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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 21

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 11 Feb. 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 21 - QUINTA CORNICE, AVARI E PRODIGHI - STAZIO
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    289a
    L'anima salvata del poeta Stazio incontra Virgilio e Dante.


    Dante e Virgilio continuano a percorrere la Quinta Cornice del Purgatorio, riservata agli avari e ai prodighi. Dopo aver assistito ad uno strano terremoto nel canto precedente, Dante è tormentato dal desiderio di sapere cosa era successo: una sete di conoscenza che lui paragona a quella sete che aveva la Samaritana quando incontrò Gesù al pozzo. Intanto si affretta a seguire Virgilio, provando compassione per il giusto castigo ("giusta vendetta") che devono sopportare le anime. All'improvviso, dietro a loro compare un'anima che sembra come Cristo risorto che apparve ai due discepoli di Emmaus descritti dall'evangelista Luca. Si tratta del poeta Stazio, che ha finito la sua pena e segue Dante e Virgilio (ma non si è ancora rivelato a loro), mentre loro sono intenti a camminare tra i penitenti stesi a terra, quindi non si accorgono di lui, finché non si rivolge a loro, augurando ai poeti la pace di Dio. I due si voltano e Virgilio risponde al saluto, augurando all'anima, che ancora non conosce, di raggiungere la salvezza del Paradiso, da cui lui è escluso, essendo mandato con giusto giudizio nel Limbo. Stazio si stupisce nell'ascoltarlo e chiede come sia possibile la loro presenza in Purgatorio. Virgilio indica a Stazio i segni (le P) che Dante ha sulla fronte e che erano stati incisi dall'angelo: quindi è degno di essere "tra i beati", cioè in Paradiso. Ma Dante è ancora vivo, perchè Lachesi, la Moira che svolge il filo della vita, non ha ancora srotolato tutto il filo della sua vita, la cui lunghezza Cloto, l'altra Moira, stabilisce1. Quindi gli era necessaria una guida, perchè non conosce questi posti come li conoscono le anime dei trapassati. Per questo ruolo, Virgilio è stato tratto fuori dall'Inferno, per cui farà da scorta al discepolo, finché gli sarà possibile farlo. A questo punto, Virgilio chiede all'anima - se lo sa - qual è la ragione per cui, poco prima, il monte era stato scosso da un terremoto e le anime avevano intonato il Gloria.

    IL TERREMOTO

    Con la sua domanda, Virgilio mostra di aver indovinato il desiderio di sapere di Dante, che ora spera di avere una risposta. Stazio spiega che il monte del Purgatorio è luogo sacro: non può subire fenomeni atmosferici o terrestri. Ci possono essere solo degli influssi celesti. Quindi nel Purgatorio non cadono la pioggia, né la neve o la grandine, né si vedono mai brina o rugiada al di sopra della porta presidiata dall'angelo. Ugualmente, non ci sono nè nubi né lampi, né compare mai l'arcobaleno, chiamato da Stazio "figlia di Taumante" (si tratta di Iride, la messaggera degli dei, identificata appunto con l'arcobaleno). Forse, al di sotto del Purgatorio, possono accadere dei terremoti, ma non sono mai avvertiti qui. Stazio parla di "venti sotterranei", che erano considerati allora la causa dei terremoti. Oggi si ipotizza che siano causati dallo spostamento delle placche tettoniche: ma la verità è che sulle cause precise dei terremoti non è che ne sappiamo molto anche oggi. In sostanza, continua Stazio, gli unici "terremoti" avvertiti in Purgatorio ci sono solo quando un'anima penitente si sente purificata e pronta a salire all'Eden (non il Paradiso: è necessario andare prima all'Eden, sulla cima del Purgatorio, per poi elevarsi al Cielo). Il grido degli altri penitenti che cantano il Gloria accompagna tale ascesa. Quando un penitente ha espiato la propria pena, se ne accorge, perché si sente libero dal peccato, libero di muoversi, e ne gioisce, mentre prima questo gli era impedito dalla giustizia divina. Dice Stazio:

