Il blog di Joe7

  1. ZAGOR: "LA BOCCA DEL DRAGO" (Ivan)

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    Ivan
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    By joe 7 il 25 Sep. 2017
     
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    ZAGOR 269-271: LA BOCCA DEL DRAGO (analisi di Ivan)

    Testi: Marcello Toninelli
    Disegni: Franco Donatelli

    1_Z2_bocca_D 1_Z3_voce_che_ucc


    Zagor edizione originale Zenith: n. 320-322 (usciti nel 1987-88). I numeri reali di Zagor sono: 269-271. Infatti, l'edizione Zenith originale pubblicò Zagor a partire dal numero 52, quindi ha la numerazione sfasata che continua ancora oggi, con 51 numeri in più. Prima del numero 52, pubblicava storie di altri personaggi bonelliani come Hondo, Kociss, eccetera. Tutte le varie ristampe di Zagor invece seguono la numerazione reale, in questo caso 269-271.

    TRAMA

    Un professore esperto in storia antica, Stanislaw Shimkoziewic, sostiene che il Vello d'Oro (il manto di un ariete, tutto d'oro, che poteva essere tosato dall'animale: fu ricercato dagli Argonauti di Giasone, secondo le leggende greche) esiste davvero: ma non si trova in Grecia, bensì in America. Più precisamente, nelle Misty Mountains (montagne nebbiose). Sostiene questo, basandosi su documenti antichi che attestano che il racconto degli Argonauti era in parte vero. Digging Bill, Zagor e Cico accompagnano il professore. Incontrano le Arpie, insieme ai Tungul, un popolo simile ai mongoli, che fanno la guardia al Vello dorato.

    COMMENTO

    Produzione tipica del Toninelli second-age: né lodevole né troppo brutta. In sostanza, piatta ed anonima, tranquillamente dimenticabile. Come in quasi tutte le storie di Toninelli di quel periodo, pregi e difetti sono un tutt'uno - nel senso che i pregi a livello di IDEA si trasformano poi in difetti durante la loro fase di trasposizione in SCENE NARRATIVE.

    PREGI DIFETTATI (o difetti pregevoli)

    Partiamo col dire che l'idea di base era buonina: prendere una leggenda mitologica (gli Argonauti) e trasporre in chiave realistica ciò che lì veniva descritto tramite allegorie (la “Bocca del drago”, le “Arpie”, il “Canto delle sirene”...), nonché ipotizzare che il viaggio degli Argonauti si fosse svolto in America anziché nell'antica Europa tramite una stravagante reinterpretazione del testo originale della leggenda. Okay; fin qui, bravo Marcello. Peccato che la trasposizione in sceneggiatura di questi pur buoni spunti di base soffra dei suoi tipici difetti:
    – affrettatezza nell'imbastire la struttura della trama;
    – scarsa verosimiglianza delle situazioni narrative;
    – incoerenza dei comportamenti;
    – psicologia dei personaggi assente o stereotipata;
    – banalità dei dialoghi;
    – piattezza del ritmo narrativo;
    – apatia delle scene d'azione...
    In una parola: una classica TONINELLATA. E il fatto che il buon Marcello non avesse TEMPO di curare le storie a dovere, lo scusa solo fino ad un certo punto. Una delle note più dolenti: questo Digging Bill non è affatto Digging Bill; è solo un tizio vestito allo stesso modo. Del Digging Bill di Nolitta non c'è quasi NULLA: manca la tipica furfanteria di fondo del personaggio, quella per cui era disposto a commettere (quasi) qualsiasi malefatta pur di inseguire il suo tesoro (come visto in "La traccia", "I sei della Blue Star", "Oceano"). Qui invece è solo un “onestissimo” cercatore di tesori, senza nessun'altra caratterizzazione. Peraltro, nel corso della spedizione non fa praticamente NULLA: è assente sia dall'azione che dal dialogo; Toninelli non gli concede nemmeno una gag con Cico. Una presenza fantasma.

