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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 25

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 11 Mar. 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 25 - PASSAGGIO DALLA SESTA ALLA SETTIMA CORNICE (LUSSURIOSI)
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Dante, Virgilio e Stazio osservano le anime dei lussuriosi che bruciano tra le fiamme.


    I DUBBI DI DANTE

    L'ora è avanzata e occorre salire speditamente: sono le due del pomeriggio. Dante, Virgilio e Stazio, quindi, percorrono la scala che porta alla Settima Cornice con passo veloce, uno dietro l'altro, in fila, perchè la scala è troppo stretta per fare altrimenti. Dante ha un dubbio e vorrebbe esprimerlo ai due poeti, ma teme di essere importuno ed esita, come il cicognino (il piccolo della cicogna) che leva un'ala per spiccare il volo e poi non osa farlo e la abbassa.
    Virgilio intuisce il desiderio di Dante e lo invita a parlare liberamente: si vede infatti che il poeta è così teso da sembrare un arco che sta per scattare il dardo. Dante allora chiede come sia possibile che le anime dei golosi, pur essendo incorporee, dimagriscano per fame. Virgilio risponde citando l'esempio di Meleagro, che si consumò insieme al consumare di un tizzone ardente1, e facendo l'esempio dello specchio, che riflette l'immagine del corpo, come il corpo aereo riflette la sofferenza dell'anima. Tuttavia, per far sì che il dubbio di Dante sia chiarito meglio, Virgilio invita Stazio a fornirgli una spiegazione più dettagliata.

    NASCITA DELL'UOMO E INFUSIONE DELL'ANIMA AL MOMENTO DEL CONCEPIMENTO

    Stazio accetta di parlare al posto di Virgilio, ma, a sua discolpa, dice di farlo solo perchè non può rifiutare una sua richiesta. Prima di presentare la spiegazione di Stazio, che, per spiegare le cose al poeta inizia parlando del concepimento dell'uomo e dell'infusione dell'anima, per maggior chiarezza riassumo qui quello che lui vuole dire, e che è in linea con quello che da sempre dice la Chiesa: il feto - o meglio ancora l'ovulo fecondato - è dotato di anima sin dal concepimento. Inoltre, le anime - anche se ogni anima è stata pensata sin dall'eternità da Dio - non sono state create prima del concepimento, ma sono create nel medesimo istante del concepimento.

    San Tommaso d' Aquino, infatti, dice che l'anima viene infusa mentre viene creata, e viene creata mentre viene infusa: “Creando infunditur et infundendo creatur” (dalla "Summa Theologica"). Pertanto, sia l’anima che il corpo cominciano ad esistere simultaneamente, nello stesso istante. Infatti, se le anime, per ipotesi, fossero create prima, sorgerebbero parecchi problemi: che cosa farebbero? Dove sarebbero?

    Ora passiamo alla spiegazione di Stazio: che poi è quella di Dante e della Chiesa Cattolica.

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    Ma questo è un uomo! (in questo caso, una donna)


    Stazio inizia parlando di un "sangue perfetto" (noi adesso diremmo il DNA: ma Dante, ovviamente, non poteva usare questa terminologia) che c'è nell'uomo e ha la "virtù informativa" capace di dare forma a tutte le membra umane (in pratica, è la definizione del DNA).

    Una volta purificato, questo sangue diventa seme e scende negli organi genitali maschili (nel linguaggio moderno: nel periodo della pubertà, l'uomo inizia a sviluppare gli spermatozoi attivi nei testicoli). Questo "sangue perfetto" si unisce poi al "sangue femminile nell'utero" (oggi diremmo che lo spermatozoo si unisce alla cellula uovo, fecondandola).

    Nell'utero, il "sangue perfetto" (DNA maschile) si fonde col "sangue femminile" (DNA femminile) dando vita alla materia (l'ovulo fecondato, che diventa feto), in cui è infusa un'anima immortale.

    Anche se è completa, in quello stadio l'anima è per ora simile a quella di una pianta, perchè il corpo non è ancora sviluppato: ma ha tutte le capacità di sviluppo che una pianta non ha (la pianta ha solo un'anima vegetativa). Successivamente, l'anima sviluppa sensazioni simili a quelle di una spugna marina e inizia a organizzare le sue facoltà sensibili, diventando, da anima vegetativa, anima sensibile (che è simile a quella degli animali). Quando il feto si sviluppa ulteriormente e inizia a formarsi il cervello, per intervento diretto di Dio l'anima sensibile sviluppa completamente tutto quello che già aveva in potenza e diventa anima intellettiva o razionale, quindi ad immagine e somiglianza di Dio, perchè l'uomo è appunto fatto a immagine e somiglianza di Dio. Stazio, seguendo San Tommaso, infatti, spiega che, non appena il feto ha sviluppato il cervello, Dio spira nel suo corpo l'anima razionale che assimila in sé tutte e tre le potenze (vegetativa, sensibile e intellettiva).

