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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: INFERNO, CANTO 7

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 4 Sep. 2021
     
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    INFERNO, CANTO 7 - IL QUARTO CERCHIO: AVARI E PRODIGHI; IL QUINTO CERCHIO: IRACONDI E ACCIDIOSI
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    PLUTO

    152-153


    Dante e Virgilio entrano nel Quarto Cerchio, dove sono condannati gli avari e i prodighi. All'ingresso incontrano Pluto, il custode di quella zona infernale. Nagai gli dà le sembianze di un gigante dall'aspetto umano; ma, nella Commedia, è visto come un lupo dotato di parola, dicendo parole incomprensibili: "Papè Satan Aleppe", spesso citate da chi commenta la Commedia. Sono parole senza un significato preciso: praticamente sono un elogio a satana e un tentativo di spaventare Dante per farlo retrocedere dal suo cammino verso il Paradiso. Virgilio, però, rassicura Dante del fatto che Pluto non potrà impedire il loro cammino; poi rimprovera il demone e lo zittisce, ricordandogli la sconfitta subita da Lucifero ad opera dell'arcangelo Michele. A questo punto, Pluto cade a terra prostrato e i due poeti possono proseguire. Questo Canto è dedicato soprattutto al peccato di avarizia, simboleggiato dalla "lupa famelica" del primo Canto (e infatti Pluto ha sembianze canine). L'avarizia è considerata da Dante la radice di tutti i mali del mondo. Il richiamo a Pluto, divinità dell'oltretomba, è evidente, ma non lo è il fatto di Dante di averlo mostrato con fattezze canine.

    AVARI E PRODIGHI

    Le anime del Quarto Cerchio sono più numerose di tutte le altre dei vari Cerchi: i dannati spingono faticosamente degli enormi macigni, senza usare le mani e usando solo il petto (nel manga, i dannati spingono i massi con le mani; inoltre, qui non sono massi, ma sacchi di monete). Divisi in due schiere, procedono lungo il Cerchio in senso opposto: quando cozzano gli uni contro gli altri, urlano tra di loro: "Perché tieni (stretto il masso)?" (cioè: perchè fai l'avaro tenendo tutto?) e l'altro risponde: "Perché burli (lo fai rotolare)?" (cioè: perchè lo lasci andare, facendo sprechi, come uno sprecone, un prodigo?) quindi si girano indietro e riprendono il loro cammino fino a scontrarsi di nuovo e a ripetere le stesse cose, all'infinito.

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    Questo è l'unico Cerchio infernale in cui è detto chiaramente che ad essere puniti sono due peccati opposti, secondo il principio aristotelico in medio stat virtus ("la virtù sta nel mezzo"). Tanto gli avari quanto i prodighi non hanno saputo osservare una giusta misura nelle loro spese. I primi sono stati troppo stretti, i secondi troppo larghi. Inoltre, il peccato commesso dai prodighi è diverso da quello degli scialacquatori, che non si sono limitati a spendere troppo, ma hanno sperperato in maniera dissennata tutto il loro patrimonio, per cui li troveremo tra i peccatori di violenza del Settimo Cerchio. Si può pensare che, in fondo, si tratta solo di monete non di peccati, ma non è così: una cattiva amministrazione dei propri soldi implica una cattiva amministrazione di se stessi. Gli avari non si donano, i prodighi si rovinano senza mai dare veramente.

    Qui Dante non parla con nessuno dei dannati, anzi stenta a riconoscerne le fattezze umane, tanto sono stravolti dal "carattere immondo del loro peccato", dice Virgilio. Però si accorge, dalla tonsura di alcuni, che sono degli uomini di chiesa. Virgilio conferma l'osservazione di Dante: anzi, aggiunge che fra loro ci sono anche dei papi e cardinali. Per l'eternità le due schiere di dannati si scontreranno nei due punti del Cerchio, finché nel Giorno del Giudizio gli avari risorgeranno col pugno chiuso e i prodighi coi capelli tagliati, come segno delle loro colpe, continuando per sempre il loro giro. Virgilio conclude dicendo che i beni terreni, affidati alla fortuna, sono effimeri e tutto l'oro del mondo sarebbe insufficiente a placare una sola di queste anime afflitte.