    Le Arpie sono tutte uguali. Non intendo solo fisicamente; intendo proprio come comportamento. Ognuna agisce allo stesso modo dell'altra, come tanti automi spersonalizzati. Non ce n'è una che si contraddistingua dalla massa, tranne la regina (e giusto solo perchè impartisce ordini...ma basta questo per caratterizzare un personaggio?) Delle motivazioni per cui sono in guerra da secoli coi Tungul, o della vita nel villaggio, o del loro addestramento guerriero, non c'è la minima traccia. Le Arpie risultano un popolo anonimo; potenzialmente interessante, ma descritto senza spessore. Sia nel campo dei Tungul che in quello delle Arpie non ci sono tracce di vecchi e bambini (e in quello dei Tungul nemmeno di donne). Sono tutti rintanati nelle capanne? Può darsi...ma il lettore percepisce lo stesso che c'è qualcosa che NON VA nel modo di rappresentare visivamente una comunità nascosta che si riproduce autonomamente da generazioni. A parte questo, manca totalmente un accenno di retroterra storico che renda credibile l'esistenza di due comunità isolate da secoli dal resto del mondo. Stando solo ai meri fatti presentati, sembra quasi che i due popoli si siano stabiliti nella zona soltanto da un paio d'anni. I motivi del loro conflitto, poi, appaiono del tutto pretestuosi: in pratica, le Arpie vorrebbero impossessarsi della valle dei Tungul...perché quella è una TERRA FERTILE?! Fammi capire, Marcello...'Ste superguerriere qua fanno la guerra ai Tungul da 3000 anni...solo per rubargli un pezzo di terra e trasformarsi poi in contadine?! Se è uno scherzo, devi dirlo prima che il lettore acquisti l'albo, ostrega!

    Meriti ai meriti, bisogna riconoscere che la sequenza dell'arena coi tori è davvero ben riuscita. Buonina anche la trovata della “voce-che-uccide” a guardia del Vello d'Oro...solo che l'irraggiungibile cimelio viene alfine rubato da un banditello di mezza tacca semplicemente...TAPPANDOSI LE ORECCHIE?! Ma che genialata. Non ci aveva mai pensato nessuno in 3000 anni, eh?

    Dal punto di vista narrativo, il terremoto finale è una boiata. Una risoluzione del tutto gratuita, piovuta dal cielo, senza la minima premessa narrativa. Ma come; il Vello d'Oro è rimasto protetto da secoli in una valle nascosta...e PROPRIO il giorno in cui arrivano i primi visitatori stranieri dopo centinaia di anni, il vulcano si risveglia da solo, così, senza alcun motivo? Come dire: bastava che si attardassero un paio di giorni in più, e ci avrebbe pensato la Natura – per PURO CASO – a fare piazza pulita di tutta la faccenda che era rimasta in stallo per 30 secoli. Mah. In una storia dall'impianto così sgangherato non dovrei soffermarmi sui dettagli, ma...anche stavolta il solito Toninelli fa inciampare da solo il solito personaggio sul solito ciottolo facendogli prendere la solita storta alla solita caviglia. $£"£$% MARCE'!! Hai rotto un po' le scatole con 'sto espediente per guadagnare una cacchio di pagina!

    In definitiva, non è che ci sia “UN” elemento in particolare che si possa definire intollerabile...ma è la scarsa credibilità di “OGNI” singolo elemento a penalizzare il pathos della storia e a logorare progressivamente il coinvolgimento del lettore man mano che il racconto procede. E questo, purtroppo, è un aspetto riscontrabile in quasi tutte le produzioni dell'era-Toninelli.

    DISEGNI

    Il mio giudizio su Donatelli è sempre il medesimo: né lode né infamia. Il suo lo trovo un segno freddo e schematico; tuttavia era molto veloce, e ciò gli ha permesso di aver realizzato così tanti episodi da risultare familiare ai lettori di Zagor. Tanto basta per non mettersi a fare i puristi del bel disegno. (Nota a margine): Un punto debole di Donatelli sono sempre state le FIGURE FEMMINILI, tutte sensuali come spaventapasseri. Nell'episodio in questione, le sue Arpie sono inguardabili, dei maschi con le tette; proprio nun se possono vede'! Su Zagor non si pretendono le donnine di Manara...ma almeno distinguere a colpo d'occhio gli uomini dalle donne mi pare il minimo, per la malora!

