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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 33

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 13 May 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 33 - EDEN; ACQUA DELL'EUNOE'
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Dante beve l'acqua dell'Eunoè (immagine di Nagai, da un'illustrazione di Dorè). Con questo passaggio, Dante può andare in Paradiso con Beatrice.


    Nel vedere la scena precedente (il carro/Chiesa che diventa un mostro sovrastato da una prostituta, poi il gigante che porta via tutto), prima le tre donne (le virtù teologali: fede, speranza, carità) piangono cantando, accompagnate poi dalle altre quattro donne (le virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza). Le sette donne cantano insieme il salmo "Deus, venerunt gentes’": è il salmo che contempla la distruzione del Tempio di Gerusalemme.1 Beatrice, seduta, insieme a loro, sospira profondamente, simile a Maria ai piedi della croce, dove fu ucciso Gesù. Quando le donne tacciono, Beatrice si alza in piedi e, rossa di sdegno, afferma, riferendosi alla Chiesa in rovina: "Ancora un poco e non mi vedrete più; e un altro poco, sorelle mie care (riferito alle sette donne), e mi vedrete di nuovo". Beatrice fa riferimento alle parole di Gesù nell'Ultima Cena, facendo capire che la Chiesa ritornerà come prima.

    PROFEZIA DI BEATRICE

    Beatrice mette le sette donne davanti a lei, poi si mette in cammino con loro, facendo cenno a Dante, Matelda e Stazio di seguirla. Dopo aver percorso circa nove passi, Beatrice, con aspetto sereno, si rivolge a Dante e lo invita ad affrettare il cammino, per potergli così parlare più da vicino. Dante obbedisce e, una volta vicino a lei, Beatrice gli chiede perché non le fa nessuna domanda. Il poeta risponde con voce esitante, come qualcuno che è intimorito dalla presenza di un suo superiore, e spiega mormorando che Beatrice sa bene ciò che gli serve, senza bisogno che lui glielo chieda. Beatrice risponde che Dante deve ormai abbandonare ogni timore e vergogna: parli pure in modo chiaro e non più confuso. Poi profetizza:

    Sappi che ‘l vaso che ‘l serpente ruppe (Sappi che il vaso (il carro della Chiesa) che il serpente (il drago) ha rotto)
    fu e non è; ma chi n’ha colpa, creda (è come se non esistesse più; ma chi è colpevole di questo, sappia)
    che vendetta di Dio non teme suppe. (che la vendetta di Dio sarà inesorabile. (il termine "suppe" non è chiaro, ma il senso resta lo stesso: la giustizia divina farà il suo corso)

    Poi continua: l'aquila che lasciò le penne nel carro (e quindi lo ha aiutato, anche se per motivi suoi) non resterà a lungo senza eredi. Infatti, di lì a poco le stelle saranno favorevoli alla venuta di un inviato di Dio, definito da Beatrice come "cinquecento, dieci e cinque" (DXV in numeri romani), che ucciderà sia la prostituta che il gigante che traffica con lei. Beatrice conclude dicendo a Dante che la sua profezia per lui può risultare troppo oscura per Dante, come la storia di Temi e della Sfinge2, ma presto le Naiadi2 toglieranno ogni dubbio.

    MISSIONE DI DANTE

    Beatrice invita Dante a prendere nota delle sue parole, in modo da riferirle ai vivi che sono sulla Terra, e per questo sono destinati a morire prima o poi (del viver ch’è un correre a la morte, dice Beatrice). E non deve dimenticare di descrivere il modo in cui l'albero simbolico è stato depredato due volte (la prima con Adamo, la seconda adesso). Aggiunge che chiunque danneggia quella pianta compie un atto sacrilego contro Dio, che la creò inviolabile solo per i propri fini. Qui la pianta si identifica anche con la Chiesa: chi la usa per i suoi fini pagherà davanti a Dio. Adamo, per aver morso il frutto di quell'albero, attese più di cinquemila anni3 nel Limbo prima che arrivasse Cristo trionfante, che col suo sacrificio riscattò il peccato originale. Beatrice dice che Dante non comprende la ragione per cui l'albero è capovolto e si estende tanto verso il Cielo, perchè il suo ingegno è stato indurito da pensieri vani, diventando torbido come il fiume Elsa4 e offuscato come il sangue di Piramo aveva mutato il colore dei frutti del gelso5: altrimenti avrebbe capito il significato simbolico dell'albero. Tuttavia, poiché Beatrice si avvede che l'intelletto di Dante è ancora ottenebrato, desidera che il poeta porti con sé almeno un'immagine sommaria di quanto lei gli ha detto.