    FORTUNA

    Dante chiede a Virgilio cosa sia questa Fortuna, che sembra avere i beni materiali tra i suoi artigli, interpretandola erroneamente come qualcosa di casuale e capriccioso (l'interpretazione attuale della fortuna oggi). Virgilio spiega che Dio ha disposto varie intelligenze angeliche a governare i vari Cieli, e allo stesso modo ha creato un'intelligenza che amministra i beni terreni, appunto la Fortuna, che stabilisce, secondo il piano divino di salvezza per tutti, quando le ricchezze debbano cambiare di mano e quali genti debbano prosperare o decadere, secondo l'imperscrutabile giudizio divino. La saggezza umana, essendo limitata in confronto a quella divina, non può comprendere in pieno le sue decisioni. Molti sciocchi la maledicono, mentre invece dovrebbero lodarla e ringraziarla, perchè quello che la fortuna a loro dà o toglie, è perchè guadagnino il paradiso. Questo non implica una passività davanti al fato, ma una azione confidente in Dio Padre: nelle prove e nei momenti belli, Lui aiuta in entrambi i casi.

    IL QUINTO CERCHIO: IRACONDI E ACCIDIOSI

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    Questo è il primo Canto dove vengono presentati due Cerchi insieme, che quindi sono descritti sbrigativamente dal poeta. Dante e Virgilio entrano così nel Quinto Cerchio, dove c'è il fiume limaccioso dello Stige e dove sono collocati gli iracondi e gli accidiosi. Per "accidiosi" qui si intendono gli iracondi che covarono a lungo il risentimento e meditarono vendetta. Una specie di "ira interna", quindi. Posti sott'acqua, gli accidiosi ammettono la loro colpa e il fatto di essere stati tristi nella vita felice. Nel fango dello Stige sono immerse delle anime che Dante osserva con attenzione, vedendo che hanno l'aspetto corrucciato. Questi dannati si percuotono con schiaffi, pugni e morsi, arrivando persino a sbranarsi a vicenda. Virgilio spiega a Dante che si tratta degli iracondi e ci sono altre anime completamente immerse nello Stige, che non si vedono ma sospirano e fanno gorgogliare l'acqua in superficie: sono gli iracondi amari e difficili (un tipo particolare di accidiosi, che conservano un'ira repressa), che ripetono come un ritornello una frase che riassume il loro peccato:

    "Fitti nel limo, dicon: Tristi fummo (Coperti dal fango, dicono: Noi fummo tristi)
    ne l’aere dolce che dal sol s’allegra, (nell'aria dolce che trae allegria dal sole)
    portando dentro accidioso fummo: (covando dentro l'animo un'ira inespressa:)
    or ci attristiam ne la belletta negra" (ora ci rattristiamo nel fango nero")


    Essere insoddisfatti non è di per sè una colpa, dice il Virgilio di Nagai, ma lo è arrendersi al proprio malcontento e dare la colpa agli altri della propria insoddisfazione. L'insoddisfazione dovrebbe essere uno stimolo per migliorarsi, non per rovinarsi. Questa osservazione non c'è in Dante, ma spiega bene lo stato di questi dannati. I due poeti costeggiano la palude percorrendo l'argine roccioso, finché giungono ai piedi di una torre, e qui finisce il Canto. Per la prima e unica volta, Dante omette di fare i nomi di anime dannate, adducendo come motivo il loro aspetto irriconoscibile per via del peccato. Va aggiunto che tutta questa descrizione è sottolineata da suoni aspri e rime difficili, come -erci, -erchio, -ozzi, -ulcro, -uffa, -anche (in cui abbondano le consonanti gutturali e c'è ampio uso di metafore animalesche e termini rari), mentre nel successivo discorso di Virgilio sulla Fortuna il tono si farà più disteso e i suoni assai più morbidi, forse per creare un voluto contrasto con la materia trattata in precedenza.

    LE VARIAZIONI DI NAGAI

    Come detto prima, Pluto qui ha sembianze umane, mentre nella commedia è una specie di lupo. Inoltre, Nagai, nel mostrare la risposta di Virgilio a Pluto, non fa cenno a lucifero sconfitto dall'arcangelo Michele, quindi da Dio. Il Virgilio di Dante parla solo del "volere di Dio", rendendo quindi la scena piuttosto anonima. Il Virgilio originale, invece, dice a Pluto:

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    "Taci, maladetto lupo! (Taci, maledetto lupo!)
    consuma dentro te con la tua rabbia. (Consuma dentro di te con la tua rabbia)
    Non è sanza cagion l’andare al cupo: (Non è senza ragione il nostro viaggio verso il fondo dell'Inferno:)
    vuolsi ne l’alto, là dove Michele (si vuole così in Cielo, dove l'arcangelo Michele)
    fé la vendetta del superbo strupo" (vendicò il supremo peccato di lucifero)