    L'uomo ha raggiunto così lo sviluppo completo, che aveva già in potenza sin dall'inizio e che manca nelle piante, che hanno solo l'anima vegetativa come anima completa, e negli animali, che hanno solo l'anima sensibile come anima completa. Infatti, le piante e gli animali non sono fatti ad immagine e somiglianza di Dio come l'uomo, perchè sono privi dell'anima intellettiva e razionale, creata direttamente da Dio e che solo l'uomo ha. E ce l'ha sin dal concepimento, perchè è tutto già presente in potenza, come un seme. Per non parlare dello stesso corpo, fatto a immagine e somiglianza di Dio anch'esso, visto che Dio si è fatto corpo umano in Gesù Cristo.

    Stazio spiega a questo punto come l'anima vegetativa e sensibile diventi intellettiva e razionale: un punto delicato che ha tratto in inganno un filosofo ben più saggio di Dante: Averroè2 Questi, infatti, negava il fatto che l'anima da sensibile diventi intellettiva, perché, secondo lui, non ci sono organi specifici per esso. In questo modo, però, Averroè negò anche l'immortalità dell'anima. San Tommaso d'Aquino nega totalmente l'idea di Averroè, affermando invece sia l'immortalità dell'anima che il fatto che raggiunga lo stadio intellettivo e razionale. L'anima quindi ha sia la capacità vegetativa che quella sensibile che quella intellettiva-razionale, è un tutt'uno, è immortale ed è a immagine e somiglianza di Dio.

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    San Tommaso d'Aquino trionfa su Averroè, sotto di lui: infatti Averroè negava l'immortalità dell'anima. Accanto a Tommaso ci sono Aristotele e Platone. (Dipinto di Benozzo Gozzoli, XV Sec.)



    Perché Dante comprenda meglio quello che gli ha detto, Stazio fa il paragone col vino: è prodotto dal calore del sole (elemento immateriale che rappresenta l'anima) e dall'umore sostanziale della vite (elemento materiale che rappresenta il corpo), che insieme fanno il vino, cioè il "sinolo": insieme di anima e di corpo, che è appunto l'uomo.

    Stazio qui segue la trattazione di san Tommaso d'Aquino, che è la stessa indicata dalla Chiesa. Preme soprattutto a Dante ribadire che l'anima dell'uomo ha tre "potenze", la vegetativa, comune alle piante, la sensitiva, comune agli animali, e quella razionale o intellettiva, che è infusa nell'uomo direttamente dal Motore Primo, cioè da Dio, formando un'anima unica, unita inscindibilmente al corpo, formando così un "sinolo", cioè una unione di anima e di corpo, che è a immagine e somiglianza di Dio: appunto l'uomo. Questo distingue l'uomo dalle creature inferiori. Non in segno di dispregio si dice "inferiori", ma nel segno della differenza di qualità. L'oro, per esempio, è superiore per qualità agli altri metalli: ed è una superiorità naturale.

    SEPARAZIONE DELL'ANIMA DAL CORPO DOPO LA MORTE

    Stazio prosegue, spiegando che, alla fine della vita ("quando Làchesis - il destino greco - non ha più del lino", cioè non ha più filo da scorrere), quindi al momento della morte, l'anima si separa dal corpo e porta con sé sia le facoltà umane (la parte vegetativa e quella sensibile) che quella divina (la parte intellettiva e razionale). Le prime due sono ormai inerti, essendo separate dal corpo, ma la terza diventa molto più acuta che in precedenza.

    L'anima, se è dannata, cade subito sulla riva dell'Acheronte, dove lo aspetta Caronte; se è salva e deve andare in Purgatorio, cade alla foce del Tevere; se invece non ha delle colpe da scontare, va direttamente in Paradiso.

    Non appena si trova nell'aria, l'anima dà forma all'aria circostante e crea un corpo non fisico, trasparente, "umbratile" lo chiama Dante per bocca di Stazio (cioè ombroso, quasi nel senso che è un' "ombra che cammina"). Questo corpo ricorda nell'aspetto quello del corpo mortale in cui era presente. Per fare dei paragoni, Stazio prende come esempio l'aria che forma l'arcobaleno, oppure la fiammella che segue il fuoco della fiammella stessa (in questa versione, la "fiammella" è vista come un'entità separata dal "fuoco" che la compone).

    Questo corpo umbratile, inoltre, sviluppa tutti i sensi come la vista e il tatto, dando capacità all'anima di parlare, di ridere o di piangere a seconda dei sentimenti e delle sensazioni fisiche che essa prova, come Dante ha sperimentato nell'Inferno e nel Purgatorio. Questo spiega dunque come sia possibile che le anime dei golosi, pur immateriali, patiscano la fame e dimagriscano, con un effetto anche visivo che esprime così i patimenti dell'anima.