    Prima vuol ben, ma non lascia il talento (Prima (la volontà assoluta di Stazio) voleva certo il bene, salire cioè in Paradiso, ma non glielo permetteva la sua volontà relativa (il "talento")
    che divina giustizia, contra voglia, (che, per opera della divina giustizia, è in contrasto con la sua volontà assoluta)
    come fu al peccar, pone al tormento. (infatti, come la sua volontà relativa/talento, in vita, fu rivolta al peccato, qui, nel Purgatorio, è rivolta all'espiazione. Per questo, la volontà relativa blocca la volontà assoluta del penitente di salire al Cielo, se non dopo l'espiazione.)

    Qui Stazio si richiama alla Summa Theologica di San Tommaso D'Aquino, in cui si dice che la volontà relativa è il talento, che in vita queste anime hanno rivolto al peccato; mentre in Purgatorio, per volontà divina, questa è tutta rivolta all'espiazione e contrasta la volontà assoluta, che è ovviamente di salire in Cielo. Per capirci: è come quando hai gli abiti sporchi e ti vergogni di andare ad una festa ridotto in quel modo. Sai che prima devi metterti degli abiti belli e puliti, così nessuno avrà nulla da dire, e poi potrai andare alla festa. Stazio spiega di essere stato nella Quinta Cornice per oltre cinque secoli2 e di essersi sentito purificato poco prima, quindi è per questo che c'è stato il terremoto e le anime hanno intonato il Gloria. Alla fine della spiegazione, Dante è soddisfatto come chi, bevendo, spegne una sete tormentosa.

    STAZIO

    289b
    Stazio si presenta.


    Virgilio risponde a Stazio di aver compreso quanto ha detto. Poi gli chiede il suo nome e il motivo per cui ha trascorso così tanto tempo nella Quinta Cornice. Stazio dichiara di essere vissuto al tempo in cui l'imperatore Tito vendicò la crocifissione di Cristo con la distruzione del Tempio di Gerusalemme3, e di aver avuto il nome onorato di poeta, famoso ma senza la fede cristiana. Stazio continua: "Fui un poeta così apprezzato, che, dalla francese Tolosa, andai a vivere a Roma e lì fui incoronato col mirto." Significa che fu incoronato poeta. Il problema è che questa locuzione, "incoronato di mirto", la usa solo Dante, e il mirto, sacro a Venere, era riservato per i poeti che componevano cantiche amorose, e Stazio non era famoso per queste opere. Infatti aveva descritto le guerre della Tebaide e dell'Achilleide (quest'ultimo, che parlava di Achille, rimase incompleto). Stazio dichiara - senza sapere che lui sta parlando proprio con Virgilio - che le sue opere poetiche trassero ispirazione dall'Eneide di Virgilio, che è stata un modello per altri mille poeti. L'Eneide fu per lui una madre e una nutrice, tanto che, senza il suo esempio, non avrebbe scritto nulla di importante. Stazio visse dopo Virgilio e dice che, pur di poter vivere nello stesso tempo di Virgilio, sarebbe disposto a restare un altro anno nella Cornice a espiare il suo peccato.

    OMAGGIO DI STAZIO A VIRGILIO

    Dante sorride nel sapere che Virgilio si trova in una situazione imbarazzante, in cui Stazio gli sta tessendo dei grandi elogi senza sapere con chi sta parlando. Virgilio, che ha capito quello che pensa Dante, si volta verso di lui e gli fa cenno di tacere. Ma il discepolo non può trattenere le proprie emozioni e non riesce a mascherare la sua espressione, sorridendo al maestro e suscitando la sorpresa di Stazio, che capisce che Dante conosce un segreto, quindi lo osserva incuriosito e con attenzione. Stazio chiede a Dante il motivo del suo improvviso sorridere e questo mette il poeta in grande imbarazzo, poiché vorrebbe obbedire alla richiesta di Virgilio e al tempo stesso è pressato dalla domanda dell'altro. I suoi sospiri inducono Virgilio a consentirgli di parlare liberamente, per cui Dante spiega a Stazio che la sua guida è proprio quel Virgilio, dal quale egli ha tratto ispirazione nella sua opera poetica. Se Stazio ha creduto che lui avesse un'altra ragione per sorridere, sappia che essa era unicamente per le parole che il penitente ha appena pronunciato verso Virgilio. A questo punto, Stazio si getta in ginocchio per abbracciare i piedi di Virgilio, che però lo invita a non farlo, perchè sia lui che Stazio sono solo ombre inconsistenti. Stazio si rialza e dichiara di provare incondizionato amore per il grande poeta latino, al punto che si era scordato di essere un corpo aereo, pensando che le ombre siano di carne e ossa.

