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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PARADISO, CANTO 14

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 10 Feb. 2024
     
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    PARADISO CANTO 14 - QUARTO CIELO DEL SOLE: SALOMONE E LA RISURREZIONE DEI CORPI - QUINTO CIELO DI MARTE: SPIRITI COMBATTENTI PER LA FEDE
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Paradiso-14
    Sempre più in alto: excelsior.


    BEATRICE SVELA UN DUBBIO DI DANTE SULLA RESURREZIONE DEI CORPI; CANTO E DANZA DEI BEATI

    Come la superficie dell'acqua, che è sull'orlo di un vaso pieno, quando è colpito da un colpetto all'esterno, forma, come reazione all'azione, delle onde concentriche che vanno dal bordo al centro; oppure, se si è gettato un sasso nell'acqua, forma delle onde che vanno dal centro al bordo, così a Dante sembra sia la voce di Beatrice, che ora risuona, quando San Tommaso d'Aquino tace, dopo aver parlato nei precedenti Canti. Infatti, dalla voce interrotta di Tommaso, risuona, come un'onda, quella di Beatrice, che è stata zitta lungo tutti i Canti in cui San Tommaso ha parlato.

    Infatti, lei svela alle anime sapienti, che sono insieme a San Tommaso, il nuovo dubbio di Dante, anche se lui non l'ha ancora detto nè pensato. In Paradiso non solo si legge il pensiero: si sa già anche ciò che penserai.

    Il nuovo dubbio di Dante è questo: quella luce che avvolge i beati, così intensa e potente, rimarrà con loro quando i loro corpi saranno risorti? Bisogna ricordare che Dante è in Paradiso prima del grande Giorno del Giudizio, quando Dio giudicherà tutta l'umanità e ciascuno riavrà il proprio corpo. Quindi, per adesso, tutti, sia all'Inferno, che in Purgatorio, che in Paradiso, o soffrono o gioiscono, ma nessuno di loro - salvo rare eccezioni, di cui parleremo più avanti - ha il proprio corpo.

    Inoltre, come corollario, Dante si chiede: quando avranno i loro corpi, la loro vista - visto che vedranno con gli occhi del proprio corpo - potrà sostenerne lo sguardo di una luce così grande?

    Ora le anime dei beati, che danzano nel loro cerchio, sono invitate a spiegare la cosa a Dante. E lo fanno in un modo che a Dante ricorda quelle persone che danzano in cerchio e, spinte da una maggior gioia, alzano la voce e rendono ancora più lieti i loro gesti: i beati, infatti, cantando e girando in danza in modo meraviglioso e ancora più accentuato di prima, mostrano la loro gioia nel rispondere. Nel vedere questo, Dante nota che chi teme la morte, che ci destina alla vita eterna in Paradiso, non ha evidentemente visto la gioia della beatitudine mostrata da queste anime.

    Esse intonano tre volte un canto che inneggia alla Trinità, con una melodia tale che sarebbe il giusto premio per qualunque merito:

    Qual si lamenta perché qui si moia (Chi si lamenta del fatto che si muore sulla Terra)
    per viver colà sù, non vide quive (per vivere in Cielo, non ha visto in questo luogo)
    lo refrigerio de l’etterna ploia. (il refrigerio (l'appagamento) dell'eterna pioggia (beatitudine).

    Quell’uno e due e tre che sempre vive (Quel Dio che è uno e trino e vive sempre)
    e regna sempre in tre e ‘n due e ‘n uno, (e regna in questa Trinità,)
    non circunscritto, e tutto circunscrive, (non circoscritto e tale da circoscrivere ogni cosa,)

    tre volte era cantato da ciascuno (era cantato tre volte)
    di quelli spirti con tal melodia, (da quelli spiriti con una melodia tale)
    ch’ad ogne merto saria giusto muno. (che sarebbe il giusto premio ("muno": da "munus", premio: è un latinismo) a qualunque merito.("merto")

    Dante ha descritto la Trinità con un raffinato chiasmo (cioè, l'inversione reciproca di due concetti):

    "Quell'uno e due e tre che sempre vive
    e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno"
    ,

    in cui c'è perfetta corrispondenza fra i tre numeri (uno e due e tre; tre e 'n due e 'n uno) e i verbi "vive / regna", separati in entrambi i versi dall'avverbio "sempre".

    SALOMONE RISOLVE IL DUBBIO DI DANTE

    Ora, Dante sente una voce che viene dalla Prima Corona dei Beati, che è inscritta nella Seconda Corona: è quella di re Salomone, anche se nel poema questo non si dice esploicitamente.

