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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 11

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 5 Nov. 2022
     
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    PURGATORIO CANTO 11 - PRIMA CORNICE: SUPERBI - OMBERTO ALDOBRANDESCHI, ODERISI DA GUBBIO
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Dante e Virgilio incontrano le anime dei superbi, che devono portare dei pesi in continuazione.



    PADRE NOSTRO

    Dante, appena entrato nella I Cornice, sente i superbi che recitano il Pater Noster, o Padre Nostro, interpretato da Dante:

    O Padre nostro, che ne’ cieli stai, (O Padre nostro, che sei nei Cieli)
    non circunscritto, ma per più amore (non limitato da essi, ma per il maggiore amore)
    ch’ai primi effetti di là sù tu hai (che provi per le tue prime creature)

    laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore (sia lodato il tuo nome e la tua potenza)
    da ogni creatura, com’è degno (da ogni creatura, come è giusto)
    di render grazie al tuo dolce vapore. (rendere grazie alla tua dolce sapienza.)

    Vegna ver’ noi la pace del tuo regno, (Venga per noi la pace del tuo regno)
    ché noi ad essa non potem da noi, (poiché noi non possiamo salire ad essa con le nostre forze)
    s’ella non vien, con tutto nostro ingegno. (se non ci viene data, anche se ci impegniamo in ogni modo)

    Come del suo voler li angeli tuoi (Come i tuoi angeli fanno sacrificio a te della loro volontà,)
    fan sacrificio a te, cantando osanna, (cantando 'osanna',)
    così facciano li uomini de’ suoi. (così facciano gli uomini della loro.)

    Dà oggi a noi la cotidiana manna, (Dacci oggi la nostra manna quotidiana,)
    sanza la qual per questo aspro diserto (senza la quale in questo aspro deserto (la Terra)
    a retro va chi più di gir s’affanna. (chi più cerca di avanzare, tanto più cammina a ritroso.)

    E come noi lo mal ch’avem sofferto (E come noi perdoniamo a ciascuno le offese subìte,)
    perdoniamo a ciascuno, e tu perdona (anche tu perdona a noi,)
    benigno, e non guardar lo nostro merto. (benevolo, e non guardare i nostri meriti.)

    Nostra virtù che di legger s’adona, (Non mettere alla prova con il demonio)
    non spermentar con l’antico avversaro, (la nostra virtù, che si abbatte facilmente,)
    ma libera da lui che sì la sprona. (ma liberaci da lui che la stimola in tal modo.)

    Quest’ultima preghiera, segnor caro, (Quest'ultima preghiera, Signore caro,)
    già non si fa per noi, ché non bisogna, (non la facciamo per noi, che non ne abbiamo bisogno, (perchè siamo già salvati)
    ma per color che dietro a noi restaro. (ma per coloro che abbiamo lasciato tra i vivi.)

    E' da notare che anche qui si dice "non ci indurre in tentazione" (l'equivalente di "non spermentar con l’antico avversaro"), anzichè "non ci abbandonare alla tentazione", come si sta cercando assurdamente di far dire oggi in Chiesa. Dio non abbandona mai nessuno, quindi è una bestemmia dirgli di non abbandonarci!

    I superbi invocano la pace di Dio, che essi non possono ottenere senza l'aiuto della grazia: recitano la preghiera camminando piegate sotto i pesanti massi, mentre procedono più o meno curve in tondo lungo la Cornice, purgandosi dei mali del mondo. Se le anime del Purgatorio, riflette Dante, sono sempre pronte a pregare per i vivi, anche questi devono fare qualcosa per i morti, ovvero pregare a loro volta per aiutarli a purificarsi dei peccati e salire in Paradiso quanto prima.

    OMBERTO ALDOBRANDESCHI

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    Il nobile Omberto degli Aldobrandeschi.


    Virgilio si rivolge poi ai penitenti, augurando loro di riuscire a liberarsi dei peccati prima possibile, e chiedendo di indicargli da quale parte si trovi la scala che conduce alla Cornice successiva. Se c'è più di un varco, aggiunge, gli mostrino quello che sale in modo meno ripido, poiché Dante è ancora in possesso del corpo mortale e quindi è più lento a salire, benché ciò sia in contrasto con la sua volontà. Una delle anime risponde a Virgilio, anche se Dante non può vedere chi sta parlando, e dice che l'accesso percorribile da una persona viva è a destra, per cui i due poeti devono seguirli. Il penitente aggiunge che, se il macigno che porta sulle spalle e punisce la sua superbia non lo costringesse a tenere il viso basso, alzerebbe gli occhi e guarderebbe Dante per capire se lo conosce e renderlo pietoso verso di sé. Egli è stato italiano e figlio di un grande toscano: il padre fu Guglielmo Aldobrandeschi e il suo nobile lignaggio, unito alle grandi opere dei suoi antenati, lo resero in vita così superbo da disprezzare tutti gli uomini e dimenticare che siamo tutti figli della stessa madre. La sua arroganza gli procurò la morte, che avvenne come ben sanno i Senesi e come sanno anche i bambini a Campagnatico. L'anima si presenta infine come Omberto Aldobrandeschi1, la cui superbia danneggia i suoi parenti ancora vivi, e che qui in Purgatorio dovrà scontare la pena per tutto il tempo che piacerà a Dio, visto che non lo ha fatto quand'era sulla Terra.

