Il blog di Joe7

  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: INFERNO, CANTO 13

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 20 Nov. 2021
     
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    INFERNO, CANTO 13: SETTIMO CERCHIO, SECONDO GIRONE - I SUICIDI (VIOLENTI CONTRO SE STESSI) E GLI SCIALACQUATORI (VIOLENTI CONTRO IL PATRIMONIO)
    (primo post: qui; precedente post: qui)

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    Sempre nel Cerchio dei Violenti, Dante e Virgilio si incamminano per un'orribile selva piena di alberi neri, contorti, dalle foglie nere, con, al posto dei frutti, spine velenose. Nemmeno i luoghi più selvaggi della Maremma1 hanno una boscaglia così aspra, dice Dante. Le Arpie divorano le foglie in continuazione, provocando misteriosi lamenti. Virgilio spiega a Dante che si trovano ora nel secondo girone del Settimo Cerchio, quello dei violenti contro se stessi, cioè i suicidi. Dante non capisce da dove vengano questi lamenti: pensa che degli spiriti si nascondano tra le piante. Ma Virgilio lo invita a spezzare un ramoscello da uno degli alberi. Dante obbedisce e, appena lo fa, dal tronco esce la voce di uno spirito che lo accusa di essere impietoso, mentre dal fusto esce sangue nero. I suicidi quindi vengono trasformati in alberi tormentati dalle Arpie.

    IL RICHIAMO ALL'ENEIDE

    Enea
    La famosa scena di Enea che fugge da Troia in fiamme, portando con sè il padre Anchise,
    simbolo del passato e della tradizione, e il figlio Ascanio (qui non raffigurato), il simbolo del futuro.


    La scena dei suicidi trasformati in alberi richiama un'altra scena simile, presente nell'Eneide di Virgilio, la guida di Dante. Infatti, nel III Canto dell'Eneide, Enea racconta a Didone che una volta strappò alcune fronde per coprire l'altare che aveva appena eretto. Ma da queste vide colare un fiotto di sangue nero, e sentì la voce di Polidoro, il figlio di Priamo, che gli raccontò come morì ucciso: le fronde infatti erano una volta le frecce con cui era stato trafitto Polidoro. Il suo cadavere si trovava proprio sotto l'altare, ma non perfettamente sepolto: quindi l'anima non era ancora entrata nell'Ade e vagava errante e disperata sulla Terra, come un fantasma. Allora Enea fece tumulare degnamente il corpo di Polidoro.

    DIFFERENZA TRA PAGANESIMO (VIRGILIO) E CRISTIANESIMO (DANTE)

    E' da notare che Polidoro non è morto suicida, nè è stato trasformato in albero, ma è stato solo sepolto in modo sbagliato, facendo vagare così il suo spirito, che non trovava riposo. Qui ci sono due caratteristiche di base che differenziano il triste mondo pagano da quello cristiano:

    1) il suicidio non è visto come una colpa dai pagani. Solo il cristianesimo dice che suicidarsi è peccato mortale e con questa azione si va all'inferno: l'esempio di un traditore come Giuda che si impiccò è il più evidente.

    2) comunque uno muoia o venga sepolto, per il cristiano lo spirito non diventa mai un fantasma vagante, cosa invece caratteristica dei pagani, che infatti hanno sempre vissuto nel terrore dei fantasmi. Nel cristianesimo, i fantasmi non esistono: dopo la morte, lo spirito viene subito giudicato da Dio e va in Paradiso o all'Inferno. Non vaga mai per la Terra, quindi. E questo è sempre stato liberante per i secoli cristiani, che non hanno mai temuto i fantasmi. Ora, che viviamo di nuovo in un mondo pagano, la paura dei fantasmi è ritornata, mascherata coi vari film e fumetti: ma è una paura reale, che molti hanno effettivamente.

    L’allusione di Dante alla scena dell'Eneide non è un semplice sfoggio di cultura, o un suo omaggio al maestro: piuttosto, Dante ci vuole introdurre in un’atmosfera di misfatto, di oltraggio nei confronti dell’ordine naturale e divino. Il bosco è, in realtà, la metamorfosi di chi ha compiuto un gesto contro natura come il suicidio, scindendo di sua volontà la sua unità inscindibile di anima e corpo attraverso l'omicidio di se stesso, che è la definizione base del suicidio.

