ingannò, facendogli credere che si trattava di un altro tipo di suono. Ma Orlando suonò ancora, e Carlomagno allora capì il tradimento di Gano: infuriato, ordinò di imprigionarlo. Poi si diresse verso Roncisvalle insieme ai suoi: ma ormai era troppo tardi. In quella valle, i Mori, decimati, erano scappati e tutti gli altri erano morti: anche Olivieri e Turpino erano morti.

    Orlando era l'unico rimasto vivo, ma era ormai moribondo. Tutto era silenzio, e lui vagò tra i morti, dirigendosi verso la Spagna, per mostrare che era morto vincendo (se si fosse diretto verso la Francia, avrebbe dato l'impressione di voltare le spalle al nemico e di fuggire). Cadde a terra: con un ultimo sforzo, si alzò, ormai cieco, cercando di spezzare Durlindana, facendola sbattere contro una pietra. La spada santa, che conteneva le reliquie dei santi, non poteva cadere nelle mani dei pagani mori. Conteneva infatti nell'elsa un dente di San Pietro, del sangue di San Basilio, dei capelli di San Dionigi, un pezzo del manto della Vergine. Durlindana non si spezzò e Orlando non aveva più forze: nascose tra le vesti la sua spada, chiese perdono a Dio dei suoi peccati e morì.

    Carlomagno arrivò troppo tardi: però vendicò Orlando e gli altri, conquistando Saragozza e uccidendo Marsilio. Gano di Maganza, il traditore, finì squartato (Dante parla di lui nell'Inferno tra i traditori).

    Così dice la leggenda della Chanson de Roland del monaco Turoldo (da non confondersi con David Maria Turoldo, teologo del '900). Nella realtà, sembra che siano stati i Baschi a commettere l'eccidio di Roncisvalle e non i Mori. Non che cambi molto la sostanza: quella fu un'aggressione comunque, fatta a sorpresa dai Baschi, non certo una battaglia all'aperto, e i Franchi caddero combattendo valorosamente. Inoltre, anche se i Baschi erano cristiani, erano però conniventi coi musulmani: quindi non è che ci sia una gran differenza in questo caso.

    Inoltre, Carlomagno combattè davvero contro i Mori - è un fatto storico - e attaccò anche Saragozza, roccaforte musulmana: ma non aveva abbastanza forza per attaccare e liberare una Spagna interamente musulmana. Il suo vero impegno era contro le tribù barbare che attaccavano a Est e fondare il nuovo Sacro Romano Impero. Per i Mori di Spagna ci sarebbe stata la Reconquista, ma questa è un'altra storia.

    Orlando, nella leggenda, è visto come un essere dalla forza eccezionale, che ha lasciato dei segni al suo passaggio: la Breccia di Orlando, per esempio, è una gigantesca spaccatura naturale, larga 40 metri e alta 100, presente lungo il confine tra la Francia e la Spagna, nei Pirenei. Secondo la leggenda, la Breccia fu creata da Orlando quando cercò di distruggere Durlindana. In quanto a Durlindana, sembra che sia stata trovata a Rocamadour, in Francia, incastrata nella roccia.

    BRECCIA-DI-ORLANDO
    La breccia di Orlando.


    L'Olifante si troverebbe a Bordeaux. La tomba di Orlando, secondo la tradizione, è sepolto a Blaye, in Francia, nella Basilica di Saint-Romain, necropoli dei duchi Merovingi d'Aquitania. Infatti, per tradizione, Orlando era stato un signore di Blaye. Bordeaux e Blaye divennero luoghi di pellegrinaggio ancor prima della composizione della Chanson de Roland (1050-1100).

    Successivamente, altri autori trattarono la figura di Orlando: l'Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo e l'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Ma, come si vede anche nei titoli, l'aspetto eroico del personaggio è stato messo a parte per far risaltare solo l'aspetto passionale: Orlando segue la volubile Angelica, principessa del Catai, che lo fa impazzire. Orlando non viene visto più come eroe, diventando quasi una caricatura.

    -------------------------------
    1 Montjoie ! o Montjoie Saint-Denis! era il grido di battaglia e il motto del Regno di Francia. Il grido si riferisce al leggendario stendardo di Carlo Magno, detto l'Orifiamma ("fiamma d'oro"), o "Montjoie": era conservato presso la Basilica di Saint Denis, cioè San Dionigi, il primo vescovo di Parigi, che fu decapitato sotto Valeriano. Lo stendardo era di colore rosso, perchè, per tradizione, fu immerso nel sangue di San Dionigi. In francese antico, "montjoie" indica i piccoli cumuli di pietre posizionati al ciglio delle strade, per ricordare eventi importanti o indicare un cammino: il grido di battaglia fu presumibilmente usato nel senso di “tenere la linea!”.

    MONTJOIE
    Lo stendardo di Carlo Magno, detto Orifiamma o Montjoie: lo si metteva su una lancia.



    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xviii.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 13/4/2024, 15:02
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    Per come la vedo io, anche Joe7 é un combattente per la Fede, dato che i suoi articoli sul cristianesimo hanno risvegliato il mio lato spirituale.
    E penso di non essere stato il solo ad esserne rimasto colpito.

    Riguardo a Giosué che ferma il sole...una mia collega dice che cose come questa non possono essere vere e per questo lei non crede a ciò che é scritto nella Bibbia.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 7/4/2024, 21:54) 
    Per come la vedo io, anche Joe7 é un combattente per la Fede, dato che i suoi articoli sul cristianesimo hanno risvegliato il mio lato spirituale.
    E penso di non essere stato il solo ad esserne rimasto colpito.

    Riguardo a Giosué che ferma il sole...una mia collega dice che cose come questa non possono essere vere e per questo lei non crede a ciò che é scritto nella Bibbia.

    Tutti i cristiani sono combattenti per la fede, nessuno escluso. Non ci sono cristiani di serie A o B, combattenti e non combattenti. Ciascuno, a modo suo, come può, nel suo campo, combatte per la fede, la fa vivere, sviluppare e crescere con l'aiuto di Dio.

    Riguardo a Giosuè che ferma il Sole: io non sono contrario per principio a questo fatto. Se Dio è onnipotente, allora che problema ha a fermare il Sole? L'ha creato Lui. Perchè non dovrebbe farne quello che vuole?

    La nostra fede dice che nulla è impossibile a Dio. Non dico che sia successo davvero (io non c'ero), ma ritengo possibile che questo sia successo. Oltre a questo, sembra che ci siano state delle testimonianze al riguardo, come ho detto nell'articolo. Ma, anche se non ci fossero, la sostanza non cambierebbe.

    La tua amica, invece, ha una teoria, secondo la quale Dio non può essere capace di questo, quindi queste cose non possono accadere. Quindi rifiuta a priori che Dio abbia fermato il sole. Non ha nessuna prova al riguardo: ha solo un pregiudizio, una sua teoria, contro di esso.

    La fede dice che è possibile. La teoria invece impone di dire che è impossibile. Perchè, se fosse davvero possibile, allora la teoria crollerebbe.
     
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