    La spiegazione di Stazio si discosta, almeno in parte, dalla dottrina tomistica (cioè di San Tommaso d'Aquino): infatti, Dante, nel poema, deve giustificare in qualche modo la presenza di anime che tuttavia soffrono come se avessero un corpo. Inoltre, Dante, per esigenze narrative, non sempre segue questa impostazione in modo coerente: come quando, per esempio, nell'Inferno afferra per i capelli l'anima di Bocca degli Abati.

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    Dante, nell'Inferno, tira per i capelli Bocca degli Abati: una cosa che però non potrebbe fare, essendo Bocca degli Abati un'anima senza corpo.



    SETTIMA CORNICE: ESEMPI DI CASTITA'

    I tre poeti sono ormai giunti nella Settima Cornice, quella dei Lussuriosi, per cui iniziano a girare verso destra. Laggiù, la parete rocciosa emette delle fiamme, che non raggiungono però il bordo, perchè un vento verso l'alto la blocca, permettendo così ai poeti di passare vicino all'orlo esterno. I tre iniziano dunque a percorrere la Cornice costeggiandone il ciglio, tra il vuoto da una parte, dove Dante poteva cadere, e il fuoco dall'altra, dove Dante poteva bruciarsi: una cosa che spaventa molto i poeta. Infatti, lo stesso Virgilio raccomanda a Dante di stare attento a dove mette i piedi, perchè rischia davvero di cadere. Mentre Dante sta in guardia osservando dove cammina, sente degli spiriti dentro il fuoco, che cantano l'inno Summae Deus clementiae3. Si volta verso di loro e vede le anime dei lussuriosi che camminano nel muro di fiamme, continuando però a stare attento a dove mette i passi. Dopo che le anime terminano il canto dell'inno, dichiarano l'esempio di castità di Maria che disse all'arcangelo Gabriele "Virum non cognosco", cioè: "Non conosco uomo".

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    "Non conosco uomo" dice Maria all'Angelo.


    Poi ripetono l'inno. Concluso di nuovo, dicono della dea Diana, che visse castamente nelle selve, da cui scacciò l'infedele ninfa Callisto4, chiamata Elice nella Commedia. Dopo aver ripetuto l'inno, parlano delle mogli e dei mariti che vissero castamente il vincolo matrimoniale, cioè non furono infedeli. Dante capisce che le anime ripetono tutto questo in mezzo al fuoco, durante tutta la loro espiazione, rimarginando in tal modo la loro piaga del peccato.

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    Artemide/Diana, dea della caccia: era anche protettrice della verginità e della pudicizia.


    COMMENTO

    Il Canto ha argomento prevalentemente didascalico, essendo dedicato per la maggior parte alla complessa spiegazione di Stazio circa la generazione dell'anima e la formazione dei corpi umbratili dopo la morte, per chiarire il dubbio di Dante sulla fisicità della pena dei golosi.

    San Tommaso affermava nella Summa Theologica che l'anima, separata dal corpo, non ha un corpo vero e proprio, salvo poi precisare che l'anima conserva la potenza sensitiva e può essere tormentata dal fuoco. San Tommaso notava la contraddizione tra l'inconsistenza delle anime e la necessità di rappresentare le pene infernali e purgatoriali come qualcosa di fisico, soprattutto per agire (ad esempio nelle arti figurative) sulla fantasia dei fedeli e operare una sorta di «deterrenza» dal commettere i peccati, minacciando punizioni che fossero facilmente comprensibili. Non è facile per noi capire bene come sia "punita" un'anima, visto che siamo fatti anche di corpo. Del resto, anche la letteratura classica descriveva le anime dei morti come ombre evanescenti, ma dall'aspetto umano, senza contare che la dottrina cristiana affermava che il Giorno del Giudizio le anime si sarebbero riappropriate del corpo mortale e, dopo la gran sentenza, avrebbero sofferto insieme ad esso le pene infernali o goduto con esse della pace celeste.

    È chiaro che sulle scelte stilistiche di Dante opera l'esigenza narrativa di rappresentare la realtà ultraterrena in modo comprensibile all'intelletto umano, il che spiega le apparenti incongruenze in materia.

    IL DANTE DI NAGAI

    Questo canto è stato completamente saltato dall'autore.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xxv.html

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    1 Meleagro: principe della città di Calidone e figlio di re Oineo e della regina Altea. Alla nascita del figlio, le Parche (cioè il Destino) rivelarono ad Altea che, per loro decreto, Meleagro era destinato a vivere quanto il tizzone che in quel momento gettano sul fuoco. La madre, allora, prese il tizzone e lo spense, nascondendolo, per salvare la vita del figlio. Ma, quando Altea seppe, anni dopo, che Meleagro aveva ucciso in un contenzioso i fratelli di lei, la regina, adirata, gettò nuovamente il tizzone sul fuoco e suo figlio Meleagro si consumò insieme al legno. Quando Altea si rese conto di quello che aveva fatto, per il rimorso si uccise.