    La voce di Salomone viene da un punto dove risiede una ancora luce più luminosa delle altre della Prima Corona. Per dire "luminoso", "splendente", Dante usa la parola "dia", cioè "divina": "luce più dia". Inoltre, Dante descrive la voce di Salomone come una voce modesta, umile, simile forse a quella dell'arcangelo Gabriele, quando fece l'Annunciazione a Maria. Non si sa perchè Dante abbia fatto un'associazione simile.

    La voce di Salomone (lui non si fa vedere da Dante, resta nella Corona) spiega al poeta che, fino a quando durerà la festa del Paradiso, cioè per sempre ("Quanto fia lunga la festa / di paradiso"), il loro amore sempre splenderà con questa luce ("si raggerà dintorno cotal vesta", cioè "irradierà intorno a noi questo splendore".) E quello splendore è il riflesso dell'amore divino e della Grazia illuminante, su di loro. Questo è già grande, immenso, mentre sono in quello stato, cioè senza il loro corpo: ma lo sarà ancora di più, quando, nella Risurrezione e nel Giudizio finale, ciascuno di loro si riapproprierà del proprio corpo risorto. Allora sarà la completa beatitudine e gioia. Ecco come Dante spiega la resurrezione dei corpi nelle sue terzine:

    Come la carne gloriosa e santa (Non appena ci saremo rivestiti della nostra carne gloriosa e santa,)
    fia rivestita, la nostra persona (la nostra persona)
    più grata fia per esser tutta quanta; (sarà più gradita (a Dio) perchè sarà nuovamente integra;)

    per che s’accrescerà ciò che ne dona (perciò sarà maggiore il dono)
    di gratuito lume il sommo bene, (di grazia divina che ci viene elargito da Dio,)
    lume ch’a lui veder ne condiziona; (dono che ci permette di contemplarlo;)

    Aumentando la visione di Dio, aumenterà anche il loro ardore di carità, cioè il loro amore. Tuttavia, il corpo resterà visibile all'interno della luce, proprio come il carbone che arde è visibile nella fiamma che lo avvolge, e la loro vista potrà sostenere lo sguardo della luce, perché gli organi del corpo saranno rafforzati:

    né potrà tanta luce affaticarne: (e un tale splendore non potrà abbagliarci:)
    ché li organi del corpo saran forti (poiché gli organi del corpo saranno rafforzati)
    a tutto ciò che potrà dilettarne. (per poter godere di tutto ciò che potrà darci gioia)

    Tra l'altro, si pensa che la similitudine del carbone sia stata tratta dalle Sentenze di san Bonaventura: "il corpo che risorgerà avrà per sua natura un colore tale e sarà avvolto da una tale luminosità come il carbone è avvolto dalla fiamma".

    Ovviamente, questa è solo un'ipotesi di San Bonaventura, che cerca di descrivere ciò che non si può descrivere: nessuno può dire chiaramente come saremo una volta risorti. Queste sono cose oltre l'umano, non si possono spiegare. Fare paragoni col carbone e le fiamme fa solo pensare di diventare in Paradiso dei carboni infiammati, non spiega bene la cosa. Saremo sempre noi stessi, questo sì, ma non si può capire umanamente cosa diventeremo. Resta il fatto che alla resurrezione parteciperà comunque anche il nostro corpo, proprio quello che abbiamo qui. Per questo il Cristianesimo ha sempre rifiutato la reincarnazione, e pure la cremazione (che è il rifiuto del credere nella rusurrezione dei corpi).

    Risurrezione
    La Resurrezione di Cristo è l'anticipazione della resurrezione dei nostri corpi.



    APPARIZIONE DI ALTRE ANIME

    Dopo che Salomone ha finito la sua spiegazione, tutti gli altri spiriti pronunciano insieme "Amen", cioè: "Sì, "Così sia", "Così è". Tra l'altro, Dante, al posto di "Amen", dice "Amme", che è la forma toscana di "Amen", diffusa in quei luoghi ancor oggi.

    I beati, dicendo così, manifestano il loro grande desiderio di riavere i loro corpi mortali. E forse non solo per loro, ma anche per le loro madri e tutti i loro cari, che non hanno più rivisto nella carne da quando sono divenuti beati.

    Improvvisamente, Dante vede aumentare la luce tutt'intorno, come l'orizzonte quando si rischiara, e gli sembra di intravedere le luci di altri beati, come a sera, quando si scorgono le prime stelle in cielo e non si è sicuri di distinguerle bene. I nuovi spiriti compiono un giro attorno alle prime due corone e la loro luce (chiamata da Dante "vero sfavillar del Santo Spiro", cioè "autentico sfolgorio dello Spirito Santo") diventa tale che la vista di Dante ora non riesce più a sostenerla.

