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  1. DIVINA COMMEDIA DI NAGAI E DI DANTE: PURGATORIO, CANTO 22

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    Divina Commedia
    By joe 7 il 18 Feb. 2023
     
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    PURGATORIO CANTO 22 - STAZIO; INGRESSO NELLA SESTA CORNICE: I GOLOSI
    (primo post: qui; precedente post: qui)

    Stazio
    Stazio confessa la sua colpa.


    IL PECCATO DI STAZIO

    L'Angelo della Giustizia ha indirizzato Dante, Virgilio e Stazio alla scala che conduce alla Sesta Cornice, dopo aver cancellato dalla fronte di Dante la quinta P ed aver dichiarato beati coloro che hanno desiderio di giustizia, concludendo con la parola "sitiunt"1.

    Dante segue spedito gli altri due poeti su per la scala, sorpreso della sua stessa leggerezza: infatti, mano a mano che va avanti nel Purgatorio, la pesantezza che avvertiva all'inizio diminuisce sempre di più. Mentre salgono le scale per raggiungere la Cornice successiva, Virgilio dice a Stazio che, da quando l'anima di Giovenale2 è giunta nel Limbo e gli ha rivelato l'affetto di Stazio verso di lui, egli ha ricambiato il sentimento. Proprio in nome di questa amicizia, nonostante i due non si siano mai visti prima, Virgilio prega Stazio di spiegargli com'è possibile che abbia peccato di avarizia, data la sua grande sapienza.

    Dapprima Stazio sorride un poco, quindi spiega a Virgilio che spesso si traggono conclusioni errate riguardo cose le cui vere ragioni sono nascoste. Stazio ha capito che Virgilio crede che lui sia stato un avaro per il fatto di averlo trovato nella Cornice riservata a loro: ma in realtà lui aveva commesso il peccato opposto, quello di prodigalità, che ha scontato con una permanenza di secoli in quella Cornice.

    Stazio, continua, ora sarebbe dannato all'Inferno tra i prodighi a spingere i massi, se non avesse letto il passo di Virgilio, dove il poeta latino parla dell'assassinio di Polidoro ad opera di Polinestore, maledicendo l'avidità dell'oro.3 Fu allora che egli capì che si poteva peccare spendendo troppo, oltre che troppo poco, e si pentì di quella colpa, come delle altre che aveva avuto (e di cui non parla). Quanti peccatori, continua Stazio, risorgendo il Giorno del Giudizio, si ritroveranno coi capelli tagliati (i prodighi che si sono dannati risorgeranno il Giorno del Giudizio coi capelli tagliati, mentre gli avari col pugno chiuso) per non aver saputo che questo è un peccato mortale come l'avarizia! Stazio precisa che nella Quinta Cornice si sconta con la stessa espiazione sia un peccato che il suo opposto: per questo aveva espiato la sua prodigalità tra gli avari.

    IL MOTIVO DELLA SALVEZZA DI STAZIO

    Virgilio fa notare che Stazio, nella sua Tebaide, in cui aveva cantato della lotta fratricida fra Eteocle e Polinice4, mostrava di non possedere quella fede cristiana senza la quale la salvezza è impossibile, non essendo sufficienti le buone opere5. Se è così, chiede Virgilio, cosa lo ha indotto a convertirsi al Cristianesimo? Quale sole (cioè la Grazia divina) o quale candela (cioè gli insegnamenti umani) lo ha aiutato a trovare la fede?

    Stazio risponde che il merito fu proprio di Virgilio, che prima lo aveva indirizzato alla poesia ("a bere nelle grotte di Parnaso"6) e in seguito lo ha illuminato dal punto di vista religioso, facendo come la persona che cammina di notte e porta il lume dietro di sé, giovando così a chi lo segue dietro ma non a se stesso. Infatti questa scena descrive la figura del maestro modello, colui cioè che guida ed è autorevole, che non rimanda mai a se stesso come risposta ai problemi della vita, ma comunica altro, indirizza al bene e conquista gli altri proprio perché non avvinghia a sé. Gli idoli, al contrario, mostrano se stessi come risposta ai bisogni e alle domande dell’uomo, non sono compagnia nel cammino dell’esistenza. Se lo fossero, mostrerebbero tutta la loro inconsistenza.

