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  1. FANFICTION LA GRANDE OMBRA - 37

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    Grande Ombra fanfic
    By joe 7 il 13 April 2016
     
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    FANFICTION GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA 37 -
    LA DISFATTA FINALE DEL CONTE MECHA E LADY SELENA

    La precedente puntata si trova qui.
    Se volete seguire la storia sul blog, la prima puntata è qui
    Invece, se la volete seguire sul forum, la prima puntata è qui.

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    RIASSUNTO:
    Dopo la guerra contro Vega, Actarus e Venusia si sono sposati e sono andati a vivere su Fleed come re e regina. Però il loro figlio appena nato, Rex, è stato rapito da un essere misterioso, l’Oscuro, che comanda un esercito sterminato: vuole sacrificare Rex, quando, tra diversi giorni, sette stelle saranno allineate. Actarus ed altri amici organizzano il salvataggio di Rex, dando la caccia ai cristalli che possono sconfiggere l’Oscuro. Haran Banjo col Daitarn 3 va a cercare il cristallo sul pianeta meccanizzato Sentry, comandato dal Conte Mecha e Lady Selena, al servizio dell’Oscuro. Dopo diversi scontri, alla fine Banjo e i suoi compagni riescono a prendere il cristallo, provocando però nello stesso tempo il collasso del gigantesco cannone DOLA, con cui il Conte Mecha voleva distruggere la Cosmo Special con Actarus e tutti i suoi occupanti. Le conseguenze sono enormi: le esplosioni a catena minacciano la sopravvivenza stessa del pianeta Sentry…


    Actarus sente di nuovo il capogiro. Si aggrappa ad un mobile, cercando di stare in piedi. Per fortuna, è nella sua stanza e nessuno lo vede. E’ da quando sono partiti da Fleed che questa storia va avanti: spossatezza, debolezza, vertigini. Riesce a reagire, ma ne esce sempre provato.
    E’ colpa del controllo completo di Goldrake, pensa.
    Non è la guida classica del robot, con cui combatteva contro Vega: pensando di dover fare tutto da solo, Actarus aveva sciolto i sigilli, così che la potenza di Goldrake potesse scorrere senza freni. Ma questo è pericolosissimo, forse mortale, per il pilota.
    Si siede su un divano, sfinito. Adesso ci sono questi uomini che combattono insieme a lui: persone eccezionali e di gran valore, che guidano robot potenti persino come Goldrake: Grande Mazinga, Getter, Daitarn 3…molti di loro neanche li conosceva. Viste le loro capacità, forse non c’era bisogno di togliere i sigilli per Goldrake. Ma in quel momento, Actarus era solo e disperato. Credeva che Venusia e Rex fossero morti. Non riusciva a contattare nessuno: né suo padre, il professor Procton, né Maria, né Alcor. E c’era questa Ombra che aveva mandato un mostro gigantesco come Kandura che a momenti sopraffaceva Goldrake. L’Antico a quel tempo non lo aveva ancora contattato. Era pronto quindi a morire, pur di sconfiggere questo spaventoso avversario, e di vendicarsi per Venusia. E ora? Un po’ di speranza c’è, ma non si possono più rimettere i sigilli a Goldrake. Ci vorrebbero settimane. Actarus capisce bene il problema.
    D’ora in avanti, ogni volta che guido Goldrake, rischio letteralmente la vita. E’ possibile che sia lui ad uccidermi, anziché il nemico…
    Inoltre, da tempo Actarus sente come un richiamo. Non è solo il problema di Goldrake a debilitarlo. E’ anche quella sensazione, quella voce, quella tensione. E’ lui, lo sente. L’Ombra lo sta chiamando.