    ASCESA AL CIELO DI MARTE

    Beatrice, in quel momento, si mostra così bella al poeta che per lui è impossibile descriverla, come le tante altre cose viste durante questo viaggio ultraterreno. Quando Dante può rialzare lo sguardo, si accorge di essere salire più in alto, verso il Cielo superiore: il Quinto Cielo, quello di Marte, dove ci sono gli Spiriti Combattenti per la fede:

    vidimi translato / sol con mia donna in più alta salute. (vidi che ero stato trasportato con Beatrice a un più alto grado di beatitudine (nel Cielo seguente, di Marte).

    Dante capisce di essere salito al Cielo superiore perchè la stella (o il pianeta, ma Dante lo chiama "stella") che lui sta osservando è di colore rosso, che è il tipico colore di Marte. Anzi, qui è più intenso del solito:

    Ben m’accors’io ch’io era più levato, (Mi accorsi di essere salito più in alto,)
    per l’affocato riso de la stella, (per lo splendore pieno di fuoco della stella)
    che mi parea più roggio che l’usato. (che mi sembrava più rossa ("roggio") del solito ("usato").

    Il termine "riso", qui tradotto con "splendore", è stato messo da Dante con un'ardita estensione semantica: il "riso" qui significa "spirito fulgente di letizia", "anima gioiosa di Paradiso" e, per estremo, come "splendore", "luminosità". Il riso, infatti, fa splendere i volti: da qui l'associazione di Dante tra riso e splendore.

    APPARIZIONE DELLA CROCE

    Subito dopo, Dante rende grazie a Dio, che gli ha concesso un tal privilegio di arrivare fino a quel punto. O meglio, "a Dio feci olocausto", cioè "feci offerta di me stesso a Dio".

    "Olocausto" significa "offerta", "sacrificio": quindi Dante ringrazia Dio facendo offerta di tutto se stesso. Infatti, in greco, olocausto (da "holos", "tutto", e "kaio", "brucio") significa "vittima interamente bruciata" come offerta agli dei.

    Dante capisce che la sua offerta è stata bene accetta, perchè vede due raggi luminosi, con luci rosse e bianche molto intense all'interno ("tanto lucore e tanto robbi": "tanto luminosi e tanto rossi"). Questi due raggi sono disposti a croce ("venerabil segno") nella profondità di Marte ("nel profondo Marte"), cioè davanti al pianeta di Marte. I due raggi si intersecano perpendicolarmente, come fanno gli assi che dividono il cerchio - in questo caso, il pianeta Marte - in quattro quadranti uguali: la croce che ne risulta è quindi una "croce greca", a bracci uguali. In sostanza, un più (+).

    Nel vedere questo, Dante esclama estasiato: "O Dio, tu li abbellisci così!" cioè "O Eliòs che sì li addobbi!". Eliòs è il nome greco del dio Sole, ma qui Dante intende riferirsi a Dio. Anche perchè usa la pseudo-etimologia di Ely, il nome ebraico di Dio, preso dall'etimologo Uguccione da Pisa. Da notare anche l'"Elaì" pronunciato da Gesù sulla croce: "Mio Dio, Mio Dio, perchè mi hai abbandonato?" cioè "Elaì, Elai, lemà sabactani"?

    In questi due raggi a croce scorrono veloci delle luci, simili alle stelle più o meno luminose di cui è costellata la Via Lattea, distesa tra gli opposti poli celesti. Dante non saprebbe descrivere quella croce, perché in essa è come se lampeggiasse Cristo, anche se il poeta non riesce a capire come. Quindi i lettori dovranno cercare di immaginare da sé quale fosse la visione del poeta.

    Nelle terzine in cui Dante descrive questo fatto, pronuncia il nome di Cristo tre volte, facendo tre rime con la stessa parola, e richiamando nello stesso tempo la Trinità. Infatti, i richiami alla Trinità nel Paradiso sono numerosi.

    Croce-di-Marte
    Dante contempla la grandiosa Croce nel Cielo di Marte.


    Lungo i bracci orizzontali e verticali della croce, le luci dei beati (gli spiriti combattenti per la fede, come abbiamo detto) corrono con un forte sfolgorio quando si incontrano, simili ai corpuscoli di polvere che talvolta si vedono all'interno di un raggio di luce che filtra attraverso una fessura:

    Di corno in corno e tra la cima e ‘l basso (Lungo l'asse orizzontale ("di corno in corno, quindi da una parte all'altra") e lungo quello verticale della croce)
    si movien lumi, scintillando forte (si muovevano dei lumi (gli spiriti combattenti), che scintillavano intensamente)
    nel congiugnersi insieme e nel trapasso: (quando si univano e passavano oltre:)

    I beati intonano un canto indicibile, paragonabile alla nota indistinta emessa da uno strumento a corde come l'arpa, tale da far rapire Dante in spirito. Egli capisce solo che si tratta di un inno di lode, poiché distingue le parole «Risorgi» e «Vinci».

