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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: INFERNO, CANTO 1 (incontro con tre fiere)

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 10 June 2021
     
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    LA DIVINA COMMEDIA, CONFRONTO FRA ORIENTE E OCCIDENTE: DANTE ALIGHIERI E GO NAGAI
    (Primo post: qui. Precedente post: qui)

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    INFERNO, CANTO 1: LA PRIMA STROFA

    Nel mezzo del cammin di nostra vita
    mi ritrovai per una selva oscura
    chè la dritta via era smarrita.


    Con questo famoso incipit comincia la Divina Commedia, in cui Dante parla del suo viaggio. La “selva oscura” è la selva del male, del peccato, del dolore, della mancanza di speranza, della mancanza della gioia e del significato del vivere. Già questo è un inferno, un luogo selvaggio (selva, appunto), privo di umanità. Quindi privo di tutto ciò che chiamiamo amore, rispetto, dolcezza, compassione. E Dante non chiama questo cammino il "suo cammino", come dovrebbe essere più logico, ma il “cammin di nostra vita”. Nostra, non solo sua. Dante non parla solo di sé, ma anche di te, di me, di tutti, di ogni uomo, perché tutti, senza Dio, senza un significato nella nostra vita, siamo in questa selva. Quando leggi Dante, stai leggendo di te stesso. E’ come se Dante ti dicesse: guarda che non sto parlando solo di me, ma anche di te. Sto parlando della tua, della vostra vita, non solo della mia. Per leggere bene la Commedia occorre essere assetati delle domande sulla vita e sul suo significato: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Occorre essere desiderosi di

    "divenire del mondo esperto
    e de li vizi umani e del valore"


    cioè riscoprire che la natura umana non è fatta come quella delle bestie, come insinua l'evoluzionismo darwiniano e la mentalità moderna, ma

    "per seguir virtute e conoscenza".

    INFERNO, CANTO 1: L'AMBIENTAZIONE

    La Divina Commedia inizia a Gerusalemme (Go Nagai, invece, fa iniziare il manga a Firenze, per presentare Dante ai lettori giapponesi e dare così una sua breve biografia), nel 1300. E' l’alba del 25 marzo o dell'8 aprile, a seconda delle interpretazioni. Il 25 marzo, infatti, è il Venerdì Santo per eccellenza, in cui la morte di Cristo coincide con l’Incarnazione. Infatti, il 25 Marzo è anche l'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele a Maria Vergine, ed è anche il giorno in cui Gesù è stato concepito nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo: quindi è anche il giorno dell'Incarnazione. Infatti, nove mesi dopo è il giorno della nascita di Gesù: il 25 Dicembre, il Natale ("nascita") per eccellenza. L’8 aprile, invece, è la data effettiva del Venerdì Santo nel 1300. Tutto il viaggio di Dante dura un'intera settimana, in cui attraversa i tre regni: Inferno, Purgatorio e Paradiso.

    Perchè Dante fa iniziare il suo cammino proprio a Gerusalemme? Perchè allora era considerata il centro del mondo, non tanto per la posizione geografica, quanto per la sua importanza. Infatti, è a Gerusalemme che Gesù Cristo è morto e risorto: non esistono altri posti altrettanto importanti dove sia successa una cosa così grande come l'Incarnazione - Dio fatto uomo - e la Risurrezione. E' un fatto, un avvenimento, che non ha uguali nella storia dell'umanità. In termini simbolici, per indicare la sua universalità, Gerusalemme è stata messa in mezzo tra i due estremi più lontani della Terra conosciuta: da una parte le Colonne d'Ercole, cioè lo Stretto di Gibilterra (visto che allora non si conosceva l'esistenza dell'America), e dall'altra parte il fiume Gange, in India, dove arrivò - o volle arrivare - Alessandro Magno, nella massima estensione del suo impero: era quindi il fiume più lontano allora conosciuto. Inoltre, se osservate una mappa, vedrete che Gerusalemme è quasi a metà strada tra lo Stretto di Gibilterra e il Gange: quindi è una posizione centrale anche dal punto di vista geografico. Tra l'altro, già si sapeva dell'esistenza di terre oltre il Gange, grazie anche a Marco Polo, contemporaneo di Dante, che parla del Catai (Cina) e Cipango (Giappone). In ogni caso, l'intenzione di Dante era quella di dare un significato simbolico a Gerusalemme, mettendola al centro del mondo.