    COMMENTO

    Il protagonista assoluto di questo Canto è Stazio, il poeta latino che Dante pone in Purgatorio tra le anime salve, come un ulteriore esempio dell'imperscrutabile giustizia divina, al pari di Catone Uticense, custode del Purgatorio, e di Manfredi, già incontrato tra i contumaci dell'Antipurgatorio. La novità, rispetto agli altri personaggi, è che Stazio è un poeta, il che permette a Dante di iniziare un lungo e complesso discorso intorno alla poesia, che durerà almeno fino all'ingresso nel Paradiso Terrestre (da questo momento in poi, infatti, le anime incontrate dai due viaggiatori saranno unicamente di poeti). L'episodio è stilisticamente e retoricamente elevato, specie nel discorso di Stazio, che prima spiega la ragione del terremoto e del canto delle anime, poi si presenta con una elegante prosopopea. L'atmosfera è densa di immagini religiose, a cominciare dalla similitudine della Samaritana, che diede da bere a Gesù, e di cui Dante si serve per descrivere la sua sete di conoscenza dottrinale, per passare poi a quella di Stazio, paragonato ancora a Gesù risorto che appare ai due discepoli a Emmaus (è evidente che la resurrezione è simbolo della liberazione dal peccato, come per Stazio che ha appena concluso il suo percorso di espiazione).

    Gesu-e-la-samaritana
    Gesù e la samaritana.


    Stazio mette l'accento sulla volontarietà della pena cui l'anima purgante si sottopone con pieno desiderio. Stazio afferma che sarebbe disposto a trattenersi un altro anno nella Cornice per essere contemporaneo di Virgilio, cosa che spinse alcuni commentatori a parlare di affermazione «empia»: si tratta in realtà di un adynaton, cioè l'indicazione di un fatto manifestamente impossibile. Virgilio era riconosciuto come indiscussa autorità poetica e filosofico-morale, il che spiega perché Dante lo scelga come sua guida nella prima parte del viaggio e si giustifica con il culto dell'Eneide che durava almeno dalla tarda antichità. La scena finale di Stazio che si getta ai piedi dell'antico maestro chiude la «scenetta» comica dell'equivoco svelato poi da Dante (e che tuttavia ha delle analogie con l'episodio evangelico di Gesù risorto a Emmaus, non riconosciuto subito dai discepoli), anche se conserva tutta la sostanza dell'omaggio al grande poeta e al suo altissimo magistero: il Canto seguente spiegherà quanto grande sia il debito di riconoscenza che Stazio ha verso l'opera di Virgilio, e sarà il primo passo di un percorso di riflessione intorno alla poesia che avrà il suo punto finale nell'ingresso nell'Eden e nell'incontro, anch'esso non privo di riferimenti letterari, con Beatrice. Stazio è detto "Tolosano", cioè di Tolosa, mentre in realtà era nato a Napoli: il poeta si era confuso in parte col retore L. Stazio Ursolo, che era appunto originario di Tolosa.