    Storia: 5,5
    Disegni: 7

    QUI TUTTI GLI ALTRI LINK SU ZAGOR

    Edited by joe 7 - 8/9/2022, 22:42
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    Sono un estimatore di Toninelli, ma anch' io ne riconosco certi limiti sopra indicati, almeno su Zagor. Fino a quando si tratta di riempitivi d' azione come "Il fiume delle nebbie" o un "Trappola sulle montagne rocciose" ante-litteram quale "Inferno bianco" non sono neanche un difetto. Ma sei mi vuoi fare sulla carta un kolossal come questo qualcosa in più ce lo devi mettere!
    Concordo sulla recensione. Il prologo è davvero affascinante e lasciava presagire chissà qualche storiona e la scena dei tori è epica. Peccato poi, come scritto, che il finale sia brusco con quel crollo generale usato e strausato in alcune storie di Martin Mystere per chiudere bruscamente il tutto! Ed il cattivo della compagnia alla fine non si presenta come reale minaccia.
    Digging Bill quì secondo me tutto sommato è ben caratterizzato, almeno rispetto alla successiva "La pietra che uccide", dove lì il buon Marcello s' è beccato critiche su critiche per il background del cacciatore di tesori. Questa comunque differenziazione da storia a storia, anche in questo cas dello stesso autore (!), mi perplime comunque. Meno male che con l' avvento del curatore il tutto avrà più omogeneità.
    Il bello o il brutto dell' autore toscano è che solo poco prima aveva firmato "La palude dell' orrore", la sua storia considerata più riuscita da molti, in cui c' erano un microcosmo d' impatto e la vicenda era ricca di sfumature e personaggi! Boh! I motivi di questa sua altalenanza qualitiva non li sapremo mai appieno credo. XD
    Questa storia, "La foresta allagata" e "Il ritorno di Kandrax" li considero comunque tra i maggiori flop per me. Erano avventure sulla carta affascinanti in cui riponevo grandi aspettative.

    "Toninelli non gli concede nemmeno una gag con Cico"

    C' è quella del sigaro. Piccolina, ma c' è. XD
     
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    CITAZIONE (Francesco Romani @ 23/12/2017, 14:35) 
    Sono un estimatore di Toninelli, ma anch' io ne riconosco certi limiti sopra indicati, almeno su Zagor. Fino a quando si tratta di riempitivi d' azione come "Il fiume delle nebbie" o un "Trappola sulle montagne rocciose" ante-litteram quale "Inferno bianco" non sono neanche un difetto. Ma sei mi vuoi fare sulla carta un kolossal come questo qualcosa in più ce lo devi mettere!
    Concordo sulla recensione. Il prologo è davvero affascinante e lasciava presagire chissà qualche storiona e la scena dei tori è epica. Peccato poi, come scritto, che il finale sia brusco con quel crollo generale usato e strausato in alcune storie di Martin Mystere per chiudere bruscamente il tutto! Ed il cattivo della compagnia alla fine non si presenta come reale minaccia.
    Digging Bill quì secondo me tutto sommato è ben caratterizzato, almeno rispetto alla successiva "La pietra che uccide", dove lì il buon Marcello s' è beccato critiche su critiche per il background del cacciatore di tesori. Questa comunque differenziazione da storia a storia, anche in questo cas dello stesso autore (!), mi perplime comunque. Meno male che con l' avvento del curatore il tutto avrà più omogeneità.
    Il bello o il brutto dell' autore toscano è che solo poco prima aveva firmato "La palude dell' orrore", la sua storia considerata più riuscita da molti, in cui c' erano un microcosmo d' impatto e la vicenda era ricca di sfumature e personaggi! Boh! I motivi di questa sua altalenanza qualitiva non li sapremo mai appieno credo. XD
    Questa storia, "La foresta allagata" e "Il ritorno di Kandrax" li considero comunque tra i maggiori flop per me. Erano avventure sulla carta affascinanti in cui riponevo grandi aspettative.

