INFERNO, CANTO 14: SETTIMO CERCHIO, TERZO GIRONE: I VIOLENTI CONTRO DIO (BESTEMMIATORI)(primo post: qui; precedente post: qui)Dante raccoglie i rami spezzati dell'albero del fiorentino suicida e li pone alle sue radici, poi segue Virgilio sino al confine tra il secondo e il terzo girone del Settimo Cerchio. E' una landa desolata dove non cresce alcuna pianta ed è ricoperta da una spessa sabbia. Dante la paragona al deserto libico attraversato da
Catone l'Uticense (vedi più sotto). Dante ora ha raggiunto il Terzo Girone, quello dei Violenti: i bestemmiatori, gli usurai e i sodomiti. Su questa sabbia, le anime dannate giacciono in modo diverso: i bestemmiatori sono sdraiati supini, cioè distesi sulla schiena; gli usurai siedono raccolti; i sodomiti camminano senza posa. Anzi i sodomiti sono molto più numerosi degli altri. Su tutti loro cade una pioggia di larghe falde (cioè porzioni più larghe che spesse) di fuoco, simili a fiocchi di neve che cadono senza essere sospinti dal vento. Le falde infuocate richiamano la punizione divina contro le città bibliche di Sodoma e Gomorra: Dante le paragona alla pioggia di fuoco che Alessandro Magno vide cadere dal cielo in India.
1 Le fiammelle surriscaldano la sabbia che diventa rovente e tormenta le anime, che tentano continuamente di scacciare da sé il fuoco che cade agitando le mani. Tutte le anime piangono e si lamentano in modo miserabile, in modo particolare quelle distese (i bestemmiatori).
IL BESTEMMIATORE CAPANEO
Capaneo dovrebbe essere sdraiato e non in piedi: in ogni caso, questa immagine rappresenta la sua superbia.
Dante nota che un dannato, dall'aspetto imponente, è sdraiato sul sabbione infuocato e non sembra preoccuparsi delle fiammelle che gli cadono addosso, tanto da mostrare uno sguardo sprezzante, dando così l'impressione che la pioggia di fuoco non gli dia dolore. Dante chiede a Virgilio chi sia: ma il dannato sente la sua domanda e risponde lui stesso, gridando in modo arrogante, senza rivelare il suo nome. Dice che lui è da morto tale quale era da vivo: anzi, se
Giove (perifrasi per dire Dio) gli scagliasse contro tutte le folgori fabbricate da Vulcano e dai Ciclopi nell'Etna, non potrebbe mai vincerlo. Virgilio replica chiamando il dannato col suo nome:
Capaneo, e, con un tono di voce adirato, che Dante non aveva mai sentito prima, lo accusa di essere maggiormente punito proprio per la sua smisurata superbia: la sua stessa rabbia e alterigia sono un'aggiunta della sua punizione. Poi Virgilio si rivolge a Dante con voce più pacata e gli spiega che Capaneo era uno dei sette re che assediarono Tebe: bestemmiò Giove e fu da lui fulminato. Capaneo disprezza Dio e ne disconosce la potenza, spiega Virgilio: tuttavia, la sua stessa alterigia, che gli fa aumentare le pene, è degno ornamento al suo petto. A questo punto, Virgilio invita Dante a seguirlo e a badare bene dove mette i piedi, camminando strettamente vicino alla selva, senza toccare la terribile sabbia ardente.
Capaneo giganteggia sulla scena al pari di altri dannati già visti, come
Farinata, anche se il rimprovero di Virgilio è severo e gli rinfaccia di subire in realtà una più dura punizione proprio a causa della sua tracotante alterigia. Il bestemmiatore non è dunque affatto grande come era sembrato a Dante, visto che è inchiodato al suolo e viene colpito dalle falde infuocate che cadono ben più lente della folgore che lo uccise quand'era in vita. La fonte di Dante è certamente la
Tebaide di Stazio
2, dove il poeta latino diceva di Capaneo che confidava solo nella sua destra, considerava come Dio il suo valore personale e la sua spada, disprezzava gli Dei di cui, diceva, è stolto avere paura.