    Il bussare della porta lo fa trasalire. Actarus risponde dicendo qualcosa come: “Avanti!”
    La porta si socchiude ed entra Maria con un vassoio con su qualcosa da mangiare.
    “Ciao, Actarus. E’ un po’ che non ti vedo in mensa. Stai poco bene?”
    “Solo un po’ di capogiro. La tensione di questi giorni, sembra…” risponde, cercando di tranquillizzarla.
    Come bugiardo fai schifo, pensa Maria, guardandolo di traverso. Se fossi stato davvero così teso ai tempi della guerra contro Vega, saresti schiattato come un baccalà al primo scontro.
    Però non dice niente. Mette il vassoio sul tavolo e gli dice:
    “Bè, prova a mangiare qualcosa, intanto. E riposati.”
    Detto questo, esce pensierosa, incontrando subito gli occhi di Alcor, che sorridono.
    “Actarus che ha il capogiro per la tensione come se fosse una donnetta. Tutto da ridere.” dice lui.
    “Hai sentito?” risponde lei, un po’ arrossita.
    “Non sei la sola a preoccuparsi per il suo comportamento. C’è qualcosa che noi non sappiamo, giusto?”
    “Ho una mezza idea. Ma devo riflettere…è solo una sensazione…” dice Maria, guardando in basso.
    “Una premonizione come quella del pericolo imminente con cui hai spaventato tutte le ragazze alle terme?” risponde lui, canzonandola.
    “Ma cosa dici, imbecille, dicevo sul serio, ma nessuno di voi mi crede!” grida lei, colpendolo ripetutamente alle spalle coi pugni.
    “Ho capito, ho capito, calmati ora!”
    Maria si ferma all’improvviso. “Ah…ora che ci penso, Banjo è tornato?” chiede.
    “Non ancora. Non abbiamo avuto nessun contatto radio, anzi non riusciamo a contattarlo per niente. Comunque, Banjo mi sembra un tipo deciso, se la caverà.”
    “Speriamo.”

    Appena il robot ha ricevuto il comando di Banjo, gli occhi del Daitarn 3 si illuminano. Muovendosi, spezza le catene che lo immobilizzano e cambia conformazione, raggomitolandosi in se stesso: da diversi punti escono dei cannoni. E’ diventato un enorme carro armato, il Daitank. I laser e i colpi di bazooka che gli sparano contro non lo scalfiscono nemmeno: sparando colpi potentissimi coi cannoni, si apre una via di fuga ed esce col ruggito dei cingoli. Alla fine, parete dopo parete, esce dal castello di Dyvim Tvar, mentre diverse Sentinelle gli si scagliano addosso, colpendolo con le loro alabarde, ma senza fare danni: alla fine, sono tutte abbattute dai colpi di cannone. La conformazione Daitank è la più resistente del Daitarn 3, e ogni tentativo di abbatterla è inutile. Inoltre, le altre sentinelle sul pianeta Sentry hanno il loro daffare per contenere l’energia liberata da DOLA, che provoca esplosioni in vari punti del mondo meccanico.
    La Mach Patrol esce anch’essa dal palazzo del Conte Mecha e si dirige verso il Daitank. Banjo fissa le coordinate sul quadrante, poi si lascia trasportare dal raggio traente del robot. La navicella entra nel Daitank e il suo abitacolo, con dentro Banjo e compagni, si stacca, percorrendo una lunga galleria dove raggiunge alla fine il centro di controllo del robot. Banjo esclama:
    “Formazione Daitarn!”
    Il Daitank cambia conformazione, fino ad assumere l’aspetto antropomorfico del Daitarn 3, che si libra nel cielo gridando:
    “Daaaaaitaaaaaannn…TRE!”