    "Toninelli non gli concede nemmeno una gag con Cico"

    C' è quella del sigaro. Piccolina, ma c' è. XD



    La gag del sigaro? Meglio che niente...comunque si vede che in questa storia Toninelli arranca faticosamente. D'altra parte, tutte queste incongruenze, che sono TANTE e giustamente analizzate da Ivan, nessuno le ha fatte notare a Toninelli? Non c'era nessun supervisore nelle storie di Zagor a quei tempi? Zagor andava come andava e si raccontava alla "come viene viene"? Sarebbe interessante saperlo...
     
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    Ma è vero che Nolitta e Canzio imposero a Toninelli di scrivere soggetti soprattutto ambientati a Darkwood e con avversari "normali"? Lo accusano di avere scritto storie banali con trafficanti di whisky, ma se aveva avuto dei limiti editoriali, non era neanche colpa sua, no?
    Questa storia sembrerebbe dimostrare che qualche libertà in materia di soggetti ce l'aveva...
    Concordo comunque nella tesi di Ivan secondo cui il suo difetto non erano tanto i soggetti, quanto la capacità di svilupparli. È stato con lui che ho abbandonato definitivamente Zagor.
     
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    CITAZIONE (Kirihito @ 11/8/2023, 18:24) 
    Ma è vero che Nolitta e Canzio imposero a Toninelli di scrivere soggetti soprattutto ambientati a Darkwood e con avversari "normali"?

    Sembrerebbe di sì. Però l'intervento censore credo sia stato di Canzio, non di Nolitta. Ed è curioso questo, visto che Canzio ha sceneggiato, prima di Zagor, molte storie del Piccolo Ranger con diversi elementi fantascientifici e horror. Nolitta non credo sia intervenuto, perchè penso che abbia abbandonato il personaggio, interessandosi soprattutto di Mister No, personaggio più "suo", e della gestione dell'azienda Bonelli. Nolitta/Sergio Bonelli credeva che Zagor non aveva più nient'altro da dire, tanto che lo voleva chiudere per le basse vendite dopo il periodo toninelliano (tu non sei stato l'unico che ha abbandonato Zagor a causa di Toninelli...). Sergio Bonelli l'aveva anche detto in qualche intervista, dovrei vedere se riesco a recuperarla. Zagor fu salvato solo grazie all'intervento di Boselli e di altri autori, che, con "L'esploratore scomparso", diedero un colpo di volano che salvò il personaggio per il rotto della cuffia. Ma adesso non è che se la passi meglio...

    CITAZIONE (Kirihito @ 11/8/2023, 18:24) 
    Lo accusano di avere scritto storie banali con trafficanti di whisky, ma se aveva avuto dei limiti editoriali, non era neanche colpa sua, no?

    In parte è vero. Ma il problema di base è che Toninelli era un pessimo narratore: raccontava le storie con una piattezza incredibile. Sarebbero state noiose anche se avesse trattato del ritorno di Hellingen o Supermike. Figurati i trafficanti di fucili e whisky.

    CITAZIONE (Kirihito @ 11/8/2023, 18:24) 
    Questa storia sembrerebbe dimostrare che qualche libertà in materia di soggetti ce l'aveva...

    Qualche eccezione evidentemente era permessa. Ma vedi anche come lui l'ha realizzata male: Ivan lo spiega bene qui.

    CITAZIONE (Kirihito @ 11/8/2023, 18:24) 
    Concordo comunque nella tesi di Ivan secondo cui il suo difetto non erano tanto i soggetti, quanto la capacità di svilupparli. È stato con lui che ho abbandonato definitivamente Zagor.

    Concordo anch'io.
     