    DANTE E' RAPITO IN ESTASI

    Dante è a tal punto incantato da tutto ciò, che nessun'altra cosa vista fino a quel momento (Beatrice compresa) sembra avergli fatto un simile effetto.

    Dante specifica: forse le sue parole sono sembrate eccessive, poiché qui ha anteposto quello spettacolo alla bellezza indicibile degli occhi di Beatrice. Tuttavia, Dante spiega al lettore che lo sguardo della donna amata, Beatrice, acquista sempre maggior bellezza man mano che si sale nei Cieli, e lui, nel nuovo cielo di Marte, non ha ancora osservato gli occhi di Beatrice. Dante, conclude lui, può quindi essere scusato per la sua affermazione, non avendo egli escluso che la bellezza degli occhi di Beatrice sia superiore a quella del Cielo di Marte. Il Canto finisce con questa curiosa precisazione fatta dal poeta.

    COMMENTO

    Il Canto è strutturalmente diviso in due parti, corrispondenti al dubbio di Dante sulla resurrezione dei corpi, svelato da Salomone, e all'ascesa al Cielo di Marte, con l'apparizione della croce degli spiriti combattenti. E' una sorta di "passaggio" che chiude la lunga parentesi dedicata agli spiriti sapienti del Cielo del Sole e le due corone dei Dodici Beati, per introdurre il lettore al trittico dei prossimi Canti (il 15°, il 16° e il 17°), che saranno tutti dedicati all'antenato di Dante, il combattente crociato Cacciaguida, e alla definizione dell'alta missione del poeta.

    Questo Canto si apre con Beatrice (e, curiosamente, si conclude parlando di Beatrice). Dopo un silenzio durato tre canti (11, 12, 13), lei riprende il suo ruolo di guida e si rivolge alle anime del Cielo del Sole, cioè gli Spiriti Sapienti, invitandole a sciogliere il dubbio di Dante, che lei aveva intuito prima ancora che il poeta l'avesse pensato. Dante ricorre a un'immagine semplice e familiare, quella delle onde concentriche sulla superficie d'acqua di un vaso, che vanno dall'orlo al centro se il vaso è percosso, e viceversa se si getta qualcosa nell'acqua, per rappresentare la voce di san Tommaso, che va dalla corona dei bati a Beatrice e da lei ai beati.

    Il dubbio del poeta riguarda la resurrezione dei corpi mortali e la loro luminosità, quando i beati se ne saranno rivestiti: se cioè questa luminosità aumenterà e, in tal caso, se i loro occhi corporei potranno sostenerne la vista. La questione, ampiamente dibattuta dalla dottrina cristiana del tempo, era stata già accennata da Virgilio nel sesto canto dell'Inferno. Infatti, alla domanda di Dante circa la maggiore o minore intensità delle pene dei dannati dopo la resurrezione dei corpi, Virgilio aveva risposto usando la fisica aristotelica (non la visione di fede) e aveva precisato che l'unione di corpo e anima renderà quest'ultima più perfetta, quindi aumenterà maggiormente la sensibilità al dolore o alla gioia.

    Beatrice, poi, era tornata sull'argomento della resurrezione dei corpi nel settimo canto del Paradiso, affermando che essi sono incorruttibili, in quanto creati da Dio, e perciò destinati a risorgere alla fine dei tempi, dopo aver perso temporaneamente tale perfezione in seguito al peccato originale.

    Il problema viene poi definitivamente risolto da Salomone, che è l'anima che risponde all'appello di Beatrice, e svela il dubbio di Dante. Anche se non è stato indicato col nome, l'identificazione di questo beato trova concordi quasi tutti i critici, anche se con alcune eccezioni, data l'ambiguità del passo. Il re biblico spiega che la luce di cui i beati sono rivestiti non solo resterà dopo la resurrezione dei corpi, ma aumenterà a causa della loro accresciuta capacità di vedere Dio, il che amplificherà la loro gioia e, di conseguenza, il loro splendore.

