ZAGOR E MISTER NO A CONFRONTO (terza parte)Primo articolo: qui; articolo precedente: qui
Insieme a Zagor, c'è un Mister No primissima maniera: quasi non si riconosce... non ha nè le tempie brizzolate nè il quadrifoglio! Senza contare la pistola ai fianchi e il coltello legato allo stivale, cose che Mister No non ha mai avuto!
ZAGOR E GLI INDIANI; MISTER NO E GLI INDIOSGli indiani ci sono in tutte e due le serie: in quella di Zagor appaiono gli indiani degli Stati Uniti (soprattutto quelli dell'area nordorientale), mentre, nella serie di Mister No, appaiono gli Indios, che sono di varie etnie e tribù. L’approccio dei due personaggi rispetto a loro ha delle somiglianze e delle differenze.
Innanzitutto, Zagor è il protettore degli indiani e parla a nome loro quando si rivolge all’uomo bianco: non ha però la stessa voce in capitolo quando parla agli indiani a nome dell’uomo bianco, in quanto non è un’autorità riconosciuta dai bianchi, come lo è invece Tex Willer (che è un'autorità riconosciuta dai bianchi: infatti è un Ranger, un Agente Indiano e, particolare importante, anche un uomo assai ricco e pubblicamente conosciuto). A volte Zagor può parlare agli indiani a nome dei bianchi, ma solo quando un generale dell’esercito si affida a lui perché lo stima. Un caso a sé è quello del Ministro della Guerra Harold Pickenz, che, in un evento eccezionale (quello dell’attacco di Hellingen a Washington in “Ora Zero”) ha potuto conoscere Zagor e stimarlo tanto da intervenire addirittura di persona nella storia del “Tropical Corp”. Ma si tratta di eccezioni, in quanto Zagor
non ha un ruolo ufficialmente riconosciuto dai bianchi: si tratta, in sostanza, di rapporti personali, non ufficiali come nel caso di Tex Willer. In ogni caso, Zagor si sente in dovere di fare
il possibile perché l’uomo rosso – che tra i due è l’elemento più debole e quindi più bisognoso di aiuto – possa integrarsi bene col mondo dei bianchi, col quale, bene o male, deve comunque convivere.
Passiamo a Mister No: con gli Indios ha un forte legame, tanto da conoscere bene lingue e costumi, ma non si assume, a differenza di Zagor, il ruolo di “protettore” degli Indios. Interviene solo a livello personale quando è coinvolto casualmente in determinate circostanze (e qui ci riallacciamo a quanto detto prima: cioè al desiderio implicito di Mister No di evitare guai, invece di agire in prima persona, come fa Zagor). Un esempio importante – perché caratteristico del suo modus operandi - di questi suoi interventi è raccontato nella saga di
“L’ultimo paradiso” (Mister No 64):
In questa storia, Mister No ed Esse-Esse, per aiutare l’amico indio Akawè, al quale è stata rapita la sua fidanzata Makoritha, seguono le tracce dei rapitori fino a trovarle al villaggio turistico di Wanabo, gestito da Mister Fox, in cui Makoritha e altre ragazze indios sono schiavizzate. Dopo un feroce scontro a fuoco, il villaggio viene bruciato e tutti i colpevoli uccisi. Finita la storia, Mister No e i suoi amici possono ritornare a casa. In sostanza, Mister No interviene semplicemente coi suoi mezzi e con la sua esperienza di veterano di guerra, ma non fa affidamento su nessuna autorità, che comunque Mister No vede con una certa diffidenza, ritenendole (spesso a ragione) molto corrotte. C’è un’altra caratteristica, che rende Mister No un po’ più realistico di Zagor: entrambi hanno molta fiducia nell’indiano (o nell’indio) credendo alla favola del “buon selvaggio”, che consiste nell’idea che l’indiano (nord o sudamericano) sia sempre costituzionalmente buono e senza peccato, e sia stato poi corrotto a causa della presenza dei bianchi, i soli peccatori.