    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xxi.html

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    1 Le Moire (o Parche, o Norne) erano il Destino Ineluttabile o il Fato, che decretavano le azioni di ciascuno, la loro nascita e la loro morte. Si tratta della visione pagana di Virgilio, che toglie la libertà di scelta degli uomini; una visione che nel cristianesimo non esiste, perchè ogni uomo è libero nelle sue azioni. "Moire" è un termine greco; equivalgono alle Parche per i Romani e alle Norne per i nordici. Erano tre donne che tessevano i fili del destino di tutti uomini e dei: nemmeno gli dei potevano fare nulla davanti a loro. Nella mitologia greca sono figlie di Zeus e Temi , "l'irremovibile", personificazione della giustizia, dell'ordine e del diritto. Le Moire greche, come ho detto, erano tre: Cloto (cioè "la filatrice"), la nascita, che stabiliva l'inizio della vita di ciascuno e il numero dei suoi giorni; Lachesi (cioè "ricevo in sorte"), il tempo, che svolge il filo della vita; Atropo ("l'inesorabile"), che tagliava il filo della vita, decretando la morte. Le Parche romane invece non hanno nome: sono le "tre Fatae" cioè "i tre destini" (in latino, "destino" si dice "fato"). Le Norne dei miti nordici erano Urd (il passato), Verdandi (il presente) e Skuld (il futuro). In particolare, queste ultime tre sono le protagoniste del manga "Oh mia dea!", in cui sono più delle semi-divinità che delle Norne.

    AAMegami-Sama-TV-cover
    Le protagoniste di "Oh mia dea!". Nell'ordine, da sinistra a destra: Skuld (il futuro), la più giovane; Belldandy (invece di Verdandy; il presente) e Urd (il passato).



    2 Stazio è morto nel 96 e la Commedia era del 1300 circa: quindi sono passati circa 1200 anni, non 500, dalla sua morte. L'unica spiegazione è che lui abbia passato gli altri 700 anni nel Purgatorio, nelle altre Cornici. Stazio spiegherà meglio la faccenda più avanti.

    3 Stazio fa riferimento alla terribile Guerra Giudaica (66-70), in cui gli Ebrei, poco dopo la morte di Cristo, si ribellarono all'Impero Romano. La battaglia fu atroce, a causa della tenacissima resistenza ebraica, in cui i figli di Israele erano disposti a combattere ciascuno fino alla morte, fiduciosi nella venuta del loro Messia. I Romani, esasperati, fecero un vero e proprio sterminio, livellando tutto il Tempio di Gerusalemme (di cui rimane solo l'attuale Muro del Pianto) e distruggendo tutta la città e la nazione ebraica, che da allora non esistette più, fino alla nascita dello Stato d'Israele nel 1948.

    756-Hayez-Francesco-Distruzione-del-tempio-di-Gerusalemme
    La distruzione del Tempio di Gerusalemme (Francesco Hayez)



    (Continua qui)

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    Edited by joe 7 - 18/2/2023, 16:50
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    Questa scena la ricordo bene: Stazio ha avuto un grande privilegio nell'incontrare il suo ispiratore.
    Il canto di Emmaus é una delle mie parabole preferite.
    Degna trasposizione della scena:
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 11/2/2023, 17:29) 
    Questa scena la ricordo bene: Stazio ha avuto un grande privilegio nell'incontrare il suo ispiratore.
    Il canto di Emmaus é una delle mie parabole preferite.
    Degna trasposizione della scena: www.youtube.com/watch?v=zgLCQMO8bgQ

    Non è proprio una trasposizione come la immaginavo io (l'asino che c'entra?). Il Gesù a cartoni animati, fatto in tanti modi, non mi ha mai convinto.

    In ogni caso, i discepoli a Emmaus riconobbero Gesù nello spezzare il pane, è vero: ma non tanto perchè lo aveva spezzato, ma perchè, innalzando il pane, Lui aveva mostrato le ferite dei chiodi ai polsi. E questo aveva fatto sobbalzare i due: quello che poteva sembrare una coincidenza, avevano capito all'istante che non lo era affatto. Perchè vedevano sul suo corpo gli stessi segni di quando era stato crocifisso. E poi era scomparso. Ma avevano capito da quel particolare che era davvero Lui.
     
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