    Non per questo il corpo sarà invisibile, poiché lo si potrà vedere come il carbone avvolto dalla fiamma, per cui i beati saranno visibili l'uno all'altro e la luminosità dei loro corpi non arrecherà danno alla loro vista, poiché i loro occhi saranno rafforzati, come tutti gli organi dei loro corpi terreni. Dante precisa dunque che i beati riacquisteranno il loro aspetto terreno e potranno vedersi reciprocamente, il che sarà una consolazione e una gioia, in quanto permetterà di rivedere i volti delle persone amate sulla Terra: è quanto il poeta afferma descrivendo la gioia dei beati alle parole di Salomone e il loro desiderio di riavere i loro corpi materiali.

    La gioia dei beati alle parole di Salomone è poi accompagnata dall'apparizione di altre anime di spiriti sapienti, che circondano le due corone e fanno aumentare ancora di più lo splendore del Cielo, preparando l'ascesa del poeta e di Beatrice a quello successivo di Marte.

    Il Cielo di Marte ha un colore rosseggiante: alla luce bianca e abbagliante del Cielo del Sole, che abbiamo seguito finora, si sostituisce quindi quella rossa della stella di Marte, su cui spicca ben presto la croce rossa-biancheggiante in cui si muovono le luci rosse e bianche degli spiriti combattenti (è stato osservato che questo Canto può essere definito «della luce», anche per l'argomento trattato nella prima parte).

    La croce è paragonata alla Via Lattea che si distende fra gli opposti poli celesti, quindi il suo colore è bianco come quello della Fede (gli spiriti rossi e bianchi di questo Cielo combatterono in nome di essa) e il suo simbolo rimanda al sacrificio di Cristo e alla redenzione dal peccato originale. E' possibile che sia stato anche un richiamo alle Crociate, cui rimandano personaggi come il crociato Cacciaguida e altri spiriti inclusi da Dante in questa schiera.

    I beati non formano la croce, ma si muovono lungo gli assi orizzontale e verticale di essa, come luci di colore rosso e bianco paragonati ai corpuscoli di polvere che attraversano un raggio di luce che filtra attraverso una fessura, con un'immagine altrettanto familiare rispetto a quella di apertura di Canto (le increspature dell'acqua sulla superficie di un vaso colmo).

    Nonostante ciò, la raffigurazione ha qualcosa di grandioso e prepara in tono solenne la presentazione dell'avo Cacciaguida nel Canto seguente, in quanto nella croce sembra lampeggiare Cristo (Dante si scusa col lettore di non poterne dare una descrizione adeguata, in accordo alla poetica dell'«inesprimibile») e i beati intonano un inno di lode di cui il poeta non coglie che poche parole, «Risorgi» e «Vinci», che rimandano alla resurrezione di Cristo.

    La melodia del canto è di una bellezza indicibile, tale da rapire Dante in estasi, al punto di posporre la gioia per questo spettacolo alla bellezza degli occhi di Beatrice (e già al suo ingresso in questo Cielo il poeta aveva sentito l'esigenza di fare olocausto, «offerta di tutto se stesso» a Dio per ringraziarlo della grazia che gli ha concesso).

    L'insistenza con cui, nei versi finali, Dante si scusa per aver osato mettere in secondo piano la bellezza della donna rispetto allo spettacolo celeste si spiega con il valore allegorico di Beatrice, che rappresenta la teologia, cioè lo studio e la contemplazione di Dio, che può tuttavia essere posposta alla magnificenza del trionfo della croce, che Dante contempla.

    Il poeta sottolinea, comunque, che non ha ancora guardato gli occhi di Beatrice da quando è asceso al Cielo di Marte, e poiché essi si fanno più belli man mano che si sale, non può escludere che il loro splendore sia superiore a quello del Cielo stesso.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/paradiso-canto-xiv.html

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 17/2/2024, 17:48
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    L'analisi del paradiso si fa sempre più appassionante.
    Il discorso sulla resurrezione dei corpi mi ha fatto capire la differenza fra la religione orientale e la nostra.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky 3 @ 10/2/2024, 21:36) 
    L'analisi del paradiso si fa sempre più appassionante.
    Il discorso sulla resurrezione dei corpi mi ha fatto capire la differenza fra la religione orientale e la nostra.

    Ci stiamo avvicinando al centro del Paradiso (ben tre canti), dove Cacciaguida, l'antenato di Dante, dice chiaramente al poeta l'importanza della Divina Commedia che poi dovrà scrivere.

    La resurrezione dei corpi è una caratteristica solo cristiana: non si trova questo in nessun'altra religione, nè orientale nè di altri luoghi.

    Solo nelle altre due religioni connesse con Abramo - oltre al cristianesimo, ovviamente - se ne parla: l'Ebraismo, in cui si fa accenno a questo (come nel libro di Giobbe), e la religione musulmana.
     
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