Ma, in determinate circostanze, il primo – Zagor – spesso insiste sull’idea del “buon selvaggio”, mentre Mister No invece (non sempre, ma a volte capita) vede i fatti. Mi spiego meglio con due esempi. Nella storia della
“Rabbia degli Osages” (Zagor 119), Zagor vuole ottenere giustizia per il capo degli Osages, Wakopa, al quale Billy Boy, il figlio di Mister Kirby, l’uomo più potente del paese di Stoneville, aveva ucciso la sposa in un momento di ubriachezza.
Fin qui, l’intenzione di Zagor è giusta. Ma quando si accorge che Wakopa ha circondato l’intera Stoneville coi suoi indiani, condannando l’intero paese a morire di fame, e che, inoltre, ha anche ucciso nella sua rabbia degli innocenti coloni, compresi i loro bambini, cerca di giustificarlo comunque, dicendo che è colpa dell’uomo bianco che Wakopa è diventato così. Veri o falsi che siano i suoi ragionamenti, qui Zagor si mostra fin troppo di parte, stando dalla parte degli indiani, giustificandoli in ogni caso e contro i bianchi, condannandoli sempre. Una presunzione di innocenza per i primi e una presunzione di colpevolezza per gli altri: in questo modo, Zagor non riesce a gestire bene il suo ruolo di intermediario tra i due diversi mondi, perchè non si mostra imparziale.
Passiamo invece a Mister No: anche lui, spesso, dà la colpa ai bianchi di quello che avviene negli indios, e diverse volte a ragione: però si rende conto che gli indios di per sé non sono “sempre buoni” come vorrebbe il mito del buon selvaggio. Infatti, nella lunga storia
“Oro!” (Mister No 83), Mister No si trova perso nella giungla e aiutato dagli Indios, coi quali vive per un certo periodo, addirittura legandosi a livello sentimentale con l’india Arhama.
Eppure, dopo un po’ si accorge che non tutto è pulito in quel mondo: infatti, ad un certo punto, i suoi amici indios vanno in un altro villaggio di indios a fare una razzia e rapire le loro donne, una cosa assai comune tra le tribù (non solo di indios: anche tra gli indiani del nordamerica era una cosa frequente). Mister No protesta, ma viene zittito da loro con un colpo di bastone in testa che lo tramortisce. Ripresosi, osserva il massacro compiuto dai suoi compagni e si allontana intristito. In questo caso, Mister No osserva senza finzioni – a differenza di Zagor - il lato oscuro dell’indiano, che non è “completamente buono” come spesso lo si vorrebbe descrivere.
Un’ultima osservazione: gli interventi di Mister No per aiutare gli indios, che si basano sostanzialmente sull’uso della sua forza, a volte provocano più danni che aiuto. Per esempio – assai calzante – in
“Vento rosso” (Mister No 241),
Mister No ed Esse Esse fanno un’azione terroristica in una fabbrica della Brazil Chemicals che inquinava la foresta, provocando però la reazione rabbiosa della potente organizzazione yakuza di Ishikawa, che provoca la morte di Augustino (un amico di Mister No), la tortura di diversi suoi amici, la distruzione del suo Piper e del bar di Paulo Adolfo, e, insieme ad altre cose, la fuga di Mister No da Manaus con una lunga avventura per parare i conti. Senza contare che, comunque, la Brazil Chemicals potrà sempre costruire un’altra fabbrica meglio sorvegliata, e la situazione finale sarà peggiore della prima. Non sempre l’azione violenta di Mister No è la migliore, perché può provocare reazioni ancora peggiori, e non aiutano in pieno il popolo indio. In questa storia, si vedono i limiti del personaggio.