    In che modo Virgilio, seppur inconsapevolmente, aveva illuminato Stazio? Virgilio, infatti, aveva scritto nella IV Egloga (cioè "Quarto poema": si tratta del quarto libro delle Bucoliche) che era imminente un profondo rinnovamento del mondo:

    magnus ab integro saeclorum nascitur ordo. (La grande serie dei secoli ricomincia.)
    Iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna; (Ecco che ritorna anche la Vergine, ritorna il regno di Saturno [l'età dell'oro]; )
    iam nova progenies caelo demittitur alto. (ecco che una nuova progenie scende dall'alto dei cieli.)

    e ciò spinse Stazio a farsi cristiano, perchè a quei tempi la religione cristiana si stava già diffondendo e le parole di Virgilio si accordavano agli insegnamenti dei Cristiani, così che Stazio iniziò a frequentarli. La Quarta Egloga, secondo le intenzioni di Virgilio, era dedicata al figlio nascituro di Asinio Pollione, famoso politico romano, ma una lunga tradizione cristiana l'aveva interpretata come preannuncio del Cristianesimo. Virgilio, sempre nell'interpretazione cristiana, intravide la nascita futura di Cristo e ne scrisse velatamente nella famosa IV Egloga, ma avrebbe ignorato egli stesso questa verità. Al tempo delle persecuzioni di Domiziano, Stazio provò pena per loro, li aiutò e aderì totalmente al loro culto, venendo battezzato prima di iniziare la sua opera poetica. Tuttavia, per timore di subire anch'egli persecuzioni, non rivelò la sua conversione e ostentò a lungo il paganesimo, con una tiepidezza che ha scontato restando più di quattro secoli nella Quarta Cornice, fra gli accidiosi.

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    Il mistero della Quarta Egloga di Virgilio aveva sempre affascinato gli studiosi. Per esempio, nel 1930 lo storico francese Jerome Carcopino fece un'analisi che è stata ristampata di recente nel 2001.


    LE RICHIESTE DI STAZIO A VIRGILIO

    Stazio ora chiede a Virgilio, che gli ha svelato la verità sul Cristianesimo, di dirgli se conosce il destino ultraterreno di altri poeti antichi come lui: vuol sapere se sono dannati e in quale Cerchio si trovano. Ecco i citati:

    - Terenzio: Publio Terenzio Afro (192-159 a.C.), commediografo latino: famoso il suo motto "Sono uomo; e di quello che è umano nulla io trovo che mi sia estraneo";
    - Cecilio: Cecilio Stazio (220-166 a.C.) altro commediografo latino: delle sue opere abbiamo solo vari frammenti.
    - Plauto: Tito Maccio Plauto (254-184 a.C.) altro commediografo latino. Famoso il suo personaggio di Sosia, da cui il nome appunto di "sosia" per indicare una persona simile all'altra.
    - Varrone: Varrone Reatino, un erudito dell'età di Cesare; ma potrebbe essere anche Vario Rufo, amico di Virgilio ed editore dell'Eneide.

    Virgilio risponde che tutti loro, lui compreso, si trovano nel I Cerchio dell'Inferno, il Limbo. Oltre a questi, Virgilio aggiunge molti altri autori, che spesso parlano tra loro del monte Parnaso, che ospita le Muse nutrici dei poeti:

    - Persio: Aulo Persio Flacco (34-62 d.C.), poeta satirico dell'età di Nerone;
    - Omero: Virgilio lo definisce "quel Greco/che le Muse lattar più ch’altri mai", cioè "quel poeta greco che le Muse allattarono più di chiunque altro";
    - Euripide: grande drammaturgo greco, famoso per le sue tragedie con personaggi tormentati;
    - Antifonte: filosofo sofista e drammaturgo, famoso per i suoi tentativi matematici (non coronati dal successo) della quadratura del cerchio;
    - Simonide: Simonide di Ceo, poeta greco, noto per le sue Elegie, cioè poemi funerari;
    - Agatone: poeta e drammaturgo greco, di lui abbiamo solo frammenti.

    Inoltre, sempre nel Limbo, ci sono anche i personaggi della Tebaide e dell'Achilleide di Stazio:

    - Antigone: sorella dei due fratelli rivali Eteocle e Polinice, che si uccisero a vicenda nella Tebaide. Volle seppellire il fratello Polinice, che però era considerato nemico della città di Tebe, visto che aveva tentato di invaderla: quindi, secondo la legge, il suo cadavere non poteva avere degna sepoltura, ma doveva essere abbandonato in pasto ai cani, a differenza di Eteocle, che invece difese la città. Antigone si giustificò per aver seppellito il fratello Polinice, dicendo che esistono delle leggi naturali, che sono superiori a quelle di qualsiasi stato, e a queste sole si deve obbedire: come, per esempio, il dovere naturale di seppellire degnamente i morti. Per punizione, Antigone fu murata viva in una grotta.

    antigone
    Gli uomini della città di Tebe vogliono impedire ad Antigone di seppellire il fratello Polinice. Antigone è sempre stata vista sin dall'antichità come simbolo della lotta contro la tirannide.