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    INFERNO, CANTO 1: DANTE (L'UOMO D'OGGI) IN CRISI - LE TRE BESTIE

    Nel 1300, l'anno del Giubileo, Dante, all’età di trentacinque anni, si trova a "metà della sua vita" (qui Dante cita Isaia, il profeta della Bibbia). Ha raggiunto tutti gli obiettivi: si è sposato, ha avuto dei figli, ha già ottenuto una prima fama letteraria, sta facendo carriera politica, tanto che otterrà in pochi mesi il priorato di giustizia. Eppure, tutto questo non basta, non lo rende felice. Senza sapere neppure come, Dante entra in una crisi profonda, la selva oscura, che Dante descrive così:

    Io non so ben ridir com' i' v'intrai,
    tant'era pien di sonno a quel punto
    che la verace via abbandonai.

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    La condizione di perdita di senso, di crisi in cui vive Dante è così amara che è molto simile alla morte. Tutti noi nella vita, come Dante all’inizio della cantica dell’Inferno, abbiamo pensato di poter fare a meno di Dio, di fare da soli, contando solo sulle nostre forze, raggiungendo la felicità coi nostri sforzi. Ma, se ciascuno di noi ha la ragione che gli permette di distinguere il bene dal male, ha anche quel peccato originale che lo porta a voler essere orgogliosamente autonomo: Dante, così, inizia a salire da solo verso il colle che lo porta alla felicità che brama. Ma gli si parano davanti tre bestie: la lonza, il leone, la lupa. Li si potrebbe paragonare ai demoni interiori di cui Dante non sa nè può liberarsi. La lonza, una specie di giaguaro, rappresenta la lussuria. Quando passa la notte, la dolce stagione della primavera e l’alba fanno ben sperare Dante, che torna ad affrontare la lonza. Ma la comparsa prima di un leone (che indica la superbia) e poi della lupa (cioè la cupidigia) risospinge il poeta "là dove ‘l sol tace", cioè nel buio totale. Se non fosse comparso Virgilio, la Divina Commedia sarebbe finita qui. L'uomo non può salvarsi da solo: il tentativo di Dante è fallito.

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    INFERNO, CANTO 1: IL DANTE DI NAGAI

    Nel manga, Dante è nella selva ed è attirato da una stella: questo non compare nell'originale. Il Dante del poema non ha nessuna stella da seguire: cerca di uscire dalla selva e incontra le tre bestie, senza nessuna stella guida. Il concetto di "una stella che guida" si avvicina al panteismo e al politeismo, in cui le stelle sono delle divinità, o delle persone che si sono reincarnate in stelle. Nel mondo orientale, tutto è divinità: Dio coincide col mondo. Il Dio cristiano, invece, è totalmente altro dal creato, non si identifica con esso. Le stelle sono creature di Dio, non hanno nulla di divino. Il Creatore è altro, diverso, dalle creature. Ecco perchè non c'è nessuna "stella guida" nella Commedia originale.