    ODERISI DA GUBBIO

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    Il miniaturista Oderisi della città di Gubbio.


    Mentre ascolta le parole di Omberto, Dante china la faccia verso il basso e un altro penitente si piega sotto il peso del masso e lo guarda, riconoscendolo e chiamandolo per nome, tenendo a fatica lo sguardo fisso sul poeta. Dante lo riconosce a sua volta e gli chiede se sia Mastro Oderisi, l'onore di Gubbio2 e maestro dell'arte della miniatura. Il penitente risponde che sono più apprezzati i codici miniati da Franco Bolognese2, col quale deve condividere la gloria di quell'arte. Inoltre, dice che, in vita, non sarebbe stato così pronto ad ammettere la sua inferiorità, dato il grande desiderio di fama che sempre lo animò. Ora sconta la pena per la sua superbia: anzi, non sarebbe finito in Purgatorio, se non si fosse pentito quando era ancora lontano dalla morte. Oderisi critica la gloria effimera degli uomini, che è destinata a durare poco, ed è seguita da un'età di decadenza. Cita l'esempio di Cimabue, superato nella pittura da Giotto, che era stato allievo dello stesso Cimabue, e di Guido Guinizelli3, superato nella poesia da Guido Cavalcanti3, mentre forse è già nato chi li vincerà entrambi (qui il sottinteso è rivolto a Dante). La fama mondana è solo un alito di vento, che soffia ora da una parte e ora dall'altra, sempre pronto a cambiar nome. Se uno muore da piccolo, non avrà fama più ampia di uno che muore da vecchio, prima che siano trascorsi mille anni: questo tempo è brevissimo, se paragonato all'eternità, "meno di un batter di ciglia rispetto al movimento del Cielo delle Stelle Fisse" (360 secoli in tutto) dice il Canto.

    PROVENZAN SALVANI

    Oderisi aggiunge che l'anima che cammina lentamente davanti a lui ne è un esempio: un tempo era Provenzan Salvani, il signore di Siena e un nome noto allora in tutta la Toscana. Adesso a malapena ci si ricorda del suo nome persino a Siena, di cui pure era signore, al tempo della battaglia di Montaperti contro Firenze. La fama degli uomini è come il verde dell'erba: va e viene, ed è cancellato dallo stesso sole che l'ha fatta spuntare dalla terra. Dante risponde a Oderisi che le sue parole gli ispirano grande umiltà e abbassano il suo orgoglio. Dante chiede ancora come sia possibile che Provenzan Salvani sia già in Purgatorio, dal momento che chi attende a pentirsi in punto di morte deve poi attendere nell'Antipurgatorio tanto tempo quanto visse, a meno che qualcuno non preghi per lui. Oderisi spiega che, quando era all'apice della sua potenza, Provenzan Salvani volle riscattare un amico dalla prigionia di Carlo I d'Angiò: quindi andò a chiedere l'elemosina in piazza del Campo, a Siena, umiliandosi di fronte ai suoi concittadini. Fu quel gesto ad ammettere Provenzan Salvani in Purgatorio. Oderisi aggiunge, pur sapendo di parlare in modo oscuro, che fra poco i concittadini di Dante faranno sì che lui stesso provi l'esperienza dell'esilio.