    2 Averroè: (1126-1198) Fu uno dei più influenti filosofi musulmani, famoso commentatore di Aristotele. Nonostante questo, non sostenne l'immortalità dell'anima. Tuttavia, Dante, visto che Averroè fu sostenitore del razionalismo, lo mette nel Limbo.

    3 Summae Deus clementiae: inno che si canta al mattutino del sabato, che condanna la lussuria. Oggi inizia con le parole Summae parens clementiae, mentre al tempo di Dante l'incipit era quello riportato nel Canto. Alcuni versi della terza strofe dell'inno fanno appunto riferimento al peccato di lussuria, e richiamano da vicino la pena che Dante assegna ai peccatori: "Lumbos iecurque morbidum / Flammis adure congruis, / Accincti ut artus excubent / luxu remoto pessimo " ("Brucia con fiamme convenienti i nostri lombi e il molle fegato, sì che le membra siano vigili e pronte, rimossa da noi la triste lussuria.")

    4 Callisto, chiamata anche Elice, era una ninfa al servizio della dea Diana (o Artemide), e quindi era votata alla castità; ma fu sedotta da Giove. Dopo aver dato alla luce il figlio Arcade, fu scacciata dalla dea. Giunone, per gelosia, la tramutò in un'orsa; Giove allora la tramutò nella costellazione dell'Orsa Maggiore, accanto a quella dell'Orsa Minore, in cui venne trasformato anche il figlio.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 18/3/2023, 16:43
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    Con il suo discorso Dante ha anticipato di secoli i discorsi sul DNA: una cosa comune a molti grandi uomini del passato essere dei precursori.
    In passato avevo notato anch'io l'incongruenza di Bocca toccato da Dante e ho pensato fosse dovuta ad esigenze poetiche.

    Avevo letto che inizialmente le pene infernali erano concepite come privazioni della Grazia Divina.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 11/3/2023, 18:27) 
    Con il suo discorso Dante ha anticipato di secoli i discorsi sul DNA: una cosa comune a molti grandi uomini del passato essere dei precursori.

    A dire il vero, questa non è un'idea di Dante: è di Tommaso d'Aquino, che a sua volta ha seguito e raccolto la tradizione cattolica al riguardo, che è sempre stata coerente sin dall'inizio. Infatti, il concepimento verginale di Maria implica il fatto che, se Dio si è fatto uomo, all'inizio quindi si era fatto spermatozoo, con un suo DNA, che aveva fecondato un ovulo della Vergine. Questa è l'Incarnazione: Dio si è fatto uomo in un grembo come tutti. Quindi, sin dall'inizio, sin dal concepimento, abbiamo sempre al mondo un uomo. A dire il vero, basterebbe anche solo la logica per capirlo: basta vedere come da un seme nasce l'albero.

    Tommaso D'Aquino e Dante hanno solo seguito la dottrina cattolica, che sin dall'inizio ha visto l'aborto e la contraccezione come un omicidio. Non è che Dante abbia inventato qualcosa di nuovo: affermava ciò che i cristiani già sapevano da secoli, senza bisogno di microscopi e radiografie.

    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 11/3/2023, 18:27) 
    In passato avevo notato anch'io l'incongruenza di Bocca toccato da Dante e ho pensato fosse dovuta ad esigenze poetiche.

    E infatti era per esigenze poetiche, di racconto. Servono per rendere più drammatico ed efficace quello che si racconta, senza badare troppo alla coerenza. Come la famosa gatling di Zagor, che era vissuto in un periodo in cui la gatling non esisteva ancora. Perchè quello che conta è la storia, non la "continuity", che è diventata invece il feticcio dei fumetti e film attuali. Che per questo sono coerentissimi, ma noiosissimi.

    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 11/3/2023, 18:27) 
    Avevo letto che inizialmente le pene infernali erano concepite come privazioni della Grazia Divina.

    La privazione della Grazia Divina significa la privazione della salute, sia fisica che spirituale. Solo in Dio c'è salute, sia fisica che spirituale: il massimo di questa salute è la beatitudine, appunto. Fuori da Dio c'è sofferenza, in ogni senso, fisico e spirituale. Essere privati della Grazia Divina non significa essere licenziati, o essere mandati in mezzo alla strada: significa soffrire per sempre. Quindi dire "essere privi della Grazia Divina" o "soffrire le pene dell'inferno" è la stessa cosa.
     
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