ZAGOR E MISTER NO A CONFRONTO (quinta parte - fine)Primo articolo: qui; precedente articolo: qui.
LE ULTIME PAROLEConcludo l’analisi su Zagor e Mister No con l'analisi dell’ultimo discorso dei due personaggi di Nolitta.
Infatti, la storia di
“Magia senza tempo” è l’ultima storia di Zagor sceneggiata da Nolitta: posto qui le ultime battute di Zagor, che sono quindi, per così dire, il “testamento” dello Zagor Nolittiano. Dopo aver sconfitto gli Akkroniani, e dopo che Hellingen, la nemesi numero uno di Zagor, è morto, Zagor restituisce all’indiano Akoto l’arco e le frecce di Rakum, l’Eroe rosso. E’ la scena finale della storia e dello Zagor nolittiano: quasi un passaggio di consegna, ma lo è in apparenza, in quanto Zagor non si ritira affatto, come farà invece Mister No. Leggiamo il dialogo finale tra Akoto e Zagor:
Zagor (consegnando ad Akoto lo scudo e l’arco di Rakum, l’Eroe Rosso): Ho fiducia in te, giovane amico, ma voglia il cielo che lo scudo e le frecce dell’Eroe Rosso non debbano essere impugnate mai più!
Akoto: Spero che gli dei ti ascoltino, Za-gor-te-nay. Ma io sarò comunque quassù, giorno dopo giorno, notte dopo notte, e spierò il cielo con occhi attenti…Ma dimmi, spirito con la scure, tu…tu pensi che loro (gli akkroniani) torneranno?
Zagor: Mm…non lo so…non lo so, figliolo, nessuno può dirlo, ma tu sappi una cosa…che, qualsiasi cosa accada, tu mi troverai sempre pronto ad accorrere al tuo fianco, parola di Zagor! AHYAKKK!Come si vede, anche di fronte ai pericoli futuri, Zagor dichiara di rimanere sempre pronto a combattere, e conclude salutando tutti col suo grido di battaglia. E’ da notare, poi, che Akoto lo chiama Za-gor-te-nay, cioè il suo nome indiano completo, come a sottolineare il fatto che ormai quel nome è diventata anche una missione per Zagor. Il
protagonista guarda con fiducia verso il futuro, contando anche sui suoi innumerevoli amici, di cui Akoto è il simbolo (“accorrere al tuo fianco”, aveva detto Zagor: quindi, non da solo). Essendo Akoto anche un indiano, e un ragazzo, è anche il simbolo della persona debole da proteggere e del futuro da mantenere (il giovane infatti è una porta aperta verso il futuro che verrà). E’ esattamente il contrario di quello che farà Mister No nel suo discorso finale, molto lungo, che posto qui:
Mister no, arrivato alla sera in anticipo di un giorno alla festa di addio, fa il suo discorso finale davanti ai pochi rimasti: Paulo Adolfo, una ragazza che ha appena rimorchiato (Jacira) e tre addetti alla pulizia.
Mister No: Io sono venuto qui per fare un discorso…ed è proprio quello che farò: un discorso. Avanti, forza: sedetevi tutti quanti! (…) siediti anche tu, Jacira, insieme agli altri…io, invece, mi piazzerò qui per poter guardare in faccia tutti e cinque…cinquanta…oppure duecento persone…stanotte o domani notte, non cambia un granchè. Tutto sommato, le parole che, da tempo, avevo in mente di dirvi sarebbero sempre le stesse. La mia vecchia sacca militare, i miei quattro libri e i miei quattro dischi sono già a bordo del Piper, là sulla vecchia pista dell’aeroporto…e questa è la chiave della porta che fin da domani (si rivolge a Paulo Adolfo) potrai restituire a Mendonca, quello spilorcio del mio padrone di casa! Tra poche ore, non appena sarà chiaro da distinguere la pista e ottenere il via dalla torre di controllo, me ne andrò, amigos! Con amarezza e nostalgia lascio a voi questa città che ha tradito le speranze con cui avevo messo le mie radici, venti anni fa. Fuggivo dagli orrori di una guerra combattuta in tutte le parti del mondo, ma fuggivo anche dai tentacoli di una nuova società che aveva sostituito la violenza di quel conflitto armato con veleni più sottili ma non meno pericolosi. Arrivismo, egoismo, voglia di emergere a tutti i costi e con tutti i mezzi…il culto del successo e della ricchezza…l’esaltazione dei valori materiali e la schiavitù del consumismo! La Manaus che mi fu dato di scoprire era il mio rifugio ideale, invece. Indifferente al trascorrere del tempo, pareva destinata a restare eternamente immobile nell’aspetto della fugace gloria di cinquant’anni fa, e, nel totale isolamento determinato da una immensa foresta in cui i fiumi erano le uniche strade che rendevano vuota e inutile la parola competizione. Era la città della sopravvivenza quotidiana, che, totalmente priva di futuro, non riusciva più a premiare i furbi né a punire gli ingenui…la città della rassegnazione, dunque, ma anche della serenità e della pigrizia. Quella dolce pigrizia che ti concede di dedicare tempo e attenzione ai tuoi amici, ai problemi della gente comune e, perché no, anche ai lati più nascosti della tua stessa personalità. E adesso? Adesso, la Manaus che c’è là fuori è una città ben