    - Deifile: principessa di Argo, fu data in sposa a Tideo, uno dei sette che combatterono contro Tebe.
    - Argia: era la moglie di Polinice.
    - Ismene: sorella di Antigone. Era muta ed era meno combattiva della sorella, ma ha voluto rimanere al suo fianco. Tuttavia, non fu condannata a morte. Virgilio ne sottolinea la sua tristezza.
    - Isifile: regina di Lemno, resa schiava dal re Licurgo: mostrò ai Sette combattenti di Tebe la fonte di Langia, cosa che provocò la morte del suo figlio neonato, abbandonato sull'erba e morso da un serpente.
    - Manto: figlia di Tiresia, l'indovino: fondò la città di Mantova. Questo errore di Dante è famoso: infatti, prima aveva messo Manto all'inferno tra gli indovini (Ottavo Cerchio, Quarta Bolgia, Canto XX dell'Inferno) e ora la mette nel Limbo. Non si è ancora riuscito a trovare una chiara spiegazione al riguardo: siccome in questo passo Manto non è nominata direttamente, ma è evocata con l'espressione "figlia di Tiresia", non si può escludere che Dante intendesse come figlia dell'indovino un personaggio diverso dalla Manto inclusa nella Quarta Bolgia. Comunque sia, Manto è citata nella Tebaide di Stazio, perchè era nella città, insieme al padre Tiresia.
    - Teti: la ninfa moglie di Peleo e madre di Achille: è presente nell'Achilleide di Stazio.
    - Deidamia: figlia del re di Sciro, che si innamorò di Achille e lo sposò. Anche lei è nell'Achilleide. Virgilio cita anche le sue undici sorelle.

    I tre hanno ormai percorso tutta la scala e fanno il loro ingresso nella Sesta Cornice, dove Stazio e Virgilio si guardano intorno. Sono già passate le prime quattro ore del giorno (sono tra le 10 e le 11 del mattino), quando Virgilio osserva che forse è meglio procedere verso destra e aggirare il monte, come lui e Dante sono soliti fare. Stazio non fa obiezioni, quindi i tre vanno in quella direzione, con Virgilio e Stazio che procedono avanti, e Dante che li segue e ascolta i loro discorsi.

    Ad un tratto, la conversazione è interrotta dall'apparire di un albero posto a metà strada, dai cui rami pendono dei frutti dal dolce profumo: è simile a un abete rovesciato, cioè si allarga progressivamente verso l'alto, forse per impedire alle anime dei golosi di salire su di esso. Sul lato vicino alla parete del monte sgorga una fonte d'acqua, che sale verso l'alto, anzichè verso il basso, tra le foglie dell'albero.

    Stazio e Virgilio si avvicinano alla pianta e una voce ammonisce alle anime dei golosi: "Di questo cibo sentirete la mancanza". La voce aggiunge poi alcuni esempi di temperanza: quello di Maria, che alle nozze di Cana pensò al decoro della cerimonia e non alla propria gola; quello delle donne dell'antica Roma, che erano così sobrie da bere soltanto acqua; quello del profeta Daniele, che disprezzò il cibo e ottenne in cambio la sapienza7; quello dell'età dell'oro, in cui per saziare la fame e la sete bastavano le ghiande e l'acqua dei ruscelli; infine quello di Giovanni Battista, che, nel deserto, si nutrì di miele e locuste, rendendosi in tal modo glorioso.

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    Il giovane Daniele, insieme ai suoi amici, rifiuta il cibo proibito che gli offriva il re Nabucodonosor.