    PIER DELLA VIGNA, IL COLTO SUICIDA

    Virgilio invita il dannato suicida, trasformatosi in albero e al quale lui aveva staccato un rametto, a manifestarsi e a raccontare la sua storia, affinché Dante la possa poi far sapere quando tornerà sulla Terra. Il dannato si presenta come Pier della Vigna: fu un collaboratore del re Federico II di Svevia (che, tra l'altro, è anche lui tra i dannati: gli eretici). Pier della Vigna era famoso per la sua fedeltà al re; fu anche poeta e retore. Svolse il suo incarico con lealtà e dedizione, al punto da perderne la serenità e poi addirittura la vita. Infatti, la sua attività e la predilezione del re verso di lui scatenò l'invidia dei cortigiani, che sobillarono il sovrano contro di lui, accusandolo di tradimento contro il re. Quando Pier della Vigna fu imprigionato e fatto accecare, per la vergogna si tolse la vita sbattendo la testa contro il muro.

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    La terribile fine di Pier della Vigna


    Il dannato conclude il racconto, giurando di essere innocente dell'accusa e pregando Dante di farlo sapere se mai ritornerà nel mondo. Virgilio invita Dante a rivolgere altre domande al dannato, ma il discepolo è troppo turbato per continuare: quindi è Virgilio che fa due domande a Pier della Vigna, perchè Dante poi ne sia informato:
    1) In che modo l'anima del suicida è imprigionata dentro un albero?
    2) Che fine farà il loro corpo, nel Giorno del Giudizio Universale?

    Le risposte sono:

    1) Pier Della Vigna spiega che, quando l'anima del suicida si separa dal corpo subito dopo la morte, giunge davanti a Minosse, il giudice infernale, che la manda qui al Settimo Cerchio: essa cade in un punto qualsiasi e germoglia, formando una pianta selvatica. Le Arpie, poi, nutrendosi delle foglie dell'albero, producono ulteriore sofferenza alle anime.

    2) Il giorno del Giudizio Universale essi riavranno le loro spoglie mortali, ma non le rivestiranno. Il corpo, infatti, sarà per sempre impiccato a un ramo e resterà appeso per sempre all'albero dove l'anima si è imprigionata: infatti non è giusto riavere ciò che si è tolto violentemente.

    GLI SCIALACQUATORI

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    Vengono sbranati vivi in continuazione.


    Poco dopo, Dante e Virgilio sentono dei rumori all'interno della selva, simili allo stormire del fogliame quando, in un bosco, c'è una battuta di caccia al cinghiale. Vedono due dannati che corrono affannosamente tra la boscaglia, nudi e graffiati: rompono rami e frasche, provocando altra sofferenza ai dannati suicidi. Infatti sono inseguiti da diverse cagne nere che li vogliono sbranare. Si tratta degli scialacquatori: a differenza dei prodighi visti prima, che si erano rovinati con le loro spese, questi hanno dilapidato ricchezze enormi, mandando in rovina non solo se stessi, ma anche intere famiglie o nazioni. I due scialacquatori sono Lano da Siena e Iacopo da Sant'Andrea, che vengono poi raggiunti e maciullati, ridotti a brani, dalle cagne. Uno di loro, Iacopo, aveva tentato di nascondersi dietro un basso cespuglio, ma viene fatto a brandelli sia lui che il cespuglio. Poi le cagne portano via i pezzi sbranati, pronte a ricominciare a sbranarli appena torneranno come prima.

    UN ALTRO SUICIDA

    Virgilio prende per mano Dante e lo conduce accanto al cespuglio mezzo distrutto: anche da lì esce sangue e, insieme ad esso, la voce del suicida imprigionato all'interno. Il dannato rimprovera lo scialacquatore che gli ha causato danno e dolore, poi Virgilio si rivolge al suicida e gli chiede di manifestarsi. Egli chiede anzitutto ai due poeti di raccogliere i suoi rami spezzati ai piedi dell'arbusto, quindi rivela di essere originario di Firenze, città che mutò il proprio protettore da Marte a san Giovanni Battista e per questo è vittima di continue guerre: solo la statua di Marte sull'Arno, di cui sopravvive un frammento, la preserva dalla totale distruzione. E' una visione pagana e non cristiana, quella che il dannato sostiene. Non dice il suo nome, ma conclude dicendo di essersi impiccato nella propria casa.

