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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 32

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 6 May 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 32 - EDEN - IL CARRO ALLEGORICO
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    La prostituta, il gigante, i mostri: allegoria della Chiesa che si è corrotta. Nagai prende l'immagine da Dorè.



    LA PROCESSIONE TORNA INDIETRO

    Dante continua ad osservare estasiato il volto di Beatrice, anche per poter soddisfare il desiderio di rivederla, dopo dieci anni dalla sua morte, al punto che non si accorge nemmeno di quanto gli avviene intorno. Infatti, tutti gli altri sensi, oltre alla vista, gli si sono praticamente spenti. Ad un tratto, le tre donne, che rappresentano le virtù teologali, lo avvertono: sta fissando troppo Beatrice, non può reggere a lungo lo sguardo. Infatti, Dante, all'improvviso, ha la vista abbagliata per qualche secondo, come se avesse fissato il sole. Infatti, anche se era stato aiutato dalle virtù, per Dante la vista di Beatrice, nella sua piena beatitudine, era fin troppo forte per lui da poterla sopportare oltre un certo limite. Quando Dante riacquista la vista, vede che la processione mistica - quella descritta finora, coi candelabri, eccetera - continua il suo cammino, però piegandosi a destra e tornando ordinatamente sui suoi passi, come una colonna militare che opera una conversione (cambiamento di marcia da un verso a quello opposto). Le sette donne (le tre virtù teologali e le quattro virtù cardinali) tornano presso le ruote del carro, sempre trainato dal grifone, senza che le sue penne si agitino (cioè, a parte il movimento del grifone, Dante vede che null'altro si muove del suo corpo). Dante, accompagnato da Matelda e Stazio (che, al contrario di Virgilio, è rimasto nell'Eden, perchè chiamato al Paradiso) seguono il carro, su cui c'è Beatrice, attraversando la foresta dell'Eden, vuota a causa di Eva ("colpa di quella ch’al serpente crese", cioè per colpa di colei che credette al serpente) e ascoltando una musica celestiale.

    L'ALBERO DELL'EDEN

    La processione percorre lo spazio che coprirebbe tre volte una freccia scagliata da un arco, poi si arresta e Beatrice scende dal carro. Tutti circondano un albero spoglio e privo di ogni foglia, mormorando il nome di Adamo: quindi è l'albero dal quale Adamo ed Eva assaggiarono il frutto proibito. L'albero sale sempre di più, allargandosi man mano che sale, diventando tanto alto da poter essere visto anche dagli abitanti dell'India. Intorno all'albero, tutti gridano al grifone, dicendo che è beato perchè non ne lacera col becco il legno, che è dolce al gusto, ma è poi doloroso al ventre. Il grifone, dalla doppia natura ("l'animal binato") dichiara che in questo modo si conserva il fondamento di ogni giustizia, umana e divina. Il grifone porta il carro ai piedi dell'albero e lo lega a un suo ramo. L'albero, a questo punto, fiorisce, come fanno le piante sulla Terra quando sono scaldate dal sole primaverile, e produce fiori di colore tra il rosa e il violetto. I personaggi intonano poi un canto così celestiale che Dante non lo capisce, perchè non è di questa terra, quindi non può trascriverlo.

    SONNO E RISVEGLIO DI DANTE

    Se Dante potesse rappresentare in che modo gli occhi di Argo presero sonno ascoltando il mito di Siringa1, allora lui potrebbe descrivere anche il modo in cui si addormentò: ma non può farlo, perché non ha un modello cui rifarsi. Può solo raccontare il momento del suo risveglio, quando uno splendore lo desta e la voce di Matelda lo esorta ad alzarsi. Dante si paragona a Pietro, Giacomo e Giovanni, che videro la trasfigurazione di Gesù e il suo incontro con Mosè ed Elia, poi caddero tramortiti nel sentire le parole di Dio: risvegliati dalle parole di Gesù, videro che Mosè e Elia erano scomparsi e che la veste di Gesù era tornata normale. Anche Dante, infatti, si sveglia e vede solo Matelda, che lo sovrasta. Il poeta chiede dove si trovi Beatrice e Matelda la indica: è seduta ai piedi dell'albero, circondata dalle sette donne (le virtù teologali e cardinali), mentre il resto della processione (il grifone e gli anziani) torna in Cielo, cantando un canto ancora più dolce e profondo. Dante non sa se Matelda abbia detto altro, perché osserva con attenzione Beatrice che siede, sola, a custodire il carro (che simboleggia la Chiesa), che è rimasto accanto all'albero. Le sette donne la circondano e tengono in mano altrettante lampade, che non possono essere spente dai venti dell'Aquilone o dell'Austro (rispettivamente, venti freddi del nord e del sud).