    Il fuoco inizia a divampare sul pianeta Sentry, con esplosioni che si susseguono a catena. Centinaia di robot, terrorizzati, scappano inutilmente da una parte o dall’altra e vengono sommersi dalle esplosioni o cadono in enormi crepacci che si aprono all’improvviso. Una scena terribile. Tutti quelli che sono a bordo del Daitarn 3 osservano in silenzio, ammutoliti e sconvolti, senza riuscire a staccare gli occhi dallo schermo. Ad un certo punto, Garrison esclama:
    “Non deve sentirsi in colpa, signor Banjo. Se non avessimo preso il cristallo, i nostri amici ora sarebbero morti. Il colpevole è il Conte Mecha, che ha costruito uno strumento tanto pericoloso come quel supercannone. Cosa sarebbe successo se si fosse interrotto all’improvviso per qualche altro motivo?”
    Banjo non risponde: non sa cosa dire. Continua ad osservare dall’alto, impietrito, le esplosioni sulla superficie che si moltiplicano. All’improvviso, un colpo violentissimo fa scuotere tutti quanti nell’abitacolo, e il Daitarn 3 viene scagliato lontano con forza inaudita. Voltandosi, il robot osserva il Conte Mecha, con gli occhi rossi che brillano, pieno di furia. Dopo che era riuscito a ritornare dall’altra dimensione dove lo aveva mandato Garrison, ha provato a fermare il disastro che ha provocato DOLA: ma i suoi sforzi sono stati inutili. Ora tutto il suo pianeta, tutto ciò che aveva, sta crollando. L’unica cosa che gli rimane è la vendetta. Con rapidità incredibile, taglia il fianco del Daitarn 3 con la sua naginata: se il robot non si fosse mosso in tempo, sarebbe stato diviso in due. Senza dire nulla, il Conte Mecha riattacca con furia: è troppo preso dall’ira per parlare. Il Daitarn evita ancora il colpo per un soffio e si libra più in alto, nell’aria. Banjo cerca di parlare:
    “Ascolta, Conte Mecha. Forse possiamo aiutarti a fermare tutto questo...”
    “Taci, Haran Banjo! Ormai tutto è perduto, ma tu morirai insieme a questo pianeta!”
    All’istante, la naginata del Conte parte come un fulmine, trapassando il petto del Daitarn 3. Il robot sussulta, ma non ha il tempo per reagire: il Generale dell’Oscurità si libra a mezz’aria e lancia dei raggi distruttori dalle mani, che investono il Daitarn 3. Quest’ultimo si agita nel dolore, cercando di resistere. La consolle di comando di Banjo lancia scintille.
    “Maledizione, quel pazzo non vuole sentire ragioni! Dovrò usare l’Attacco Solare…”
    “Ma contro di lui è inefficace, signor Banjo..” obietta Garrison.
    “In apparenza” risponde Banjo “Ormai ho capito il suo punto debole. Garrison, ascoltami bene…”
    Ad un certo punto, il Daitarn apre il ventaglio, formando uno scudo che rilancia indietro i raggi del Conte Mecha. Poi si libra più in alto ed inizia l’attacco.
    Avrei preferito non farlo, Conte Mecha…ma non mi hai lasciato scelta! pensa triste Banjo.
    “Ed ora, con la potenza del sole, io ti distruggerò! Attacco Solare…ENERGIA!”
    “Ancora? E’ inutile, Haran Banjo!” risponde beffardo il Conte Mecha.
    Prima che l’Attacco Solare sia stato lanciato, Garrison esce da un abitacolo del Daitarn 3 e spara con un bazooka in direzione della bocca del Conte Mecha. Il proiettile usato è il cristallo d’argento trovato da Banjo. L’Attacco Solare investe, oltre al Conte Mecha, anche il cristallo, prima che questi entri dentro il Conte. I vetri del cristallo, all’interno del corpo meccanico, fanno riflettere in continuazione tra di loro i raggi dell’Attacco Solare, facendolo sviluppare all’ennesima potenza. Alla fine, un sole in miniatura esplode all’interno del Conte Mecha, che emette una luce abbagliante e grida, sentendosi lacerare da ogni parte. Quando la luce scompare, il nemico del Daitarn 3, pieno di crepe che emettono fumo nero, cade giù in fiamme, verso il pianeta Sentry, tornando in dimensioni umane e lasciando una scia nera fino ad esplodere appena tocca terra, coi frammenti del suo corpo che volano in ogni direzione. Il cristallo ritorna in mano al Daitarn 3, con un raggio traente.
    “Come facevi a sapere che avrebbe funzionato una cosa simile?” chiede Beauty a Banjo.
    “Era impossibile che fosse invulnerabile anche all’interno.” risponde lui.
    “Ma il cristallo…potevi distruggerlo con una mossa simile!” obietta Reika.
    “Se fosse stato così facile, l’Oscuro l’avrebbe già fatto. Per questo aveva affidato i cristalli ai suoi sottoposti.”
    Banjo guarda in silenzio le ultime fiammate provocate dalla caduta del Conte Mecha. Il Daitarn si toglie la naginata che il nemico gli aveva piantato in petto e la lascia cadere tra le fiamme, così che l’arma segua il destino del suo padrone.

    All’improvviso, una figura salta abilmente da una torre all’altra del palazzo di Dyvim Tvar, tutto in fiamme. Raggiunta la torre più alta, prima che questa cada, compie l’ultimo salto, ingrandendosi fino a diventare delle stesse dimensioni del Daitarn 3. E’ Lady Selena, che ha visto dall’alto dei tetti del castello la morte del Conte Mecha, e assale ferocemente il Daitarn 3, assetata di vendetta. Le sue dita, affilate come rasoi, troncano di netto il braccio del Daitarn 3, mentre dai suoi fianchi escono dei tentacoli che avvinghiano il Daitarn 3 e lo legano alla donna robot. Il Daitarn cerca di parare i suoi terribili colpi, ma è difficile farlo con un braccio solo.
    “L’hai ucciso…” dice con voce strozzata dalla furia “maledetto, hai ucciso il Conte Mecha! Ti farò a pezzi, dannato…morirai con me!”
    Mentre parla, la piastra luminosa che porta sul petto lampeggia: il dispositivo di autodistruzione si è acceso. L’esplosione distruggerà sia lei che il Daitarn. Inoltre, da dietro il robot di Banjo si sviluppano a mezz’aria i tentacoli del “groviglio di vipere”, che trapassano il Daitarn in più punti, in continuazione. Un Attacco solare o altri colpi simili non funzionerebbero: la distruzione di Lady Selena comporterebbe anche la rovina del Daitarn. Banjo compie l’ultima mossa disperata: con l’unico braccio rimasto, il Daitarn prende la stella a forma di croce che il robot tiene sul petto e la lancia in alto. Questa gira vorticosamente attorno a se stessa, diventando una lama rotante e affilata, che, telecomandata da Banjo, si mette tra il Daitarn 3 e Lady Selena, tagliando in un colpo tutti i tentacoli e legami, separando i due avversari. Prima che lei possa riprendersi, il Daitarn le lancia contro i cannoni alle basi dei piedi, allontanandola da sé e facendola cadere verso il pianeta condannato. Diversamente dal Conte Mecha, Lady Selena non può volare e cade rovinosamente a terra, riassumendo dimensioni umane.