L'ORIGINE DEL FIUME FLEGETONTE E DEI FIUMI INFERNALII due poeti proseguono in silenzio e giungono al punto in cui sgorga dalla selva un fiumiciattolo di sangue, da cui origina il Flegetonte: è caldo come una fonte d'acqua sulfurea chiamata da Dante
Bulicame (termine che definisce l'acqua usata dalle prostitute come lavacro). Il fiume scorre su un fondale e tra due argini rocciosi, per cui Dante capisce che lì è il passaggio dove potranno procedere per attraversare il girone. Virgilio inizia a parlare e spiega a Dante che tutto ciò che ha visto dopo aver varcato la porta dell'Inferno è meno interessante di questo fiume, che spegne tutte le falde infuocate che vi cadono dentro. Dante, incuriosito da questo discorso, prega il maestro di proseguire la spiegazione. Virgilio spiega che in mezzo al Mediterraneo c'è l'isola di
Creta, ora in rovina, ma un tempo governata da un re,
Saturno, sotto il quale tutto il mondo viveva in pace. A Creta sorge il monte
Ida, un tempo ricco di corsi d'acqua e foreste, ora abbandonato e desolato. Quella montagna fu scelta dalla dea
Rea come il nascondiglio per il figlio
Giove. Dentro a quella montagna c'è la grande statua di un vecchio, che volta le spalle a Damietta e guarda dritto verso Roma: ha la testa d'oro, il petto e le braccia d'argento, il ventre di rame, le gambe e il piede sinistro di ferro e il piede destro di terracotta. Ogni parte del suo corpo, eccetto la testa d'oro, è piena di fessure da cui escono lacrime le quali, raccogliendosi ai piedi della statua, forano la roccia sottostante. Le lacrime, divenute un corso d'acqua, scendono all'Inferno e formano i fiumi infernali:
l'Acheronte, lo Stige e il Flegetonte; il corso d'acqua prosegue poi più a valle, fino al fondo della voragine, dove si raccoglie a formare il lago ghiacciato di
Cocito. Dante è stupito, poiché ha visto il fiume di sangue sgorgare solo nel Settimo Cerchio, mentre esso nasce invece sulla Terra. Virgilio spiega che la voragine infernale è rotonda e, anche se Dante ne ha vista una buona parte, non l'ha vista tutta. Dante chiede ancora a Virgilio dove sia il
Lete, un altro fiume di cui aveva sentito parlare: Virgilio risponde che quel fiume non si trova nell'Inferno, ma nel Purgatorio, dove si bagnano le anime purificate per dimenticare i peccati. A questo punto, Virgilio riprende il cammino e Dante lo segue.
CATONE L'UTICENSECatone l'Uticense, citato da Dante, era un politico dell'antica Roma. Fu anche militare e scrittore. Era famoso per la sua incorruttibilità e onestà. Siccome vedeva in Cesare la venuta della tirannide e la fine della Repubblica, si sollevò contro di lui insieme a Pompeo, ma fu sconfitto: per sfuggire a Cesare, attraversò il terribile deserto libico coi suoi soldati (10.000 uomini). Si trattava di un tratto di ben 1.400 miglia (praticamente tutta la lunghezza dell'Italia) attraversate A PIEDI in quattro mesi. Dante fa riferimento quindi a questa sua esperienza.