    DC1
    Beatrice profetizza a Dante.


    L'INSUFFICIENZA DELL'INTELLETTO DI DANTE

    Dante risponde che il suo cervello conserva l'impronta delle parole di Beatrice, come lo è la cera segnata da un sigillo. Ma perché, chiede, i discorsi di Beatrice superano la sua capacità di comprenderli, al punto che il suo intelletto si perde tanto più quanto più si sforza di seguirli? Beatrice risponde che questo serve a far capire a Dante che la dottrina da lui seguita finora è umana, e quindi insufficiente a capire le sue parole, che sono divine: la via umana che Dante ha percorso finora dista tanto da quella divina quanto la Terra è distante dal Primo Mobile (il Nono Cielo, che è quello più in alto di tutti; oltre c'è il Cielo Immobile o Empireo, con la Presenza di Dio). Dante ribatte di non ricordare affatto di essersi allontanato da Beatrice. Lei risponde sorridendo che il poeta non può ricordarlo, avendo bevuto l'acqua del Lete. Inoltre, il fatto che Dante non si ricordi di aver percorso questa "via umana" di cui parla Beatrice è la prova (come il fumo è la prova della presenza del fuoco) del fatto che tale azione - cioè seguire solo il pensiero umano, allontanandosi da quello divino come ha fatto Dante - era peccaminosa. Comunque, da questo momento, conclude Beatrice, le sue parole saranno all'altezza dell'ingegno, ancora rozzo, del poeta, perché lui possa capirle. Dante, cioè, anche se adesso è puro, non è più capace di comprendere bene i misteri divini: quindi Beatrice lo dovrà seguire passo dopo passo come si fa con un bambino.

    L'EUNOE'

    Il sole ha ormai raggiunto il meridiano, essendo più luminoso e lento (cioè, è mezzogiorno): le sette donne, che aprono il corteo, ad un certo punto si fermano, come fanno le guide, quando trovano qualcosa di nuovo lungo il cammino. Infatti, il gruppo ha raggiunto un punto dove i raggi solari penetrano debolmente, simile a una radura in alta montagna: qui Dante vede due fiumi (il Lete e l'Eunoè) che sgorgano da un'unica fonte e poi si dipartono separati, simili al Tigri e all'Eufrate (i fiumi di Babilonia, citati anche nella Bibbia come fiumi dell'Eden). Dante chiede a Beatrice che fiumi sono e la donna invita il poeta a chiederlo a Matelda (è la prima e unica volta che lei è chiamata per nome nella Commedia). Ma lei risponde di aver già fornito la spiegazione a Dante (infatti aveva risposto a quella domanda nel Canto 28): questo ricordo non può essere stato cancellato dal Lete, perchè non era un peccato. Beatrice capisce che l'attenzione che Dante aveva prestato poi al resto (la processione, eccetera) ha forse provocato in lui questa dimenticanza. Beatrice indica allora a Matelda l'Eunoè, invitando la bella donna a condurre là Dante, sia per ravvivare la sua virtù che per rinforzare i suoi ricordi buoni. Matelda obbedisce prontamente come fa un'anima nobile ("gentile" nella terminologia medievale: infatti, nobiltà e gentilezza sono sempre insieme), che non accampa scuse:

    Come anima gentil, che non fa scusa, (Come un'anima nobile che non accampa scuse,)
    ma fa sua voglia de la voglia altrui (ma fa propri i desideri degli altri)
    tosto che è per segno fuor dischiusa; (non appena questi sono resi evidenti,)

    Matelda prende Dante per mano e dice signorilmente ("donnescamente" nell'originale: "donna e "signora" per Dante sono sinonimi) a Stazio di seguirla, e li porta all'Eunoè.