    COMMENTO

    Questo Canto è fitto di rimandi letterari: per esempio, il riferimento all'Eneide, le Arpie, il linguaggio colto di Pier della Vigna. Il paesaggio infernale degli alberi contorti richiama la selva oscura del Canto iniziale. Non è chiaro da dove Dante abbia tratto il legame tra le Arpie e il suicidio, visto che nel mito classico erano piuttosto associate alla rapina e alla furia.

    LE ANIME DANNATE RESTANO ATTACCATE ALLA VITA TERRENA

    Come spesso accade nell'Inferno dantesco, i dannati si mostrano tenacemente attaccati a ciò che rappresentava per loro la vita terrena. Quindi, Pier della Vigna parla come se fosse ancora il primo consigliere di Federico II. Non comprende pienamente la natura del suo peccato e si mostra interessato solo alla possibilità che Dante restauri la sua fama nel mondo terreno, più che del suo destino eterno, ormai perduto per sempre. Come se contasse l'opinione degli uomini, invece che quella di Dio. I dannati non si pentono mai, nè possono pentirsi, imprigionati come sono dal loro peccato.

    Pier della Vigna, che è sempre stato fedele a Federico II, alla fine diventa «ingiusto» contro se stesso. Non si può amare e agire bene se prima non si ama se stessi. E il suicida non si ama. L’azione di Pier della Vigna è riprovevole, è peccato, perché divide un’unità sancita dalla volontà divina: quella tra anima e corpo. Dante mostra il giudizio oggettivo sul peccato del suicidio, definendolo "disdegnoso gusto", cioè "gesto". Dante distingue il peccato dal peccatore: mentre condanna il peccato del suicidio in maniera categorica, il poeta valorizza e ammira quegli uomini che si sono resi interpreti di azioni grandi, o hanno interpretato virtù encomiabili. Però a Dante è chiaro che non bastano dignità, onori, imprese gloriose, benemerenze, «bene operare» per ottenere la salvezza. La salvezza viene da un Altro, Gesù Cristo, non dai nostri sforzi da soli, ma dai nostri sforzi insieme con Lui.

    L'arrivo sulla scena degli scialacquatori non attenua la raffinatezza stilistica del Canto, poiché Dante li introduce con la similitudine della caccia al cinghiale e con una serie di allitterazioni che ne riproducono il rumore nella boscaglia (similemente... sente 'l porco... posta... bestie... frasche stormire). Anche il dannato sconosciuto parla con un'elegante e complicata perifrasi. L'intero episodio è immerso in una delicata atmosfera letteraria, che stride volutamente con l'orrore della selva e del peccato che in essa scontano le anime.

    CONFRONTO CON IL MANGA DI NAGAI

    Nagai presenta Pier della Vigna, raccontando della sua fine: ma salta le sue due risposte alle due domande che gli fa Virgilio. Forse perchè Nagai, nella sua visione orientale, crede nella reincarnazione e non nella resurrezione dei corpi: quindi salta il passo in cui Pier della Vigna parla del suo corpo, che sarà eternamente appeso all'albero che lui è diventato, il giorno del Giudizio. Gli scialacquatori sono presentati brevemente, senza nomi. Anche lo sconosciuto suicida fiorentino non è citato da Nagai.
    In sostanza, anche se è una visione stringata, a parte le omissioni sul giudizio finale, la versione nagaiana è fedele al poema. Presenta anche gli alberi con vaghe fattezze umane, come ha fatto il Dorè: ma la Commedia non parla mai di alberi con vaghe fattezze umane (altrimenti Dante avrebbe capito subito da dove venivano le voci). Gli alberi, che una volta erano uomini, sono in tutto e per tutto alberi contorti, senza avere nessuna parvenza umana. L'umanità fisica è stata completamente cancellata da loro. Infatti, il suicida, rifiutando la sua vita fisica, insieme ad essa ha rifiutato anche le sue sembianze fisiche.

