ZAGOR 269-271: LA BOCCA DEL DRAGO (analisi di Ivan)Testi: Marcello Toninelli
Disegni: Franco Donatelli
Zagor edizione originale Zenith: n. 320-322 (usciti nel 1987-88). I numeri reali di Zagor sono: 269-271. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come
Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 269-271.
TRAMAUn professore esperto in storia antica, Stanislaw Shimkoziewic, sostiene che il Vello d'Oro (il manto di un ariete, tutto d'oro, che poteva essere tosato dall'animale: fu ricercato dagli Argonauti di Giasone, secondo le leggende greche) esiste davvero: ma non si trova in Grecia, bensì in America. Più precisamente, nelle Misty Mountains (montagne nebbiose). Sostiene questo, basandosi su documenti antichi che attestano che il racconto degli Argonauti era in parte vero. Digging Bill, Zagor e Cico accompagnano il professore. Incontrano le Arpie, insieme ai Tungul, un popolo simile ai mongoli, che fanno la guardia al Vello dorato.
COMMENTOProduzione tipica del Toninelli
second-age: né lodevole né troppo brutta. In sostanza, piatta ed anonima, tranquillamente dimenticabile. Come in quasi tutte le storie di Toninelli di quel periodo, pregi e difetti sono un tutt'uno - nel senso che i
pregi a livello di IDEA si trasformano poi in
difetti durante la loro fase di trasposizione in SCENE NARRATIVE.
PREGI DIFETTATI (o difetti pregevoli)Partiamo col dire che
l'idea di base era buonina: prendere una leggenda mitologica (gli
Argonauti) e trasporre in chiave realistica ciò che lì veniva descritto tramite allegorie (la “Bocca del drago”, le “Arpie”, il “Canto delle sirene”...), nonché ipotizz
are che il viaggio degli Argonauti si fosse svolto in America anziché nell'antica Europa tramite una stravagante reinterpretazione del testo originale della leggenda. Okay; fin qui, bravo Marcello. Peccato che la trasposizione in sceneggiatura di questi pur buoni spunti di base soffra dei suoi tipici difetti:
– affrettatezza nell'imbastire la struttura della trama;
– scarsa verosimiglianza delle situazioni narrative;
– incoerenza dei comportamenti;
– psicologia dei personaggi assente o stereotipata;
– banalità dei dialoghi;
– piattezza del ritmo narrativo;
– apatia delle scene d'azione...
In una parola: una classica
TONINELLATA. E il fatto che il buon Marcello non avesse TEMPO di curare le storie a dovere, lo scusa solo fino ad un certo punto. Una delle note più dolenti:
questo Digging Bill non è affatto Digging Bill; è solo un tizio vestito allo stesso modo. Del Digging Bill di Nolitta non c'è quasi NULLA: manca la tipica
furfanteria di fondo del personaggio, quella per cui era disposto a commettere (quasi) qualsiasi malefatta pur di inseguire il suo tesoro (come visto in
"La traccia",
"I sei della Blue Star",
"Oceano"). Qui invece è solo un “onestissimo” cercatore di tesori, senza nessun'altra caratterizzazione. Peraltro,
nel corso della spedizione non fa praticamente NULLA: è assente sia dall'azione che dal dialogo; Toninelli non gli concede nemmeno una gag con Cico. Una presenza fantasma.