    COMMENTO

    Il fatto di Stazio che si ravvede grazie a Virgilio rientra nella tradizione medievale di Virgilio come maestro di morale. Non si sa bene da dove Dante abbia tratto la notizia della prodigalità di Stazio: forse dal poeta Giovenale, che disse che Stazio era così povero da non avere di che vivere, a causa della sua prodigalità, se non avesse venduto a un attore una sua tragedia inedita. Il fatto di Stazio che si converte al cristianesimo è ancor oggi dibattuto: è in contrasto con la verità storica. Forse è stata un'invenzione di Dante, oppure ci sono davvero dei cenni di cristianesimo nelle opere di Stazio? Nel IV libro della Tebaide, per esempio, l'indovino Tiresia, non riuscendo ad evocare le anime dei morti, minaccia di far intervenire una divinità superiore e sconosciuta, che egli è restio a nominare, perchè desidera avere una vecchiaia tranquilla. Dante potrebbe aver interpretato quel passo come un velato accenno al Dio cristiano, perché Tiresia lo definisce triplicis mundi summum, un richiamo alla Trinità, mentre la reticenza dell'indovino potrebbe essere la paura di un cristiano di incorrere nelle persecuzioni religiose, attribuita del resto anche allo stesso Stazio. E' possibile che Dante non si sia basato solo su quel passo, ma anche su altri testi medievali che sostenevano il Cristianesimo del poeta latino. Leggende analoghe si formarono anche per Virgilio, Seneca, Orazio, Ovidio.

    Il fatto che Stazio si sia convertito, secondo Dante, grazie alla poesia di Virgilio rende l'autorità del poeta dell'Eneide al livello più alto possibile. E' anche una grandissima esaltazione del valore e del potere della poesia in generale. L’omaggio che Dante rende a Virgilio, in questo episodio, è davvero grande.

    Del resto, si sta avvicinando il momento del congedo dal sommo maestro, che si allontanerà alla fine del Purgatorio. Per questo, la poesia del poeta mantovano è salutata qui addirittura attraverso due citazioni. Da qui in avanti si dispiega una sezione fino al 26° canto del Purgatorio, tutta dedicata alla poesia. Non sarà un caso se, proprio nella cantica più terrena della Commedia, Dante decida di affrontare, verso la fine, proprio la sua principale passione: la poesia.

    IL DANTE DI NAGAI

    Nel poema, Stazio elogia Virgilio senza sapere chi ha davanti, e il poeta intima a Dante di non dirgli chi è, fino a quando non può più nascondersi e lascia che sia Dante a presentarlo. Saputo questo, Stazio si getta in ginocchio per abbracciare i piedi di Virgilio, e lui gli dice di non farlo, perchè sono entrambi delle ombre. Invece, nel manga, Dante dice subito a Stazio come stanno le cose, senza chiedere il permesso a Virgilio:

    Dante: Hai detto che a salvarti è stata l'Eneide? (Nagai mette insieme questo canto e il successivo, in cui Stazio dirà che a salvarlo è stata la lettura dell'Eneide: ma lo dice quando sa già che sta parlando con Virgilio) Beh, allora lascia che ti presenti...l'autore dell'Eneide, Virgilio! (mancano solo gli squilli di tromba.)

    Stazio: Oh! Tu...sei Virgilio! Questa...è un'altra benedizione divina!

    E i due si stringono le mani, come se fossero due conoscenti di oggi. Lo Stazio di Nagai non si inginocchia a stringere i piedi di Virgilio. A parte questa stranezza, Nagai non parla della volontarietà dei penitenti a restare nel Purgatorio fino a che non avranno finito di espiare le loro colpe, come descritto da Stazio. Inoltre, non fa l'elenco dei personaggi che ci sono nel Limbo e che Virgilio elenca davanti a Stazio. Ci sono ancora quasi metà Purgatorio e tutto il Paradiso da raccontare e Nagai ha solo un mezzo volumetto da riempire, quindi dovrà tagliare parecchio, da ora in poi.

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    Ecco Virgilio il grande, stringigli la mano!



    BIBLIOGRAFIA

    https://divinacommedia.weebly.com/purgatorio-canto-xxii.html

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    1 "Sitiunt", cioè "coloro che hanno sete", dal latino sitire, "avere sete". E' preso dalle Beatitudini di Matteo: "Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perchè saranno saziati", che in latino si dice: "Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam, quoniam ipsi saturabuntur". Siccome l'Angelo della Giustizia sorveglia l'uscita della cornice degli Avari e Prodighi, lui dice la frase in latino a metà, terminando su "sitiunt", lasciando il resto sottinteso e contrapponendo così alla sete dell'oro (degli avari e dei prodighi) la sete della giustizia.