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    1 La Maremma, ai tempi di Dante, era un luogo selvoso, pieno di paludi e abitato da animali selvaggi: si estendeva tra il fiume Cecina (vicino a Livorno), su cui sorge la città omonima, e Tarquinia (allora Corneto), vicino a Civitavecchia/Roma. Oggi quei luoghi sono stati in gran parte bonificati.

    BIBLIOGRAFIA:

    https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-xiii.html
    Bussola Quotidiana, Giovanni Fighera

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI

    Edited by joe 7 - 27/11/2021, 18:24
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    In terza superiore, in un compito in classe, ho dovuto analizzare proprio questo canto.
    Mi stupisce che Nagai non abbia cambiato nulla, visto che in Giappone il suicidio é una piaga sociale.
    Pare inoltre che Pier Della Vigna avesse una corrispondenza segreta col papa Innocenzo IV° e avesse compiuto numerose attività proditorio di cui lo stesso Federico II° era a conoscenza.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 20/11/2021, 18:44) 
    In terza superiore, in un compito in classe, ho dovuto analizzare proprio questo canto.
    Mi stupisce che Nagai non abbia cambiato nulla, visto che in Giappone il suicidio é una piaga sociale.
    Pare inoltre che Pier Della Vigna avesse una corrispondenza segreta col papa Innocenzo IV° e avesse compiuto numerose attività proditorio di cui lo stesso Federico II° era a conoscenza.

    Se ti hanno fatto analizzare Dante, allora avevi frequentato un'ottima scuola, a differenza della pattumiera che abbiamo adesso, che non è nemmeno degna di essere chiamata "scuola", ma solo "centro di indottrinamento per banalità ecologiste/mondialiste/comuniste". La pattumiera che chiamano oggi erroneamente "scuola" infatti non insegna nè Dante Alighieri nè niente che riguardi la nostra cultura italiana. E nemmeno la cultura in generale. Oggi la scuola vera è morta. Si diceva una volta che la scuola "o è tempio o è tana": ora è lupanare. Da adesso in avanti dovremo farci la nostra cultura studiando i classici italiani e il resto per conto proprio.

    In Giappone il suicidio è effettivamente una piaga sociale, ma è alimentata proprio dalla visione orientale che considera a volte addirittura obbligatorio il suicidio. Fino a che seguiranno quelle religioni e quella cultura - che deriva da queste religioni - il suicidio resterà sempre una piaga sociale. Dai frutti si riconosce l'albero.

    Nagai forse ha voluto essere fedele al testo originale. Certo che fa un certo effetto sentire dire da un orientale nel manga che "suicidarsi è un peccato gravissimo", anche se lo fa per essere fedele al testo. Forse anche Nagai avvertiva il danno - non solo sociale - del suicidio.

    Riguardo a Pier della Vigna: che lui fosse colpevole o innocente non ha importanza. Resta il fatto che si è suicidato, compiendo peccato mortale, e Dante voleva giustamente sottolineare questo aspetto.
     
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    Come scuola superiore ho fatto ragioneria e il testo lo analizzai nel maggio 2000, quando il nuovo millennio era carico di speranze per il futuro.
     
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    CITAZIONE (Andrea Micky1 @ 20/11/2021, 20:06) 
    Come scuola superiore ho fatto ragioneria e il testo lo analizzai nel maggio 2000, quando il nuovo millennio era carico di speranze per il futuro.

    Poi è successo l'attentato delle Torri Gemelle e la venuta di governi via via sempre più tecnici e sempre più sanguinari, con in testa solo il denaro e l'indottrinamento della gente, cancellando ogni ombra di cultura, perchè la gente più è ignorante più si domina facilmente. Ora siamo governati da una banda di veri e propri macellai, il cui unico interesse è quello di guadagnare sul nostro dolore, sulla nostra sofferenza e sulla nostra ignoranza, imponendoci un numero infinito di catene e di limiti, creando un nuovo mondo a loro piacere.

    Bè, ci sono riusciti.

    Ora bisognerà prenderne atto e farsi delle scuole da soli, con una propria cultura da trasmettere e conservare. E ovviamente cercare di riguadagnarci il più presto possibile la nostra libertà che ci è stata tolta.

    Edited by joe 7 - 20/11/2021, 21:54
     
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