    DANTE BEVE L'ACQUA DELL'EUNOE'

    Se Dante avesse più spazio da dedicare al canto, potrebbe provare a descrivere la dolcezza infinita dell'acqua dell'Eunoè, che ha un sapore che non sazia mai. Tuttavia, poiché la Cantica del Purgatorio è ormai ultimata, il freno dell'arte lo costringe a passare oltre. Dante, dopo aver bevuto, si allontana dalle acque sante del fiume, completamente rinnovato nell'animo, come le piante in primavera rinnovano del tutto le loro fronde. Ormai purificato, Dante è pronto a salire in Cielo, "alle stelle" (le ultime parole del Cantico del Purgatorio. Infatti, tutti e tre i Cantici, Inferno, Purgatorio e Paradiso, terminano con la stessa parola: "stelle").

    COMMENTO

    Il Canto conclude la «sacra rappresentazione» che ha avuto inizio con l'ingresso di Dante nell'Eden e più in particolare costituisce un epilogo e una chiosa alla vicenda allegorica del carro/Chiesa, con le parole oscure di Beatrice, che profetizza la venuta di un messo di Dio destinato a ristabilire la giustizia in Terra. Il discorso di Beatrice occupa tutta la parte centrale del Canto e mostra il personaggio nello stesso atteggiamento che vedremo tante volte nel Paradiso, ovvero di guida e maestra del poeta, che sarà spesso invitato a domandare spiegazioni per sciogliere i suoi dubbi in materia dottrinale. Quella di Beatrice è la profezia più oscura del poema, assieme a quella del veltro del Canto I dell'Inferno. Purtroppo è un passo che io avevo saltato: comunque lì Virgilio parla de "’l veltro (cane da caccia) verrà, che la farà morir (la lupa) con doglia" (dolore). Entrambe le profezie preannunciano, comunque, la venuta di un personaggio che ristabilirà la giustizia sulla Terra. Queste due profezie si collocano, simmetricamente, all'inizio e alla fine rispettivamente della I Cantica (inferno) e della II Cantica (Purgatorio) della Commedia. Secondo molti commentatori, il «veltro» e il «DXV» sarebbero in realtà la stessa persona. Su questa questione esiste una vasta letteratura critica, ma è destinata forse a rimanere insoluta.

    IL DANTE DI NAGAI

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    Il "risveglio" di Dante secondo Nagai.


    Non c'è nessun riferimento al carro, nè alla profezia (argomenti troppo ostici, comunque, per i giapponesi che non conoscono il cristianesimo). C'è soltanto Dante che si sveglia dopo essere stato immerso "a forza" nel Lete: vede Stazio e per un attimo lo confonde per Virgilio. Poi Beatrice, sorridendo, in mezzo a due donne più serie (le Virtù), gli dice:
    Beatrice: Dante, ora sei qui...finalmente sei qui...Alzati, e bevi l'acqua dell'Eunoè.
    Dante: Beatrice...
    Poi Dante beve. Nel poema, è Matelda che accompagna Dante all'Eunoè. Invece, qui Dante sembra che ci vada da solo, su invito di Beatrice.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgator...nto-xxxiii.html

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    1 Si tratta del versetto iniziale del Salmo 78: "Deus, venerunt gentes in hereditatem tuam, polluerunt templum sanctum tuum", cioè: "O Dio, sono venuti i pagani nella tua eredità, hanno profanato il tuo santo Tempio". Dante paragona la rovina della Chiesa alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, che fu realizzata dal re di Babilonia, Nabucodonosor, nel 587 a.C., contemplata appunto nel salmo. Inoltre, fa anche riferimento alla cattività avignonese (i 70 anni in cui la Chiesa fu deportata in Francia, ad Avignone, per opera di Filippo il Bello), confrontata con la deportazione degli Ebrei in Babilonia, dopo la distruzione del Tempio.