    Il Daitarn rimane solo a contemplare l’immensa rovina che gli compare davanti. Tutto il pianeta Sentry adesso è in fiamme: persino il cielo è rosso, con le nubi che sembrano bruciare anch’esse. Banjo non si aspettava un disastro simile. Cerca di muovere il robot, incerto se salvare almeno Lady Selena, ma il Daitarn risponde con difficoltà ai comandi: è stato danneggiato seriamente. Inoltre, sicuramente lei è già morta…
    All’improvviso, Banjo si sente scuotere da una mano:
    “Banjo, dobbiamo allontanarci subito!” dice Reika.
    “E’ vero” aggiunge Beauty “tra un po’ il pianeta esploderà. I quadranti qui sono impazziti!”
    “Concordo, signor Banjo” afferma Garrison “Anzi, dobbiamo avvisare anche i nostri amici del Cosmo Special di allontanarsi al più presto: rischiano di essere coinvolti anche loro!”
    Banjo osserva un’ultima volta il pianeta sommerso dalle fiamme, con un velo di tristezza negli occhi. Poi aziona i comandi e il Daitarn, pieno di ferite e privo di un braccio, si allontana faticosamente da quell’apocalisse.

    Lady Selena si alza con fatica. La sua caduta aveva danneggiato l’impianto di autodistruzione, interrompendolo, ma non fa una gran differenza. La sua energia interna tende a diminuire in continuazione: è come una candela che si spegne. Avanza barcollando, appoggiandosi alle poche mura ancora in piedi. Alzando la testa, vede il castello del Conte Mecha, Dyvim Tvar, tutto annerito, restare ancora in piedi, come per protestare contro le fiamme che lo divorano, per poi crollare su se stesso, con le orgogliose torri che si sbriciolano, alcune sbattendo contro le altre, facendo un rumore che sembra quasi un lamento.
    Ci siamo amati lì per tanto tempo, io e il Conte…ora non c’è più nulla.
    Avanza ancora, barcollando come un’anima in pena, senza sapere dove andare, in mezzo a fiamme che diventano sempre più alte ed esplosioni continue. Molti robot e Sentinelle giacciono lungo le vie della città, alcuni distrutti, altri interi ma spenti, altri che lampeggiano qualche luce prima di smettere per sempre.
    E’ finita, pensa Lady Selena. Catherine, forse avevi ragione tu…
    All’improvviso, avverte qualcosa. Appena capisce, avanza in fretta, senza badare all’incertezza che sente alle gambe, alle ferite e crepe che si trova addosso, come se fosse presa da una nuova speranza che le dà energia. Anche se le costa il consumo delle sue ultime risorse, sposta con forza alcune rovine, fino a trovare quello che cercava. La testa del Conte Mecha, staccata dal corpo, ma ancora viva.
    “Conte Mecha…Olgerd! Sei vivo!”
    “Catherine…sei tu?” dice la testa, con voce debole.
    “Sì, Olgerd, sono io…sono Catherine!” risponde Lady Selena, dicendo per la prima volta da tanto tempo il suo vero nome, accarezzando con cura la testa del Conte Mecha e, sollevandola con attenzione, la abbraccia, stringendola al petto.
    “Catherine…Selene…abbiamo preso una…strada sbagliata…” dice a fatica il Conte Mecha, interrompendosi più volte.
    “Non parlare, Olgerd, non parlare…adesso ti riattiverò! Vedrai, tornerai come prima!”
    “No, Cathy, è finita…avevo … sbagliato sin dall’inizio…” risponde lui, con voce ancora più debole.
    “Lascia stare! Devi vivere, Olgerd! Tornerà tutto a posto, vedrai!”
    Gli occhi del Conte Mecha si spengono. Lady Selena, spaventata, prende un cavo dall’interno del suo corpo e lo fissa al collo di lui, facendogli passare la sua energia. Mentre agisce, grida:
    “Rispondi! Olgerd, rispondi!”
    Gli occhi di lui si riaccendono un attimo, osservando Lady Selena. Con voce chiara, il Conte dice:
    “Ti amo.”