    DANTE E IL CARRO: L'AQUILA E LA VOLPE

    Beatrice predice a Dante che, dopo la sua morte, resterà poco tempo nell'Eden, poi diventerà per sempre, con lei, cittadino del Paradiso dove Cristo regna (Beatrice definisce il Paradiso "quella Roma onde Cristo è romano": il Cielo è la Roma definitiva. Il legame tra la fede cristiana e la città di Roma è fortissimo). Poi lo esorta a osservare con attenzione ciò che accadrà al carro (simbolo della Chiesa, ripeto: Beatrice, cioè, sta per far vedere a Dante cosa accadrà alla Chiesa). Così Dante lo potrà scrivere, una volta che sarà tornato sulla Terra, per giovare al mondo che vive nel peccato. Guarda caso, Dante morirà appena avrà completato la Divina Commedia.
    Dante, desideroso di ubbidire a Beatrice, fissa lo sguardo sul carro come lei gli ha ordinato. Dante vede calare dall'alto, all'improvviso, una terribile aquila, che è talmente veloce da essere più rapida di qualunque fulmine che sia mai sceso da un'alta nube. L'aquila squarcia spietatamente i rami dell'albero, con le foglie e i fiori appena nati. Poi danneggia il carro stesso, che si piega e oscilla, come una nave in tempesta, colpita da forti venti.

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    L'aquila. Nagai la fa comparire come una visione di Dante immerso nel Lete: non la si vede contro il carro.


    In seguito, Dante vede una volpe, magra e affamata, che sembra digiuna da molto tempo, che si avventa sul fondo del carro. Beatrice, però, la mette in fuga, rimproverandole le sue gravi colpe, e l'animale si allontana, tanto rapidamente quanto glielo consente la sua magrezza.

    L'AQUILA E IL DRAGO

    A questo punto, Dante vede nuovamente l'aquila di prima scendere sul carro, stavolta, e lasciare lì alcune delle sue penne. Una voce dal Cielo, simile a quella che esprime un profondo rammarico, dichiara che il carro è carico di una cattiva merce. Poi Dante vede la terra aprirsi sotto il carro, tra le due ruote, e vede uscirne fuori un drago, che conficca la sua coda nel fondo del carro. Poi, con la coda, stacca una parte del fondo carro, per poi allontanarsi, trascinando quella parte del carro con sè. Il carro, che è rimasto senza il fondo, si ricopre in seguito con le penne lasciate dall'aquila - forse lasciate lì con buona intenzione - fino a completarsi di nuovo: tutto questo avviene molto rapidamente.

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    Il drago: Nagai lo fa spuntare dall'acqua del Lete, anzichè sottoterra, e non lo fa vedere accanirsi contro il carro.


    LA MERETRICE E IL GIGANTE

    Così ricoperto dalle penne, il carro si trasforma e mette su sette teste. Tre teste (con due corna ciascuna, come quelle di un bue) sono sul timone del carro e le altre quattro (con un corno ciascuna) spuntano da ognuno dei quattro angoli del carro. Il carro, in sostanza, diventa un mostro con tante teste.

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    L'orrenda trasformazione del carro-mostro, rappresentazione della Chiesa che si corrompe, vista da Nagai.


    Anzi, Dante vede ora sul carro-mostro, seduta, una prostituta che si comporta in modo sfacciato ("puttana sciolta" la chiama Dante): è sicura di sé come la roccia di una montagna, e si guarda intorno con gli occhi seduttivi. Accanto a lei compare un gigante, che la sorveglia perché non si allontani da lui e scambia con lei dei baci ripetuti. Ad un tratto, la prostituta rivolge a Dante uno sguardo pieno di desiderio: il gigante allora la frusta dalla testa ai piedi. Poi, pieno di sospetto e d'ira, stacca il carro dall'albero e lo trascina via nella foresta, finché il poeta non è più in grado di vedere né la meretrice, né il carro tramutato in un mostro.