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    Una volta hai scritto che Zagor non si adattava bene alla serialità e io sono perfettamente d'accordo.
    Credo sia stato anche il motivo per cui Nolitta non lo ha più scritto, per evitare di ripetersi.
    E non poteva scrivere nemmeno un finale diverso da quello che ha realizzato.
    Un finale dove Zagor vede realizzarsi la sua missione, la pacifica convivenza tra bianchi e indiani sarebbe stato contro la realtà storica. Un finale amaro, in cui la vede fallire, sarebbe stato troppo contrastante con lo spirito della collana, positivo e anche divertente.
    Nolitta ha scelto idealmente di concludere Zagor facendogli salvare la Terra dai nemici più potenti che avesse mai affrontato e contro il suo più grande avversario, che poteva fare di più?
    Le sue ultime parole sono in linea con tutto quello che si era visto prima, un personaggio eroico che non si arrende e continuerà nella sua opera di mediatore e portatore di giustizia.
    Su Zagor si sono cimentati dopo tanti autori, ma cosa potevano aggiungere ad un personaggio che aveva già detto tutto?
    È un dato di fatto che nelle classifiche dei lettori, le storie di Nolitta sono ancora tutte ai primi posti e questo nonostante che siano passati 40 anni dal suo abbandono! 40 anni di storie e praticamente nessuna che è entrata nel cuore! Facendo un paragone con Tex, l'altro fumetto longevo italiano, non è che le storie preferite siano tutte di Gianluigi Bonelli....probabilmente perchè Tex si adatta molto di più alla serialità.
     
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    CITAZIONE (Kirihito @ 12/8/2023, 10:58) 
    Una volta hai scritto che Zagor non si adattava bene alla serialità e io sono perfettamente d'accordo.
    Credo sia stato anche il motivo per cui Nolitta non lo ha più scritto, per evitare di ripetersi.
    E non poteva scrivere nemmeno un finale diverso da quello che ha realizzato.
    Un finale dove Zagor vede realizzarsi la sua missione, la pacifica convivenza tra bianchi e indiani sarebbe stato contro la realtà storica. Un finale amaro, in cui la vede fallire, sarebbe stato troppo contrastante con lo spirito della collana, positivo e anche divertente.
    Nolitta ha scelto idealmente di concludere Zagor facendogli salvare la Terra dai nemici più potenti che avesse mai affrontato e contro il suo più grande avversario, che poteva fare di più?
    Le sue ultime parole sono in linea con tutto quello che si era visto prima, un personaggio eroico che non si arrende e continuerà nella sua opera di mediatore e portatore di giustizia.
    Su Zagor si sono cimentati dopo tanti autori, ma cosa potevano aggiungere ad un personaggio che aveva già detto tutto?
    È un dato di fatto che nelle classifiche dei lettori, le storie di Nolitta sono ancora tutte ai primi posti e questo nonostante che siano passati 40 anni dal suo abbandono! 40 anni di storie e praticamente nessuna che è entrata nel cuore! Facendo un paragone con Tex, l'altro fumetto longevo italiano, non è che le storie preferite siano tutte di Gianluigi Bonelli....probabilmente perchè Tex si adatta molto di più alla serialità.

    Hai fatto un riassunto perfetto della situazione di Zagor, complimenti davvero!

    In effetti il finale di Zagor di Nolitta non poteva essere più adatto: una specie di ultimo scontro, in cui alla fine promette che continuerà la sua missione. Perfetto.

    Ti ho evidenziato il passaggio che dice che non si può aggiungere nulla a chi ha già detto tutto, ed è vero. Il punto è che ogni personaggio ha un suo ciclo narrativo che prima o poi si conclude, anche se fanno continuare lo stesso le pubblicazioni con nuove storie: ma diventa così un cadavere che cammina, perchè non ha più nulla da raccontare. Me ne sono accorto coi personaggi della Marvel, per esempio, che ad un certo punto si sono alterati tanto da diventare irriconoscibili e assurdi. Non avevano più niente da raccontare, quindi. Oppure, nel campo dei manga, su Ken il guerriero, che ha avuto una sua seconda serie che era patetica. Oppure con Martin Mystere, Mister No e tanti altri, bonelliani e non, che ad un certo punto hanno esaurito la loro vena narrativa e ora vanno avanti solo per forza d'inerzia. Tex va ancora avanti, perchè è impostato in modo tale da poter raccontare ancora qualcosa di nuovo: quindi il suo ciclo narrativo continua ancora. Ma anche quello un giorno finirà, perchè niente è eterno: ogni racconto alla fine finisce, perchè ha detto tutto e il resto sono solo inutili aggiunte. Ed è normale: ogni narrazione ha un inizio, uno svolgimento e una fine. I racconti eterni sono solo in Paradiso.
     
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