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    Inoltre, Nagai non fa nessun cenno al fatto che le tre fiere simboleggiano il peccato che è dentro lo stesso Dante, di cui lui deve liberarsi ma che non è capace di farlo da solo. Commettere il peccato significa esserne schiavo. Senza l'aiuto di Dio non se ne esce fuori. Ma il concetto di "peccato", cioè di offesa a Dio, rifiuto di Dio, non esiste nelle religioni orientali, anche perchè non contemplano un Dio personale, ma solo una divinità indistinta e senza coscienza di sè. Inoltre, sempre Nagai - tramite Virgilio - dice che la lupa, una delle tre bestie, viene dall'inferno e sono stati i sentimenti di rivalità e invidia degli uomini a richiamarla da lì. Questa cosa è stata inventata di sana pianta: non ci sono nel testo originale. Nella visione dantesca e cristiana, è la lupa - un simbolo del diavolo - che ispira sentimenti di rivalità e invidia, e gli uomini ne rimangono sedotti: però è la lupa ad influenzare gli uomini, non il contrario.
    Inoltre, tutta questa presentazione fa sembrare Dante un innocente, una vittima delle circostanze: mentre invece lui è un peccatore come tutti gli altri, e anche in lui, come in tutti gli uomini, ci sono rivalità, invidia eccetera: la lonza, il leone, la lupa. Mostrando un Dante così "privo di peccato", Nagai fa togliere il senso profondo del dramma della Divina Commedia: che cioè tutti noi, Dante compreso, abbiamo peccato e abbiamo bisogno di salvezza. Il Dante di Nagai, invece, sembra un innocente che ha solo sbagliato strada, ma non certo per colpa sua. La Divina Commedia così viene stravolta sin dall'inizio.

    DANTE E' UNIVERSALE, NON SOLO IN GIAPPONE. L'IMPORTANZA DELLA BELLEZZA

    La Divina Commedia rivela all'uomo il cristianesimo: cioè che lui è stato creato da da Dio per la bellezza, per l'amore, per la felicità che è Lui. La bellezza darà sempre quello stupore, trasmetterà sempre l'entusiasmo e la speranza che ci permetteranno di ripartire. Nel film Le vite degli altri il protagonista lavora nella Stasi e spia la vita delle persone. A un certo punto si trova a controllare la vita di un artista. Nel tempo cambia, vedendo come questi vive in maniera diversa l'amore, l'arte, la musica. Allora esclama: «Come si fa ad essere cattivi dopo aver sentito una musica così bella?». La vera bellezza porta al desiderio di cambiamento e di essere migliori, come quando ci innamoriamo davvero di una persona: vogliamo essere all'altezza di questa persona e desidereremmo essere migliori di quello che effettivamente siamo.

    locandina


    Per questo la Divina Commedia è universale, perchè parla per tuti gli uomini. E' stata tradotta in tutte le lingue del mondo (anche in arabo), è apprezzata ovunque. Farideh Mahdavi-Damghani ha tradotto in persiano La Vita Nova e la Divina Commedia e aveva commentato: "La gente in Persia non conosceva Ravenna, non sapeva che è la città in cui è sepolto Dante: ma, vedendo tutto quello che io amo fare per questa città, leggendo le mie traduzioni, il pubblico persiano ora conosce Ravenna. C'è questo paradosso: siamo lontani dal punto di vista culturale, ma nello stesso tempo siamo molto vicini. Le credenze sulla famiglia, sull'emotività, sull'amore per la poesia e la letteratura, cose primordiali che forse per altri paesi hanno minore importanza, sono molto simili in Italia e in Persia. Quindi si può dire che gli italiani somigliano ai persiani". Questo per dire quanto Dante sia universale.

    Bibliografia: Bussola Quotidiana, Giovanni Fighera

    (Continua qui)

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    Edited by joe 7 - 27/11/2021, 18:12
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    Che bell'analisi.
    Purtroppo, molti uomini oggi non credono in Dio, commettendo così quel peccato di superbia all'inizio della Commedia.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 11/6/2021, 21:39) 
    Che bell'analisi.
    Purtroppo, molti uomini oggi non credono in Dio, commettendo così quel peccato di superbia all'inizio della Commedia.

    Uno che non crede in Dio non è che sia superbo. Può esserlo, ma può anche essere una persona che non ha conosciuto l'amore di Dio.

    Inoltre, credere in Dio, nel senso di credere che Dio esiste, non basta: anche il diavolo crede che Dio esiste, se è per questo. Quello che conta è abbandonarsi a Dio in piena fiducia: questa è la fede.
     
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