CANTOPassiamo ad un altro aspetto di Mister No e Zagor: il canto. Mister No canta assai più spesso di Zagor: in particolare, quando è allegro, canta sempre:
“Oh, when the saints,
oh when the saints go marching’in
I wanna to be in that number”
Questa canzone è di
Louis Armstrong, famoso cantante jazz degli Anni ’60, ma non è una sua invenzione: infatti, è un testo spiritual ripreso da diversi cantanti jazz, tra cui appunto Armstrong. Gli “spiritual” sono musiche cantate dai negri del sud ai tempi della schiavitù, con alla base un testo religioso cristiano. Infatti, è un richiamo al giudizio universale, dove i “santi”, cioè i salvati, marceranno insieme in Paradiso. E’ da notare che, all’originale, o comunque in una versione più fedele, l’ultima riga dovrebbe essere
“Lord, how I want to be in that number”, cioè
“Signore, come vorrei essere con loro”. Il fedele, insomma, si augura di essere tra i salvati e chiede a Dio la salvezza, confidando nella sua misericordia. Nella strofa di Mister No, però, manca l’invocazione a Dio e Mister No dice (pretendendo):
“io voglio essere in quel numero”, senza chiederlo a nessuno in particolare. Insomma, la si potrebbe definire una preghiera-canto atea. Resta comunque una invocazione di tipo religioso, almeno nell’origine, che ci fa quindi riallacciare alle esclamazioni di tipo “trascendentale” di Mister No (“Per l’animaccia mia”, ecc.). Un’altra traccia della sua “religiosità nascosta”, un argomento di cui ci occuperemo poi.
Passiamo a Zagor: lui non canta, in genere. A cantare è soprattutto il suo amico messicano Cico, che inventa delle strofette umoristiche inventate sul momento. Facendo un confronto, tra l’altro, si scopre che Esse Esse non canta MAI: al massimo, quando è brillo, imita
“Oh when the saints” di Mister No (in
“Il re della Giungla” (Mister No 110), lo fa mentre camminano insieme per strada). In sostanza, i ruoli del “canterino” sono invertiti: se in Zagor a cantare è il coprotagonista, in Mister No a cantare è invece il protagonista. Comunque, anche Zagor canta, a volte: lo fa però insieme agli altri. A volte per necessità. Per esempio, canta e fa cantare a tutti il
“Sally Brown” durante la terribile traversata finale dell’
"Odissea Americana" (Zagor 88) per dare coraggio ai superstiti. Oppure per cantare in allegria con gli altri, come nel ritorno a Darkwood in canoa coi trappers nella scena finale di
“Pugni e pepite” (Zagor 145). Ecco il testo:
"They say there is a stream
where crystal waters flow
well, that is the stream
that leads to Darkwood!"
(Dicono che esiste un fiume
Dove scorrono acque cristalline
Beh, quello è il fiume
che conduce a Darkwood!)
Per la cronaca, questa canzone sarà poi ripresa ed ampliata dal cantautore Graziano Romani in un CD. Comunque, questa è forse l’unica canzone che Zagor ha cantato spontaneamente: infatti, quella storia non è di Nolitta, ma di Decio Canzio (che ha composto la strofa) cosa che fa risaltare di più la differenza. In ogni caso, quella canzone è un canto d’amore appassionato per Darkwood, il regno di Zagor dove lui cerca di mettere ordine e serenità. Se Mister No canta pensando ai santi, Zagor canta pensando alla sua terra: è una curiosa contraddizione, che mostra la sottile tristezza nascosta di Mister No. Infatti, lui cerca un luogo sereno, appunto il “paradiso”, che per lui è Manaus, ma nello stesso tempo lo sente come un paradiso precario. Questo gli dà una sottile, indefinibile angoscia, che alla fine esploderà nella storia finale della serie. Invece, Zagor è in pace col cielo e con la terra, avendo trovato il suo equilibrio sia nell’aldilà che nell’aldiquà: infatti, agisce cercando di fare del bene e sente che è una buona cosa da fare, che dà frutti, sia a livello terreno che a livello trascendentale. Il suo canto, quindi, è assai allegro, contemplando la sua Darkwood come un anticipo del Paradiso. Zagor, in sostanza, nonostante il suo passato tormentato, è più sereno di Mister No.
(3 - Continua qui)LINK A TUTTI GLI ARTICOLI SU ZAGOREdited by joe 7 - 24/8/2023, 13:36
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