    IL SIGNIFICATO DELLA VISIONE

    Le vicende allegoriche del carro rimandano a quelle storiche della Chiesa. C'è un'interpretazione classica, in cui si pensa che Dante faccia riferimento agli avvenimenti passati della Chiesa, di cui Dante è testimone, e un'altra interpretazione più generale, in cui si pensa che Dante parli delle tribolazioni della Chiesa finchè sarà sulla Terra: tribolazioni permesse da Dio e che finiscono comunque nella sua gloria, cioè con la Sua vittoria finale (anche se questo non è evidente nelle scene). L'aquila rappresenta gli imperatori romani come Nerone o Diocleziano, che lacerano la Chiesa: ma rappresenta anche tutte le altre persecuzioni fatte, o che saranno fatte, dai potenti contro la Chiesa (il comunismo, la Rivoluzione Francese, Napoleone, la Massoneria, eccetera) o dalle altre religioni (l'Islam soprattutto). La volpe, con la sua furbizia, rappresenta le eresie (sia del passato che del futuro, come il Protestantesimo) che sconvolgono e sconvolgeranno la Chiesa. Beatrice scaccia la volpe, perchè lei rappresenta la scienza divina e l'azione dei Padri della Chiesa, come San Tommaso d'Aquino e tutti gli altri, passati, presenti e futuri, che sanno e sapranno sempre distinguere l'errore dell'eresia dalla verità della fede cristiana. Poi l'aquila, che prima aveva devastato il carro, torna di nuovo, lasciando su di esso alcune sue penne: una cosa commentata dall'alto da una voce che si rammarica per questo. Questo passaggio è stato interpretato come la donazione di Costantino, considerata da molti come la fonte dei mali della Chiesa: una visione sbagliata, come ho cercato di spiegare qui. Però resta comunque un male, perchè le penne d'aquila lasciate sul carro simboleggiano l'intromissione del potere temporale (massonico, o comunista, ecc.) su quello spirituale: io ti dò questo, tu in cambio mi devi fare quello. Il drago che attacca il carro è il simbolo degli scismi che spezzano la chiesa, portandone via le parti: lo scisma della Chiesa Ortodossa soprattutto (il protestantesimo è un'eresia, non uno scisma). La mancanza del fondo del carro viene compensata con la sua sostituzione con le penne dell'aquila: questo indica la corruzione interna della Chiesa. Da qui infatti avviene la mostruosa trasformazione del carro, da cui spunteranno sette teste cornute, simbolo dei sette peccati capitali (gli stessi del Purgatorio: superbia, invidia, accidia, ira, avarizia, gola, lussuria). La meretrice sul carro raffigura gli uomini di Chiesa che si sono corrotti e si sono venduti ai potenti, facendo appunto prostituzione (esiste infatti la prostituzione della mente e dell'anima, non solo quella del corpo). Dante prende questa immagine dall'Apocalisse (capitolo 17). Il gigante è il potere temporale, che, forte dell'appoggio della Chiesa che si è corrotta e degenerata, fa di essa quello che vuole. Dante qui può fare riferimento a Filippo il Bello, che frusta la prostituta (cioè la Chiesa che si è corrotta) e la porta al suo più totale servizio ad Avignone (la famosa cattività avignonese): resta il fatto che rappresenta il potere temporale che vuole la Chiesa asservita a sè. E' un pericolo sempre presente nella storia della Chiesa, che Dante avvisa. In ogni tempo, è possibile che avvenga la corruzione della Chiesa e la sua schiavitù sotto il potente di turno (i governi, la massoneria, il comunismo, i poteri forti, eccetera). Ma resta il fatto che la vera Chiesa non sarà mai asservita al potente di turno: lo dimostra il fatto del grifone e degli altri che sono volati in Cielo, da dove il gigante non li può sottomettere. Più che la storia della Chiesa, qui Dante descrive quello che accade a quella parte della Chiesa che cade in decadenza, si degenera e obbedisce prostituendosi al potente di turno. Ma il suo destino è quello di finire in rovina assieme al gigante/potente di turno, mentre la Chiesa vera va avanti, nonostante tutto, portando se stessa e i fedeli alla Salvezza.

    DANTE SECONDO NAGAI

    Questo canto è presentato da Nagai con immagini varie di mostri cornuti, draghi, aquile malvagie, senza una spiegazione. Nagai fa capire che si tratta di visioni misteriose e senza significato di Dante mentre è immerso nel Lete: mentre invece nella Commedia sono avvenimenti che il poeta vede coi suoi occhi.

    BIBLIOGRAFIA
    https://divinacommedia.weebly.com/purgator...anto-xxxii.html

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    1 Dante fa riferimento al mito di Argo, gigante dai molti occhi, che fu ucciso da Mercurio. Infatti, Argo fu posto a guardia della ninfa Io, uno degli amori di Zeus, che fu tramutata dal dio in una giovenca, per nasconderla ad Era, sua moglie. La dea, sospettosa, riuscì ad ottenere l'animale in dono. Zeus acconsentì alla richiesta, per fugare ogni sospetto di tradimento, ed Era affidò la finta giovenca sotto la sorveglianza di Argo, che, grazie ai suoi cento occhi, riusciva a non dormire mai, chiudendone, per riposare, solo due per volta. Zeus, dispiaciutosi per Io, incaricò il dio Mercurio di liberarla. Quest'ultimo, camuffatosi da pastore, si avvicinò ad Argo suonando una melodia. Iniziò a narrare la storia di Pan e Siringa (ninfa amata da Pan e trasformata in canne palustri per sfuggirgli: da queste canne Pan fece il suo famoso flauto). Alla fine, Mercurio riuscì a far chiudere tutti i cento occhi ad Argo, facendolo addormentare. Mercurio lo uccise tagliandogli la testa e liberò Io. Era prese gli occhi dalla testa di Argo e li pose sulle piume del pavone, l'animale a lei sacro. Dante cita Ovidio (Metamorfosi) che racconta il mito di Argo e, al pari di lui, Ovidio non descrive il momento in cui Argo chiude gli occhi.

    (Continua qui)

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    Edited by joe 7 - 13/5/2023, 17:06
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