    Poi i suoi occhi si spengono e non si riaccendono più. Lady Selena insiste, inserendo sempre più energia, continuando a parlargli:
    “Olgerd! Parlami! Apri gli occhi, guardami! Olgerd! Olgerd!”
    Alla fine, Lady Selena capisce: il Conte Mecha è morto. Stringe a sé la sua testa spenta, gridando “NO!” con tutte le sue forze.
    Non sa per quanto tempo resta così. Anche se la sua forma robotica non può piangere, si sente come se avesse pianto per degli anni. Si accorge di non aver più forze per muoversi, ma non le importa. Non c’è più niente che le importi. Tutto attorno a lei continua a bruciare, mentre Lady Selena, accasciata a terra e appoggiata con la schiena ad un muro, tiene sul grembo la testa spenta del Conte Mecha. Avverte uno scricchiolio: il muro dietro di lei sta per crollare e non può fare niente per evitarlo. Tutto avviene così lentamente: un enorme frammento di muratura si stacca dall’alto ed inizia a cadere, ma così piano, così piano. Intanto, Lady Selena osserva una figura che si avvicina verso di lei, camminando sospesa in mezzo al fuoco, senza esserne minimamente toccata. E’ una donna dai capelli biondi e lunghi, vestita in modo elegante, degno della corte reale di un tempo, che viveva dove c’era il castello di Dyvim Tvar, prima della sua costruzione. Lady Selena la riconosce subito.
    “Catherine?”
    Con un sorriso, la donna annuisce. Dietro di lei, c’è un uomo vestito come il Conte Mecha di un tempo. Il Conte Olgerd.
    “Perché sei qui?” chiede Lady Selena.
    “Per portarti a casa.” risponde lei. Porgendole la mano, aggiunge:
    “Vieni.”
    Lady Selena afferra la mano e si alza, sorpresa. Riesce a camminare. Si volta e vede il suo corpo a terra. Segue Lady Catherine in mezzo al fuoco, e tutti quanti scompaiono come fantasmi.
    Il pesante pezzo di muro raggiunge il terreno, schiantando il corpo di Lady Selena e la testa del Conte Mecha in mille pezzi.

    Il Daitarn 3 raggiunge la Cosmo Special, ma inizia a perdere energia: il robot è al limite. Banjo non vuole sforzare ulteriormente i motori e grida:
    “Daitarn frusta!”
    La frusta di Daitarn si lega ad una sporgenza della zona d’atterraggio della Cosmo Special, dove Actarus e gli altri si sono riuniti per aiutare il loro compagno. Il Grande Mazinga e Mazinga Z afferrano la frusta e riescono a tirare all’interno il Daitarn. Una volta chiuse le paratie, Banjo esce subito dal Daitarn e dice allarmato agli altri:
    “Presto, portate via da qui la Cosmo Special! Quel pianeta sta per esplodere! Diventerà una nova, e noi rischiamo di finirci in mezzo!”
    Actarus reagisce con rapidità: avvisa con l’interfon le due pilote, Yuriko e Keiko, e l’astronave parte alla massima velocità. Dietro di essa, compare un enorme globo di fuoco che per un attimo illumina lo spazio e poi scompare. Il pianeta Sentry si è autodistrutto dopo un’ultima, immane fiammata. I piloti osservano tutti Banjo con aria stupita:
    “Ma cos’hai combinato da quelle parti?”
    Lui non risponde e osserva melanconico lo spazio al di là della finestra. Pensa per un momento al Conte Mecha e Lady Selena. Poi si scuote e dice:
    “Vi racconterò tutto più tardi. Vado a riposarmi un momento.”
    Si allontana davanti allo sguardo perplesso degli altri.
    “Non ci pensare, Actarus” dice Reika “In questo momento, Banjo ha bisogno di stare un po’ da solo.”
    Toppi gli consegna il cristallo d’argento, mentre Actarus non sa cosa dire.
    Mancano quattro giorni all’allineamento delle sette stelle.

    Continua qui


    Edited by joe 7 - 16/4/2016, 17:27
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