    COMMENTO

    Dante vuole sottolineare, attraverso i personaggi descritti in questo canto, tre diversi tipi di superbia:
    - per nobiltà di sangue (Omberto)
    - per l’arte (Oderisi)
    - per la politica (Provenzan Salvani).
    L’espressione di Omberto che fa di se stesso, "nato d’un gran Tosco" indica che la sua superbia non si è ancora del tutto dileguata. Le anime purganti, infatti, non sono ancora anime perfette, cioè beate. Con questo canto, Dante invita gli uomini ad essere umili e a non cadere nel peccato di superbia, che è quello specifico del demonio, il superbo per eccellenza, ed è il più grave di tutti: quello che maggiormente rischia di privare l'uomo della salvezza. È sembrato strano che, nel canto dedicato alla superbia, Dante citi indirettamente se stesso come colui che è destinato a vincere poeticamente Guinizelli e Cavalcanti: in realtà, questo è coerente col discorso di Oderisi. Infatti, Dante vuol dire che anche lui sarà a sua volta superato da qualcun altro. Dante è autore "ispirato" e, componendo il poema, può ben aspettarsi la fama eterna, ma ciò non deriva dai suoi meriti di scrittore, ma dalla grazia di Dio. Anzi, nel Paradiso ribadirà più volte di essere incapace di descrivere l'altezza delle cose vedute, ammettendo continuamente l'inadeguatezza della sua poesia e dei suoi strumenti retorici e invocando l'assistenza divina, senza la quale la composizione di quest'opera è letteralmente impossibile. Inoltre, con questa affermazione il poeta ha compiuto con poche parole il massimo atto di umiltà e di purificazione concepibile: infatti, di fronte ai miliardi di lettori che nei secoli successivi avrebbero letto e studiato la sua opera, in maniera pubblica Dante ha additato se stesso come superbo, volutamente e spontaneamente.

    IL DANTE DI NAGAI

    Qui non ci sono cambiamenti sostanziali per quanto riguarda la successione degli eventi. Ma per quanto riguarda la sostanza, sì: Virgilio, infatti, dice che la superbia è il peccato più facilmente commesso dall'uomo, senza aggiungere però che è il più grave tra tutti gli altri. La superbia viene qui considerata come "un peccato come gli altri", solo che è commesso più frequentemente. Invece, Dante - e la fede cristiana con lui - dice chiaramente che è il peccato più grave e pericoloso, che può portare più facilmente all'Inferno. E' da notare che la superbia è spesso ostentata nella mentalità giapponese, quindi per questo, forse, Nagai non si accorge della gravità di questa colpa. L'umiltà, comunque, è un concetto difficilmente comprensibile al di fuori del cristianesimo. La fierezza eccessiva, l'orgoglio, la superbia, sono caratteristiche rilevanti e comunemente accettate tra tutti i popoli e le religioni non cristiane.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xi.html

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    1 Omberto Aldobrandeschi: guelfo come Dante, apparteneva al ramo della antica e nobile famiglia degli Aldobrandeschi, conti dell'area di Grosseto, a sud della Toscana. Fu in guerra contro la ghibellina Siena. Non è chiaro come sia morto Omberto: o durante un combattimento contro Siena o soffocato nel suo letto da sicari inviati da Siena e travestiti da frati. Il vanto familiare di Omberto non ha in sè nulla di riprovevole: diventa peccato quando degenera in alterigia, in disprezzo degli altri, dimenticando la comune origine di tutti gli uomini.

    2 Oderisi da Gubbio e Franco Bolognese: erano due famosi miniatori, cioè realizzavano delle pitture ornamentali che decoravano i manoscritti e i libri antichi. A quei tempi non esisteva la stampa: tutti i libri quindi erano fatti a mano e realizzati per durare e per essere letti da più persone. I libri più importanti di solito erano quelli sacri, quindi dovevano essere realizzati in modo solenne, perchè venivano letti solo in Chiesa o comunque pubblicamente. Erano pesanti e grandi, tanto da essere appoggiati su un leggio. Più un libro era prestigioso, più doveva essere meglio decorato: da qui l'arte dei miniatori. Di solito decoravano con un'immagine la lettera iniziale del capitolo: era quasi uno status symbol. Comunque non si sa molto delle opere di Oderisi nè di Bolognese. Come per dire che la gloria umana è davvero effimera.

    Miniatura
    Esempio di miniatura. La lettera iniziale sembra essere una "a".



    3 Guido Guinizelli fu l'iniziatore e inventore del Dolce Stil Novo, una corrente di poesia più raffinata della precedente, mentre Guido Cavalcanti fu uno degli esponenti di punta di questa corrente letteraria.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 12/11/2022, 17:22
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    Ricordavo il colloquio fra Dante e Oderisi da Gubbio.
    In effetti, più avanti, nel canto degli invidiosi, quando verrà interrogato sull'aldilà che lo aspetta, Dante risponderà "temo che dovrò portare una pietra come gli orgogliosi".
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 5/11/2022, 16:23) 
    Ricordavo il colloquio fra Dante e Oderisi da Gubbio.
    In effetti, più avanti, nel canto degli invidiosi, quando verrà interrogato sull'aldilà che lo aspetta, Dante risponderà "temo che dovrò portare una pietra come gli orgogliosi".

    E' vero, lo dice anche il Dante di Nagai nel manga. Ma poi ci arriviamo. ^_^
     
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