diversa, amigos. La Manaus di oggi (un ragazzo inserviente si addormenta) (…) insomma, oggi, fuori da quella porta, c’è una città che è passata da ottantamila a ottocentomila abitanti, che fa balenare in tutti la speranza di un lavoro e un nuovo tenore di vita senza, purtroppo, riuscire a mantenere le promesse, costruendo sì grandi fabbriche, ma anche ignobili quartieri dormitorio, moderne favelas per i poveracci arrivati qui da tutto il nordest. Quella mia città della dolce rassegnazione è diventata la città dell’eterna speranza, della facile illusione, ma anche dell’inevitabile delusione…la città del rischio, della spietata competizione, che, come purtroppo succede in tutto il resto del mondo, alla fine premia i potenti, i furbi e gli spregiudicati. Può darsi che questo nuovo modello di vita, alla fine, faccia bene alla gente che si è spinta qui in Amazzonia, faccia persino bene all’intero Brasile, ma è certo che questa nuova atmosfera non fa bene a me! Per questo, ho voluto salutarvi tutti stasera. ‘Tà bom! Ho finito! Un sincero grazie a tutti quanti. E’ stato bello vivere insieme a voi.Come si vede è un discorso piuttosto triste, prolisso, rassegnato, e che punta soprattutto sul sociale, trascurando l’aspetto umano, il rapporto a tu per tu: se Zagor parla ad Akoto, Mister No non parla a nessuno in particolare, quasi a se stesso. Infatti è un monologo, e chi ascolta sono in gran parte degli sconosciuti: degli inservienti, una ragazza appena rimorchiata, Paulo Adolfo. Per non parlare dell'ambiente squallido e triste di un bar chiuso con le coperte ancora sui tavoli. E’ quasi un discorso di chi sta per morire da solo, il discorso di uno sconfitto che pensa sia inutile combattere contro i mulini a vento e che la cosa migliore da fare sia andarsene. E’ un “no” anche alle proprie responsabilità, nel non accettare la possibilità di fare qualcosa di buono. Mister No pensa di non avere nessuna arma dell’Eroe Rosso e se ne va sconfitto, ripetendo la fuga che aveva già fatto all’inizio della serie, andando via dalla città e rifugiandosi a Manaus. Ora, rifugiandosi a Rurrenabaque, ripete il ciclo, che, in un certo senso, si chiude. Se Zagor è una freccia che punta sicura verso il futuro, Mister No è un cerchio chiuso e rassegnato alla sconfitta. E’ incredibile la profonda differenza concettuale di questi due personaggi usciti dallo stesso autore! Forse, alla fine della sua vita, Sergio Bonelli si è lasciato prendere dal pessimismo. Comunque, lascio ai posteri l’ardua sentenza.
POSTILLA: ESSE-ESSE, UN ESEMPIO DI REVISIONISMO? Nelle apparizioni iniziali di Esse-esse, lui stesso ammette più di una volta di aver fatto parte delle SS, ma poi, con il passare delle storie, la cosa venne pian piano modificata dagli sceneggiatori. Infatti, in "Rio Negro" (Mister No n. 13), lui aveva detto di essere stato un "Esse-Esse", ma "senza aver mai ammazzato nessuno": cosa piuttosto difficile da credere per un fumetto dalle tendenze "realistiche" come Mister No. Per questo, successivamente, gli autori avevano "deviato" questa sua appartenenza agli Esse Esse a quella di una divisione nazista del deserto. Credo che l'abbiano fatto per rendere meno "cattivo" Esse-Esse: infatti, nella realtà, gli "Esse-Esse" erano la squadra d'elite e la guardia personale di Adolf Hitler, ed erano famosi per la loro crudeltà ed efferatezza. Quindi, non sarebbe stato un passato molto facile da digerire per i lettori, per questo si scelse quell'espediente. Osservando i vari riferimenti al passato di Esse Esse (che non sono molti), in "Tragica palude" (Mister No n. 18)era comparso l'ex-Colonnello Hassler delle SS, sotto le cui dipendenze Esse Esse aveva combattuto come soldato. Molti numeri più avanti, in "Arriva Esse-Esse!" di Mignacco (Mister No n. 194), la cosa venne spiegata: Esse Esse aveva fatto parte dell'Afrika Corps per la maggior parte della guerra, e ritornò in Germania poco tempo prima della fine della guerra, sotto gli SS e ai comandi appunto del Colonnello Hassler. Quindi è stato sotto le SS per poco tempo, diciamo alcuni mesi. Anzi, ci sono stati dei libretti allegati negli speciali di Mister No, in cui si raccontava di Esse-Esse che dava la caccia al Generale Wolfe, responsabile degli orrori di un campo di concentramento. Insomma, si è cercato di rendere "accettabile" il passato di Esse-Esse. E' solo una mia ipotesi, ma se qualcuno ne ha di migliori, si faccia avanti. In ogni caso, appartenente alle SS o meno, la sua spietatezza è indiscutibile: per esempio (uno dei tanti) ha lasciato divorare dai caimani il nemico Alvarado in "L'ultimo paradiso" (Mister No n. 64).
LINK A TUTTI GLI ARTICOLI SU ZAGOREdited by joe 7 - 24/8/2023, 13:43
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