Catone raggiunse
Utica, una città di mare in Tunisia (da non confondersi quindi con l'isola di Ustica, a nord della Sicilia). Ma, quando scoperse che ormai Cesare lo aveva circondato anche lì, si uccise in quella città: per questo fu chiamato l'Uticense. Questi avvenimenti furono raccontati dal poeta latino Lucano nel
Pharsalia, chiamata anche
De Bello Civili, o
Bellum civile (da non confondersi col
De Bello Civili di Cesare). Catone non fu condannato da Dante per il suo suicidio: anzi, lo mette come custode del Purgatorio, indicandolo come colui che è il difensore della libertà, come dice nel Canto I del Purgatorio:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.Quello di Catone è anche un esempio clamoroso di salvezza, quindi dell'imperscrutabilità della giustizia divina. Infatti, una persona che si suicida non significa automaticamente che vada all'inferno, perchè solo Dio sa scrutare i cuori e dare il giusto giudizio. Resta comunque il fatto che il suicidio resta un male e chi lo fa rischia comunque di andare all'Inferno.
LA STATUA DI CRETALa leggenda del vecchio di Creta deriva dal libro biblico di Daniele, in cui si narra del sogno di Nabucodonosor, che vide nel sonno una statua fatta in quel modo (Daniele 2). Il particolare delle lacrime è un'invenzione di Dante. Il vecchio rappresenta quasi certamente la storia dell'umanità, che dalla mitica età dell'oro è poi degenerata nelle età successive sino a giungere al disordine morale del tempo di Dante, per cui dalla statua gocciolano le lacrime che formano i fiumi dell'Inferno.
Il profeta Daniele spiega al re Nabucodonosor il significato del suo sogno.
Se la fonte è biblica, molteplici sono i riferimenti al mito classico: Creta è indicata come l'isola che sorge al centro del Mediterraneo, al confine delle tre parti del mondo (Europa, Africa, Asia), dominata un tempo da Saturno e che conobbe l'età dell'oro prima di decadere (è ricordata anche come il nascondiglio del figlio di Saturno, Giove, che avrebbe posto fine al periodo felice). La statua del vecchio è poi formata dai metalli corrispondenti alle età del mito (oro, argento, rame, ferro). Il vecchio volge le spalle a Damietta, in Egitto, e guarda Roma: significa che è rivolto verso l'Occidente e la città che è centro della cristianità, sede dell'Imperatore e del Papa.
CONFRONTO CON NAGAINel manga Nagai salta l'episodio di Capaneo e pure la spiegazione dell'origine dei fiumi infernali: praticamente tutto il capitolo è stato saltato. La tendenza a rappresentare i dannati come delle "povere vittime" comunque rimane: qui Dante e Virgilio attraversano il girone dalla pioggia di fuoco, e i dannati sono rappresentati, come al solito, come delle povere vittime spaventate e innocenti che piangono una ingiustizia riservata a loro, o comunque una pena considerata "eccessiva", come si vede dalla ragazza piangente qui sotto. Eppure bestemmiare è offendere Dio nel più profondo, visto che Lui è la Parola, e offenderlo a parole è ugualmente grave come offenderlo nei fatti. E un bestemmiatore non si limita a offendere Dio a parole, ma lo fa anche coi fatti. Ed è ovvio: perchè mai si dovrebbe rispettare Qualcuno che si insulta?
Un'altra dannata "povera vittima".
In questo capitolo, Nagai fa solo descrivere da Virgilio i dannati e le loro caratteristiche (bestemmiatori, usurai, sodomiti), poi passa oltre.
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1 Quando Alessandro Magno raggiunse i limiti estremi dell'India e si avvicinò alla Cina, sopraggiunse una fitta nevicata che poi si trasformò in una prodigiosa pioggia infuocata, che i suoi soldati dovettero soffocare con le proprie vesti. Fu lo stesso Alessandro a narrarlo in una lettera indirizzata ad Aristotele. Forse Dante trae l'aneddoto da un passo di S. Alberto Magno, vescovo domenicano.
2 La
Tebaide è un poema che narra dell'assedio alla città di Tebe. Fu composto da
Publio Papinio Stazio, poeta romano, nel I secolo d.C.
BIBLIOGRAFIA:https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-xiv.htmlBussola Quotidiana, Giovanni Fighera(Continua qui)QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTEEdited by joe 7 - 4/12/2021, 19:26
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