    2 Giovenale: (47-130) poeta latino. Fu contemporaneo di Stazio e ammiratore della sua opera, la Tebaide. Famoso per le sue Satire, è stato l'autore della famosa frase "Mente sana in corpo sano" ("Mens sana in corpore sano"), spesso citata, ma errata perchè parziale. La frase intera, infatti, è: "Orandum est ut sit mens sana in corpore sano". Cioè "Bisogna pregare affinchè ci sia la mente sana nel corpo sano". Un'omissione molto significativa, che indica il disprezzo per la preghiera che c'è ai nostri tempi.

    3 Nel Terzo Libro dell'Eneide di Virgilio si racconta di Polidoro, il giovane figlio di Priamo, che fu ucciso dal tracio Polinestore, avido dei suoi tesori. Da qui il commento di Virgilio: "auri sacra fames", cioè "esecranda fame dell'oro". E' un noto passo dell'Eneide, citato come condanna contro l’avarizia e la cupidigia delle ricchezze, che spingono alle azioni più basse.

    4 Nella Tebaide di Stazio si racconta che Eteocle e Polinice, i due figli di Giocasta, avrebbero dovuto essere, a turno, i re di Tebe per un anno. Ma, quando fu il turno di Polinice, Eteocle rifiutò di cedergli il trono. Allora Polinice mise insieme un esercito e assediò Tebe. Nello scontro, Eteocle e Polinice si affrontarono e si uccisero a vicenda. Il loro zio Creonte divenne il nuovo re di Tebe.

    5 "quella fede cristiana senza la quale la salvezza è impossibile, non essendo sufficienti le buone opere" Dante vuole sottolineare il fatto che essere cristiani o non esserlo, quindi avere fede o non averla, è una grande differenza. Solo Dio comunque sa chi ha fede o meno: c'è chi ha avuto fede in Cristo senza conoscerlo. Dio dà a tutti, cristiani o no, la possibilità di conoscerlo, per vie che sa solo Lui. Chi è cristiano, però, ha il dovere di approfondire la propria fede, se no rischia di perderla. Infatti, senza la fede, esplicita o implicita, è difficile fare delle buone opere, perchè non si riesce a distinguere più il bene dal male.

    6 Parnaso: è un massiccio montuoso della Grecia centrale, ricco di boschi e anfratti: il monte principale - anch'esso nominato, in senso stretto, Parnaso - s'innalza fino a 2459 metri, con due vette coperte per larga parte dell'anno da neve. Il Parnaso è celebrato dalla mitologia classica latina come il simbolo stesso della poesia. Infatti era un luogo sacro alle Muse e ad Apollo (ai piedi del Parnaso c'è Delfi, sede del famoso oracolo di Apollo). Inoltre, dalle sue grotte, dice il mito, sgorga la fonte Castalia, capace d'infondere ispirazione poetica a chi ne bevesse. Una curiosità: il Parnaso ha lo stesso ruolo dell'Ararat su cui si arenò l'Arca di Noè. Infatti, nel mito greco di Deucalione e Pirra, gli unici sopravvissuti al diluvio universale, la loro nave si arenò proprio sul Parnaso. In un'altra versione, il monte è l'Etna.

    7 Daniele, un ragazzo ebreo, fatto educare dal re babilonese Nabucodonosor, rifiutò, insieme ai suoi amici Anania, Misaele e Azaria, i cibi prelibati della mensa regale, perchè erano proibiti per gli ebrei (carne di porco e altro cibo proibito), per nutrirsi solo di acqua e legumi. In cambio, Dio diede perfetta salute ai quattro ragazzi e grande scienza e istruzione in ogni campo del sapere; a Daniele, in particolare, diede anche la capacità di interpretare i sogni (Daniele I, 1-20).

    (Continua qui)

    QUI TUTTI I LINK SULL'ANALISI SU DANTE

    Edited by joe 7 - 25/2/2023, 17:16
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    Che bella la storia di Stazio: ti sprona ad essere un cristiano migliore.
    Almeno per me é così.
     
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    CITAZIONE (Andrea Michielon @ 20/2/2023, 18:12) 
    Che bella la storia di Stazio: ti sprona ad essere un cristiano migliore.
    Almeno per me é così.

    Dante ha presentato Stazio anche per dare l'ultimo saluto a Virgilio: tra un pò arriveranno alla fine del Purgatorio e lui e Virgilio dovranno separarsi. Ai tempi di Dante, Virgilio era considerato un maestro della sapienza e della ragione: quindi mettere qui Stazio, che viene salvato grazie a Virgilio, è molto significativo.
     
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