    Qui "strupo" è la versione poetica di "stupro", qui nel senso di "ribellione": lucifero, o satana, è l'angelo che si ribellò a Dio e fu scacciato nell'Inferno. L'Arcangelo Michele è il capo supremo degli angeli ed è incaricato da Dio a scacciare lucifero. Nagai sembra non voler sottolineare il fatto che il diavolo è stato sconfitto da Dio, non so perchè. Anche in "Devilman", nella scena in cui Ryo Asuka parla dell'Armageddon, cioè del Giudizio finale di Dio descritto nell'Apocalisse, alla domanda di Akira Fudo, che gli chiede chi vincerà tra Dio e il diavolo (domanda sbagliata perchè parla di un fatto che è accaduto, non che accadrà), Ryo risponde che non lo sa perchè l'Apocalisse non lo dice chiaramente. Invece Ryo si sbaglia, perchè la disfatta di satana nell'Apocalisse è totale, insieme alla disfatta della Morte, che sono destinati entrambi a bruciare nell'inferno per sempre. Ma Nagai non fa cenno a questo, alterando così il libro.

    0004-097
    Ryo, ma l'Apocalisse l'hai letta davvero? Qui non sembra proprio.


    Nel manga, Dante chiede a Virgilio se il male è la vera essenza dell'uomo e Virgilio dice di cercare dentro di sè la risposta. Questo dialogo, che non c'è nella Commedia, non è cristiano, ma pagano (nel senso di non cristiano), in cui si vede l'uomo non come uno che pecca, cioè un peccatore, ma come se fosse il peccato stesso. Ma questa non è la visione cristiana: l'uomo all'inizio era buono, creato a immagine e somiglianza di Dio. Ma, commettendo il peccato, è diventato ferito da quel peccato, sia lui che i suoi discendenti. Ma essere feriti dal peccato non significa essere lo stesso peccato.
    Anche la risposta di Virgilio non è cristiana, ma orientale, stile "New Age": "Cerca la risposta dentro di te" e frasi simili. Invece nel cristianesimo la risposta è fuori di te, cioè in Dio. Inoltre, è assurdo che il Virgilio di Nagai dica: "io non sono un santo": se così fosse, sarebbe nell'Inferno. Nel Limbo, dove si trova, ci sono anime che non possono vedere Dio, ma sono comunque salvate, quindi sono abitate da santi (a parte il fatto che il limbo non è una verità di fede, ma un'ipotesi). Non ci sono vie di mezzo: o ci si salva, diventando santi, o ci si danna, diventando diavoli. Ed essere santi non significa fare cose straordinarie, ma comportarsi bene, combattere contro le proprie cattive inclinazioni, e soprattutto affidarsi a Dio e chiedere il Suo aiuto. E' quello che hanno fatto tutti i santi, dai più grandi ai più piccoli. E non si tratta di cose impossibili, se no Dio non l'avrebbe chiesto.

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    Nagai fa delle altre aggiunte: descrive gli iracondi anche come delle persone che covano rancore e danno la colpa agli altri del loro stato. La rabbia verso gli altri, dare la colpa agli altri: è un comportamento spesso condannato nei manga, che in genere elogiano l'impegno e il sacrificio. Curioso che questa impostazione sia praticamente scomparsa dai nostri fumetti, soprattutto italiani ma non solo, dove è assai comune l'idea di colpevolizzare gli altri, di fare le vittime, con l'immancabile propaganda dell'"accettazione del diverso": un noioso refrain che ripetono come un disco rotto.

    BIBLIOGRAFIA:
    https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-vii.html
    Bussola Quotidiana, Giovanni Fighera

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI

    Edited by joe 7 - 27/11/2021, 18:20
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    Non avevo mai capito che Pluto nella Divina Commedia avesse sembianze lupesche.
    In un sito ho letto che quelli definiti prodighi da dante sarebbero i moderni consumisti, ma mi sembra un'interpretazione superficiale.
    Hai detto comunque un sacco di cose che mi hanno colpito.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 4/9/2021, 18:10) 
    Non avevo mai capito che Pluto nella Divina Commedia avesse sembianze lupesche.
    In un sito ho letto che quelli definiti prodighi da dante sarebbero i moderni consumisti, ma mi sembra un'interpretazione superficiale.
    Hai detto comunque un sacco di cose che mi hanno colpito.

    "Consumisti" è una parola generica e superficiale, che sembra condannare l'atto stesso del vendere e comprare. E' un termine soprattutto sociologico, che viene usato dagli intellettuali per le loro teorie sociali. L'avarizia e la prodigalità invece sono difetti umani che riguardano l'anima di ogni uomo: ciascuno di noi è tentato da ogni cosa, tra le quali c'è anche l'avarizia e la prodigalità.

    "Avaro" e "prodigo" sono termini rivolti ad ogni uomo, e sono parole quindi che riguardano ciascuno di noi. "Consumista", invece, è un termine che riguarda solo la massa, il sociale, quindi non significa nulla: l'uomo non è nè massa nè sociale. E' persona, con le sue relazioni: nient'altro.
     
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