Le Arpie sono tutte uguali. Non intendo solo fisicamente; intendo proprio come comportamento. Ognuna agisce allo stesso modo dell'altra, come tanti automi spersonalizzati. Non ce n'è una che si contraddistingua dalla massa, tranne la
regina (e giusto solo perchè impartisce ordini...ma basta questo per caratterizzare un personaggio?) Delle motivazioni per cui sono in guerra da secoli coi Tungul, o della vita nel villaggio, o del loro addestramento guerriero, non c'è la minima traccia. Le Arpie risultano un popolo
anonimo; potenzialmente interessante, ma descritto senza spessore. Sia nel campo dei Tungul che in quello delle Arpie non ci sono tracce di vecchi e bambini (e in quello dei Tungul nemmeno di donne). Sono tutti rintanati nelle capanne? Può darsi...ma il lettore percepisce lo stesso che c'è qualcosa che
NON VA nel modo di rappresentare visivamente una comunità nascosta che si riproduce autonomamente da generazioni. A parte questo, manca totalmente un accenno di
retroterra storico che renda credibile l'esistenza di due comunità isolate da secoli dal resto del mondo. Stando solo ai meri fatti presentati, sembra quasi che i due popoli si siano stabiliti nella zona soltanto da un paio d'anni.
I motivi del loro conflitto, poi, appaiono del tutto pretestuosi: in pratica, le Arpie vorrebbero impossessarsi della valle dei Tungul...perché quella è una TERRA FERTILE?! Fammi capire, Marcello...'Ste superguerriere qua fanno la guerra ai Tungul
da 3000 anni...solo per rubargli un pezzo di terra e trasformarsi poi in contadine?! Se è uno scherzo, devi dirlo
prima che il lettore acquisti l'albo, ostrega!
Meriti ai meriti, bisogna riconoscere che la sequenza dell'arena coi tori è davvero ben riuscita. Buonina anche la trovata della “voce-che-uccide” a guardia del Vello d'Oro...solo che l'irraggiungibile cimelio viene alfine rubato da un banditello di mezza tacca semplicemente...
TAPPANDOSI LE ORECCHIE?! Ma che genialata. Non ci aveva mai pensato nessuno in 3000 anni, eh?
Dal punto di vista narrativo,
il terremoto finale è una boiata. Una risoluzione del tutto gratuita, piovuta dal cielo, senza la minima premessa narrativa. Ma come; il Vello d'Oro è rimasto protetto da secoli in una valle nascosta...e PROPRIO il giorno in cui arrivano i primi visitatori stranieri dopo centinaia di anni, il vulcano si risveglia da solo, così, senza alcun motivo? Come dire: bastava che si attardassero un paio di giorni in più, e ci avrebbe pensato la Natura – per PURO CASO – a fare piazza pulita di tutta la faccenda che era rimasta in stallo per 30 secoli. Mah. In una storia dall'impianto così sgangherato non dovrei soffermarmi sui dettagli, ma...anche stavolta il solito Toninelli fa inciampare da solo il solito personaggio sul solito ciottolo facendogli prendere la solita storta alla solita caviglia. $£"£$% MARCE'!! Hai rotto un po' le scatole con 'sto espediente per guadagnare una cacchio di pagina!
In definitiva, non è che ci sia “UN” elemento in particolare che si possa definire intollerabile...ma è la scarsa credibilità di “OGNI” singolo elemento a penalizzare il pathos della storia e a logorare progressivamente il coinvolgimento del lettore man mano che il racconto procede. E questo, purtroppo, è un aspetto riscontrabile in quasi tutte le produzioni dell'
era-Toninelli.DISEGNIIl mio giudizio su Donatelli è sempre il medesimo:
né lode né infamia. Il suo lo trovo un segno freddo e schematico; tuttavia era molto veloce, e ciò gli ha permesso di aver realizzato così tanti episodi da risultare
familiare ai lettori di Zagor. Tanto basta per non mettersi a fare i puristi del
bel disegno. (Nota a margine): Un punto debole di Donatelli sono sempre state le FIGURE FEMMINILI, tutte sensuali come spaventapasseri. Nell'episodio in questione, le sue Arpie sono inguardabili, dei maschi con le tette;
proprio nun se possono vede'! Su
Zagor non si pretendono le donnine di Manara...ma almeno distinguere a colpo d'occhio gli uomini dalle donne mi pare il
minimo, per la malora!
Storia:
5,5Disegni:
7QUI TUTTI GLI ALTRI LINK SU ZAGOREdited by joe 7 - 8/9/2022, 22:42
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