    2 Temi è la dea della giustizia, e vendica la morte della Sfinge (determinata dallo scioglimento del suo enigma) mandando una belva che fa strage delle greggi tebane. Può sembrare strano che una dea della giustizia vendichi la morte di un mostro (la Sfinge, che viveva a Tebe, divorava chi non risolveva l'enigma), ma la giustizia delle divinità greche era diversa dalla giustizia come la intendiamo noi. Inoltre, Beatrice dice a Dante, dopo il cenno a Temi e alla Sfinge, che ben presto le Naiadi scioglieranno coi fatti questo difficile enigma, senza danno di pecore o biade. Cioè, la soluzione dell'enigma non porterà danni a nessun gregge, come invece era successo con la Sfinge. Le Naiadi erano le ninfe del bosco: non erano mai state descritte come risolvitrici di enigmi, ma nel Medioevo si diceva che i Tebani si rivolgevano alle Naiadi per sciogliere gli enigmi.

    3 cinquemila anni: è il tempo trascorso sin dalla creazione del mondo, secondo il Medioevo e secondo la lettura ebraica. Anche se adesso questa ipotesi è presa in giro parlando delle ere e dei miliardi di anni di adesso, sembra che non sia una cosa tanto campata per aria. Infatti, le analisi paleontologiche non sono veramente affidabili, perchè appaiono guidate dall'ideologia evoluzionistica, piuttosto che dalla scienza vera e propria. Tantopiù che è assurdo pensare che rimanga qualcosa da esaminare dopo miliardi di anni: con un tempo così lungo, ogni cosa diventa polvere, sia le ossa che i fossili. Invece ci sono persino delle orme di dinosauri, per esempio: come si può pensare che siano rimaste tali per miliardi e miliardi di anni?

    4 fiume Elsa: è un affluente dell'Arno. Ha un'acqua particolarmente calcarea e incrosta gli oggetti che vi restano immersi. Beatrice quindi intende dire che i "pensieri vani" seguiti da Dante in vita hanno offuscato e indurito il suo ingegno.

    5 Piramo: ne abbiamo parlato nel Canto 27 del Purgatorio. Piramo era innamorato di Tisbe, ma il loro amore finì nel sangue: allora il gelso, da quel giorno, dà i suoi frutti (le more) del colore rosso del loro sangue e non più bianco come prima.

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 20/5/2023, 17:11
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    Da piccolo mi chiedevo "Ma come ha fatto dante a viaggiare per tanti giorni senza mangiare, dormire ecc?".
    Comunque, le profezie di Dante non potrebbero riferirsi alla seconda venuta di Gesù di cui parlano alcuni?
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 13/5/2023, 17:31) 
    Da piccolo mi chiedevo "Ma come ha fatto dante a viaggiare per tanti giorni senza mangiare, dormire ecc?".
    Comunque, le profezie di Dante non potrebbero riferirsi alla seconda venuta di Gesù di cui parlano alcuni?

    Sembra che il viaggio nell'Aldilà sia durato solo una settimana: comunque, non ha senso mangiare e bere nel mondo ultraterreno. Nonostante questo, i giorni in quel viaggio passano lo stesso, quindi in alcuni momenti, quando è notte in Purgatorio, per esempio, Dante e Virgilio dormono.

    La seconda venuta di Gesù Cristo ci sarà alla fine dei tempi, ed è una cosa che sanno tutti i cristiani sin dall'inizio. Quindi non ha senso come profezia, visto che, più che profezia, è una verità di fede. Dante quindi fa riferimento a qualcuno di cui non si sa, ma che farà giustizia prima della seconda venuta.
     
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